Il risveglio del robot di Rosetta
E' stato rianimato Philae, il "passeggero" della
sonda spaziale che dovrà esplorare il cuore
del corpo celeste (una cometa).
(da la Repubblica - 27/03/2014 / R2 La storia - Vittorio Zucconi, Washington)
La bella addormentata nel cielo si era svegliata in gennaio da un sonno di oltre
cento mesi a 800 milioni di chilometri da casa, ma non aveva avuto paura. Lo sa-
peva da quando era nata che quello sarebbe stato il destino codificato nei suoi
circuiti. Ora Rosetta, questo è il suo nome scelto da una ragazza italiana, si è
scossa dal coma programmato, si è sgranchita le antenne, lavata i sensori e fat-
to colazione con i raggi del sole per tre mesi, ha cominciato, in queste ore di pri-
mavera sulla lontanissima Terra, il volo verso la sua nuova ed eterna casa, la
cometa. Domani tocca anche al suo passeggero, il robot Philae, uscire dall'iber-
nazione.
Rosetta è una sonda spaziale, pensata, programmata e partorita dall'Esa, l'ente
spaziale europeo, per fare quello che nessun altro viaggiatore del sistema solare
ha mai fatto: inseguire una "stella cometa", che stella poi non è se non nella fan-
tasia della notte di San Lorenzo o nella narrazione cristiana. Sarà invecve Philae
a posarsi sopra, fotografarla, trivellarla e cavalcarla per miliardi di anni. Che è il
tempo con il quale si misura l'età di queste schegge congelate di stelle. Anche se
quel nome, "Rosetta", scelto per concorso europeo da una quindicenne italiana,
Serena Vismara, si riferisce solenne al monolito di basalto scoperto dai soldati di
Napoleone alle foci del Nilo due secoli or sono che permise di leggere e tradurre
i geroglifici egiziani, la forte italianità della cacciatrice di stelline suggerisce più
fragranti e casarecce immagini di pane appena sfornato, le 'rosette' o 'michette'
del muratore o dello studente affamato. E ci riavvicina, nella sua insondabilità
tecnologica e astrofisica, a dimensioni più affettuose e umane.
Una "michettona" robusta, pesante tre tonnellate e farcita di prodotti ben più
complessi che mortadella, finocchiona o gorgonzola, questa che ieri ha ricevuto
(26 marzo '14) dal comando di Darmstadt, in Assia, il segnale di mettersi in
cammino. Per i prossimi sei mesi, Rosetta cercherà di coprire i nove milioni di
chilometri che la separano dalla cometa 67P di Churyumov-Gerasimenko, i due
scopritori, inseguendola nello slalom e nel flipper di gravità attorno ai pianeti e
ai satelliti del Sistema fino ad avvicinarla, cautamente, ad appena quattro chilo-
metri. Cercherà un punto per fare atterrare Philae, o si dovrebbe dire "accome-
tare"? sulla 67P, agganciare le sue braccia alla superficie di rocce e di ghiaccio
e estrarre la trivella per esplorarne il cuore. E poi, esaurita la sua capacità di
succhiare energia dal sole, volare con essa in silenzio nel vuoto di milioni di an-
ni dal quale le comete, figlie del Big Bang scrigni dei segreti dell'universo, na-
scono.
"Rosetta" quindi, come la stele incisa in tre lingue, spera di riuscire a leggere
in quella cometa il linguaggio dell'Universo e lo farà con strumenti concepitie costruiti da italiani. Con gli occhi del Virtis, lo spettrometro a infrarossi di
Fabrizio Capaccioni; il Giada di Alessandra Rotondi della "Parthenope" na-
poletana per raccogliere e studiare polveri e frammenti di roccia; la teleca-
mera Wac firmata da Cesare Barbieri all'Università di Padova e l'essenziale
trapano Sd2 prodotto dalla Galileo Avionica con Amalia Finzi del Politecnico
di Milano. - Anche senza cedere alla tentazione di guardarla come una pa-
gnottella taliana a 800 milioni di distanza dal panettiere, c'è, tra chi la sfornò
e chi ora la guida e la accudisce dal centro di Darmstadt, un rapporto umano,
extrascientifico, che antropomorfizza la comunicazione fra la Terra e la aliena
all'inseguimento della cometa, nell'intuizione artistica dell'alieno che "call ho-
me", chiama casa. Ma le comunicazioni con lei sono difficili, ansiogene, irte
din silenzi e di incomprensioni, come spesso le conversazioni tra genitori e fi-
gli. Occorrono 45 minuti perchè un saluto raggiunga la nostra extraterrestre
e altrettanti perchè ritorni la risposta. Il 14 gennaio scorso, quando Andrea
Accomazzo , il manager delle operazioni di Rosetta, cercò di scuoterla dal son-
no sapendo di avere una "finestra" soltanto di un'ora per comunicare con lei
e per sapere se fosse uscita dal coma, la risposta - nient'altro che una serie di
picchi e valli sullo schermo di un oscilloscopio americano collegato a un'anten-
na di 70 metri di diametro - impiegarono infatti 45 minuti. "I 45 minuti più lun-
ghi della mia vita, dice Accomazzo. Come un parto.
Sarà forse - se Rosetta ce la farà, con il carburante e con l'energia solare che
la sta riportando alla vita, ad acciuffare la cometa - la fine di un mito che segna
le notti dell'umanità da quando alzammo gli occhi verso il cielo stellato. Le co-
mete, "le stelle cadenti" sono state per migliaia di anni il segno mistico di pro-
digi e di profezie, di superstizioni e di desideri, auspici di catastrofi immaginate
o reali, quando piombano sulla Terra e possono cambiare il corso della vita sul
nostro piccolo pianeta come un inverno nucleare.
L'idea che ci si possa posare sui 4 chilometri e mezzo di "67P" , che la si possa
teletoccare, sforacchiare e grattare può apparire antipoetica, quasi empia: a-
vrebbero seguito la cometa i tre Saggi d'Oriente verso Betlemme se avessero
saputo che la loro stella dei profeti era una "sporca palla di ghiaccio" che si
portava in groppa un robot che la pizzicava? Forse sì, perchè da maghi, dunque
da scienziati, avrebbero sognato lo stesso segno della nostra michetta celeste:
quello di scoprire, frugandovi dentro, l'anima dell'Universo.
Lucianone