venerdì 11 agosto 2017

INTERVISTA / attualità profughi - Una volontaria ostetrica si racconta a Roberto Saviano

11 agosto '17 - venerdì                       11th August / Friday                     visione post - 12

( da la Repubblica - 29 aprile '17 - Roberto Saviano)
... ONG che, come Medici Senza Frontiere, nei territori di guerra sono unici luoghi di
soccorso. Ho incontrato una persona che ha deciso concretamente di aiutare a casa loro.
Si chiama Ileana Boneschi, ha 28 anni, è un'ostetrica di Medici Senza Frontiere e fa na-
scere bambini in zone di guerra, dove esistono  emergenze sanitarie  che non riusciamo
nemmeno a immaginare, dove ogni parto è un miracolo. "Non si parla mai delle donne 
incinte quando si pensa a una guerra", dice. Ed è proprio così.  Ileana ha partecipato a
due missioni in Sud Sudan dove è in atto una guerra etnica.
R. Saviano -  Come hai deciso di diventare un'ostetrica? Hai detto che studiavi danza... 
poi cos'è successo?- 
- "Ho studiato danza da quando ero piccina, dai tempi dell'asilo. Ero uno scricciolo...
Mi piaceva da morire, era bellissimo. Poi sono cresciuta e ho fatto il liceo artistico.
Tra le cose più importanti che l'artistico mi ha dato c'è l'aver allenato la mia sensibi-
lità a meravigliarsi del mondo. Ricordo che in quegli anni, che erano già gli anni Due-
mila, la mia attenzione cadeva su storie che arrivavano da mondi lontani. Storie di in-
sofferenza e ingiustizia.  Ed è lì che ho cominciato  a percepire  questo stato di debito
che avevo nei confronti della vita: da una parte io,  più che fortunata, dall'altra gente 
che non aveva niente, nemmeno mezza delle fortune che avevo io, ogni giorno. E quel
debito lo soffrivo, come lo soffro ora  e quindi l'unico modo che ho trovato per riusci-
re a gestirlo è stato chiedermi: cosa faccio per combatterlo?".
R. Saviano - E cosa hai fatto?
"Sapevo che saldare quel debito era impossibile, però potevo fare qualcosa per bilan-
ciare un pò la fortuna che mi accompagna da sempre".
R. Saviano - E quindi...
" Pensai che diventare medico fosse il modo migliore per riuscire a fare questa cosa, e
non un medico a caso, ma un chirurgo di guerra, proprio perchè la chirurgia non è so-
lo di testa ma è anche di mani, di pratica, e io sentivo il bisogno di fare qualcosa. 
Quando ho compiuto i 18 anni i miei genitori mi regalarono Pappagalli verdi di Gino
Strada e  nella dedica mi scrissero: 'Temiamo che ci stiamo facendo un autogol rega-
landoti questo libro'. Sapevano che mi avrebbe portato lontano da loro...".
R. Saviano - Ma non sei diventata chirurgo però.
"No! Feci il test per Medicina, ma non lo passai  per un quarto di punto, un maledetto
 - o benedetto, chi lo sa? - quarto di punto. Però avevo provato anche l'ingresso al cor-
so di laurea in Ostetricia, ed entrai. Iniziai e presto mi appassionai perchè è un lavoro
meraviglioso. Durante il corso di studio avevo bisogno di dirmi; 'ho fatto questa scelta
per poi lsvorare là' ".
R. Saviano - Là dove?
"Là in Africa, dove c'è bisogno".
R. Saviano - Poi arrivò la laurea, le prime esperienze di volontariato all'estero. Quindi
facesti l'application per Medici senza frontiere.
"Sì! era il Ferragosto del 2013. Scelsi Mfs perchè la sentivo assolutamente vicina alla
mia idea di assistenza medica in certi contesti.  Essendo un'associazione gigante  non
davo affatto per scontato che mi prendessero. Ma a ottobre 2013, mentre ero in repar-
to, mi arrivò una chiamata da Roma: ricordo la frase 'Benvenuta in Msf!, mi sciolsi".
R. Saviano - Dove ti mandarono?
"Sarei dovuta partire per il Myanmar, principalmente per dare assistenza ai Rohin-
gya, ma poi per problemi di sicurezza la missione viene ridotta e non partii più".
R. Saviano - Prima missione subito fallita. Ci sei rimasta male?
"No, capisco subito che in Msf il primo requisito è la flessibilità perchè come è natura-
le per territori dove c'è instabilità, i piani possono cambiare all'iòtimo minuto. Poi pe-
rò sono partita davvero".
R. Saviano - Per dove?
"Per il Sud Sudan dove l'unico modo per spostarsi sono questi piccoli aerei caravan di 
Msf. Arrivo a Nasir, nell'Upper Nile State e inizio a capire come vanno le cose. Dopo 48
ore mi dicono che la linea del fronte si sta spostando verspo l'ospedale  - noi eravamo in
zona ribelle - e quindi era il caso  di ridurre il numero  di espatriati (gli espatriati, nelle 
missioni, sono le persone dello staff internazionale, ndr.) del progetto. Ero l'ultima arri-
vata e mi chiedono se posso tornare a Juba. rientro successivamente a Nasir e abbiamo
informazioni che i soldati stanno avanzando molto velocemente verso la zona dove si tro-
va l'ospedale, quindi tutto il nostro team deve mettere in pratica il piano di evacuazione
attraverso il fiume Sobat, direzione Etiopia. E' buio, prendiamo la barca e percorriamo
per un pezzo il fiume. Sbarchiamo e dormiamo nel nulla; nella direzione opposta vedia-
mo uomini e ragazzi ubriachissimi che sfrecciavano verso il fronte sparando a salve per
gasarsi".  
R. Saviano - Che ne fu dell'ospedale a Nasir?
"Completamente distrutto".
R. Saviano - Hai avuto paura?
"Può sembrare strano, ma mai. Msf ha una gestione della sicurezza che secondo me è 
fenomenale ed è lo strumento essenziale  per fare missioni  in posti remoti mettendoti
nelle condizioni di sentirti sicuro".
R. Saviano - E qual è il tuo lavoro lì? 
"Quando si fugge, quando la popolazione resta  per settimane  lontana dai villaggi la
prima emergenza è la malnutrizione. Poi bisogna  allestire  una sala operatoria, cosa 
fondamentale per salvare le donne, quando i tagli cesarei sono indispensabili. I trasfe-
rimenti all'ospedale di Bentiu a 130 chilometri di distanza erano difficilissimi, questo
vuol dire che le donne che non sono riuscite a trasferire le ho perse davanti ai miei oc-
chi. E poi le trasfusioni: se c'è bisogno di una trasfusione trovare un donatore compa-
tibile tra HIV e malattie sessualmente trasmissibili è come vincere alla lotteria".
R. Saviano - Come vedi la situazione in Sud Sudan?
"Drammatica. Se si pensa, ad esempio che la violenza sessuale è usata come arma di
guerra. Io avevo a che fare con vittime abusate da gruppi rivali ma il giorno dopo po-
teva accadere il contrario"..
R. Saviano - Qui non si fanno più figli, invece là se ne fanno moltissimi.
La differenza credo risieda nella possibilità di poter fare delle scelte. Se non vedi alter-
native riproduci i modelli che hai. L'hai visto fare a tua nonna, a tua madre, a tua so-
rella...".
R. Saviano - Ma la contraccezione?
"Anche chi conosce i metodi contraccettivi fa molti figli perchè considerano i bambini 
sempre un dono e perchè sanno che un'alta percentuale di loro non sopravviverà".
R. Saviano - Che ne pensi dlle polemiche di questi giorni sulle ong? Ti sei fatta un'idea 
del perchè siano partite e quale sia il loro scopo?
Se tutti quelli checommentano e aliomentano questa polemica avessero visto una mam-
ma o un bambino in difficoltà, nessuno avrebbe più parole, ma tutti si metterebbero a 
fare"._
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Ileana è una delle moltissime anime di Msf che come altre Ong  organizza  la solidarietà
non rendendola una parola sospetta. Ho voluto che si raccontasse perchè il racconto è la migliore risposta, forse l'unica, alle insinuazioni di questi giorni.     Persone come Ileana
hanno trasformato l'aiutiamoli a casa loro nella più umana delle declinazioni: aiutiamoci.

Lucianone













Continua... to be continued...