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(da la Repubblica - 22/12/2015 - Milano/Cultura / di Simone Mosca)
Con le dovute cautele, il paragone con Gente di Dublino, antologia da 15 racconti
pubblicata da James Joyce nel 1914 con lo pseudonimo di Stephen Daedalus, va
fatto per forza visto il titolo. Gente di Bergamo è infatti, come l'illustre modello,
una raccolta da 20 storie firmate da altrettanti autori che così come Joyce appar-
teneva a Dublino, vantano natali o trascorsi orobici rilevanti.
L'ha curata Paolo Aresi, scrittore ovviamente bergamasco e, nato nel 1958, già
autore di parecchi romanzi. Oltre a un racconto, firma l'introduzione del libro.
Un incipit in cui rivendica finalmente un posto al sole anche per i letterati di
una provincia bella e famosa per molte ragioni ma non molto celebre per le
sue penne. Viene in mente tra i vivi Vittorio Feltri, più giornalista che scrittore.
Ricorda Aresi tra i defunti che gli avi di Torquato Tasso, di cui è documentato
un breve soggiorno a Bergamo, venivano dalla vicina Val Trompia.
L'orgoglio locale alla radice del libro investe anche la scelta di pubblicare con
Bolis Edizioni, fondata nel 1833 dai Bolis tipografi e librai. Di Joyce è stata ri-
presa anche l'idea di dividere le storie in sei capitoli, che vanno dalle Montagne,
imponente patrimonio di Bergamo, al Sogno. Il più famoso tra i 20 nomi è quel-
lo di Raul Montanari, che arrivato ragazzino a Milano dove ha frequentato le
superiori, è un bergamasco in prestito. Il racconto più riuscito, ma è questione
di gusti, è forse quello di Giusi Quarenghi, scrittrice, poetessa e autrice di libri
per ragazzi. E' nata a Sottochiesa, frazione di Taleggio, toponimo che a nord di
Bergamo, dove oggi la Quarenghi vive, ha battezzato il formaggio. Nella storia
è in prima persona una zitella che nello sperduto eremo insegue galline nell'aia,
ossessionata dai colli dei pennuti che prima o poi vanno tirati. Finchè un giorno
acquisterà un tacchino con cui instaurerà un legame fatale.
Scorrendo le pagine, si scopre tra l'altro un rapporto viscerale tra bergamaschi
e natura. Davide Sapienza, nato a Monza e appassionato escursionista del berga-
masco, immagina i pensieri di una cagna incinta, immersa nei boschi della valle
del Carso. Il tema della scoperta è del resto la calamita più forte per un lettore
"forestiero", cui arrivano colori inconsueti di una città che difficilmente trove-
rebbe in una guida tradizionale. Ci sono quelli nero e azzurri degli Orobici del-
la Serie A (l'Atalanta) nelle divertenti pagine di Claudio Calzana. C'è il nero
dell'Albergo Popolare che, raccontato da Federico Redaelli, è a Bergamo l'asi-
lo per i tossici. C'è il colore popolare della Malpensata, quartiere zeppo di ca-
se Aler, nelle passeggiate di un anchorman anziano inventato da Angelo Roma.
Ci sono ovunque quei tipi umani che sembrano patrimonio comune ma che
cambiano da provincia a provincia, simili ma diversi come le versioni dello
spritz che ogni paese escogita unico per la sua piazza. Soprattutto c'è vita
diffusa, orizzontale, non la solita dicotomia verticale tra Bergamo bassa e
Bergamo alta che spesso è la sola cosa che di Bergamo si conosce. E non ser-
ve per forza Joyce per raccontarne un pezzo.
Lucianone
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