sabato 26 dicembre 2020

SOCIETA' - Il trauma del Covid / Istruzioni per un altro Natale

 26 dicembre '20 - sabato                         26th December / Saturday                        visione post - 5

(da la Repubblica - 22 dicembre '20 - di Massimo Recalcati)

La cura delle vite fragili

Sarà un altro Natale, diverso dal solito. Non può essere altrimenti. Ma forse sarà anche un Natale più vicino al senso originario di questa festa. La sua desacralizzazione  si è infatti compiuta  inarrestabil-
mente in questi ultimi decenni. Abbiamo ormai da tempo spogliato il Natale  di ogni significato sim-
bolico riducendolo ad un rituale consumistico senza anima. La nascita di Gesù è stata ridotta ad una
favola tra le altre buona per rallegrare lo spirito dei nostri figli nell'età ancora senza pensiero critico
della infanzia. La stessa celebrazione religiosa è stata trasfigurata per lo più in un'occasione monda-
na di ritrovo collettivo. Il trauma del Covid riporta però bruscamente alla luce quello che vorremmo
invece dimenticare, ovvero il confine tragico che unisce profondamente la vita alla morte. 
Essere circondati dai morti e dalla malattia dovrebbe imporci uno sguardo diverso, una attitudine al-
la solidarietà coi più fragili, con quelli colpiti nel corpo e  nella loro economia vitale  con maggiore
forza dal virus. Dovrebbe sospingerci a distinguere l'ESSENZIALE dall'INESSENZIALE. 
Nondimeno anche di fronte alle piaghe dell'epidemia molti insistono nel voler festeggiare, nel riba-
dire la bellezza imperdibile della convivialità, dello scambio dei doni e dello stare in famiglia. E' il
negazionismo irriflesso che accompagna le nostre vite e il nostro pensiero magico-infantile di pro-
iettarci già fuori dal pantano orribile in cui ci troviamo. Questa spinta a festeggiare trascura di pen-
sare la condizione di emergenza drammatica nella quale tutti siamo ancora immersi e che rende di
fatto ogni festeggiamento stonato e fuori luogo.
Il bambino nella mangiatoia rivela la condizione di abbandono  in cui tutti siamo  sin dalla nostra
origine. Il destino del piccolo Gesù è già scritto ed è quello di morire sulla croce. Tuttavia questo
destino mortale non cancella  la necessità della cura della vita che viene al mondo, ma al contrario
la potenzia. E' per rendere "immensamente sacra" la vita di ciscuno, come si esprime Papa France-
sco nella sua ultima enciclica Fratelli tutti, che il Dio cristiano  si decide  scandalosamente  per la
sua kenosis, per la sua incarnazione facendosi bambino. La sua fragilità manifesta che ciò che ren-
de umana la vita è la grazia dell'attenzione che la circonda, il calore del contatto, la presenza del-
l'altro, il dono. Non è questa la lezione più importante della festa del Natale che nel tempo atroce
e inaudito del Covid dovremmo imparare a tenere con noi prima di ogni altra cosa? Insopportabi-
le diventa allora la lamentazione per la festa mancata, per la convivialità soppressa, per il distan-
ziamento sociale imposto dai decreti governativi, per lo sconvolgimento dei nostri rituali.
Sarà questo giocoforza un altro Natale che dovrebbe spingerci a risacralizzare il suo significato:
la vita dell'inerme è quella di un Dio strano che richiede cura per sopravvivere. Ecco il paradosso formidabile del Natale cristiano! Il suo senso sacro insiste  a ricordarci il gesto fondamentale del-
l'accoglienza senza il quale la vita non diventa umana ma precipita nell'abbandono assoluto. A co-
loro che chiudono la porta delle proprie case rifiutando ospitalità alla famiglia che viene da lonta-
no, rispondono quelli  che  hanno creduto nell'evento, che sono accorsi nella notte  a trovare  e  a 
omaggiare il Dio bambino ospitato in una stalla. La notte di Natale nel racconto cristiano, sappia-
mo, annuncia la venuta al mondo del "Salvatore". Esiste un modo laico per leggere la potenza di
questo racconto? Ai  miei occhi si tratta dell'evento  che rende la vita umana  immensamente sa-
cra. Nel tempo trumatico del Covid la festività di Natale ci ricorda che ogni morte non è mai una
 morte anonima ma è la morte dell'immensamente sacro. Agostino riflette sul gesto di Maria, nar-
rato dall'evangelista Luca, di collocare il suo "primogenito" in una umile mangiatoia sottolinean-
do l'equivalenza del corpo di Gesù con quella del nutrimento.  Questo Natale  non sarà  il tempo
della festa, ma quello che ci obbliga a pensare all'esistenza di un altro nutrimento rispetto a quel-
lo a cui ci siamo abituati nella nostra mondanizzazione del Natale. La sofferenza e i morti di que-
sto terribile anno ci invitano a farlo.

Lucianone