27 ottobre '16 - giovedì 27th October / Thursday visione post - 16 ITALIA - Emergenza terremoto Nelle Marche e nel Centro Italia la terra continua a tremare Oltre 500 repliche tra Marche e Umbria Lo sciame sismico ha tenuto con il fiato sospeso le popolazioni dei paesi della dorsale appenninica. Ci sono circa 5mila sfollati. La conta dei danni: a Visso tutte le case sono inagibili. Danneggiati i monumenti. Amatrice: crolla il palazzo rosso. Stanziati dal governo 40 milioni. Renzi: "Nessuna tendopoli" Tre nuove scosse (le ultime giovedì sera di magnitudo 4.2 e 3.4 hanno interrotto una riunione tra i sindaci della zona) e prime stime dei danni. Dopo il terremoto che ha colpito il Centro Italia, la terra continua a tremare nelle zone colpite nelle Marche e in Umbria. I primi sopralluoghi rivelano che a Visso, uno dei paesi (da un migliaio di abitanti) epicentro del sisma in provincia di Macerata, tutte le case sono inagibili. Solo nelle Marche gli sfollati sono 4mila e nei luoghi del terremoto si attende un brusco calo delle temperature. Per questo viene esclusa la possibilità di sistemarli nelle tende della Protezione Civile. Molto colpito anche il patrimonio artistico e culturale della zona.
I feriti e i danni
Il bilancio ufficiale è di 4 feriti lievi. «Molto ingenti i danni» secondo l’assessore regionale alla Protezione civile Angelo Sciapichetti. Nella zona di Macerata oltre a Visso, dove praticamente il 100% degli edifici è inagibile, sono tantissimi gli edifici lesionati anche a Ussita. Nella «zona rossa» di Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) si segnalano peggioramenti delle condizioni delle abitazioni già gravemente lesionate nel sisma del 24 agosto. In tutti gli edifici scolastici del centro Italia sono in corso verifiche, ha reso noto il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini. STATI UNITI - Presidenziali Usa Gli intrecci d'affari di Bill e Hillary: donatori, carità e guadagni privati Le email rubate da Wikileaks parlano del denaro inviato da sette Paesi (tra cui Qatar e Arabia Saudita) alla Fondazione Clinton e sui conti personali: in cambio di che cosa?
«Prendi i soldi!». L’invito, perentorio, compare in una mail di Jennifer Palmieri, la responsabile per la comunicazione dello staff di Hillary Clinton. Il destinatario, in questo caso, è Robby Mook, il manager della campagna. Ma, stando a quello che si legge nelle mail rivelate da Wikileaks, potrebbe essere lo slogan ombra del clan Clinton.
I miliardi dei sostenitori
Soldi donati da sette Paesi alla Fondazione Clinton mentre Hillary era Segretario di Stato. Soldi sui conti personali di Bill. Soldi, soprattutto, per la competizione elettorale dell’ex First Lady. In cambio di che cosa? Hillary Clinton ha raccolto 1,14 miliardi di dollari per pagare la corsa alla Casa Bianca: un quinto proviene da 100 ricchissimi donatori e lobbisti. Nella lista compaiono, tra gli altri, Donald Sussman che appartiene alla nuova élite della finanza americana formata dai gestori di hedge fund: 20,7 milioni di dollari per Hillary. Poi ecco Jay Robert Pritzker, 51 anni, cofondatore del più grande gruppo di venture capital del Midwest: 16,7 milioni. E ancora: Haim Saban, presidente di Univision, 11,9 milioni; George Soros, forse il più noto finanziere americano: 9,9 milioni di dollari e infine Daniel Abraham, proprietario della società SlimFast: 9,7 milioni.
ITALIA - Gorino (Ferrara) / Contro gli immigrati
Gorino e il cartello choc in chiesa: "Tornatevene nel vostro califfato"
Il manifesto è stato scoperto sia dentro che fuori dall'edificio religioso.
"Visto che noi per voi siamo infedeli tornate in Irak dal califfo El Bagdadi".
Il sindaco: "Ennesima tegola, sono esterrefatto, non ne sapevo nulla".
FERRARA — Dopo le barricate all’ingresso del Paese, il cartello choc affisso in chiesa. Gorino, la frazione del Ferrarese dove lunedì sera sono state cacciate 12 donne migranti, continua a far parlare di sè. Nell’unica chiesa del paese è comparso un cartello, sia dentro che fuori con l’invito «Tornatevene nel vostro califfato».
LA «N» ARABA — «Visto che noi siamo, per voi, infedeli - recita il cartello -: ma perché non ve ne andate nel vostro califfato di Iraq con il santo Califfo El Bagdadi, il quale vive di armi e uccide a tutto spiano coloro che non sono sunniti?». Una frase in linea con gli avvenimenti degli ultimi giorni ma non con lo spirito di accoglienza che ci si aspetterebbe di trovare in una chiesa. Sul cartello, inoltre, sopra la scritta contro i musulmani campeggia un simbolo arabo, la ‘N’, e sotto una didascalia spiega: «Questa rappresenta la ‘N’ araba e significa ‘Nazzareno’, termine con cui il Corano indica i seguaci di Gesù di Nazareth. Questo segno è stato posto sulle case dei cristiani del califfato di Iraq, i quali sono stati costretti ad andarsene di casa, sono stati uccisi, costretti a cambiar fede, le donne rese schiave vendute e stuprate e violentate da quelli assassini. Noi siamo “orgogliosamente” dei ‘Nassarah».
Il parroco della chiesa è don Paolo Paccagnella, da oltre 25 anni alla guida della parrocchia , che però non ha voluto spiegare la ragione della presenza del cartello. Intanto il sindaco di Goro, di cui fa parte la frazione di Gorino Ferrarese, Diego Viviani,indaffarato a ricostruire la reputazione del suo Comune, parlandone con l’Adnkronos, si dice «esterrefatto, non ne sapevo nulla. È stata l’ennesima tegola in testa», dice riferendosi alla presenza del manifesto sulla Chiesa. Il primo cittadino è stato avvertito dalle forze dell’ordine che hanno annunciato l’intenzione di farlo rimuovere. Viviani è deciso ad affrontare il parroco don Paolo Paccagnella per chiedergli di toglierlo: «un cartello del genere non trasmette certo un insegnamento di accoglienza degli altri popoli e di fratellanza», osserva.
27 ottobre '16 - giovedì 27th October / Thursday visione post - 5
(dalla rivista-settimanale "Grazia" - 17 agosto '16 / di Annalena Benini) LE ROSE DI SARAJEVO A SARAJEVO, PER LE STRADE, NELLE PIAZZE, lungo il fiume, al mercato, si sente un gran rumore di futuro. Vita che freme, ragazze dalle gambe infinite che vanno sicure incontro al mondo, donne completamente velate che camminano ac- canto, cariche di figli, e caffè a ogni angolo, tantissime cose da raccontarsi, lunghe notti festose, negozi aperti sempre, anche la sera tardi, botteghe di anziani turchi che lavorano il rame e hanno voglia di parlare del passato, e intanto il muezzin canta la sua ora, e suonano le campane della chiesa, e poco più in là la sinagoga, e la scuola islamica, tutto a pochi metri, tutto mescolato insieme. Sarajevo è rimasta una città aperta, nonostante tutto. Con il fiume e le colline così vicine, da cui solo 20 anni fa i cecchini sparavano sulle persone, nella strada dove ora c'è il McDonald's, e soprattutto c'è il monumento ai bambini morti durante la guerra. Ci sono i loro nomi, le date di nascita e di morte, uno accanto all'altro, bambini nati nel 1992 e morti nel 1994, ragazzini di 12 anni colpiti in nome di un'immenza insen- satezza che fatico a spiegare ai miei figli. Loro leggono quei nomi, gridano: "Era co- me me!", non possono credere che sia accaduto davvero. lì dove adesso loro saltella- no e corrono e chiedono souvenir e guardano gli altri bambini in bicicletta, identici a loro, con la stessa bellissima voglia di abbracciare il mondo e fidarsi di tutto. Milleseicento bambini morti in mezzo alle 12 mila persone rimaste uccise nei quat- tro anni dell'inferno di Sarajevo, quattro anni così vicini che hanno lasciato sui pa- lazzi i buchi delle bombe, le rose di Sarajevo le chiamano, e sui ponti le lapidi degli studenti uccisi, e il ricordo di quando i tram sulle rotaie passavano lentissimi, qua- si fermi per proteggere le persone che stavano lì dietro, che cercavano di portare a casa un pò d'acqua, o di andare a rassicurare i parenti. Dove le bellissime ragazze bosniache adesso siedono nei bar, ci sono i segni sul pavimento di quel che è acca- duto, c'è il rumore del passato che si mescola a quello delle risate e della voglia di vivere. "E perchè nessuno veniva a salvarli?", chiedono i miei figli mentre conta- no i palazzi rattoppati. Non so rispondere. C'è un altro monumento, un uomo di bronzo in piedi che urla con le mani intorno alla bocca, sembra che gridi aiuto. E' rivolto verso l'Europa. Com'è possibile che abbiamo permesso, muti, che per quattro anni quei bambini non avessero il pane, le medicine, la libertà? Com'è possibile che ci abituiamo così in fretta al massacro? Sarajevo ce l'ha fatta, con i segni addosso, negli occhi e nel cuore. Noi dobbiamo riuscire a non diventare mai più ciechi e sordi, indifferenti alle grida di aiuto, così vicine a noi. COMMENTO personale Continua... to be continued...
25 ottobre '16 - martedì 25th October / Tuesday visione post - 15 Ventitrè anni, l'età giusta per consacrarsi, tardi se si pensa che nel settore giovanile si trattava di due gioielli che sembravano già pronti al grande salto, magari a 19 anni. Invece è servita la gavetta anche a loro, Daniel Bessa e Simone Andrea Ganz, per ar- rivare al grande palcoscenico e magari riconquistarsi la fiducia in una big di A. DESTINI PARALLELI - Nel Verona che vola con Pazzini (capocannoniere della B con 11 gol), nell'avvio di stagione sono emersi anche loro. L'italo-brasiliano Bessa dopo le esperienze agrodolci all'Olhanense, Bologna e Sparta Rotterdam, finalmen- te ritorna il gioiello lanciato da Stramaccioni nell'Inter che ha conquistato la Next Generation Series. Ora i nerazzurri sognano il ritorno tra i big dopo un ottimo pre campionato col Mancio. Ganz è invece passato dalla Lega Pro al Como, dove si è ri- lanciato. Ma tardi ormai per il Milan che lo ha perso alla scadenza, e a trarne van- taggio è stato proprio l'Hellas Verona. A ridere poi è anche la Juve, che dal prestito in Veneto sta trovando un giocatore nuovo, aumentato anche di valore. (Spunti da www. gazzettamercato.it - Luca Pessina) Lucianone
21 ottobre '16 - venerdì 21st October / Friday visione post - 6 (da 'la Repubblica' - 14 ottobre '16 - di Vittorio Zucconi) In questi giorni tristi nei quali l'America politica mostra al mondo il proprio volto peggiore, un Nobel strappa dalla penombra del tempo il suo volto migliore, quello della poetica e del sound che Bob Dylan incarna e di quell'America che avevamo tanto amato. - Ci sono senz'altro scrittori e poeti altrettanto, se non più, merite- voli del Nobel per la letteratura e già i critici si azzuffano come tanti si inalbera- rono per il premio a Dario Fo, "il Giullare" scomparso proprio nel giorno del ri- conoscimento a Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan. Ma nessuno, nep- pure il grande Philip Roth ancora una volta ignorato, è stato come lui, con i suoi "doggerell", le sue strofe popolari e dispettose, con la sua armonica da bivacco di mandriani alla Frontiera, con la sua voce strozzata e rugginosa, con il suo cor- po scontroso, la metrica di un tempo che cambiava. E il pegno di un'America non ancora banalmente pop, ma di popolo. Il Nobel al vecchio e sempre più rinsecchito ragazzino ebreo del Minnesota poi convertito al cattolicesimo, nato 75 anni or sono in una quaòlsiasi casetta di pae- se nel "Grande Ovunque" americano perduto tra Charlie Brown e il Giovane
Holden, è un premio alla nostalgia. E' un riconoscimento che l'Accademia Sve- dese ha voluto assegnare, essendo certamente avvertita dei rischi che l'America civile sta correndo con l'avvento possibile alla Casa Bianca di un personaggio torvo e prosaico come Donald Trump, alla nobiltà popolare, alla generosità cul- turale di una storiaJ Dylan è stato gli anni Sessanta, anche se lui, nelle sue po- che e brusche interviste, ha sempre respinto ogni tentativo di essere chiamato "un simbolo". Furono la concventrazione di eventi, la frana di "rolling stones", di massi che franavano giù dalle colline delle certezze sgretolate dall'omicidio di John F. Kennedy, a fare di lui, della sua omologa femminile Joan Baez, del- la chitarra elettrica di Jimi Hendrix a Woodstock, l'espressione del suo tempo. Sullo sfondo della guerra in Vietnam, nell'eco dei colpi che in casa colpivano JFK, Bob Kennedy, i volontari per i diritti civili in Mississippi, Malcolm X, Martin Luther King, gli studenti della Kent State University, il governatore razzista dell'Alabama Wallace, quella vocetta querula, a mala pena intonata, che domandava al vento quante volte si sarebbe dovuto morire, prima di po- ter riposare nella sabbia, era la voce di una nazione sbigottita. L'agitazione pelvica di Elvis Presley, che aveva segnalato ai genitori esterre- fatti l'avvento di una nuova morale nei figli del "baby boom" postguerra, sarebbe diventata con Dylan l'inquietudine dei figli verso l'eredità dei pro- pri genitori. Non un appello alla ribellione, ma un ritorno, anche quello no- stalgico e tenero, alla poetica dei cantastorie, dei "balladeer" alla Arlo Gu- thrie, alla musica dei lunghi treni sulle rotaie infinite della Grande Prateria del Nord da dove lui, figlio di immigrati dalla Grande Steppa ukraina, veni- va. La poesia della libertà non soltanto politica, ma creativa, che ora l'Acca- demia svedese premia. - Cinquant'anni dopo il suo massimo momento di creatività, che poteva sembrare circoscritta al contesto degli anni '60, del mondo "beat", dei "ribelli senza una causa", i pezzi di Bob Dylan ancora "crepitano di rilevanza", come scrisse la New York Sunday Review tre an- ni or sono lanciando per prima l'ipotesi di una sua scandalosa candidatura. Ma non sono stati i suoi ultimi lavori, la fatica della sua ultima tournèe sen- za fine chiamata "Never Ending Tour" e non accompagnata dalle folle im- mense che accolgono Bruce "The Boss" Springsteen. - Sono state, di nuovo, le circostanze politiche e civili a ricordare la rilevanza di uno scrittore di no- te e di parole che sembrava avere chiuso la parabola della propria fatica con l'elezione di un uomo di sangue misto alla Casa Bianca. E invece si ri- trova, a 75 anni, a guardare un'America incarognita e rabbiosa, assediata dal rigurgito della propria storia peggiore. Come l'ultimo Nobel per la let- teratura assegnato a un americano , alla scrittrice afro Toni Morrison ven- titrè anni or sono, fu letto come uno "statement", come una dichiarazione che andava oltre i suoi pur grandi meriti artistici, così i 900 mila dollari del Nobel a Dylan pagano il tributo a un'America che potrebbe tradire le speranze suscitate da Obama, che pro prio a Dylan consegnò la "Medaglia Presidenziale per la Libertà", la più alta decorazione civile.
20 ottobre '16 - giovedì 20th October / Thursday visione post - 7 Nasce in Toscana la possibile scuola del futuro: niente zaini nè cattedre nè voti e libri condivisi Fauglia, provincia di Pisa, è il comune toscano che ha lanciato un metodo che è diventato realtà in 15 anni per 20 mila studenti di 100 istituti
(da la Repubblica - 11 settembre '16 - Maria Novella De Luca / Fauglia, Pisa) I banchi sono tavoli scomponibili e la cattedra semplicemente non c'è. Nessuno ha l'astuccio perchè le matite sono di tutti, così come i colori, la scatola delle parole, le penne con l'impugnatura facile e gli "xilofoni" di legno per imparare a contare. Non ci sono pesi nè voti nella "Scuola senza zaino", metodo didattico all'avanguar- dia che sta conquistando l'Italia, niente libri e quadernoni da trascinare sulle spalle avanti e indietro, ogni cosa resta in classe, e le pareti, in questa primaria di Fauglia, a pochi chilometri da Pisa, dove l'esperimento è cominciato, sono fatte di vetro e mattoni rossi. Il fuori e il dentro che comunicano. "Le luci, i colori, le architetture sono fondamentali nelle nostre scuole, chi ha detto che lo studio debba spezzare le schiene o deprimere i bambini in aule spoglie e disadorne, imparare può essere un percorso collettivo di gioia e leggerezza, lo hanno scritto i più grandi pedagogisti, noi con 'Senza zaino' stiamo cercando di realizzarlo". Un'avventura iniziata 15 anni fa, e che Daniela Pampaloni, dirigente scolastica del- l'istituto comprensivo 'Giovanni Mariti' di Fauglia e tra gli ideatori del metodo 'Senza zaino', descrive con orgoglio e passione. "Il nome deriva da un saggio del fondatore, Marco Orsi, un modo simbolico per raccontare una scuola che libera i ragazzi dal "peso" di quei libri portati avanti e indietro sulle spalle, in solitudine, e propone invece un modo di apprendere collettivo, dove si studia in tavoli comu- ni, i bambini si aiutano, gli insegnanti non hanno la cattedr a, il sapere insomma non cade dall'alto in basso, spesso non ci sono libri, perchè ytutto il materiale vie- ne auto-prodotto insieme, in classe, tra insegnanti e allievi". I quaderni, ad esem- pio, con righe e quadretti particolari per aiutare la scrittura e l'ordine. I contato- ri della matematica, inventati dai maestri stessi e poi codificati. L'attenzione al corsivo, perchè aiuta lo sviluppo del pensiero. La tecnica è quella del "problem solving": i bambini imparano risolvendo ogni volta dei quesiti, come assembla- re quella parola ad esempio, o come contare mille cannucce, scoprendo così le decine. E poi autocorreggendosi, con i materiali appositi. - Ricorda la maestra Silvia Coppedè: "Avevo comprato mille cannucce e durante la lezione di mate- matica le ho rovesciate tutte sul tavolo collettivo, chiedendo ai bambini della prima di trovare un modo di contarle: autonomamente le hanno divise in grup- petti da dieci,,,". - Partito nel 2002 da questo pezzo di Toscana chiamato "Valdera", il metodo "senza Zaino", ispirato soprattutto, dice Daniela Pampa- loni, "a Maria Montessori e agli studi dei pedagogisti Célestine Freinet e John Dewey, ma anche alla filosofia della non violenza di Danilo Dolci", è oggi diffu- so in più di cento istituti e seguito da quasi ventimila bambini e ragazzi. Lucianone
16 ottobre '16 - domenica 16th October / Sunday visione post - 19 L'impianto d'allarme di casa mi manda un sacco di sms promozionali. Mi ha anche fatto gli auguri per l'otto marzo. Avete mai ricevuto gli auguri di buon otto marzo dal vostro impianto di allarme? Io sì. Ma se ve lo racconto non è per vantarmi. E' per segnalare un piccolo episodio della mia e vostra vita elettronica che rivela - mi pare - questioni molto ma molto più rilevanti. Non nomino la compagnia telefonica perchè voglio parlare del peccato e non del peccatore. Ho telefonato parecchie volte per chiedere se potevano disattivare dalla sim del mio allar- me la funzione "sms promozionali": oltre a importunarmi, la sim consumava tutto il credi- to per mandarmi annunci pubblicitari e dunque l'impianto di allarme non funzionava più. Un pò come se uno pagasse un taxista che invece di portarlo a casa parcheggia la macchina e gli racconta una barzelletta. E qui viene il bello. La compagnia ( per bocca di più addetti, tutti gentilissimi) mi ha suggerito di cambiare sim, aggiungendo però che anche la nuova sim, probabilmente, mi avrebbe tempestato di messaggini promozionali e dunque si sareb- be scaricata; e che loro non potevano in alcun modo disinnescare quella funzione. Credo fos- sero sinceri. Mi stavano dicendo, in sostanza, che neppure loro sono in grado di controllare i processi che hanno innescato. Non c'è nessun Grande Vecchio, nessun Mangiafuoco. Il mer- cato agisce da sè solo, come il mostro di Frankenstein. Le sim parlano in autonomia dai loro creatori, come il cervellone di "Odissea nello spazio". E il fatto che dicano cazzate ("Voglia- mo premiare la tua fiducia con un regalo!") non è l'aspetto più grave della vicenda. (da 'la Repubblica' - 9 settembre '16 - L'AMACA / Michele Serra) Quando qualcuno riprende e posta in rete scene che non è elegante riprendere e postare in rete (per esempio: una coppia in overdose di eroina che stramazza per la strada negli Usa), sono una moltitudine i media, in tutto il mondo, che rilanciano quelle immagini, ge- neralmente con un severo commento nei confronti di chi le ha riprese e postate in rete. In altre parole: ora vi facciamo vedere qualcosa che secondo noi è veramente sbagliato far vedere. Questo mi ricorda una vecchia gag dell'avanspettacolo. Un signore vede un omone che prende a schiaffi un bambino. Affronta l'omone e gli dice: "Riprovaci, se hai il coraggio". L'omone assesta un altro ceffone al bambino. Il signore ripete: "Riprovaci, se hai il coraggio". E quello schiaffeggia ancora il bambino. Allora il ragazzino dice al signore: "La smetta, per piacere, se no questo mi fa una faccia così". Più la nostra vita diventa mediatica, moltiplicando a dismisura parole e immagini, più aumenta l'urgenza di scegliere: soprattutto noi pubblico, perchè spesso il primo a clic- care le immagini "che non si dovrebbero mostrare" sono io. Ma le dita e gli occhi sono troppo veloci per il cervello. La compulsività non lascia tempo alle decisioni: decidere è un costo che non possiamo più permetterci? (da 'la Repubblica' - 7 ottobre '16 - L'AMACA / Michele Serra) Lucianone
5 ottobre '16 - mercoledì 5th October / Wednesday visione post - 20 RISULTATI delle partite Brescia 1 Avellino 3 Benevento 1 Frosinone 1 Spal 3 Bari 1 Pro Vercelli 2 Novara 0 Perugia 2 Salernitana 2 Ternana 0Trapani 0 Entella 4 Cesena 2 Ascoli 0 Carpi 1 H. Verona 3 Cittadella 2 Vicenza 1 Latina 2 Spezia 2 Pisa 1 CLASSIFICA Cittadella 18 / H. Verona 16 / Benevento 14 / Spezia 13 / Pisa 12 / Entella 11 / Brescia, Carpi 10 / Perugia, Bari 9 / Spal, Frosinone 8 / Ascoli, Cesena, Ternana 7 / Salernitana, Avellino, Pro Vercelli 6 / Latina, Novara, Trapani, Vicenza 5
IL COMMENTO (da L'analisi, di Nicola Binda - "La Gazzetta Sportiva" di domenica 2 ottobre) Nel bene e nel male, c'è il Veneto al centro di tutto. I giorni della vendemmia stanno per finire e il raccolto di Cittadella e Verona fa pensare a un'annata prestigiosa. I ca- lici sono pronti, le botti si stanno riempiendo e la fermentazione è sempre più accatti- vante. Rischiano di sapere di tappo invece le bottiglie di Vicenza, dove oggi potrebbe saltare la prima panchina: come se tutta la colpa fosse soltanto di chi raccoglie l'uva...
La concorrenza in vetta sembra arrivare solo dai vigneti del Sannio, che ha una varietà ec-
cellente di prodotti e una squadra all'altezza: il Benevento è imbattuto (come solo lo Spe-
zia che gioca oggi) non perde ormai dal 20 dicembre (25 gare utili), ha un passo deciso,
una rosa importante e un tecnico preparato. Il Veneto dunque è avvisato. Speriamo che non sia merito di un bicchiere di troppo, ma gli attaccanti hanno rotto gli indugi e dato una bella scossa al torpore del campionato. Dall'eterno cracciolo al- le novità Verde e La Mantia, dal ritrovato Antenucci alla coppia Donnarumma-Coda, fino ai soliti Ardemagni, Caputo, Di Carmine, Dionisi e Litteri, per non parlare del ri- gorista Pazzini, adesso capocannoniere. Tutti insieme per una sbornia di gol che ha la- sciato il segno: il massimo di 30 in una giornata può essere battuto (siamo a 26 e man- cano 3 gare) e i primati di torneo con più pareggi (31, ma solo 3 nelle ultime 2 giorna- te) e meno vittorie in trasferta (12, ma 3 in questo turno) sono finalmente a rischio. L'unico primato da conservare è quello dei cartellini rossi: solo 18, il minimo nella B a 22. Bravi, continuate così.
5 ottobre '16 / mercoledì 5th October / Wednesday visione post - 22 Salvato dopo l'ennesimo raid in Siria, Omran ha cinque anni: la sua immagine sul web è diventata virale (da 'la Repubblica' - venerdì 19 agosto '16 - Francesca Caferri) Nelle immagini siede da solo, quasi immobile, sullo sfondo della sedia arancione dell'ambulanza.
Ha i capelli spettinati, i piedi che sporgono senza raggiungere terra e non parla. Guarda in silenzio
il caos di fronte a sè, come se non capisse dove si trova e cosa sta accadendo. La metà del viso è
coperta di sangue, il corpo di polvere bianca. Omran Daqneesh ha 5 anni e dalla notte di mercole-
dì è l'ultimo volto della tragedia della Siria. Il bambino si trovava nel suo appartamento nella zona
di Qaterji, quartiere di Aleppo in mano alle forze ribelli, quando un bombardamento, forse russo,
forse dell'aviazione siriana, ha colpito la casa. Nel raid sono morte 8 persone, tra cui 5 bambini,
ma probabilmente sarebbe stato solo un'altra nota a margine della giornata se le foto del salvatag-
gio di Omran, riprese dagli attivisti dell'Aleppo media center, non avessero fatto il giro del mondo.
Nel filmato si vede il bimbo trasportato nell'ambulanza. Un uomo lo adagia sul sedile arancione e
immediatamente torna indietro, verso il cumulo di macerie da cui lo ha estratto.
Omran resta solo. Non piange, non parla. Si passa la mano sul viso, come fanno i bambini appena svegli. Ma capisce che c'è qualcosa di strano: è il sangue che gli scende dalla testa. Lo guarda, ma
neanche allora piange. Rimane in silenzio, smarrito, fino a quando nell'ambulanza arrivano altri
due bambini e un uomo in barella.
Da mercoledì notte queste immagini sono state viste da migliaia di persone. Come Alan Kurdi un
anno fa. Omran Daqueesh sembra aver risvegliato oggi la coscienza del mondo. Come per Alan
un anno fa, c'è già chi teme che dopo questa ondata di emotività la storia verrà dimenticata. E
Aleppo con essa. Ha raccontato all'Ap Mahmoud Raslan, un fotografo che si trovava sulla scena,
che insieme a Omran sono stati estratti dalle macerie i suoi fratelli di uno e 3 anni e sua sorella di
11. Poi la mamma e il papà. Tutti feriti, ma nessuno è in gravi condizioni.
Poco ore dopo la prima, una seconda foto di Omran è stata diffusa in Rete. Il bimbo ha la testa
fasciata e lo sguardo ancora smarrito. A salvargli la vita sono stati un gruppo di uomini con l'el-
metto bianco. Si chiamano The White Helmets e sono volontari che negli ultimi anni hanno sal-
vato migliaia di persone dalle macerie. Pochi giorni fa sono stati nominati per il Premio Nobel
per la Pace. Il simbolo di una Siria che, nonostante tutto, non si arrende.
2 ottobre '16 - domenica 2nd October / Sunday visione post - 7 Da non perdere - Lunedì 3 ottobre: film "Fuocoammare", candidato per l'Oscar, in tv, Rai3 - ora serale, 8.30 Mercanteinfiera Autunno Mostra mercato di arte, antiquariato e collezionismo vintage Alle Fiere di Parma - dal 1° al 9 ottobre '16 Oltre mille espositori, uno spazio di 45mila metri quadrati, centinaia di buyer. Arrivata alla 35^ edizione, è un appuntamento da non perdere per chi è a caccia del pezzo unico. Arte Dalì. Il sogno del classico PISA, Palazzo Blu - fino al 5 febbraio 2017 A cura di Montse Aguer. Organizzazione: Ministerio de Cultura, Gobierno de Espana, Fondazione Palazzo Blu Continua... to be continued...