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(da la Repubblica - 16/04/'17 - di Tonia Mastrobuoni) BERLINO. Aprile 1945. Sono gli ultimi giorni del Reich, gli americani stanno conquistan- do Lipsia. Un soldato individua una casa in una posizione strategica, si affaccia dal balco- ne e punta il mitra verso la città vecchia, dove i nazisti stanno battendo in ritirata. Il proiet- tile di un cecchino tedesco , nascosto chissà dove, lo centra in mezzo agli occhi. Raymond J. Bowman cade riverso, l'elmetto si storce nell'impatto con la finestra, il sangue riempie il pavimento. Dietro di lui, c'è uno dei più grandi fotografi di guerra del Novecento, Robert Capa, arrivato in Germania con le truppe americane. Il 18 aprile la sua foto del soldato morto viene pubblicata sulla rivista Life. Passerà alla storia con la didascalia del suo auto- re: "last man to die", "l'ultimo uomo a morire". - Negli anni del dopoguerra, nella Germania comunista la memoria collettiva cancella Ca- pa e gli Americani. Ma il piccolo Meigl Hoffman, un quarto di secolo dopo, trova in sof- fitta proiettili e un elmetto "yankee", sente sussurrare in famiglia le imprese dei liberato- ri americani, censurati dai libri di storia del socialismo reale. Alla fine degli anni '80, ar- riva il momento che gli cambierà la vita. Su una rivista clandestina, Snowbag Magazine, trova cinque foto di Robert Capa di quei fatidici giorni di Lipsia. Sono immagini fotogra- fate di nascosto dall'archivio della biblioteca comunale. Meigl ne rimane stregato. Poco dopo la caduta del Muro, il cabarettista comincia la sua ricerca della foto perduta. Contatta il consolato americano - adesso può farlo - ma nessuno ne sa niente. Anche nel 2005, durante i festeggiamenti per il 60° anniversario della fine della guerra, chiede in- formazioni ad alcuni veterani americani venuti in città. Ma nessuno sa fornirgli dettagli di quell'"ultimo morto" della guerra dei nazisti. Hoffman, allora, comincia a studiare la foto. L'unico indizio utile è il balcone in stile Ju- gendstil. Dopo molte ricerche riesce a individuare la strada, persino la casa. Ma la faccia- ta è piatta. E le condizioni dell'edificio disperate. Mezzo tetto crollato, porte e finistre di- strutte, calcinacci. "Il fatto è che l'edificio non aveva balconi, ed era in uno stato catastro- fico", ha raccontato alla Faz. Ma lui non si scoraggia. L'intuito gli dice di insistere. Con un amico riesce a entrare nella casa, sale lentamente le scale di legno marce. In un ap- partamento scorge dalla finestra il deposito del tram, il benzinaio, la Zeppelinbrùcke. E' quello che ha visto Capa, è l'appartamento dell'"ultimo soldato". E' la foto ritrovata. Ma l'impresa più difficile deve ancora venire: salvare quella casa. Hoffman fonda un'as- sociazione e dopo peripezie varie trova un investitore, Horst Langner, disposto a spende- re milioni per risanare l'edificio, giusto in tempo per salvarlo dalla demolizione, decisa dal Comune nel 2012. Oggi si chiama "Capa-Haus", ricorda il grande fotografo famoso per aver detto che "se una foto non è buona, non eri abbastanza vicino". Nel bar al pia- noterra, una sala è dedicata alla storia della foto. E tra i vari testimoni dell'epoca, Hof- fman ha ritrovato anche un uomo che viveva lì da bambino, Robert Petzold. All'epoca aveva 12 anni. Sua madre vide il corpo del soldato, trovò delle foto della sua famiglia, alcune lettere. Disse ai figli: "Vedete, sarà anche il nemico, ma è un essere umanop co- me noi".
Das Capa-Haus heute. Dort standen 1945 Raymond J. Bowman (links) und Clarence Ridgeway, fotografiert von Robert Capa - Quelle: Wolfgang Zeyen / Copyright International Center of Photography/Magnum Photos Lucianone