15 giugno '13 - sabato 15th June / Saturday visioni post - 17
E' ora di affrontare la questione dei centri sociali,
che non si risolve con i manganelli
(da la Repubblica - 10/06/2013 / da le pagine di Milano - Ivan Berni)
L'ultimo sgombro di un centro sociale, in via Cola di Rienzo (a Milano),
ha avuto, per contorno, un breve scontro con la polizia, l'incendio di alcu-
ni cassonetti sulla circonvallazione e, qualche ora dopo, l'occupazione di
un altro stabile abbandonato, poco distante, in via del Fusaro, da parte
dei giovani sgomberati il giorno prima. Una quindicina di giorni fa lo
sgombero del centro sociale Zam ha seguito, con qualche variante, ana-
logo copione: barricate e tafferugli con la polizia in via Olgiati, alla Ba-
rona. Manifestazione di protesta, con manganellate ai giovani sotto le
finestre di Palazzo Marino. E il giorno dopo occupazione di un altro
spazio abbandonato: la scuola dismessa (di proprietà comunale) di via
Santa Croce.
La ripetizione del canovaccio conferma alcune cose note, peraltro, da
decenni: i centri sociali occupati non sono un problema di ordine pub-
blico. Lo diventano nel momento in cui si affida alla polizia il compito
di chiuderli. La repressione dell'illegalità delle occupazioni non induce
i protagonisti a cambiare comportamenti e opzioni. L'invito del Comu-
ne a partecipare a bandi per l'assegnazione di spazi, che presume una
qualche forma associativa e l'identificazione di un soggetto giuridico
non funziona: chi sceglie di occupare rifiuta "l'istituzionalizzazione",
o perlomeno rigetta l'idea di un rigido percorso burocratico che preve-
de statuti, quote, regolamenti.
Piaccia o meno, questa è la realtà: i gruppi di giovani "autorganizzati"
che occupano spazi abbandonati pera fare musica, cultura, attività spor-
tive e spesso servizi importanti per i quartieri dove si sono insediati,
non sono "imbrigliabili" nelle maglie di istituzioni che sentono lontane,
se non addirittura nemiche. E' così da almeno 38 anni, ovvero dal lon-
tano 1975, quando un gruppo di militanti "canisciolti" occupò i capan-
noni abbandonati di via Leoncavallo, dando vita al prototipo di tutti i
centri sociali: il Leonka, per l'appunto.
Fa una certa impressione, a tale distanza di tempo, constatare che il
conflitto fra istituzioni e "okkupanti" (o squatter) si ripropone in fon-
do negli stessi termini. E si dovrebbe anche constatare l'obiettiva biz-
zarria che, quasi quarant'anni dopo, il Leoncavallo è ancora un cen-
tro sociale occupato, a dispetto di tentativi di "legalizzazione" in cor-
so dai tempi di Albertini; che il suo portavoce Daniele Farina è il re-
sponsabile cittadino di Sel, cioè della forza politica più vicina al sin-
daco Giuliano Pisapia, nonchè un ex deputato già vicepresidente
della Commissione giustizia: che in Consiglio comunale siede nei
banchi della maggioranza, l'avvocato Mirko Mazzali, ovvero il lega-
le che negli ultimi vent'anni ha sempre difeso i giovani occupanti
nelle aule di Tribunale.
Per questo sarebbe ora, forse, di affrontare il toro per le corna e
discutere, apertamente, davanti alla città, del problema politico
posto dai centri sociali e dalle generazioni di giovani, ed ex giova
ni, che hanno attraversato questa esperienza negli ultimi decenni.
L'epilogo, augurabilmente, dovrebbe essere un passo avanti del
"movimento" verso il rispetto della legalità e forme di interlocu-
zione aperte con l'istituzione. Mentre da parte di Palazzo Marino
ci si aspetta il riconoscimento politico , e il rispetto, di una storia
fatta di sperimentazione, di cultura di strada, di nuovo protagoni-
smo sociale, di capacità di identificare e rispondere anuovi biso-
gni. E fatta, certo, anche di trasgressione. Non curabile a man-
ganellate.
Lucianone
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sabato 15 giugno 2013
Riflessioni / testimonianze, video - Ripartendo dalla Turchia / da Tahrir Square a Zuccotti Park alla piazza Taksim
15 giugno '13 - sabato 15th June / Saturday visioni post - 33
E' questa la Turchia (o meglio il governo turco) che dovrebbe entrare nella Ue?
Con un ministro islamico che, dopo dieci anni di governo spadroneggia da un bel pò
come un sultano d'altri tempi? Adesso la Turchia è divisa in due: pro Erdogan e
contro Erdogan. Lui, il sultano, è riuscito a dividere in due il paese, o meglio ha voluto
dividerlo in due parti ben distinte: gli abitanti della città che ne hanno piene le tasche
di questo ministro/padrone/tiranno e dunque arrogante e arroccato su posizioni di as-
soluto comando; e dall'altra parte ci sono quelli di periferia e campagna, i suoi fedeli
islamici ortodossi che per ora sembrano adorarlo (anche la Russia del Putin accentra-
tore/zarista conta molto sul popolo della campagna e la contestazione si concentra a
Mosca e in altre grandi città).
Così la massa di giovani (soprattutto giovani) nei grandi centri di Ankara e Istanbul non
mollano e affollano le piazze. Vi ricordate la prima piazza famosa per la protesta che ha
dato inizio alla Primavera araba? Era Tahrir Square. Poi è arrivato Zuccotti Park negli
States, e adesso, guarda caso, con la piazza Taksim (a Istanbul, Turchia) c'è in ballo un
altro parco, Gezi Park. Ecco allora l'importanza degli spazi da occupare, piazze e parchi,
l'importanza di una nuova coscienza popolare, che non può che partire dal centro delle
grandi città metropolitane (dove la modernità e la cultura si sono radicate), ecco la ripar-
tenza di nuove ribellioni/rivoluzioni popolari (non pupuliste!, termine spregiativo usato
dal potere finanziario/delle multinazionali/ degli affaristi.banchieri sovranazionali) che
si prendono carico con riunioni partecipative di massa di luoghi simbolo per cambiare
la vita del paese che abitano: senza sopraffazioni, soprusi, corruzioni, regole imposte
che nel caso della Turchia vogliono distruggere un parco, polmone della città per farci
supermarket , negozi e una moschea in più. - Questo popolo di città che si raccoglie e
si raduna attraverso il passaparola di Facebook e di Twitter ha una storia che adesso
vado a raccontare. Poi, di seguito comporrò una specie di Diario con gli articoli raccolti
dai giornali che in questo periodo hanno riportato gli avvenimenti di piazza Taksim e la
repressione brutale conseguente messa in atto dai poliziotti/aguzzini di Erdogan.
(Lucianone)
Hanno un'anima progressista.
GEOGRAFIA DELLA PIAZZA
Le proteste di piazza Taksim hanno compiuto un miracolo: gruppi e partiti che hanno
sempre combattuto tra loro sono riusciti a costruire una lotta comune. Ecco i principali
Urbanisti, architetti, ingegneri - Sono loro i primi a mobilitarsi contro la cementifi-
cazione del parco Gezi. Sono scesi in piazza con le loro organizzazioni di categoria,
con gli studenti e con le associazioni per i beni comuni come Mustereklerimiz. Hanno
mandato due rappresentanti a negoziare con Erdogan, che ha loro promesso di sotto-
porre a un tribunale la questione del parco. In realtà il premier ha imposto un ultimatum:
io vi do udienza, ma voi sgomberate la piazza. Nessuna risposta alle 5 richieste dei mani-
festanti: 1) Gezi deve restare un parco. 2) Dimissioni di governanti e poliziotti responsa-
bili di violenze. 3) Proibizione di lacrimogeni e sostanze simili. 4) Rilascio dei cittadini
arrestati. 5) Abolizione di tutti i divieti di riunione nelle piazze.
Musulmani anticapitalisti - Sono frange radicali ma molto numerose. Sono religiosi
come il partito di Erdogan ma ne contestano l'autoritarismo. In piazza Taksim hanno
pregato e si sono astenuti dal bere alcol.
Gay e transessuali - Molto attivi sia tra le barricate che nei gruppi di lavoro organiz-
zati nel parco.Hanno manifestato in modo vistoso ma mai offensivo della morale degli
altri manifestanti.
Kemalisti - I militanti del partito repubblicano (Chp) hanno sempre difeso la laicitò
dello Stato ma anche la supremazia dei militari. Gli altri manifestanti li considerano
"di destra" ma hanno visto in piazza Taksim che alcuni
Curdi - Con i kemalisi, che hanno sempre difeso la "turchità" della nazione contro
le rivendicazioni delle minoranze, si sono sempre odiati. Alcuni di loro hanno parla-
to per la prima volta con un repubblicano proprio in piazza Taksim. Hanno litigato,
ma poi sono andati insieme a costruire le barricate.
Precari - Movimenti di giovani lavoratori con contratti atipici. Alcuni lavorano nel-
l'ospedale di Shishli, che ha ricoverato molti dei manifestanti feriti. Ai medici stranie-
ri, invece, è stato ordinato di andarsene.
Tifosi - A manifestare si sono viste anche decine di migliaia di ultras di squadre
rivali: Besiktas, Galatasaray e Fenerbance. Se nel caso del Besiktas era già noto
l'orientamento anarchico, ecologista e anti sessista del gruppo ultras Carsi, nel ca-
so delle altre due squadre i tifosi sono sempre stati lontani dalla difesa dei beni co-
muni e dalla contestazione politica.
Gente comune - La maggior parte dei manifestanti è alla prima esperienza politica.
Si è unito per protestare e all'inizio è rimasto fuori dalle discussioni organizzate. Poi
le associazioni hanno deciso di rivedere la partecipazione ai forum in senso orizzon-
tale: alle prime riunioni militanti e novizi si sono presi per i capelli, ma poi hanno
cominciato a collaborare. A quel punto è arivato lo sgombero della piazza.
(La Gazzetta dello Sport - lunedì, 17 giugno 2013 - 'Altri mondi')
Guerriglia a Istanbul /Urticanti sulla folla / Erdogan: "Ora pulizia"
Ancora violenze dopo lo sgombero di piazza Taksim: quasi 800 feriti.
Un milione di militanti per il premier.
Lunga e feroce la mattanza di Istanbul: per tutta la notte di sabato e ancora ieri scontri
brutali tra manifestanti e poliziotti. E una tensione irreale ha avvolto la Turchia dopo la
decisione di sgomberare con la forza piazza Taksim, luogo simbolo della protesta con-
tro il governo Erdogan. Alla fine, è doloroso il biolancio della battaglia noturna: secon-
do l'Unione medici, i feriti arrivano a 788, mentre il governatore della regione si ferma
al numero 44. Un bambino di 14 anni, colpito da un lacrimogeno, sarebbe in gravi con-
dizioni. E poi molti feriti hanno preferito evitare gli ospedali per non essere identificati,
dopo la caccia all'uomo andata avanti per ore: sabato i lacrimogeni sono arrivati, perfi-
no, nelle stanze del Divan Hotel, l'albergo in cui si rifugiavano i dimostranti. E sui social
media continuano a rincorrersi voci secondo cui la polizia avrebbe usato contro la folla
gas urticanti: diverse fotografie mostrano, infatti, strane piaghe provocate dall'acqua spa-
rata dagli idranti e corretta con agenti chimici.
Città divisa - La guerriglia, con tanto di medici egiornalisti picchiati, ieri ha avuto lo stesso
volto disumano: le forze anti-sommossa hanno impedito l'accesso a chi voleva riprendersi
piazza Taksim, in cui una ventina di giardinieri si affannavano a sistemare le aiuole.
E le manifestazioni hanno unito diverse città: a Kizilay, cuore di Ankara, la polizia ha bloc-
cato il feretro del giovane manifestante Ethem Sarisuluk, ucciso proprio lì da un agente con
una pallottola al cervello. I due grandi sindacati di sinistra, Kesk e Disk, hanno proclamato
uno sciopero generale che da oggi avrà come epicentro Istanbul, città che però resta divisa
come non mai. Lontano dalle violenze attorno al parco Gezi, c'era una piazza stracolma e
di un rosso accecante: le bandiere della Turchia stavolta sventolavano per acclamare Tayyip
Erdogan. Il premier ha parlato a Kazlicesme, , quartiere di periferia, a un milione di militanti
del suo partito: "Se i media internazionali vogliono una fotografia della Turchia, la fotografia
è questa qui", ha detto tornando ad attaccare la stampa straniera. "Ripuliremo piazza Taksim,
andatevene in montagna a mettere le tende"", ha detto sfidando i manifestanti. E, intanto, la
battaglia continuava, solo qualche chilometro più in là. (Filippo Conticelli)
(da La Gazzetta dello Sport - domenica, 2 giugno 2013)
Rivolta anti-Erdogan. La Turchia nel caos.
I feriti sono oltre mille.
Ancora proteste contro la distruzione di un parco a Istanbul.
Il premier ammette gli eccessi della polizia.
Due giorni per diventare simbolo potente: parco Gezi non appartiene più alla sola Turchia. E'
il centro di gravità di una protesta che monta e su cui tanti soffiano dall'estero: nel mirino la
sottile deriva islamista di Tayyip Erdogan. Così ieri (sabato) si è ripetuto il copione degli scon-
tri tra manifestanti anti-governativi e polizia perchè per il secondo giorno consecutivo sono
proseguite le proteste contro il disboscamento del parco di Gezi, sulla piazza Taksim di Istan-
bul. L' l'esecutivo s'è messo in testa di costruire un centro commerciale e una nuova moschea.
E nell'escalation di violenze sono stati sparati lacrimogeni dagli elicotteri sulle decine di miglia-
ia di manifestanti. I feriti sarebbero circa mille, quattro avrebbero perso la vista, un deputato
curdo e tre cronisti sarebbero stati colpiti da candelotti lanciati ad altezza d'uomo. Poi anco-
ra fratture sparse, problemi respiratori per i gas e, alla fine, 95 arresti: di questi 81 dopo in-
terrogatorio e col rischio di essere incriminati. Non bastasse, i militanti hanno invaso gran
parte della Turchia con 90 manifestazioni in tutto il Paese (si parla di 993 fermati in totale):
ma soprattutto ad Ankara e Smirne la gente è scesa in strada per chiedere le dimissioni di
Erdogan, il "sultano" che vorrebbe "re-islamizzare il paese di Ataturk". Determinante come
ormai succede l'uso dei Social, attraverso cui la gente si è radunata e ha diffuso le immagini
delle violenze. Molti hanno perfino denunciato "blocchi parziali a Twitter e Facebook".
spe, la gente ieri lanciava pietre agli agenti minacciosi. Ma, ben oltre l'ambien-
tlismo, la guerriglia ha un'origine politica e ha sfiorato gli attivisti del principale
partito di opposizione, il Chp: loro dovevano manifestare sulla riva asiatica con-
tro gli ultimi divieti sull'alcol, ma hanno passato il ponte sul Bosforo per raggiun-
gere piazza Taksim sotto assedio.
Poi Erdogan ha di colpo ammorbidito l'atteggiamento inflessibile: il premier ha
ammesso eccessi ed errori della polizia. Decisivo l'intervento del capo dello
Stato, Abdullah Gul, che poco prima aveva chiesto "moderazione"" e denuncia-
to un livello di scontro "inquietante" in una telefonata col premier. Il progetto del
centro commerciale resta in piedi, ma dopo il ritiro della polizia la zona è stata
inondata ancora da manifestanti. E sono rifioriti i ritratti del mitico Ataturk, l'eroe
nazionale simbolo di laicismo e della nuova primavera turca.
(da La Gazzetta dello Sport - lunedì, 3 giugno 2013 - 'Altri mondi')
Ancora rivolte in Turchia: 1700 gli arresti
Terzo giorno di protesta ad Ankara. Erdogan accusa: "E' colpa di Twitter"
CONTINUA... to be continued...
E' questa la Turchia (o meglio il governo turco) che dovrebbe entrare nella Ue?
Con un ministro islamico che, dopo dieci anni di governo spadroneggia da un bel pò
come un sultano d'altri tempi? Adesso la Turchia è divisa in due: pro Erdogan e
contro Erdogan. Lui, il sultano, è riuscito a dividere in due il paese, o meglio ha voluto
dividerlo in due parti ben distinte: gli abitanti della città che ne hanno piene le tasche
di questo ministro/padrone/tiranno e dunque arrogante e arroccato su posizioni di as-
soluto comando; e dall'altra parte ci sono quelli di periferia e campagna, i suoi fedeli
islamici ortodossi che per ora sembrano adorarlo (anche la Russia del Putin accentra-
tore/zarista conta molto sul popolo della campagna e la contestazione si concentra a
Mosca e in altre grandi città).
Così la massa di giovani (soprattutto giovani) nei grandi centri di Ankara e Istanbul non
mollano e affollano le piazze. Vi ricordate la prima piazza famosa per la protesta che ha
dato inizio alla Primavera araba? Era Tahrir Square. Poi è arrivato Zuccotti Park negli
States, e adesso, guarda caso, con la piazza Taksim (a Istanbul, Turchia) c'è in ballo un
altro parco, Gezi Park. Ecco allora l'importanza degli spazi da occupare, piazze e parchi,
l'importanza di una nuova coscienza popolare, che non può che partire dal centro delle
grandi città metropolitane (dove la modernità e la cultura si sono radicate), ecco la ripar-
tenza di nuove ribellioni/rivoluzioni popolari (non pupuliste!, termine spregiativo usato
dal potere finanziario/delle multinazionali/ degli affaristi.banchieri sovranazionali) che
si prendono carico con riunioni partecipative di massa di luoghi simbolo per cambiare
la vita del paese che abitano: senza sopraffazioni, soprusi, corruzioni, regole imposte
che nel caso della Turchia vogliono distruggere un parco, polmone della città per farci
supermarket , negozi e una moschea in più. - Questo popolo di città che si raccoglie e
si raduna attraverso il passaparola di Facebook e di Twitter ha una storia che adesso
vado a raccontare. Poi, di seguito comporrò una specie di Diario con gli articoli raccolti
dai giornali che in questo periodo hanno riportato gli avvenimenti di piazza Taksim e la
repressione brutale conseguente messa in atto dai poliziotti/aguzzini di Erdogan.
(Lucianone)
Hanno un'anima progressista.
GEOGRAFIA DELLA PIAZZA
Le proteste di piazza Taksim hanno compiuto un miracolo: gruppi e partiti che hanno
sempre combattuto tra loro sono riusciti a costruire una lotta comune. Ecco i principali
Urbanisti, architetti, ingegneri - Sono loro i primi a mobilitarsi contro la cementifi-
cazione del parco Gezi. Sono scesi in piazza con le loro organizzazioni di categoria,
con gli studenti e con le associazioni per i beni comuni come Mustereklerimiz. Hanno
mandato due rappresentanti a negoziare con Erdogan, che ha loro promesso di sotto-
porre a un tribunale la questione del parco. In realtà il premier ha imposto un ultimatum:
io vi do udienza, ma voi sgomberate la piazza. Nessuna risposta alle 5 richieste dei mani-
festanti: 1) Gezi deve restare un parco. 2) Dimissioni di governanti e poliziotti responsa-
bili di violenze. 3) Proibizione di lacrimogeni e sostanze simili. 4) Rilascio dei cittadini
arrestati. 5) Abolizione di tutti i divieti di riunione nelle piazze.
Musulmani anticapitalisti - Sono frange radicali ma molto numerose. Sono religiosi
come il partito di Erdogan ma ne contestano l'autoritarismo. In piazza Taksim hanno
pregato e si sono astenuti dal bere alcol.
Gay e transessuali - Molto attivi sia tra le barricate che nei gruppi di lavoro organiz-
zati nel parco.Hanno manifestato in modo vistoso ma mai offensivo della morale degli
altri manifestanti.
Kemalisti - I militanti del partito repubblicano (Chp) hanno sempre difeso la laicitò
dello Stato ma anche la supremazia dei militari. Gli altri manifestanti li considerano
"di destra" ma hanno visto in piazza Taksim che alcuni
Curdi - Con i kemalisi, che hanno sempre difeso la "turchità" della nazione contro
le rivendicazioni delle minoranze, si sono sempre odiati. Alcuni di loro hanno parla-
to per la prima volta con un repubblicano proprio in piazza Taksim. Hanno litigato,
ma poi sono andati insieme a costruire le barricate.
Precari - Movimenti di giovani lavoratori con contratti atipici. Alcuni lavorano nel-
l'ospedale di Shishli, che ha ricoverato molti dei manifestanti feriti. Ai medici stranie-
ri, invece, è stato ordinato di andarsene.
Tifosi - A manifestare si sono viste anche decine di migliaia di ultras di squadre
rivali: Besiktas, Galatasaray e Fenerbance. Se nel caso del Besiktas era già noto
l'orientamento anarchico, ecologista e anti sessista del gruppo ultras Carsi, nel ca-
so delle altre due squadre i tifosi sono sempre stati lontani dalla difesa dei beni co-
muni e dalla contestazione politica.
Gente comune - La maggior parte dei manifestanti è alla prima esperienza politica.
Si è unito per protestare e all'inizio è rimasto fuori dalle discussioni organizzate. Poi
le associazioni hanno deciso di rivedere la partecipazione ai forum in senso orizzon-
tale: alle prime riunioni militanti e novizi si sono presi per i capelli, ma poi hanno
cominciato a collaborare. A quel punto è arivato lo sgombero della piazza.
(La Gazzetta dello Sport - lunedì, 17 giugno 2013 - 'Altri mondi')
Guerriglia a Istanbul /Urticanti sulla folla / Erdogan: "Ora pulizia"
Ancora violenze dopo lo sgombero di piazza Taksim: quasi 800 feriti.
Un milione di militanti per il premier.
Lunga e feroce la mattanza di Istanbul: per tutta la notte di sabato e ancora ieri scontri
brutali tra manifestanti e poliziotti. E una tensione irreale ha avvolto la Turchia dopo la
decisione di sgomberare con la forza piazza Taksim, luogo simbolo della protesta con-
tro il governo Erdogan. Alla fine, è doloroso il biolancio della battaglia noturna: secon-
do l'Unione medici, i feriti arrivano a 788, mentre il governatore della regione si ferma
al numero 44. Un bambino di 14 anni, colpito da un lacrimogeno, sarebbe in gravi con-
dizioni. E poi molti feriti hanno preferito evitare gli ospedali per non essere identificati,
dopo la caccia all'uomo andata avanti per ore: sabato i lacrimogeni sono arrivati, perfi-
no, nelle stanze del Divan Hotel, l'albergo in cui si rifugiavano i dimostranti. E sui social
media continuano a rincorrersi voci secondo cui la polizia avrebbe usato contro la folla
gas urticanti: diverse fotografie mostrano, infatti, strane piaghe provocate dall'acqua spa-
rata dagli idranti e corretta con agenti chimici.
Città divisa - La guerriglia, con tanto di medici egiornalisti picchiati, ieri ha avuto lo stesso
volto disumano: le forze anti-sommossa hanno impedito l'accesso a chi voleva riprendersi
piazza Taksim, in cui una ventina di giardinieri si affannavano a sistemare le aiuole.
E le manifestazioni hanno unito diverse città: a Kizilay, cuore di Ankara, la polizia ha bloc-
cato il feretro del giovane manifestante Ethem Sarisuluk, ucciso proprio lì da un agente con
una pallottola al cervello. I due grandi sindacati di sinistra, Kesk e Disk, hanno proclamato
uno sciopero generale che da oggi avrà come epicentro Istanbul, città che però resta divisa
come non mai. Lontano dalle violenze attorno al parco Gezi, c'era una piazza stracolma e
di un rosso accecante: le bandiere della Turchia stavolta sventolavano per acclamare Tayyip
Erdogan. Il premier ha parlato a Kazlicesme, , quartiere di periferia, a un milione di militanti
del suo partito: "Se i media internazionali vogliono una fotografia della Turchia, la fotografia
è questa qui", ha detto tornando ad attaccare la stampa straniera. "Ripuliremo piazza Taksim,
andatevene in montagna a mettere le tende"", ha detto sfidando i manifestanti. E, intanto, la
battaglia continuava, solo qualche chilometro più in là. (Filippo Conticelli)
(da La Gazzetta dello Sport - domenica, 2 giugno 2013)
Rivolta anti-Erdogan. La Turchia nel caos.
I feriti sono oltre mille.
Ancora proteste contro la distruzione di un parco a Istanbul.
Il premier ammette gli eccessi della polizia.
Due giorni per diventare simbolo potente: parco Gezi non appartiene più alla sola Turchia. E'
il centro di gravità di una protesta che monta e su cui tanti soffiano dall'estero: nel mirino la
sottile deriva islamista di Tayyip Erdogan. Così ieri (sabato) si è ripetuto il copione degli scon-
tri tra manifestanti anti-governativi e polizia perchè per il secondo giorno consecutivo sono
proseguite le proteste contro il disboscamento del parco di Gezi, sulla piazza Taksim di Istan-
bul. L' l'esecutivo s'è messo in testa di costruire un centro commerciale e una nuova moschea.
E nell'escalation di violenze sono stati sparati lacrimogeni dagli elicotteri sulle decine di miglia-
ia di manifestanti. I feriti sarebbero circa mille, quattro avrebbero perso la vista, un deputato
curdo e tre cronisti sarebbero stati colpiti da candelotti lanciati ad altezza d'uomo. Poi anco-
ra fratture sparse, problemi respiratori per i gas e, alla fine, 95 arresti: di questi 81 dopo in-
terrogatorio e col rischio di essere incriminati. Non bastasse, i militanti hanno invaso gran
parte della Turchia con 90 manifestazioni in tutto il Paese (si parla di 993 fermati in totale):
ma soprattutto ad Ankara e Smirne la gente è scesa in strada per chiedere le dimissioni di
Erdogan, il "sultano" che vorrebbe "re-islamizzare il paese di Ataturk". Determinante come
ormai succede l'uso dei Social, attraverso cui la gente si è radunata e ha diffuso le immagini
delle violenze. Molti hanno perfino denunciato "blocchi parziali a Twitter e Facebook".
ATATURK - Gezi Park,cuore della Istanbul europea, unico polmome verde,
luogo magico della città popolato da 600 vecchi alberi: per difenderli dalle ru-spe, la gente ieri lanciava pietre agli agenti minacciosi. Ma, ben oltre l'ambien-
tlismo, la guerriglia ha un'origine politica e ha sfiorato gli attivisti del principale
partito di opposizione, il Chp: loro dovevano manifestare sulla riva asiatica con-
tro gli ultimi divieti sull'alcol, ma hanno passato il ponte sul Bosforo per raggiun-
gere piazza Taksim sotto assedio.
Poi Erdogan ha di colpo ammorbidito l'atteggiamento inflessibile: il premier ha
ammesso eccessi ed errori della polizia. Decisivo l'intervento del capo dello
Stato, Abdullah Gul, che poco prima aveva chiesto "moderazione"" e denuncia-
to un livello di scontro "inquietante" in una telefonata col premier. Il progetto del
centro commerciale resta in piedi, ma dopo il ritiro della polizia la zona è stata
inondata ancora da manifestanti. E sono rifioriti i ritratti del mitico Ataturk, l'eroe
nazionale simbolo di laicismo e della nuova primavera turca.
(da La Gazzetta dello Sport - lunedì, 3 giugno 2013 - 'Altri mondi')
Ancora rivolte in Turchia: 1700 gli arresti
Terzo giorno di protesta ad Ankara. Erdogan accusa: "E' colpa di Twitter"
CONTINUA... to be continued...
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