martedì 7 giugno 2016

Personaggio - Il clandestino Fahim: un genio degli scacchi, che dà scacco matto alla Francia xenofoba

7 giugno '16 - martedì                7th June / Tuesday                          visione post - 22


(da 'la Repubblica' - 16 febbraio '15 - La storia / Anais Ginori)

Créteil - Francia 
Alla fine, è un bambino che ha dato scacco matto alla destra populista, ai nostri quotidiani egoismi, all'irresistibile tentazione dei proclami xenofobi.  La Francia  che s'interroga  sulle 
frontiere e sull'immigrazione, che a parole vuole rimanere la patria dei diritti dell'uomo ma
nei sondaggi fa volare le idee del Front National, ha scoperto di essere salita sul podio grazie 
a un sans papier, l'ultimo tra gli ultimi, un bambino che non aveva casa, documenti, ma una
straordinaria capacità di giocare agli scacchi.    Fahim Mohammad è diventato il campione francese del torneo mondiale studentesco di scacchi. Un simbolo che ha vinto non solo una
gara internazionale ma anche la partita della vita.
"Se la mia storia può dare speranza ad altri ben venga" si schermisce Fahim, seduto nel giar-
dino di una villetta a Créteil. Anche se oggi non è più un "Re clandestino", titolo della sua au-
tobiografia pubblicata da Bompiani, il ragazzo mantiene  la timidezza di chi ha attraversato umiliazioni e sconfitte.  E' in questa banlieue sud di Parigi  che è approdato  alla fine  di una 
lunga odissea cominciata a Dacca, Bangladesh.  Fahim abitava in una casa "grande"  di due stanze, si sentiva "ricco" rispetto alla povertà di quel paese.     Tutto  è precipitato  nel 2008 
quando l'attivismo politico del padre  ha provocato minacce  alla famiglia Mohammad  e al
piccolo campione in erba. "Lo rapiremo" avevano scritto gli avversari politici di Nura.   Al
padre Nura e al bambino non resta che scappare. Un lungo viaggio che fa tappa a Calcutta,
Roma, Budapest e termina a Créteil, dove c'è la sede dell'associazione Terre d'Asile, ma an-
che una delle migliori scuole di scacchi di Francia. Fahim ha imparato a giocare trascinato
dalla passione del padre. Una folgorazione a soli cinque anni. "D'un tratto la scacchiera si
anima - racconta nel libro - i pezzi si alzano e si dispongono in bell'ordine, le torri si muovo-
no in avanti sul campo avverso, gli alfieri in diagonale, i cavalli scavalcano gli altri pezzi, i
pedoni obbediscono senza digrignare i denti. Il re si mostra docile come un bambino e mi
supplica di proteggerlo, e la regina, la mia regina, forte, rapida, intelligente, dilaga a tutto
campo.  Per Fahim ogni partita è una battaglia, una guerra. "A me piace giocare per vin-
cere", spiega con accanto Xavier Parmentier, da vent'ammi allenatore della squadra fran-
cese giovanile di scacchi. Il maestro che ha portato alla gloria il piccolo campione riassume
le sue capacità: "Ha facoltà di concentrazione formidabili, eccezionali capacità di calcolo,
percezione geometrica dello spazio e ottima memoria gli consentono di prevedere una gran
quantità di varianti, di coniugare in anticipo moltissime mosse e di proiettarsi verso quelle
successive". Parmentier ha fatto lavorare Fahim sulle partite dei grandi campioni: Garry
Kasparov, Anatolij Karpov, Bobby Fisher.    Al ragazzo però piace soprattutto Alexander
Alekhine perchè è un "vero attaccante".
L'incredibile talento di Fahim si scontra con una politica del governo  sempre  più  dura 
con i nuovi immigrati. Il bambino non ha una casa, è costretto a chiamare ogni sera il 115,
il numero che dà  rifugi provvisori  ai senza fissa dimora. E' finalmente inserito a scuola, 
imparando in pochi mesi il francese. A Créteil tutti ammirano il piccolo giocatore benga-
lese superdotato ma sempre clandestino. Fahim rischia l'espulsione  e soprattutto teme che
non potrà mai concretizzare il suo sogno segreto. "La prima volta che ero in cima alla Tour
Eiffel - racconta - ho fatto una promessa a me stesso: un giorno parteciperò ai campionati
europei. IUn ragazzo del Bangladesh ai campionati europei, che forza sarebbe!".
Mossa dopo mossa, Fahim costringe alla resa il governo di destra  che ha fatto  della lotta all'immigrazione clandestina una bandiera. Il 4 maggio 2012, due giorni prima del ballot-
taggio alle presidenziali, un'ascoltatrice parla alla radio di un bambino sans papier che ha
appena conquistato il titolo di campione di scacchi. Il premier di allora, Francois Fillon, 
promette di regolarizzare la situazione.  Oggi Fahim ha 15 anni, si sente pienamente fran-
cese anche se ha nostalgia della madre, la sorella e il fratellino che vivono ancora a Dacca.
La sua favola diventerà presto un film. Ma lui gioca meno a scacchi. "Stenta a ritrovare lo
slancio che lo animava all'arrivo in Francia"  racconta Sophie Le Callennec, antropologa 
che ha scritto con lui l'autobiografia. "Alla sua età, tre anni e mezzo d'inferno non si can-
cellano facilmente - conclude - , Non è più un re clandestino, ma è ancora un re convale- 
scente".



Lucianone
 - 

Istruzione / università e istruzione terziaria - La mappa dei talenti

7 giugno '16 - martedì               7th June / Tuesday                       visione post - 6

Laureati: nel 2030 i nuovi talenti mondiali 
verranno da Cina e India

(da 'Corriere della Sera' - 28 aprile '15 - Agostino Gramigna)
Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse)
non c'è da proccuparsi per il livello dei laureati nel mondo, in crescita costante.
E l'espansione "dell'economia della conoscenza" assorbirà tutti i talenti. Intan-
to però, sempre l'Ocse, c'informa che nel 2030  Cina  e  India avranno in due il
cinquanta per cento dei talenti mondiali.  E  che l'asse Usa-Europa-Giappone,
sta perdendo il monopolio dei laureati.  -  Le proiezioni della classifica (l'Italia
è molto indietro) si basano  su dati che certificano  una rivoluzione già in atto:
nel 2000, nei cosiddetti "Paesi sviluppati"  c'erano 51 milioni di laureati  nella 
fascia d'età dai 25 ai 34 anni. Nei Paesi del G20 non appartenenti all'Ocse, ov-
vero il blocco di nazioni in via di sviluppo costituitosi nel 2003 (da non confon-
dere con il G20 dei Paesi industrializzati  creato nel 1999)  il loro numero  era 
soltanto di 39 milioni. Nell'ultimo decennio questo divario è quasi scomparso: 
66 milioni dell'Ocse contro i 64 milioni del G20. Se questo trend dovesse conti-
nuare, il numero di 25-34enni con titolo universitario in Paesi come Argentina, 
Brasile, India, Indonesia, Russia, Arabia Saudita e Sudafrica supererà di quasi 
il 40% i coetanei dei Paesi europei e americani. Ecco  perchè  il pool mondiale 
dei talenti già nel 2020 non sarà più concentrato negli Usa, Giappone ed Euro-
pa. C'è da preoccuparsi?

Lucianone


Riflessioni - Cantante degli Eagles e Bataclan / La scorta a Roberto Saviano

7 giugno '16 - martedì               7th June / Tuesday                    visione post - 13                  

Il cantante degli Eagles of Death Metal, la band che si esibiva al Bataclan,
è diventato parecchio impopolare in Francia per aver dichiarato in un'in-
tervista, mesi fa, che se il pubblico parigino  fosse stato armato  la strage
jihadista sarebbe stata evitata. La dichiarazione era così puerile e sciocca
(specie alla luce delle statistiche sui morti ammazzati negli Usa, ovviamen-
te proporzionali  al mostruoso numero  di pistole  e  fucili in circolazione)
che avrebbe meritato di essere accolta con un caritatevole silenzio: quel si-
gnore era pur sempre reduce da un terribile shock. Ma così non è stato; e
le dichiarazioni pro-armi da fuoco del loro leader sono costate agli Eagles
la revoca di un paio di inviti nei festival francesi di quest'estate.
La Francia gode fama, tra i Paesi europei, di essere il più antiamericano.
Più semplicemente è il più europeo. E il meno disposto a dimenticarselo.
L'estrema familiarità che abbiamo con la cultura di massa americana (e
con i miliardi di pallottole che fischiano nel loro magnifico cinema), no-
nostante duri da un secolo, non è bastata a farci vivere come le comparse
di un western. A Parigi, se qualcuno gira per la strada impugnando qual-
cosa di cilindrico, è una baguette.
(da la Repubblica - 22/05/'16 - L'Amaca / Michele Serra)

Io Saviano l'ho visto, venire e andare con la scorta. Ho visto lui e ho visto
la sua scorta. Per settimane e per mesi, Ricordo le facce quasi una per una,
di quelli della scorta. Ricordo le parole dei pochi, tra loro, che avevano vo-
glia di chiacchierare.  Se ne immaginava la vita tesa, lo stipendio basso, la
percezione ondivaga (che va e che viene) di quanto fosse importante il loro
lavoro. Siccome li ho visti, ogni volta che sento qualcuno sproloquiare sul-
la scorta di Saviano penso a Saviano, ma penso anche alla scorta. Saviano
non può dirlo e dunque lo dico io, che ho qualche anno di più: avete rotto
il cazzo. La scorta non se l'è cercata, la scorta non ha cercato lui.  Era un
ragazzo di vent'anni e ha scritto un libro sul male. Il libro ha fatto scanda-
lo (avrebbe dovuto fare scandalo il male). Il male, nelle persone che lo in-
carnano e che ci si arricchiscono, si è molto risentito, e forse gliel'ha giu-
rata.
Gliel'ha giurata quanto, e per quanto tempo? Io non lo so, quanto gliel'ha 
giurata. Ma sicuramente non lo sa nemmeno il senatore D'Anna. Dunque
se ne stia zitto. E' tipico dell'indolenza di una certa Italia - molta Italia -
dire "e però",  "e insomma", "e non esageriamo". E' normale e forse ine-
vitabile che quell'Italia (quella indolente) sia rappresentata in una demo-
crazia elettorale. Ma è anche normale e forse inevitabile che qualcuno le
risponda: occupatevi di quello che capite. Non di quello che non capirete
mai.
(da 'la Repubblica' - 27/05/'16 - L'Amaca / Michele Serra)