7 agosto '22 - mercoledì 7th August / Wednesday visione post - 2
(da La Repubblica - 3 luglio '22 - di Marco Patucchi)
Tutto il dolore del fine vita
- La testimonianza di un figlio -
- La testimonianza di un figlio -
Per la prima volta derogo ad una regola aurea del giornalismo e, solo per qualche riga, scrivo in
prima persona. L'autoreferenzialità è una postura da evitare assolutamente nel nostro lavoro. Lo
faccio, però, perchè voglio parlare di una questione, il fine vita, che attiene alla dignità delle per-
sone e, dunque, nella storia a cui accenno si riconosceranno milioni di persone, di famiglie.
Il fine vita, al pari dello ius scholae o delle discriminazioni di genere, sono temi che la politica
(non tutta, ovviamente) derubrica a argomenti divisivi, non prioritari, costruendo alibi che con-
sentono di sottrarsi alla responsabilità civile di occuparsi urgentemente di qualcosa che, in real-
tà, riguarda la vita concreta, quotidiana di ognuno.
Esattamente un anno fa mio padre, Carlo, moriva per il tumore irreversibile con il quale com-
batteva da tempo. A 90 anni l'addio a questa nostra vita terrena è ovviamente nell'ordine delle
cose, ma per lui gli ultimi dodici mesi sono stati un calvario di sofferenza fisica e psicologica.
Ha combattuto come un leone, senza lasciarsi mai andare all'autocommiserazione. Poi, quan-
do ha capito che era giunto il momento di arrendersi, quando i dolori del corpo e, soprattutto
dell'anima sono diventati insopportabili per la sua dignità di persona, ci ha detto di volersene
andare. Senza se e senza ma. Legge alla mano, l'unica cosa che abbiamo potuto fare per lui
che ci chiedeva di porre fine ad una sofferenza senza alcuna speranza, è stata la sedazione .
profonda. Così, papà si è lentamente immerso nel mare di un'esistenza sospesa che è andata
avanti per qualche giorno, con tutti noi affacciati a un mistero fatto di sguardi e gesti che
non sapremo mai cosa volessero significare.
Qualche settimana fa, sulle pagine del nostro giornale (la Repubblica), Maria Chiara Risoldi,
moglie dell'ex presidente della Regione Emilia Romagna Antonio La Forgia, morto anche lui
dopo la sedazione profonda, ha denunciato l'assurda ipocrisia che aggiunge sofferenza a soffe-
renza per tantissime famiglie che guardano sbigottite il teatrino della politica italiana e, duole
dirlo, della Chiesa. Parole forti e chiare, un appello che avrebbe dovuto scuotere la coscienza
di tutti. Invece il Paese ha velocemente voltato pagina tornando a raccontare e a raccontarsi
mille altre storie. - "L'ipocrisia della legge - ha detto Risoldi - è ormai intollerabile. La seda-
zione profonda è un suicidio assistito mascherato mascherato dalla lunghezza del tempo im-
piegato per morire, che dipende dalla resistenza della persona. Si potrebbe fare in dieci mi-
nuti, invece la legge ha un protocollo per cui la morfina viene data diluita, poca in molte ore,
così dicono che è assistenza al dolore e non eutanasia. Gli ammalati non soffrono più (con-
cedetemi però il beneficio del dubbio,ndr) ma per i familiari è uno strazio. Mi fa impazzire
il fatto che tutto questo si potrebbe evitare, con una legge sul suicidio assistito, una legge
diversa per l'etica e la verità. Si dichiari apertamente quello che si fa e si spieghi meglio ai
parenti quello che succede dopo la sedazione profonda".
Come ha scritto l'agenzia di informazione della Conferenza episcopale italiana, la Chiesa è
fsvorevole alle cure palliative, che definisce "una forma privilegiata di carità cristiana nel
momento ultimo della vita, nella fase più delicata, in cui la paura del distacco si aggiunge
alla sofferenza, e le ritiene una riposta buona, doverosa ed eticamente corretta per offrire
assistenza alla persona malata ed evitare derive, da una parte verso l'eutanasia, dall'altra
verso l'accanimento terapeutico". In realtà, proprio la sedazione profonda è una deriva
che andrebbe risparmiata alle persone in fin di vita e ai loro cari e quindi la Chiesa do-
vrebbe andare oltre una paradossale posizione di compromesso. Nel momento in cui si
avvia la sedazione profonda, si è chiaramente deciso di accompagnare il malato verso
la morte ritenuta scientificamente ormai inevitabile, dunque perchè prolungare questo
limbo senza ritorno? E perchè i partiti discutono da anni di fine vita senza scardinare
l'ipocrisia che permea l'intero dibattito? -
Luigi Manconi (sempre sulle pagine di "Repubblica") ha scritto dell' "indifferenza, così
simile alla diserzione, di grandissima parte della classe politica italiana". Così, mentre
i partiti si dilettano in scissioni varie o nella caccia a campi più o meno largni, ci sono
famiglie che, ora e qui, nel dignitoso silenzio delle loro case o di un ospedale, assistono
dai bordi del letto all'ultimo viaggio di un caro, pregando che sia il più breve possibile.
E continuando a chiedersi il senso di tutto questo dolore.
Lucianone