martedì 3 giugno 2014

ARTE - Note e dintorni: con Philippe Daverio

3 maggio '14 - martedì            3rd May / Tuesday                     visione post - 7

Daverio, il critico d'arte che
parla anche di musica
Philippe Daverio è uno dei pochissimi critici d'arte a parlare sempre
anche di musica, dimostrando di comprendere  come un discorso sul-
l'arte non possa evitare di occuparsi di musica.   Come nel primo dei 
cinque incontri organizzati da Idem, in cui il tema era "L'arte visiona-
ria nei primi decenni del Novecento: quando con la provocazione surrealista
"l'immaginario invade l'immagine". E invade anche la musica.
Daverio racconta divertito di quando a Milano come assessore alla cultura fe-
ce eseguire Vexation di Satie, trentacinque battute  di musica  senza melodia,
senza conclusione armonica, ripetute 840 volte per  una durata totale  di circa
venti ore, come un mantra dissonante che realizza un perpetuum mobile.
"La grande truffa dell'arte del Novecento è che per capirla si deve far parte
del gioco", afferma Daverio. E ancora: "Quello che produce non ha un valo-
re formale, ha valore solo in quanto provoca". - Ma il discorso meriterebbe
di tornarci su.  Daverio accenna alla nascita di lì a poco della nuova disciplina
della linguistica e allora tutto diviene chiaro: il voluto corto circuito semantico
dell'arte del primo Novecento è meno semplicistico di come sembra.  Tutte le
arti sferrano un preciso attacco  contro quella facoltà antropologica  primaria 
che è il narrare.    Raccontare è mettere ordine, individuare nessi, ma la vita, 
nella realtà, è assai più simile a come la racconta Joyce in Ulisses. Un coacer-
vo di percezioni che si affacciano di continuo nella nostra mente, un gioco inaf-
ferrabile di associazioni impreviste e immotivate.
Il mondo onirico è la vera, vertiginosa, scoperta della modernità.



Lucianone

Reportage - Ucraina / Tra i miliziani filo-russi

3 maggio '14 - martedì               3rd May / Tuesday                    visione post - 12

"500 dollari al giorno per la guerra a Kiev"
Nel quartier generale di Sloviansk tra i miliziani filo-russi
dell'Est. Mimetica e volto coperto, la città è nelle loro mani.
Sono reduci della grande Urss e finanziati dagli oligarchi.

(da 'la Repubblica' - 28 aprile 2014 -  Renato Caprile, Sloviansk)
Abiti civili, in apparenti buone condizioni fisiche, gli otto osservatori dell'Osce
(i 4 tedeschi, il danese, il polacco, lo svedese e il ceco) da venerdì nelle mani dei 
ribelli filorussi di Sloviansk, insieme a quattro ufficiali ucraini di cui però si sono
perse le tracce, sono stati ieri esibiti  alla stampa internazionale con una specie 
di colpo di teatro. Manco a dirlo con la sapiente regia di Vlaceslav Ponomariov,
il leader dei separatisti, l'uomo forte  dei filo Putin  oltre che il sindaco autopro-
clamatosi di questa cittadina di centonila abitanti dell'est Ucraina che ha dichia-
rato guerra al potere di Kiev. "Come potete vedere - ha affermato con sarcasmo
Ponomariov - non li abbiamo torturati, sono vivi e in buona salute, sono prigionie-
ri di guerra però e non possono quindi essere liberati  se non  in cambio di nostri
uomini attualmente detenuti nelle carceri ucraine".
Messaggio chiarissimo. Il portavoce del gruppo degli otto, il colonnello tedesco,
Axel Schneider, visibilmente non a proprio agio, lo contraddice solo in parte, de-
finendosi un ospite e non un prigioniero anche se, deve ammettere, impossibilita-
to come tutti gli altri a tornarsene liberamente a casa.   Teatro di questa pièce a
uso dei media internazionali il palazzo del Municipio, un anonimo parallelepipedo
di cemento con i cecchini sul tetto e i sacchetti di sabbia all'ingresso come in ogni
zona di "guerra" che si rispetti. Anche se nella brutta piazza su cui guarda il palaz-
zo, piazza della Rivoluzione d'Ottobre  con tanto  di statua di Lenin, il clima è deci-
samente quello di una domenica di pace, con coppie che passeggiano e i ragazzi al
bar a parlare di calcio.  Sarà che oggi è festa, ma questa "rivoluzione" non sembra
coinvolgere più di tanto le masse. E' roba per pochi, un migliaio, al massimo duemi-
la persone. Ex militari, reduci della guerra in Afghanistan per lo più, nostalgici del-
ia grande Urss, ingaggiati a 500 dollari al giorno, i capi, per girare in mimetica, ar-
mati di fucile e col volto coperto. "Ma quali soldi, io combatto per un'idea, contro 
i fascisti, contro  Kievskayakunta  (il governo illegake di Kiev, ndr)",  si inalbera
Konstantin che certo non può ammettere ciò che ormai non è più un segreto: il ta-
riffario della "rivolta", 500 dollari per gli ufficiali, per gli uomini in verse, 200 per
i "soldati", 40, 50 per tutti gli altri, quelli che stanno ai posti di blocco armati solo
di mazze.  La regia, quella vera, è affidata a un pugno di russi che se ne stanno in
disparte e che sono le vere menti dell'Operazione Secessione. Chi paga'. Yanuko-
vic, l'ex presidente, e soprattutto Renat Ahmetov, un patrimonio di 20 miliardi di
dollari, il padrone di mezzo paese e di gran parte della regione di Donetsk, minie-
re, acciaierie, alberghi, squadre di calcio, amico personale di Putin oltre che gran-
de elettore di Yanukovic.  "Filo russo il grande Ahmetov? Direi più che altro filo
se stesso - spiega Boris, giornalista d'assalto - è uno abituato a prendersi quello 
che vuole, che non paga le tasse, non tutte almeno, e che vuole continuare a fare
il bello e il cattivo tempo. I numeri non mentono, il Donetsk versa solo 6 miliardi
di dollari all'erario, mentre ne riceve più del doppio.   Se la regione si sgancia da 
Kiev, nessuno gli presenterà mai il conto". 
Terra di miliardari il Donetsk, se Ahmetov si dice finanzi i filo russi, Igor Kolomoyskiy,
governatore di Dnipropetrovsk, sembra opporvisi. E promette diecimila dollari a chiun-
que consegni, arresti, blocchi un russo con un fucile. E solo 1000 a chi metta le manette
a un ucraino armato di kalashnikov.  -   "Ahmetov e Kolomoyskiy sono due facce della 
stessa medaglia - continua Boris - l'intramontabile gioco delle parti. Renat finanzia i fi-
lorussi, Igor scuce quattrini per dimostrare che qui non ci sono russi come dice Putin.
Nella peggiore delle ipotesi gli costerà qualcosa ma si sarà comunque ingraziato il futu-
ro presidente per poter continuare  a fare business  senza troppe regole anche quando
yuyyo questo sarà finito".  -     Il Comune, sede della Cbu, i servizi di sicurezza ucraini, 
le stazioni di polizia, tutto sembra essere sotto il controllo dei ribelli  nell'apparente in-
differenza dei più. Che forse non applaudono, ma certo non sono contrari. Sulla carta
un blitz per liberare Sloviansk potrebbe essere un gioco da ragazzi, ma quel che è cer-
to è che politicamente sarebbe un disastro. Ecco perchè  le forze di sicurezza ucraine
che si dice  assedino  la città ribelle, se ne stanno invece a debita distanza, a una cin- 
quantina di chilometri  almeno  tra Sloviansk  e  Artemivsk. Con  l'obiettivo, si dice, 
quantomeno di impedire che arrivino nuove armi ai ribelli.

                                                                   7 aprile 2014

18 aprile 2014

                                                                   26 aprile 2014

                                                                       27 aprile 2014

Lucianone