venerdì 20 luglio 2012

Finanza /economia / politica - Perchè la crisi in Europa?

21 luglio 2012 - sabato      21st July / Saturday       visioni del post - 35
                                                                                  
La crisi economica dell'Eurozona 
(parte 1^)

La Germania davanti al bivio
(di Barbara Spinelli - la Repubblica - 11 luglio 2012)
...Il Sud Europa non si stanca di ammonire Berlino, evocando
l'espandersi di sentimenti antitedeschi.  Ma conoscono poco
i sentimenti antieuropei che si addensano in Germania.
Citiamo, fra gli epiteti usati dai frequentatori dei giornali sul
web, i più significativi: gli italiani, greci, spagnoli, portoghesi
sono scocconi, parassiti, perfidi, svergognati.
Puntando l'indice sul passato tedesco, sono soprattutto ricat-
tatori. Sono "cani, e che abbaino pure alla loro altezza". Un
lettore conclude. "Chi ha amici simili, non ha più bisogno di
nemici".   L'astio colpisce anche europeisti come gli ex can-
cellieri Schmidt  e Kohl, i verdi trittin e  Roth, l'ex ministro
degli Esteri Joschka Fischer ("un depravato morale"): sono
"traditori del popolo", "odiatori della Germania".
Bastano queste citazioni per capire che sarà pieno di insidie
il cammino degli europei verso una progressiva messa in co-
mune dei debiti. La parola solidarietà è vista come una trap-
pola, tesa per costringere i tedeschi a svenarsi per espiare
chissà quale colpa.
Questo clima va tenuto presente, quando si parla di scudo
antispread o Fondi salva.stati o si celebrano i progressi rag-
giunti ai vertici europei. E' un clima incendiario che le classi
dirigenti tedesche non sanno evidentemente governare. il più
delle volte lo lusingano, altre volte lo contrastano , ma aven-
done paura. Manca tragicamente la pedagogica capacità di
spiegare le cose "nei dettagli":  è l'accusa, pesante, che  il
Presidente Gauck ha rivolto sabato al governo. Nè serve la
politica  dei piccoli passi: solo  un salto qualitativo  (Unione
politica, potenziamento della Bce)  creerebbe la scossa che
calmerebbe gli animi oltre che i mercati.  Le misure piccole
sono vissute come una tortura della goccia cinese. Ma nes-
suno osa, e tra chi osa di meno nelle classi dirigenti ci sono
gli economisti: una corporazione che ovunque ha mancato -
salvo eccezioni - l'appuntamento con la crisi del 2007-2008.
 Ben 172 economisti tedeschi, e non dei minori, hanno fir-
mato giovedì un appello in cui intimano al governo di non
cedere alle pressioni  e ricusare  le misure concordate al
vertice del 28 giugno, troppo costose per Berlino. Pur non
firmando, è d'accordo anche il governatore della Bundes-
bank Weidmann, ostile a scudi salva spread e unione ban-
caria. Weidmann è membro di un'istituzione  comunitaria
(il Consiglio direttivo della Bce), e l'uscita è quantomeno
anomala.
















All'appello dei 172 hanno risposto due contro-appelli,
firmati  tra gli altri  da Peter Bofinger e  Bert Rùrup,
membri del Consiglio degli esperti economici che nel
2011 suggerì una messa in comune parziale dei debiti:
i 172 sono accusati di nazionalismo e incompetenza.
Siamo, insomma, di fronte a un grande dibattito che
lascerà tracce, non dissimile dalla disputa fra storici
del 1986-87  attorno ala passato nazista. Oggi è l'eco-
nomia al centro, e il ruolo  più o meno egemonico,  o
dominatore che Berlino deve svolgere nell'Unione.
L'economia può sembrare un tema minore, ma per la
storia tedesca non lo è affatto. Quando la Repubblica
federale nacque dalle rovine della guerra, l'economia
prese il posto della coscienza nazionale, statale e de-
mocratica.  -  Quanto all'egemonia: molti invitano la
Merkel a esercitarla - Obama per primo - ma Berlino
tentenna. Non dubita del proprio modello economico,
che giudica anzi l'unico valido, superiore a ogni altro.
Quel che fatica a fare, è guidare con efficace magna-
nimità i Paesi deboli dell'Unione, come fecero gli ame-
ricani col Piano Marshall nel dopoguerra. Irretita in
dogmi contabili, la Germania  ricade nel passato: sa
comandare, non ancora guidare.
Il dogma non è solo quello che impone di mettere la
"casa in ordine"  prima di creare unioni transnazio-
nali   (l'assioma non tiene  perchè l'unione sovrana-
zionale muta l'ordine casalingo).   -   Dogmatico è il
primato dell'economia, fonte pressochè unica dello
Stato e della democrazia. Divenne tale soprattutto
nel dopoguerra, quando ai tedeschi era negato il di-
ritto di divenire Stato giuridico, ma ha radici lontane.
E' dai tempi dell'Unione doganale (il Zollverein del
1834 e 1866) che i tedeschi fanno dell'economia  il
sifone della comunità politica.  - L'Unione europea
deve ricalcare quel modello, che peraltro fallì quan-
do la Prussia   inglobò   la Confederazione tedesca
del nord: prima viene l'economia, poi la politica, lo
Stato, il consenso dei popoli.
Come scrive Marco D' Eramo su Micromega, anche
in Europa, come  nello  Zollverein    "è la moneta a
'battere' lo Stato invece dello Stato a battere la mo-
neta".  - La Merkel e il ministro Schàuble nuotano
contro una corrente forte  e anche contro se stessi,
quando implorano un'unione politica federale:  non
ascoltarli, come non fu ascoltato Kohl, è letale.


Il primato economico ha una storia   nel pensiero  tedesco
che va esplorata,  se non vogliamo che l'unità europea de-
generi in guerra prima verbale, poi civile. Alle origini, c'è
l'esperienza d'un Paese vinto dalla guerra, dimezzato, che
nell'economia vide un surrogato di sovranità statale. Gli
artefici del nuovo Stato economico furono Ludwig Erhard
e i cosiddetti ordoliberali, che negli anni fra le due guerre
avevano osteggiato l'idea keynesiana che i mercati possa-
no, debbano esser governati.
L'ordoliberalismo divenne il credo della repubblica federale,
la via per uscire dallo statalismo nazista. Vale la pena ricor-
dare come ne parla Michel Foucalt, nelle lezioni del 1978-79.
Le parole-chiave furono quelle che Erhard, futuro Cancellie-
re e allora responsabile dell'amministrazione nella zona oc-
cupata  dagli anglo-americani,  pronunciò  il 28 aprile '48:
"Bisogna liberare l'economia dai vincoli statali (...) ed evi-
tare sia l'anarchia sia lo Stato-termite. Solo uno Stato ca-
pace di stabilire al contempo la libertà e la responsabilità
dei cittadini  può legittimamente parlare in nome del popo-
lo". -    Decaduto lo Stato, solo la libera economia poteva  
ricostituirlo. Un marco solido, una crescita forte, una bilan-
cia dei pagamenti salda: divennero la sovranità sostitutiva
della Germania. "La storia aveva detto no allo Stato tede-
sco, ma d'ora in poi sarà l'economia a consentirgli di affer-
marsi", e in più di dimenticare un nazismo che non "parlava
in nome del popolo" (Focault, Nascita della biopolitica, Fel-
trinelli 2005).
Mettere la casa in ordine, e soltanto dopo farsi Stato. il  pro-
totipo dello Zollverein fu ripreso da Erhard, e ora va applica-
to all'Europa. Gli Stati sono incitati a cdere sovranità, ma la
costituzione europea  sarà economica  e  di marca tedesca o
non sarà.  E' stupefacente la disinvoltura con cui un uomo in-
telligente come Thomas Schmid, vicino nel '68 a Fischer e a
Cohn-Bendit, confonda il comando con l'egemonia, nel car-
teggio con Ezio Mauro apparso il 28 giugno su Repubblica.:
"La Germania deve usare la sua forza per aiutare altri, de-
ve diventare  un amministratore e  garante  per la stabilità
riconquistata di Stati oggi deboli (...) deve essere egemone,
ma in modo amichevole".
Forse è qui uno dei nodi da sciogliere, nelle discussioni fra
governi e fra economisti. L'operazione tedesca è singolare.
Parla di Federazione, ma intanto tratta i paesi meridionali
dell'Eurozona come se fossero nazioni dimezzate e vinte in
guerra, i cui Stati   hanno perduto   non tanto consistenza, 
quanto legittimità. Come se tutti dovessero percorrere la
via tedesca, pur venendo da storie così diverse.
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La notte dei gufi
- Diario di un vecchio analista di Borsa -
Agosto, Monti mio non ti conosco. Mi dispiace ma la Merkel,
formatasi  alla dura scuola  dell'attesa di cotture ed amalga-
ma da cucina, fa melina e  rimanda a settembre il tanto ago-
gnato scudo anti spread.  -  Figurati se non lasciava l'Italia
sulla graticola. La Cancelliera è più una cancellata chiusa
in faccia a Grilli (ministro italiano dell'Economia).
 A settembre, forse, se ne riparlerà, col fresco  e quando la
speculazione d'agosto avrà già sbranato chi di dovere e di
rigore,  Tutto chiacchiere e distintivo, tanto lo spread, ve
lo cantate e ve lo suonate, sotto la regia della Bce che co-
me una gatta di ultima istanza arriva provvidenziale. La
Spagna sarebbe già fallita senza la sua elemosina calco-
lata.  Madrid non può pagare i servizi pubblici, restano 
quelli igienici.
Con tutto il terrorismo di questo fantomatico mese assolato
della finanza, teatro di scorribande   dei grandi lupi della
speculazione affamati di società e Paesi lasciati soli, alla
fine nessuno va più in vacanza. Tutti in mutande in giro 
per casa a godersi lo spread.
(da Affari&Finanza  di 'la Repubblica' - 23 luglio 2012)

Lucianone
...a godersi lo spread, e per fortuna anche le Olimpiadi londinesi,
fra poco.

Lucianone