lunedì 7 luglio 2014

Ultime notizie - dall'Italia / Latest news

7 luglio '14 - lunedì                 7th July / Monday

Società  -  delinquenza/mafia
Vescovi contro la mafia: stop alle processioni / Dopo il caso
dell'inchino al boss mafioso a Oppido Mamertina.
Il sindaco di Oppido: "Ho peccato in leggerezza"
Le 'ndrine lanciano la sfida a Papa Francesco
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Dopo la scomunica ai mafiosi lanciata da papa Francesco a Campobasso e la "risposta" di sfida, con la sosta davanti alla casa di un boss durante una processione mariana a Oppido Mamertina, si leva alta anche la voce dei vescovi della zona. «Netta riprovazione dell'inconsulto e temerario 
gesto di blasfema devozione che va all'opposto di quella dovuta alla Madre di Dio». Così il vescovo di Oppida Mamertina-Palmi, monsignor Francesco Milito, ribadisce la sua condanna riguardo all'episodio avvenuto durante la processione della Madonna delle Grazie a Oppido Mamertina, nella frazione Tresilico.
Drastico monsignor Salvatore Nunnari, presidente dei vescovi della Calabria, che all'Ansa dice: «Siccome sotto la vara (il carro trionfale della processione, ndr) può capitare che ci sia il mafioso di turno che fa poi il capo, allora bisogna avere il coraggio di fermare le processioni.

Previdenza
Pensioni sempre più leggere
La contromossa: spazio al secondo pilastro / Pa, attese 250mila uscite
Due - tre anni di età in più nel 2050-2060 consentiranno di alzare il tasso di sostituzione netto anche di dieci punti percentuali. È uno degli effetti del sistema contributivo con cui si calcolerà l'importo dell'assegno previdenziale dei 25-35enni di oggi.
La soluzione è a portata di mano ma, di fatto, non ha l'attrattività utile perché venga accolta da tutti coloro che ne avrebbero bisogno. I fondi pensione italiani offrono ai lavoratori l'opportunità di supportare le proprie rendite pensionistiche di primo pilastro con "pensioni di scorta" o di secondo pilastro, in grado di produrre un supporto tale da avvicinare i vitalizi futuri ai livelli ottenuti da coloro i quali sono andati in pensione nel recente passato. La «staffetta generazionale» avviata con il decreto sulla Pubblica amministrazione è indispensabile per dare fiato agli uffici e ringiovanire gli organici, ma darà un'altra botta ai conti della gestione ex Inpdap che sono già intensamente colorati di rosso.

Lucianone

Cultura - arte / Personaggio: Alfredo Jaar

7 luglio '14 - lunedì             7th July / Monday                        visione post - 12

Jaar: "L'arte cambia il mondo una persona alla volta"

L'artista cileno, intervistato, parla di bellezza e politica
( in occasione  della  grande  mostra
"Abbiamo amato tanto la rivoluzione" 
tenuta dalla Fondazione Merz di Torino
nel novembre 2013)

(da 'la Repubblica' - 12/11/2013 / R2 Cultura - Gregorio Botta, Torino)

"Abbiamo amato tanto la rivoluzione",  dice una scritta al neon  nell'enorme sala  della 
Fondazione Merz e la frase si riflette sullo spesso tappeto di vetro frantumato che copre
l'intero pavimento: 150 tonnellate di schegge, per la precisione.       Il visitatore le sente 
scricchiolare sotto i piedi come una presenza inquietante. Sta camminando sul suo passa-
to, sui sogni infranti di una generazione che voleva cambiare il mondo. Quanto rimpianto,
quanta nostalgia. "Sì - dice Alfredo Jaar - ma quanta possibilità di rinascere. Il vetro è un 
un materiale che si ricicla, può avere un'altra vita, e un'altra e un'altra ancora".
Un suono stridulo si diffonde nella sala: proviene da un video girato nel 1981, nel Cile di
Pinochet. E' lo stesso artista che tenta di suonare un clarinetto e non sa come. Note sgra-
ziate ma necessarie. "Sotto la dittatura non si può parlare chiaro, ma bisogna comunque
tentare di far sentire una voce". Il piffero della rivoluzione suona come può, con il pessi-
mismo della ragione e l'ottimismo della volontà di gramsciana memoria. E infatti il volto
di Gramsci - che con Pasolini è uno dei numi tutelari dell'artista - campeggia, moltiplica-
to in dodici disegni. "Ne sono ossessionato: appena ho del tempo libero, lo disegno".
Se c'è un artista politico al mondo, questo è Alfredo Jaar, che ha appena inaugurato la
sua mostra (a cura di Claudia Gioia) a Torino.    Coccolato dalla critica d'arte, esposto 
ovunque, (ha firmato più di 60 opere pubbliche in tutto il mondo) invitato ad ogni bien-
nale importante (da Documenta all'ultima Venezia, dove ha esposto  un  poeticissimo 
lavoro nel padiglione cileno) è sicuramente un caposcuola di quella wave estetica  che
unisce arte e impegno, poesia e militanza.
"Io sono nato 57 anni fa in Cile - spiega Jaar - ho visto il golpe contro Allende: per fare
arte ho dovuto subito imparare a parlare poeticamente tra le righe, a parlare senza par-
lare. Capisce? Era l'arte della resistenza. Io avevo  a che fare  con la censura.  Per me
l'arte è stata politica sin dal primo momento".
G. Botta - 'Fino a farla scappare dal Cile'.
A. Jaar  -  "La dittatura mi soffocava, dovevo fuggire. Ma mio padre mi convinse a lau-
rearmi in architettura prima di partire. Così quando arrivai a New York nell'82, per cin-
que anni mi mantenni lavorando come architetto.  Ma nel frattempo  cercavo  di capire
il mondo dell'arte americano: gallerie, musei, artisti. Tutto, insomma. Era molto affasci-
nante, ma ho scoperto due cose fondamentali. La prima è che l'America era molto pro-
vinciale".
G. Botta - 'Provinciale? Erano gli anni '80, Manhattan era la capitale culturale del globo,
l'ombelico del mondo'.
A. Jaar  -  "Macchè. Si parlava solo di New York, di Stati Uniti, e mai di Asia, Africa,
America Latina. Esistevano solo artisti americani e al massimo qualche tedesco.  Per
gli altri non c'era posto. Io, come sudamericano, non esistevo. La seconda cosa che ho 
scoperto è che in America nenache il mondo esisteva. C'erano 35 conflitti internaziona-
li, e nessuno ne parlava. Per me era inconcepibile: per me la relazione tra conflitto e ar-
te è naturale, è il contesto nel quale viviamo".
G. Botta - 'Però l'America le ha dato anche la grande occasione della sua vita'.
A. Jaar  -  "Vero. Nell'86 presi in affitto tutti gli spazi pubblicitari di una stazione della
metropolitana di Spring Street, vicina a Wall Street, affissi grandi poster  con  le  foto 
che avevo scattato nelle miniere d'oro di Serra Pelada, in Brasile.   Erano immagini di
un inferno dantesco:  uomini seminudi, coperti di fango che come formiche  brulicano 
nella enorme cava della montagna. A fianco di ciascuna foto c'era una semplice scritta:
la quotazione del prezzo dell'oro in una delle Borse del mondo".
G. Botta - 'Pagò lei un intervento così costoso?
A. Jaar  -  "No, partecipai ad un concorso del Guggenheim per una borsa e a loro piaque 
il progetto Così lo finanziarono: e pensi  che io  non ero  nessuno  in America, sono stati 
bravi!,,, E da lì è cambiata tutta la mia vita.  Achille Bonito Oliva mi portò alla Biennale
di Venezia, poi mi hanno invitato a Documenta e poi via via in tutto il mondo e ho potuto
dedicarmi solamente all'arte. Sono stato il primo sudamericano chiamato a Venezia: per
dirle che cos'era il mondo artistico all'epoca".
G. Botta - 'In effetti quel suo lavoro sull'oro crea uno shock visivo molto forte, mostran-
do il nesso tra due realtà che noi non siamo abituati a collegare. Da una parte il valore 
asettico dell'oro, dall'altra il lavoro di uomini reali, la fatica fisica bestiale, le vite indi-
viduali spezzate in miniera.  Ma a volte nell'arte politica il messaggio è preponderante: 
se le opere fanno la morale che cosa resta dell'estetica?'.
A. Jaar  -  "Sì, capisco il rischio. Ma io voglio informare con poesia. Non cerco informa-
zione pura e non cerco poesia pura: ma un equilibrio perfetto tra le due. Perchè se l'ope-
ra è troppo bella, troppo poetica, allora perde l'informazione. Diventa vuota. Anche se è 
bellissima, è solo decorazione. Ma se invece è troppo didattica, diventa banale.   E' una
linea molto sottile quella che cerco. A me piace l'arte critica, l'arte che contiene un pen-
siero".
G. Botta - 'E infatti lei dice che l'arte è 99% pensiero e 1% fare'.
A. Jaar  -  "Sì, per me è un modello di vedere e pensare il mondo. Quando devo fare un 
lavoro, che sia in Ruanda o in Australia, per prima cosa io vado, studio, mi informo, de-
vo capire. Il lavoro nasce dalla realtà che vedo: è il metodo che ho imparato dall'archi-
tettura.

Continuna... to be continued...