venerdì 18 dicembre 2020

Nuove riflessioni del Venerdì - Dai canti e suoni sui balconi alla depressione generale. Che mondo sarà finita questa pandemia, e che altre catastrofi dobbiamo aspettarci?

 18 dicembre '20 - venerdì                            18th december / friday                           visione post -






Libri / saggio - "Nella fine è l'inizio. In che mondo vivremo"

 18 dicembre '20 - giovedì                          18th December / Thursday                      visione post - 4

(da 'il manifesto' - 17 novembre '20 - Francesco Antonelli)
UN AGILE SAGGIO SOCIOLOGICO
firmato da Chiara Giaccardi e Mauro Magatti
In uno dei suoi romanzi più famosi, La peste (1947), Albert Camus scrive che "le epidemie ci 
insegnano".  In un libro meno famoso ma più recente, La febbre (2018), Ling Ma  scrive  che
"dopo la Fine (causata dall'epidemia di febbre al centro del suo romanzo distopico, nda) arrivò
l'inizio".
 Insomma, la modernità. così orgogliosa delle sue conquiste, non incontra le epidemie solo co-
me fatti epidemiologici e naturali bensì come soggetti sociali e politici in grado di rimettere in 
discussione l'ordine sociale e di farne emergere le più stridenti contraddizioni: la peste, l'epide-
mia, portano con loro anche  una malattia morale  e, sgretolando il passato, aprono  le porte  a 
nuove possibilità, regressive (più spesso) oppure di avanzamento sociale (più raramente). Far
emergere una coscienza post-apocalittica - nel senso di rendere consapevoli le persone di ciò
e quindi di evitare che divengano semplici "oggetti" da manipolare  all'interno  di rivoluzioni
passive gestite solo dall'alto - è l'obiettivo principale  del nuovo libro  di Chiara Giaccardi  e
Mauro Magatti Nella fine è l'inizio. In che mondo vivremo (Il Mulino, pp. 180, euro 15).
Il libro di Giaccardi e Magatti è per questo motivo pieno di speranza poichè la speranza - co-
me ci ha insegnato Bloch - vuol dire dare valore a qualcosa che si desidera per il futuro, com-
battere per affermarla, consapevoli della possibilità concreta che si verifichi l'esatto contrario:
alla pandemia di Covid occorre guardare  senza ottimismo nè pessimismo per il futuro. Eppu-
re come possibilità aperta di ricostruire un intero assetto sociale profondamente deficitario  e
in bancarotta già prima dell'epidemia.
La narrazione globalista, impostasi dopo la caduta del muro di Berlino, incentrata sul modello
di un capitalismo senza confini, incontrollato e incontrollabile che genera, attraverso l'ipertro-
fia della tecnica, l'esaltazione di soggetti solitari, iper-stimolati, compiaciuti della propria inar-
restabile volontà di potenza che violenta l'ecosistema  e  svilisce i rapporti umani, eternamente
inquieta e ansiogena, come lo sono le élite socialmente irresponsabili  che  l'hanno alimentata,
è finita per sempre: la pandemia è solo l'ultimo evento catastrofico di una triade costituita dal-
l' undici settembre e dalla crisi economico-finanziaria del 2007/8 che hanno mostrato l'insoste-
nibilità dell'attuale modello di sviluppo.  In questo contesto, cosa ci insegna la pandemia? Per
Giaccardi e Magatti un valore fondamentale che, a dire il vero, era stato rintracciato come tale
da alcuni grandi sociologi a cavallo del XX secolo, come la risorsa fondamentale e, allo stesso
tempo  la grande fragilità  della società moderna:  l'INTERDIPENDENZA -  o meglio, l'inter-
indipendenza. come la chiamano gli autori - tra persone, ruoli, funzioni e paesi del mondo. Il
fatto che la libertà di ciascuno non finisce dove inizia quella dell'altro (secondo la vulgata li-
berale); ma, al contrario, è sostenuta e possibile solo assieme e grazie al riconoscimento e al-
la presa in carico, alla cura, dell'altro. Il familiare, l'amico come l'estraneo.
Solo attraverso comportamenti responsabili possiamo garantire la salute e la sicurezza degli
altri. Solo avendo consapevolezza che si appartiene a una comunità-. Solo riconoscendo che 
la dimensione del "pubblico", del "sociale", dello "Stato" continua a essere fondamentale per
poter garantire un presente e un futuro degno. In poche parole, ritorna al centro la solidarietà
sociale e la cittadinanza come insieme di diritti e doveri che ci liberano dall'infantilismo del
neoliberismo.  Se Beck e Bauman, con i loro modelli della società del rischio e della moder- 
nità liquida, sono i sociologi che più volte vengono richiamati da Giaccardi e Magatti come
gli intellettuali che, prima e meglio degli altri, avevano capito i limiti del globalismo e la di-
rezione verso cui muoversi per superarli, è Emile Durkheim il vero vincitore intellettuale di
questa partita poichè fu questo grande padre fondatore della sociologia, oggi frettolosamen-
te e non a caso dimenticato, già a fine Ottocento, a indicare chiaramente tutte queste dimen-
sioni come fondamentali  per assicurare  un futuro sostenibile  alle fragili società moderne, 
troppo spesso incantate dalle sirene dell'individualismo di mercato.  E anche la sinistra do-
vrebbe ricominciare a ricordarlo per uscire dalle secche in cui una ormai mortifera prospet-
tiva della "terza via", in nome del globalismo, l'ha precipitata da almeno trent'anni.

Lucianone

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