Parlare di rottamazione
è diventata quasi una moda: è iniziato tutto con il sindaco
di Firenze Matteo Renzi e si è poi propagato, come termine
di riferimento, a tutta la politica italiana. Ma adesso questa
parola si allarga ad essere compresa anche in altri ambiti,
come quello sportivo e calcistico in particolare.
E al riguardo ho trovato questo articolo nella Repubblica
del 2 novembre '12, a firma di Alessandro Vocalelli (nel-
la sezione di R2SPORT), che mi trova completamente
d'accordo su tutta la questione. partendo dal titolo.
(Lucianone)
Da Tachtsidis a Dodò il prezzo dei giovani
Quanti danni possono fare gli slogan, a quale confusione può
andare incontro chi finisce per equivocare il senso di certe
"campagne". L'ultima, pericolosissima, quella sulla "rottama-
zione": perchè generalizza, perchè non tiene conto di una veri-
tà banale - si puà essere capaci in età matura e si può essere
svuotati anche a vent'anni - ma soprattutto può indirizzare
verso un vicolo cieco. Succede nella vita, succede nella politi-
ca e può succedere nello sport, nel calcio, di essere accecati
dall'idea del cambiamento, del rinnovamento a tutti i costi,
negando quindi una parola, una virtù, che pure dovrebbe
essere chiara e riconosciuta: l'esperienza. Un errore, per la
verità, in cui non tutti cadono. - Perchè nella Juve c'è un
ventenne sugli scudi, il formidabile Pogba, un solo ragazzi-
no che si muove in una squadra matura e solida, capace di
sfruttare al massimo la forza e l'esperienza (e dai con l'espe-
rienza) di Buffon e Barzagli, di Pirlo e Vucinic. Un pò quel-
lo che succede al Napoli, dove Mazzari (che si guarda bene
di gridarlo ai quattro venti) è un pochino spaventato dalla
campagna che si è sviluppata nel nome di un potenziale
fuoriclasse come Insigne. Sì, un progetto di campione che
deve però crescere, e sarebbe ingeneroso equiparare giò a
Lavezzi. Hanno bisogno Pogba e Insigne di crescere, ed è
giustissimo, di crescere e scalare posizioni: in contesti, in
squadre, dove sono più maturi ad assicurare la continuità.
Esattamente come succede all'Inter, che ha una rosa soli-
da, granitica ed esperta (e dagli ancora con l'esperienza...)
in cui Coutinho - mica uno qualsiasi - dopo ver fatto un
altro passo avanti all'estero, è tornato in nerazzurro per
sfruttare l'occasione giusta dietro a Cassano, Palacio e
Milito.
Ci sarà dunque una ragione se nelle prime tre del campio-
nato i giovani aspettano pazientemente il proprio turno.
Vuol dire che anche nel calcio, oltre alla freschezza e alla
bravura tecnica, conta appunto anche l'esperienza. Che
vuol dire conoscenza della materia e magari dei propri li-
miti, capacità di governare i momenti di entusiasmo e di
difficoltà. Una realtà negata dalla Roma che, forse stor-
dita e confusa da tutto questo chiacchiericcio sulla ne-
cessità estrema di procedere con la "rottamazione", ha
imboccato la strada del cambiamento estremo. Domeni-
ca scorsa, contro l'Udinese, in quella partita che si è tra-
sformata in uno spot di coraggio e di paura, di spavalde-
ria e tremori, sono andati in campo 8 (otto!) giocatori
sui vent'anni: Piris, Marquinhos, Dodò, Tachtsidis, Pja-
nic, Florenzi, Lamela e Destro. - Non è un caso che la
Roma si è accesa, spenta, è ripartita, si è affievolita, in-
fiammata, demoralizzata, come è capitato a tutti noi -
ragazzi - di fronte a un esame, un'emozione. E la stessa
storia si è in fondo ripetuta a Parma, dove su un campo
infame una squadra al 60 per cento di ventenni ha fini-
to per andare un'altra volta in altalena. Perchè nel cal-
cio, come nella vita, bisogna avere ardore ed entusiamo,
bisogna essere pronti al cambiamento, flessibili e reatti-
vi, come sanno essere giustamente i giovani, ma si finisce
per essere inflessibili e dunque pochissimo moerni, se si
nega per definizione l'esperienza. Che aiuta, sì che aiuta:
soprattutto a non bruciare i giovani, gli unici in tutto que-
sto a non avere colpe.