domenica 1 marzo 2020

Riflessioni / commenti - CORONAVIRUS: l'Amuchina come sindrome, ovvero la paura di vivere

1 marzo '20 - domenica                          1st March / Sunday                           Visione post - 13

(da il manifesto - 28 febbraio '20 - community / di Sarantis Thanopulos)
La paura di essere contagiati dal Coronavirus ha un fondamento concreto: un rischio più alto di
morire rispetto alla normale influenza, specialmente se si è anziani e già sofferenti di altre malattie.
La paura reale di essere contagiati viene dalla voglia di vivere.
Il pericolo dell'infezione virale è associato a un pericolo incomparabilmente più catastrofico: il de-
grado ambientale a partire dalle variazioni climatiche, l'inquinamento e le pessime condizioni igie-
niche in cui vive la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Vista in questa prospetti-
va l'influenza  da Coronavirus  è solo  uno dei sintomi, il più immediatamente percepibile, di una
malattia del nostro modo di vivere , nei confronti della quale non si sviluppa una paura vera, effi-
cace che mobiliti la ricerca di soluzioni.  Siamo di fatto dissociati: la nostra attenzione  è  rivolta
alla possibilità di ammalarsi e non all'incuranza di cui siamo già ammalati  che  mette a repenta-
glio, in modo altrettanto reale e ben più grave, la nostra sopravvivenza fisica.
E' ovvio che il rischio (relativo) di morire oggi pesi pesi più di un rischio (più serio) di morire
domani. E' meno ovvio il fatto che la mobilitazione per far fronte al primo non tiene assoluta-
mente conto di una prospettiva più ampia che includa una politica preventiva nei confronti del
secondo. Le prescrizioni con cui si cerca di affrontare il contagio riflettono in modo inequivo-
cabile una mentalità che occupa un ruolo centrale nella genesi del degrado della nostra vita:
la logica dell'isolamento, della comunicazione remota, in cui la lontananza si finge prossimità,
l'ostilità verso ciò che non è addomesticato, metabolizzato secondo i codici della nostra auto-
referenzialità.  L'individuo isolato vive in un presente permanente, ha dimenticato l'ieri e non
si preoccupa del domani.
Le misure cautelari che portano a una restrizione del movimento nei focolai dell'infezione e
all'isolamento dei contagiati sono necessarie, ma il modo di intenderle da parte dell'opposi-
zione e del governo, sembra più dettato da una logica autoritaria, da "stato d'eccezione", di congelamento degli scambi e dei rapporti, per la prima (l'opposizione), e  da una logica  di
difesa dalle accuse di mancanza di rigore e di inefficienza, per il secondo (governo).
Gli appelli dei medici che si occupano dei contagi ad abbassare i toni, sono stati ignorati o
zittiti da virologi mediatici che danno la loro battaglia in televisione.  Non è questo il mo-
do migliore per approntare un sistema efficace di contenimento della diffusione del virus,
che non sia prevalentemente reattivo; questa è piuttosto la strada per incentivare la paura
nei confronti dell'untore.  La psicologia del coprifuoco, le tonnellate di amuchina con cui
si aspira di candeggiare la propria vita, le mascherine che  dovrebbero  essere  usate  per
non contagiare e vengono, invece, usate per non essere contagiati, illuminano la tenden-
za strisciante a chiudersi ai legami con gli altri, a cui la presenza del virus ha offerto l'ali-
bi necessario per manifestarsi apertamente.  Quando ci si ritira  dalla vita, contraendosi
psichicamente, si temono come destabilizzanti la sua complessità e imprevedibilità. Co-
sì la paura di essere ammalati di una cosa concreta può essere facilmente infiltrata dalla
paura , che prende silenziosamente il sopravvento , di essere ammalati di qualcosa di in-
definibile, intrusivo  che se ci riuscisse  a mettere davvero a fuoco si rivelerebbe essere
il vivere stesso.
Il mondo globalizzato è chiuso all'alterità, al nostro contatto coinvolgente, profondo con
gli altri. Il desiderio è diffusamente vissuto come esposizione pericolosa all'altro e perce-
pito come contagio di cui egli è portatore. Per ciò le nostre paure tendono a essere incon-
sciamente conformate alla paura della contaminazione e quando un'infezione virulenta
fa la sua apparizione , funziona come un cerino acceso nel barile di petrolio.

Lucianone