domenica 15 luglio 2018

Ultime notizie - dall'Italia e dal Mondo / Latest news

15 luglio '18 - domenica                             15th July / Sunday                 visione post - 18

ITALIA - Economia
Il Fmi taglia la stima dell'Italia, e punta il dito contro l'incertezza politica
ll Fondo più severo di altri: prospettive tagliate al +1,2% quest'anno e +1% il prossimo. I dazi sono la peggiore minaccia sull'andamento globale. Upb: "In Italia sotto-utilizzo del lavoro frena gli stipendi"
MILANO - Il Fondo monetario internazionale si rivela più duro di altre organizzazioni internazionali e sforbicia le previsioni di crescita dell'Italia portandole all'1,2% per quest'anno (0,3 punti meno della stima di aprile) e all'1% per il prossimo (-0,1 punti).

Come hanno già fatto notare la Commissione europea e Bankitalia, sull'andamento del Belpaese pesa sì un rallentamento generalizzato dell'economia del Vecchio continente, ma si aggiunge un carico peculiare che si deve agli "spread più ampi sui titoli di Stato e alle più strette condizioni finanziarie in seguito alla maggiore incertezza politica e che dovrebbero farsi sentire sulla domanda interna".

Come detto, in generale la crescita di Eurolandia è prevista "rallentare gradualmente" dal +2,4% del 2017 al +2,2% del 2018 e +1,9% del 2019. In questo caso il Fondo rivede al ribasso di 0,2 punti percentuali per il 2018 e 0,1 punti percentuali per il 2019 le stime dell'area euro rispetto a quelle di aprile. Invariate invece le previsioni per gli Stati Uniti, il cui Pil è atteso crescere del 2,9% quest'anno e del 2,2% il prossimo. Per la Gran Bretagna il Fmi prevede un pil in crescita dell'1,4% nel 2018 (-0,2) e dell'1,5% nel 2019.

ITALIA - Immigrazione
A terra i 450 di Pozzallo: 128 minori soli / Viminale: "Vittoria politica i ricollocamenti" /
Ma la Ue gela Salvini: "Libia non è porto sicuro"
Portati nell'hotspot in attesa di essere smistati. Il racconto: "Quattro annegati prima dei soccorsi". L'Unhcr: "Fine di una sofferenza prolungata e ingiusta". Salvini da Mosca: "Rendere la Libia un porto sicuro". Ma la Ue ribadisce il suo no
ROMA - Sono tutti a terra i migranti a bordo della nave Monte Sperone della Finanza e della Protector di Frontex, ferme da sabato in rada a Pozzallo. L'autorizzazione allo sbarco è arrivata dal Viminale poco prima della mezzanotte di ieri. Nella notte, sono scesi 128 minori non accompagnati, tre con i genitori, 44 donne e 272 uomini. In totale 447 persone di cui 291 proverrebbero dall'Eritrea e 92 dalla Somalia. Altri migranti vengono da Nigeria, Bangladesh, Algeria, Libia, Siria, Egitto. Venerdì le due imbarcazioni avevano intercettato e soccorso un barcone. Ora gli uomini della prefettura e della questura sono al lavoro per lo smistamento dei migranti verso i 6 Paesi "volenterosi" della Ue (Francia, Malta, Germania, Spagna, Portogallo e, ultima arrivata, l'Irlanda  che ha accettato di prenderne 20). A breve potrebbe aggiungersi anche il Belgio.

L'ORRORE NEL RACCONTO DEI MINORI: "MIO PADRE, MORTO NEL DESERTO"

· Quattro morti in mare per fame
Quattro giovani sarebbero morti durante la traversata, secondo le drammatiche testimonianze raccolte dagli operatori dell’Oim all’hotspot di Pozzallo. "Più persone ci hanno raccontato che sono partiti mercoledì da Zwara. Venerdì stavano per terminare le scorte di cibo e acqua, quando hanno visto una nave in lontananza. Ma l’imbarcazione era lontana e una trentina di persone si sono buttate in mare: quattro giovani sarebbero morti", spiega Flavio Di Giacomo dell’Oim. A testimoniarlo anche i parenti delle vittime, tutte di nazionalità somala; tra loro anche un ragazzo di 17 anni. La polizia di Ragusa sta verificando la notizia.  


FRANCIA - Mondiali Russia 2018
La francia abbraccia a Parigi i campioni / Festeggia anche la Croazia
Incidenti e saccheggi, evacuati gli Champs-Elysées

Lucianone

Il personaggio - Joe Arpaio, giustiziere dei migranti cui Trump concesse la grazia

15 luglio '18 - domenica                         15th July / Sunday                     visione post - 17


(da la Repubblica - 27 agosto '17 - Federico Rampini / New York)
Joe Arpaio era diventato in Arizona
il giustiziere dei migranti clandestini
e l'idolo della destra radicale americana
Arriva di nascosto, venerdì a tarda sera, vigilia di weekend, coi media americani concentrati
sull'uragano in Texas.  E' la grazia presidenziale per il controverso sceriffo Joe Arpaio dell'A-
rizona, già condannato in tribunale per "disprezzo della giustizia".  E' una celebrity cara alla
destra americana: un auto-proclamatosi giustiziere nella caccia agli immigrati clandestini, che
ha ripetutamente violato i diritti costituzionali delle sue "prede". Rischiava fino a sei mesi di
carcere per le sue malefatte passate, ora la farà franca perchè Donald Trump lo ha graziato
preventivamente (il tribunale non aveva ancora deciso la sua pena). Non è una vera sorpresa.
Lo sceriffo dell'Arizona, 85enne di origini italo-americane (i genitori immigrarono a
New York da Lacedonia, provincia di Avellino), è una celebrity della destra, adorato
da quegli elettori repubblicani che vogliono espulsioni in massa degli immigrati senza
permesso di soggiorno. E infatti l'annuncio del perdono presidenziale  è stato accolto
come previsto: indignate condanne da sinistra, qualche repubblicano moderato in net-
to disaccordo (John McCain, senatore proprio dell'Arizona), ma una base di destra fe-
lice che Trump abbia mantenuto questa promessa.  Il perdono infatti era nell'aria  da
tempo. Anche se Arpaio è stato sconfitto quando si è ripresentato davanti agli elettori 
di Maricopa County-Phoenix nel novembre scorso (quella carica di sceriffo è elettiva),
la sua vera campagna elettorale era stata un'altra: spesso a fianco di Trump nei comi-
zi del candidato repubblicano, regolarmente si attirava la sua bella dose di applausi.
Trump ha annunciato il suo perdono venerdì sera con un comunicato che include una
breve biografia: "La carriera di Arpaio, che cominciò col servizio militare nella guer-
ra di Corea all'età di 18 anni, è un modello di servizio altruista della nazione... Da sce-
riffo ha protetto la comunità contro i danni del crimine e dell'immigrazione illegale.
A 85 anni, e dopo mezzo secolo di servizio pubblico, è un degno candidato del perdo-
no presidenziale".  -  Nel profilo biografico stilato dalla Casa Bianca mancano gli epi-
sodi più clamorosi, stravaganti e scabrosi.  Prima ancora di focalizzarsi sulla caccia
agli stranieri, Arpaio era diventato famoso per le condizioni di prigionia che infligge-
va ai carcerati nella contea di Maricopa-Phoenix. Per far fronte alla sovrappopolazio-
ne dei penitenziari, allestì delle tende militari che nella zona desertica dell'Arizona
arrivavano a una temperatura di 60 gradi. Avendo saputo che alcuni detenuti ruba-
vano la biancheria intima, impose a tutti le mutande rosa in modo che fossero meno
facilmente... riciclabili. Ristabilì l'antica punizione dei lavori forzati in catene, anche
per detenute donne. La ragione della sua condanna in tribunale. "racial profiling"
cioè arresti  mirati sistematicamente ai latinos; detenzione preventiva oltre il limite
massimo consentito per legge e altri reati per i quali fu recidivo nonostante i ripetu-
ti richiami del Dipartimento di Giustizia federale. - 
A Trump lo lega anche il fatto di avere cavalcato il "birther movement", il movimen-
to di destra che accusava Barack Obama di essere nato in Kenya, quindi ineleggibile 
alla presidenza degli Stati Uniti. Arpaio usò la propria carica di sceriffo per fare in-
dagini in proprio onde dimostrare la "falsità" del certificato di nascita di Obama. 
Tra le altre iniziative che attirarono su di lui l'attenzione nazionale, per dare la cac-
cia ai clandestini, non bastandogli gli organici della sua polizia locale, Arpaio diven-
ne il promotore di una banda di vigilantes privati di cui entrarono a far parte anche 
gli attori Steven Seagal e Lou Ferrigno (quello del film "L'incredibile Hulk"). Prima
di essere sciolta da un tribunale  quella banda di vigilantes  agli ordini  dello sceriffo 
sostenne di avere raggiunto fino a tremila membri.  Tra le accuse che hanno fatto per-
dere ad Arpaio l'ultima elezione, la sua ossessione sulle retate di clandestini lo portò
a trascurare sistematicamente la prevenzione e la repressione di molti altri reati ses-
suali contro i minorenni.

Lucianone

Spettacoli - cinema/animazione - Storia di Manuel: lupi loschi, di periferia

15 luglio '18 - domenica                         15th July / Sunday                     visione post - 18

(da la Repubblica - 3 maggio '18 - Emiliano Morreale)
Passato in dordina tra mille altri titoli alla Mostra di Venezia (nella sezione "Cinema nel
giardino"), l'esordio di Dario Albertini avrebbe meritato di più. Probabilmente lo ha pe-
nalizzato anche l'appartenenza  a un vero e proprio sottogenere del nostro cinema, quel
"realismo delle periferie" che ha peraltro prodotto opere notevoli, da Fiore a Cuori puri.
Anche Manuel ha il suo punto di forza  nell'osservazione diretta  e  nella riscrittura sul 
campo del copione.    Come è capitato altre volte, c'è alla base un documentario, La re-
pubblica dei ragazzi 2014), ambientato in una casa-famiglia di Civitavecchia. Da quell'in-
contro nasce lo spunto del film. Il Manuel del titolo è un ragazzo di 18 anni, cresciuto in
quella struttura perchè la madre è in carcere da 5 anni. Adesso esce, torna a casa, è solo
e la libertà un pò lp spaventa. La madre ha chiesto i domiciliari e di essere affidata a lui,
che da figlio diventerebbe responsabile della sua condotta. In attesa del responso del tri-
bunale Manuel vaga, incontra persone nuove, ritrova un amico entrato in giri loschi, o
un altro ex ospite della casa famiglia, oggi falegname. Molti di questi ritratti sono preci-
si, credibili, ma in un film come questo molto si basa sul protagonista. E il film ha la sua 
forza nell'attore venticinquenne Andrea Lattanzi, quasi esordiente, una specie gan-
te dalla faccia lunga, con l'aria da cane bastonato e una fisicità goffa.    Il regista gli sta
addosso, costruisce le scene con tecnica paradocumentaria, senza stacchi, valorizzando 
i ritmi dei dialoghi e spostandosi spesso su di lui anche quando parlano gli altri. Ma so-
no valorizzati anche altri interpreti, come Alessandro Di Carlo, noto finora come comi-
co televisivo.  Manuel è un film tutt'altro che perfetto, a volte incappa in qualche stile-
ma tipico del suo filone, specie nel finale, quando scivola su un paio di immagini quasi 
imperdonabili (meglio chiudere gli occhi e fingere che non ci siano). Eppure conquista 
per la sua curiosità, la capacità di guardarsi intorno con gusto degli spazi, di costruire 
un melodramma contemporaneo (chè di questo si tratta, alla fine) con piccole scene e-
mozionanti: la prima entrata in scena di Manuel, l'addio all'amica da dietro i vetri. il
dialogo con l'assistente sociale. Alla fine, a questo ragazzo ci si appassiona, si spera  e
si soffre con lui.

Lucianone