domenica 20 luglio 2014

Cultura - Piergiorgio Odifreddi: la bellezza matematica...

20 luglio '14 - domenica           20th July / Sunday                        visione post - 10

La matematica: è una disciplina in crisi, molti
la odiano, è insegnata male, Ecco come capire (e amare)
la scienza dei numeri.

(da la Repubblica - 28 /03/2014 -  R2Cultura)
di Piergiorgio Odifreddi
La bellezza matematica nascosta nel mondo 
L'artista, il musicista e il poeta percepiscono le meraviglie del mondo attorno a sè,  
raffigurandole e trasfigurandole nelle loro opere. Osservano i variopinti colori dei
fiori nei prati, riproducendoli in tele realiste o impressioniste. Ascoltano i gorgheg-
gianti canti degli uccelli, riverberandoli in composizioni pastorali.  Guardano oltre
una siepe, fingendosi sovrumani silenzi e profondissima quiete. Osservano la danza
della graziosa e silenziosa Luna, domandandosi che ci fa in cielo. 
Ma rispetto all'artista, al musicista o al poeta, il matematico va oltre, e la sovrappo-
sizione non altroveE la sua visione del mondo  non sottrae bellezza  alla descrizione
dell'umanista, ma gliene aggiunge.  Perchè la bellezza c'è a tutti i livelli della Natura,
dal microcosmo al macrocosmo: non solo al livello antropico, al quale siamo tutti abi-
tuati e allertati, ma che rimane marginale e secondario rispetto al tutto.
Ad esempio, quando il matematico osserva un fiore, dietro al numero dei suoi petali
nota la successione di Fibonacci e la proporzione aurea alla quale essa tende. Dietro
ai suoi colori, riconosce le lunghezze e le frequenze di velocissime onde luminose.
Dietro alle infinite gradazioni    della tavolozza della Natura o del pittore, isola le tre
lunghezze corrispondenti ai tre colori fondamentali intercettati dai tre tipi di coni del-
la retina dei nostri occhi. >>>Dietro alla "luce visibile", identifica la piccola finestra 
aperta  dalla nostra vista  sullo spettro elettromagnetico, e ne riconosce  molte altre 
aperte dalla scienza del Novecento, dalle onde radio alle microonde ai raggi X.
E poi, quando il matematico ascolta il canto di un uccello, dietro alla sua altezza e al
suo volume riconosce la lunghezza e l'ampiezza di più lente onde sonore.    Dietro al 
suo timbro, isola i suoni puri delle componenti armoniche, esattamente come fa l'o-
recchio attravrso la complessa struttura del timpano. E condensando le informazioni 
di ciascuna armonica in tre soli numeri, corrispondenti alla lunghezza, l'ampiezza e la 
fase della rispettiva onda, può approssimare  le caratteristiche di ciascun suono me-
diante liste di terne di numeri, che vengono scritte digitalmente  nei compact disk e
rilette acusticamente nei lettori cd. s
E ancora, quando il matematico guarda agli andirivieni palesemente errabondi della
Luna e dei pianeti, vi scorge l'effetto  della regolarità nascosta  di moti  di cerchi su
cerchi. E descrive la sovrapposizione di questi moti nello stesso modo in cui descri-
ve la sovrapposizione delle armoniche dei suoni, scoprendo e confermando il potere
unificatore del linguaggio astratto delle formule.
Naturalmente, questi non sono che esempi dello sguardo del matematico sul mondo,
che si estende a ogni branca del sapere, da quelle frequentate dal pittore, dal musi-
cista e dal poeta, a quelle praticate dal teologo, dal filosofo e dal politico.   L'intera
scolastica, ad esempio, fu un tentativo  di affrontare  il discorso su Dio  dal punto di
vista razionale della logica. La filosofia moderna iniziò con un Discorso sul metodo,
che identificava appunto  nella matematica  il modello da seguire  per fare discorsi
chiari e distinti.   E la politica alta, purificata  dai bassi interessi, si affida  a numeri, 
curve e teoremi  per risolvere problemi  che vanno  dalle leggi elettorali alle scelte 
decisionali.

Ma se la matematica costituisce uno strumento così versatile, fertile e indispensa-
bile per capire il mondo naturale e umano, comìè che quasi tutti la odiamo visceral-
mente, e si vantano  di non averci  mai capito niente? Che gli artisti, i musicisti e i
poeti si lasciano  guidare  più dalle viscere  che dalla testa?  I credenti si affidano
più alla fede irrazionale, che al pensiero logico?   I filosofi seguono le chiacchiere
degli esistenzialisti, più che i ragionamenti dei razionalisti? I politici incarnano l'ar-
te del voltagabbana, e disdegnano la legge di non contraddizione? I media rincorro-
no avidamente  srittori e artisti, anche da quattro soldi, ma evitano accuratamente 
gli scienziati, anche da Nobel? E, amarus in fundo, gli studenti considerano la ma-
tematica la loro bestia nera e il loro incubo?     Una prima spiegazione, fisiologica,
l'ha data Howard Gardner nei suoi studi sui vari tipi di intelligenza. A un estremo,
la prima a svilupparsi nel bambino è l'intelligenza musicale, fin dai primi anni di vi-
ta. All'altro estremo, l'intelligenza logico-matematica è l'ultima ad arrivare, con la 
pubertà e l'adolescenza. Così, mentre si conoscono geni precocissimi come Mozart
o Mendellsohn, che a quattro anni suonano   e compongono, anche matematici pre-
coci come Pascal o Gauss sono sbocciati solo tra i sedici e i diciott'anni.  Il che si-
gnifica che la matematica richiede una maturità  e  uno sviluppo che non si hanno
ancora alle elementari e alle medie, quando la si subisce come una perversa vio-
lenza e la si interiorizza come un indelebile trauma.
Una seconda spiegazione, psicologica, deriva  dalla natura stessa  di un gioco come
la matematica, in cui non si può sgarrare, e tanto meno barare: basta lasciarsi scap-
pare un segno sbaglato, o non chiudere una parentesi, per subire una débàcle. Mol-
to più facile abbassare il tiro, seguire le linee   di minima resistenza  e  rivolgersi a
giochi con regole meno vincolanti o, come nel romanticismo, addirittura inesistenti.
E lasciar perdere una disciplina che costringe a estenuanti esercizi e sfibranti con-
centrazioni, incompatibili con la tempesta di "stacchi pubblicitari" a cui si viene di-
seducati fin da bambini.
Una terza spiegazione, sociologica, ha a che fare con il potere. La maggioranza dei 
ruoli dirigenziali, dai ministeri ai media, è distribuita  per tradizione  in accordo al
motto di Croce: "Comanda chi ha studiato greco e latino, e lavora  chi conosce le
materie utili". E non si può pretendere che  gli umanisti  aprano passivamente  le
porte al "nemico", o evitino  attivamente  di denigrarlo, magari con la scusa  che
"così vuole la gente": i due terzi della quale comunque non legge un libro all'anno,
mentre il rimanente terzo si concentra sui romanzi. 
Un'ultima spiegazione, pedagogica, ha a che fare  con l'anacronismo della nostra
scuola. Ministri e funzionari insensibili e inesperti, programmi e  testi antiquati e
aridi, esercizi sadici e noiosi inflitti con metodi di insegnamento antidiluviani, com-
pletano l'opera di allontanamento anche degli studenti meglio disposti. 
Con queste premesse, non cìè da stupirsi che la matematica sia così poco apprezzata
e capita: semmai, ci sarebbe da stupirsi del contrario. Peccato però che, in un mondo
tecnologico, chi non la conosce finisca per rimanere un vero e proprio analfabeta. 
Con gran cruccio di quei governi e di quelle società che prima fanno di tutto per bru-
ciare la terra attorno alla matematica, e poi si preoccupano di esserci riusciti, doman-
dandosi impotenti e tardivi come rimediare.



Lucianone