21 dicembre '19 - sabato 21st December / Saturday
visione post - 3
(da il manifesto - 17 dicembre '19 - Enrico Masulli)
Chi fabbrica bombe climatiche e demografiche
La ristrutturazione tardo capitalista dell'ultimo quarantennio ha portato all'esasperazione la logica
utilitaria e contingente del capitalismo. Il risultato è l'affermazione incontrastata di un neo-dispo-
tismo. Il risultato è un sistema che, da un lato, si dispiega in maniera pressochè incontrastata, af-
fermando una sorta di neo-dispotismo. Dall'altro ha aggravato squilibri ecologici, demografici e
sociali al punto da rendere non più sostenibile il suo stesso modo di funzionare.
Milioni di persone, soprattutto giovani, di tutto il mondo manifestano
la necessità vitale di sosti-
tuire completamente e in pochi anni
le fonti energetiche fossili perchè senza un'urgente e drasti-
ca
inversione di tendenza il riscaldamento del pianeta raggiungerà nel 2050 la soglia totale di 2
gradi. A quel punto, il 35% della superficie terrestre dove vive oò 55% della popolazopne mon-
diale sarebbe onvestita da fenomeni metereologoco esiziali. Due miliardi di persone patirebbero
una crisi idrica irreversibile. La crisi agricola costringerebbe almeno un miliardo di persone a
migrare. Le condizioni di sussistenza della specie sarebbero assai diverse da quelle finora cono-
sciute. - Sempre più evidenti sono anche gli effetti dello squilibrio demografico, Da un lato as-
sistiamo ad un crescente invecchiamento della popolazione e calo della natalità specie negli Usa
ed Europa occidentale. Nei paesi dell'Unione europea, entro 12 anni, una persona troppo giova-
ne o anziana per lavorare graverebbe su 1,5 in età lavorativa, determinando una situazione inso-
stenibile. A tale calo demografico corrisponde un andamento opposto in molti paesi del Sud del
mondo, vale a dire in quelli che non hanno ancora spezzato il circolo vizioso tra maggiore pover-
tà e maggiore popolazione. Ne consegue che la straordinaria crescita della popolazione mondia-
le, prevista in un aumento di 2,3 miliardi nel 2050, riguarderà per il 97,2% i paesi meno svilup-
pati, una vera e propria "bomba" demografica. Contemporaneamente aumenterà la distanza tra
tra i paesi più ricchi e quelli più poveri, mentre crescono le diseguaglianze all'interno sia dei pri-
mi che dei secondi. Se paragoniamo il Pil pro capite a parità di potere d'acquisto e, per un con-
fronto più rigoroso, consideriamo solo i paesi con più di 30 milioni di abitanti, riscontriamo che
negli 8 paesi più ricchi il Pil pro capite va dai 39,675 dollari in Italia ai 62.869 negli Usa; men-
tre negli 8 paesi più poveri esso varia da 824 dollari nella Repubblica Democratica del Congo
a 6.851 in Angola. Quanto alle diseguaglianze interne, il 10% più ricco della popolazione pos-
siede il 47% della ricchezza nell'America del Nord e il 55% nell'Africa sub-sahariana.
Le dimensioni limite di questi ed altri squilibri impongono un mutamento radicale, un nuovo
paradigma, un'ardua sfida che richiede un corrispondente rinnovamento delle forme di conflit-
tualità sociale ed espressione politica. Forme che possono maturare solo interpretando le istan-
ze più profonde dei grandi movimenti collettivi che, non a caso oggi e in diverse parti del mon-
do, sono portatori di valori, concezioni sociali e modelli di cultura affatto reattivi al vecchio pa-
radigma e agli squilibri ultimativi che ne indicano la crisi.
Lucianone