4 ottobre '25 - sabato 4th October / Saturday visione post - 7
(da LA STAMPA - 3 ottobre '25 - di Alessandro De Angelis)
Ma la politica non insegua la piazza
Sembra un paradosso, eppure non lo è. Giorgia Meloni (e Matteo Salvini) hanno contribuito a creare il contesto quasi perfetto per l'altrui mobilitazipone: se irridi la gente che va in piazza, equiparando lo sciopero a una scamèagnata, se ricorri alla precettazione (e comunque alla sua minaccia) neanche fosse uno scalpo da mostrare, così facendo sposti la discussione dal merito, discutibile o meno, all'esercisio di un diritto. Che in una democrazia è sacrosanto. Sfugge il calcolo. Forse - semplicemente - è la natura. Sia come sia, chi oggi scende in piazza, in fondo, dovrebbe ringraziarli: l'avversario che vuole silenziarti aiuta a coprire anche il rumore di una mobilitazione che, per come sta prendendo forma, pone qualche interro-gativo. - Secondo la grammatica tradizionale della grande politica novecentesca, lo sciopero generale è l'extrema ratio. Non è una generica manifestazione, che pure ha degli obiettivi. Vi ricorri come prova di forza finale per dare impulso a un negoziato su una tua piattaforma. Erano cioè i grandi sindacati e i grandi partiti che chiamavano il popolo alla mobilitazione, la guidavano politicamente e anche organiz-zativamente con i propri servizi d'ordine, consapevoli che le teste calde avrebbero potuto sporcare le sacrosante ragioni delle masse tranquille. Insomma, come diceva Pietro Ingrao, uno che di lotte se ne intendeva: "Non basta l'indignazione. ". Occorreva, a quell'indignazione, dare una forma una forma e uno "sbocco politico". - Ecco, qui lo schema è esattamente rovesciato. E" vero: nel Paese cè molta indignazione su Gaza e sulla vicenda della Flotilla. C'è nella famosa maggioranza silenziosa. C"è anche nelle manifestazioni per lo più spontanee. Da tempo non si vedeva tale coinvolgimento. Lo sciopero promosso dalla Cgil però non rappresenta l'avvio di un processo organizzato che ricerca un "sentiment" largo che parli a tutto il Paese. Si accoda,anche nelle parole d'ordine, alla parte più effervescente. E infatti Landini, per non essere scavalcato a sinistra, segue i Cobas, Schlein segue Landini e anche un pò Conte e Fratoianni, e tutti seguono l'indignazione senza preoccuparsi della forma e dello sbocco. Non sono loro che costruiscono politicamente e sentimetal-mente un popolo su un disegno di insieme. Piuttosto, con vocazione squisitamente minoritaria, si buttano nel gorgo alla ricerca di un "corpo" sociale per supplire alle proprie autonome capacità di mobilitazione. Non a caso la parola d'ordine è "blocchiamo tutto", come nelle proteste francesi. Altra novità, perchè "blocchiamo tutto" è semmai uno strumento di lotta, non il fine. -
In questo gioco politico a rincorrersi e ad assumere, secondo un modello mutuato dai social, ciò che è più radicale, il rischio, come è accaduto nella discussione ieri in Parlamento, è che si perda il contatto con la "macro-storia". Quella attorno a cui andrebbe costruito un disegno su cui aggregare. La Flotilla è un pezzo, sia pure rilevante e simbolico, di una storia più grande. E lo sciopero prescinde, e non è un dettaglio, proprio dal piano di pace, nel momento in cui il mondo sta facendo pressioni su Hamas perchè accetti. .Non sarà l'optimum, ma è la soluzione che può cambiare lo scenario.. Nell'immediato consente la fine delle ostilità, la ripresa degli aiuti gestita dalle Nazioni Unite, la liberazione degli ostaggi. E, in pro-spettiva, un processo che può portare ai due Stati. Tutti i leader della sinistra europea, da Pedro Sanchez a Keir Starmer, lo hanno lodato, così il segretario generale dell'Onu Antonio Guter-rez. Solo la sinistra italiana lo ha accolto in modo tiepido e, in alcune componenti, con palese ostilità. Così come, per seguire la medesima postura, aveva ignorato le parole di Sergio Mattarella sulla Flo-tilla, e per fortuna non è finita troppo male.- Attenzione, le piazze sono cose da professionisti. non è detto che creare disagi e dare solo libero sfogo all'indignazione aiuti a sensibilizzare sulla causa e a creare un consenso politico, erodendo quello altrui. Normalmente, poi, quando la situazione degenera, il popolo reclama l'ordine.
Lucianone