Iggy Pop non va in pensione:
rinasce l'icona del rock
Si era ritirato a Miami, ma l'ozio non fa per lui. E con il chitarrista
Josh Homme, ha realizzato Post-Pop Depression, un album pieno
di rabbia ed entusiasmo.
(da il Venerdì di Repubblica - 19/02/'16 - di Stefano Pistolini)
Le ultime foto di Iggy Pop, 69 primavere tra poco, fanno pensare a un personaggio
caravaggesco. La sua vita dev'essere stata turbolenta quanto quella del Cavadenti
dipinto dal Merisi, ma è ancora qui a raccontarcela sotto forma di canzoni, mentre
i vecchi compari, Lou Reed e David Bowie ("Lui m'ha resuscitato" ricorda Iggy,
rievocando i giorni di Berlino nell'appartamento sopra il negozio di ricambi-auto)
sono andati al Creatore, lasciandolo unico superstite del satanico trio di peccatori,
così descrittivo del come allora, negli anni 70, "sperimentare" e "trasgredire" po-
tessero coincidere. - Con la dissoluzione del suo gruppo, gli Stooges, Iggy si è tra-
sferito a Miami, apparentemente al solo scopo di godersi la meritata pensione. Che
ovviamente non è roba per lui, come si evince già dal titolo Post-Pop Depression del
nuovo album in uscita a metà marzo, che lo rimette in circolo con lo spirito musica-
le di sempre. La depressione andava scacciata, pur con la consapevolezza d'essere
in una fase "Post-Pop" della vita, successiva alla mistica della perdizione di cui per
decenni è stato l'emblema. Per ripartire, Iggy aveva bisogno di un partner e di una
spinta produttiva: se li è procurati mandando un sms a Josh Homme, uno dei più
ubiqui musicisti dell'attuale scena rock americana, leader dei Queens of Stone Age
e dei Kyuss, detentore del copyright dello stoner rock, il cavernoso suono dei deser-
ti californiani, membro part-time degli sfortunati Eagles of Death Metal che erano
sul palco del Bataclan quella famosa notte e produttore di tanti talenti emergenti.
Homme non si è fatto sfuggire la proposta recapitatagli da un idolo della sua gio-
ventù: ha montato una band ridotta all'essenziale e ha ospitato Iggy nei suoi due
studi di registrazione, uno tra i cactus del Joshua Tree e l'altro a L.A., e in rigime
di assoluta auto produzione ha offerto a Iggy l'occasione di far risuonare quella
baritonale voce simbolo dell'indipendenza punk. Il risultato è gratificante, prima
di tutto per l'atmosfera di voglia e di entusiasmo che trasuda dalle tracce del disco,
a cominciare dal pezzo-capolavoro, Gardenia.
Iggy muore dal desiderio di dire la sua, di raccontare come cambia la vita dell'icona rock
allorchè gli anni passano, di quanto sia sconnesso il viale del tramonto e di quanto bruci
sentirsi inutile e superato. Il suono del disco è diretto e spigoloso, la voce di Iggy è disa-
dorna e suggestiva come si tempi di Lust for Life.
Continua... to be continued...