mercoledì 8 luglio 2015

Politica / Questione Grecia - La pistola puntata della Merkel

9 luglio '15 - mercoledì            9th July / Wednesday                              visione post - 17

(da 'la Repubblica' - lunedì 6 luglio '15 - IL RETROSCENA - Alberto D'Argenio / Bruxelles)
La pistola puntata di Berlino
Tutto si consumerà in pochi giorni e con la vittoria del "No" la matassa greca diventa
veramente difficile da sbrogliare. Quasi impossibile. Il tempo stringe, la sensazzione
che circolava ieri sera nella capitale europea e tra i governi è che questa volta serva
una soluzione rapida perchè l'Unione non può più permettersi incertezza sul suo futuro.
"E la palla ora è nel campo di Tsipras", concordavano i leader nel vorticoso giro di te-
lefonate serali a risultato del Grereferendum acquisito. Per capire la situazione è rive-
latorio il pensiero che andava esprimendo Guy Verhofstadt, ex premier belga con otti-
mi canali nelle cancellerie: "Ora spetta a Tsipras proporre un pacchetto serio di rifor-
me; ha vinto il referendum ma ha perso ogni credibilità in Europa, questa settimana 
determinerà se è un leader o un falso profeta". Sequesto è il mood, ieri sera gli amba-
sciatori dei governi che hanno contattato il premier greco gli raccomandavano osses-
sivamente di tornare al tavolo negoziale "con una posizione morbida". Altrimenti tro-
verà una porta chiusa a Berlino  e in tante altre capitali.
Gli europei dunque aspettano di conoscere  come Tsipras interpreterà  la vittoria del
referendum e cosa proporrà all'Europa e si preparano a serrare i tempi, come d'altra
parte chiedono i grandi partner internazionali, a partire da Usa e Cina, e i mercati. 
D'altra parte se Atene andrà tecnicamente in default solo il 20 luglio, l'eventuale ter-
zo piano di salvataggio deve essere negoziato cin un certo margine su quella data per
poi implementarlo e farlo votare ai parlamenti nazionali di Atene, Berlino  e  degli al-
tri cinque paesi chiamati a farlo dalle loro costituzioni.
Proprio per questo, per accelerare, il calendario comunicato da Bruxelles ai governi
prevede che oggi si riuniscano gli sherpa dei ministri delle finanzde della moneta uni-
ca, domani in giornata l'Eurogruppo e domani sera i leader per un Eurosummit.  Un
"la va o la spacca" che si consumerà in settimana. E non è un caso che le consulta-
zioni telefoniche siano già cominciate ieri (Renzi ha sentito Tsipras, Merkel, Tusk,
JUncker e Hollande) e che stasera  la Cancelliera voli all'Eliseo  per un confronto 
con il presidente francese.  -  Se nel merito l'ultima proposta offerta ai greci merco-
ledì scorso  ad Juncker  andava molto vicino  alle richieste di Atene, ora  la partita 
non è più tecnica, ma politica. Come sussurrava Renzi ai suoi collaboratori: "Biso-
gna vedere come la Merkel intende confrontarsi con la sua opinione pubblica e co-
sa l'Europa vuole fare delle sue regole". Insomma, non c'è una democrazia, quella 
greca, che vale più delle altre e non si può lasciare che in futuro chiunque grazie al
mandato dei propri elettori tenga in ostaggio l'Unione. Pensiero condiviso da tutti i
leader.  -  Per questo è centrale quello che Tsipras, e i suoi sherpa al meeting di og-
gi, proporranno agli europei.  Se sarà in linea  con quanto detto ieri  da Varoufakis,
che è tornato a chiedere la ristrutturazione del debito greco, sarà dura. I tedechi di
una sforbiciata non ne vogliono sentir parlare (al massimo sono pronti ad abbassare i tassi e
allungare i tempi del suo rimborso) così come altri governi, a partire da Spagna e Portogallo.
E se tra gli ufficiali di colegamento delle capitali ieri sera circolava l'ipotesi di un imminente si-
luramento di Varoufakis da parte di Tsipras - segnale che sarebbe graditissimo a tutte le Can-
cellerie - è il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel a far capire alla Grecia che deve tornare 
al tavolo con proposte ragionevoli. "Tsipras ha distrutto l'ultimo ponte verso un compromesso",
ha affermato il leader della Spd. Frase che fa il paio con quella pronunciata nei giorni scorsi dal-
la Merkel, ma uscita solo ieri, secondo la quale la politica "dura e ideologica" del leader greco
"lascia andare il paese a occhi aperti contro un muro".
Dunque la situazione è disperata e poco conta che la Francia, come l'Italia, sia decisamente
contraria al Grexit e che Juncker farà di tutto per mediare tra le parti. Coaì come non sembra
ammorbidire Berlino l'avvertimento del presidente della Bundesbank: Jens Weidmann: l'Uscita
della Grecia dall'euro costerebbe alle casse federali 14,4 miliardi.  A questo punto forse biso-
gna prendere sul serio quanto ieri sera un diplomatico europeo spiegava mesto : "I giuristi stan-
no già leggendo i Trattati per trovare un modo per far uscire la Grecia dall'eurozona tenendola
nell'Unione.

Lucianone

RiflessionI - IDEE / La ritirata dell'Occidente (e le nuove classi)

9 luglio '15 - mercoledì             9th July / Wednesday                         visione post - 14

La mobilità umana oppone nuove classi: una colpita da guerre e carestie,
l'altra spinta dalla voglia di conoscenza e vacanza. E sulla nostra carta
ridisegnata dalle violenze ora si cancellano le frontiere:  dalla Libia al
Corno d'Africa, dal Sinai fino al Mar Rosso. 

(da 'la Repubblica' - 27 giugno 2015 - Le idee /  Adriano Sofri)
La grande ritirata dai paradisi dei turisti;
il nostro mondo è sempre più piccolo

C'è un modo peculiare per tener dietro alla rocambolesca evoluzione della scena geopolitica: 
star connessi al sito "Viaggiare sicuri" del Ministero degli esteri. Quegli addetti, come gene-
rali di una ritirata militare presso a farsi rotta, spostano via via più a ridosso dei nostri confi-
ni le bandierine del territorio ancora accessibile. La ritirata riguarda noi, la parte privilegia-
ta, dalla quale si parte con documenti rispettabili, e un biglietto di andata e ritorno in tasca.
Dalla parte opposta si viene arrancando , con le tasche vuote di andata e ritorno. La sicurez-
za, da quell'altra parte, è la più ironica delle parole. Ci si mette in viaggio a rischio della vi-
ta. Se si sopravvive, se si tocca terra d'Europa, libertà  e  democrazia, comincia un'altra tra-
versata, altre soste immemorabili, sugli scogli di Ventimiglia e nei piazzali di Calais. Il vero
discrimine del mondo di oggi, dice Zygmunt Bauman - lo ridice nel dialogo con Ezio Mauro
- non corre più fra ricchi e poveri, ma fra mobilità e fissità, tra chi resta fermo e chi si sposta.
Lui parla soprattutto della finanza globale, che a differenza del capitalismo industriale non
sottostà a vincoli territoriali e si muove fulmineamente da un capo all'altro del pianeta, fino
ad annichilire la capacità negoziale di lavoratori e sindacati lasciati  a boccheggiare  su un 
loro suolo prosciugato.   MA è la mobilità umana, nella sua doppia faccia, a opporre nuove 
classi: l'una urtata dalle guerre e le carestie, l'altra spinta da vpglia di conoscenza e vacanza.
Il fantasma dell'invasione barbarica e il miraggio del turismo, intelligente o avventuroso, o
semplicemente piacevole. Quanto pesa nel nostro sentimento, anche il meno malintenziona-
to, la carta d'identità che ci fa attraversare con pioede leggero i confini di Schengen, il pas-
saporto che ci autorizza, tutt'al più con la seccatura d'un visto, a visitare il mondo pressochè
intero. Quando diciamo "extracomunitario" non pensiamo a cittadini con passaporto cana-
dese, o svizzero. Edecco che il mondo dei nostri dépliants ci si stringe sotto i piedi, nelle im-
pronte rovesciate delle stesse eruzioni che travolgono e cacciano i fuggiaschi. A marzo, do-
po il Bardo, era giusto proporsi di tornare, deprecare le grandi compagnie che cancellavano
quelle coste dagli itinerari, promettersi un'estate tunisina cola di bellezze archeologiche e
naturali e di dedizioone solidale. Ma la cosa era legata a un filo: bastava uno o due di que-
sti superstiziosi che infestano l'aria del tempo, col corredo di un kalashnikov e un paio di
calzoncini da spiaggia per dare il colpo di grazia all'economia e all'anima di un paese in-
tento a riscattarsi. Oggi è più difficile replicare gli impegni: non si chiede a bravi pensio-
nati di andare in vacanza per resistere al terrorismo. Sulla carta continuamente ridisegna-
ta dalla violenza contemporanea si allargano i territori su cui è scritto: Hic sunt leones; e
si cancellano le frontiere. Alla larga da quella fra Libia e Tunisia. Pericolante l'Algeria.
Alla larga dal Sinai e dal mar Rosso. I paesi del Golfo insidiati, il Corno d'Afriva al bando: 
nella fatale giornata di ieri all'eccidio tunisino si sono sommati la strage nella moschea sci-
ita del Kuwait e quella nella base dell'Unione Africana in Somalia. Gli shabab hanno por-
tato il terrore sempre più dentro un paradiso del nostro turismo come il Kenya. Luoghi ma-
terni del genere umano, l'Iraq, la Siria. lo Yemen, sono interdetti a un rischio peggiore del-
la vita, e così gran parte dell'Africa sotto il Sahara.  In Europa, a casa nostra dove temiamo
tanto l'avvento dei fuggiaschi del mondo invasato, fra poco commemoreremo i vent'anni di
Srebrenica con un'Ucraina che ripercorre la strada ex-jugoslava, e i jet militari che si sfio-
rano sul Baltico. Del resto, il fanatico assassino che va a conquistarsi il paradiso in calzon-
cini su una spiaggia di Susa non ci metterà molto  ad approdare  anche di qua dallo stesso
mare - arrivò già nel cuore dell'Europa, ed era casa sua. Bisognava saperlo, bisogna ancora.
Anche a non essere innamorati del prossimo e dei diritti umani, anche a essere solo gelosi 
di Palmira e di Ninive e di Timbuctu e di Sanna  e  della regina di Saba, e dei propri tour 
tutto compreso, bisognava capire che fra la nostra mobilità (provvisoriamente) di lusso  e 
la loro mobilità  (perennemente) sventurata c'era e c'è uno scambio ineguale, ma inesora-
bile: e che l'una, affondando, si porta dietro l'altra.

Lucianone