2 agosto '15 - domenica 2nd August / Sunday visione post - 5
Da due anni Regina e Christopher Catambrone solcano il Mediterraneo
con una nave comprata apposta per soccorrere gli immigrati.
"Siamo originari del Sud Italia: l'emigrazione e le sue tragedie fanno
parte della nostra storia".
(da 'la Repubblica' - 18 maggio 2015 - di Emanuele Lauria / Palermo)
Sulla home page dell'organizzazione hanno messo un contatore: il numero che compare,
da ieri, è 4.441. Sono le vite salvate sinora da Moas, l'organizzazione fondata da una cop-
pia italo-americana di facoltosi imprenditori che dal 2014 si occupa di cercare e soccorre-
re i migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Chris e Regina Catambrone sono gli unici
"privati" a dare assistenza in un mare sempre più segnato da tragici naufragi. Per uno
scherzo del destino la loro missione, sabato, ha consegnato l'ultimo carico di disperati
(405) a Messina, sull'altra riva di quello Stretto dove la storia dei Catambrone cominciò-
Ed è una storia di eccezionale solidarietà che la signora Regina, per la prima volta, rac-
conta dall'inizio.
REGGIO CALABRIA, qualche anno addietro
"E' lì che conobbi Chris. Lui aveva deciso di ritrovare le sue radici, dopo essere stato
costretto ad abbandonare New Orleans a causa dell'uragano Katrina. Venne a vivere
a Reggio, vicino a casa mia, e non lontano dalla provincia di Catanzaro che il suo bisnon-
no aveva lasciato per l'America nel secolo scotso. Il problema dell'emigrazione , per noi
meridionali, è sentito perchè fa parte della nostra storia".
COSA vi ha spinto a occuparvi di quest'altro , più tragico, fenomeno migratorio?
"Nell'estate del 2013 eravamo in vacanza nel Mediterraneo. Lasciammo Lampedusa con
una barca a motore presa in affitto, proprio alla vigilia della storica visita di papa France-
sco. Sulla rotta verso Tunisi, la rotta delle stragi, vidi a pelo d'acqua una giacca beige, pro-
babilmente appartenuta a qualche poveretto morto in mare. Quell'immagine cambiò tutto.
Decidemmo di fare qualcosa, di dare un contributo per affrontare questa tragedia. Aveva-
mo dei soldi da parte, invece di acquistare una casa decidemma di comprare una nave.
Una nave che finora ha salvato 4.400 persone. Una spesa ben ripagata".
QUANTO vi è costata sinora questa missione?
"Otto milioni di dollari l'anno scorso. Nle 2014 abbiamo finanziato l'operazione con le no-
stre risorse, non ci sembrava giusto chiedere un aiuto solo sulla base di un'idea. A ottobre,
chiusa la prima campagna con un bilancio di 3 mila persone soccorse, abbiamo aperto una
sottoscrizione. Che finora ha fruttato circa 100 mila euro, oltre ai 180 mila euro donati da
un imprenditore tedesco. Ahimè, siamo lontani dal target prefissato per questa seconda
parte dell'attività appena cominciata, che dovrebbe concludersi a ottobre (tre milioni cir-
ca, ndr.) Temiamo di non farcela".
C'E' CHI SUL WEB , commenta la vostra iniziativa chiedendovi polemicamente di ospi-
tarli a casa, i naufragki raccolti in mare.
"Cosa significa casa mia? Casa mia, come la casa di questa gente che fugge per necessi-
tà, è il mondo. Non c'è un'umanità di serie A e di serie B. Io non sapevo cosa fosse l'orro-
re prima di quest'esperienza. Ho visto persone stipate come sardine nella stanza dei mo-
tori, senza aria, in mezzo ai loro stessi bisogni. Le foto non volevamo neppure pubblicarle,
se l'abbiamo fatto è anche per svegliare le coscienze".
QUAL E' ILO VOSTRO RAPPORTO con le forze ufficiali in azione nel Mediterraneo?
"Non c'è alcuna carta scritta. Noi ci siamo proposti e, in raccordo con le autorità, interve-
niamo su richiesta per fornire una sorta di pronto soccorso: facciamo uno screening sani-
tario dei migranti salvati, diamo loro da mangiare, li vestiamo. Poi, teoricamente, dovrem-
mo trasbordarli su altre navi.
Continua... to be continued....
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