20 marzo '25 - giovedì 20th March / Thursday visione post - 7
(a la Repubblica del 17 marzo '25 - di Marco Mondini)
Il riarmo morale dei cittadini
Non basteranno soldi per nuove armi. Nè la buona volontà dei governi. Quando, qualche giorno fa, il senatore Claude Malhuret ha pronunciato il suo discorso davanti alla Camera alta francese ha sollevato un polverone mediatico. Questo anziano dottore, già presidente di Medici senza frontiere (non un militarista sfegatato), non è certo il primo a sostenere che la guerra per la riconquista dello spazio imperiale russo lanciata da Putin non si fermerà all'Ucraina e che l'Unione europea dovrà lottare per la propria sopravvivenza. Però è tra i pochi ad aver messo in chiaro come il "compito immane" di proteggere il Vecchio mondo non si esaurirà in più investimenti, più produzione industriale e nuove strutture di comando. Nulla sarà sufficiente se gli europei non sapranno dare vita a un "riarmo morale". Se i semplici cittadini non decideranno tutti insieme che è giusto difendere l'Europa come patria della democrazia liberale, così come è stata sognata e costruita dopo il 1945. - E se qualcuno trova scandalose queste parole vuol dire che è affetto da una curiosa amnesia. Perchè per oltre 200 anni, nell'Europa moderna generata dalla Rivoluione francese, la definizione stessa di cittadinanza ha coinciso con la difesa della propria comunità. Fu la Rivoluzione a stabilire che i monarchi andavano spogliati del monopolio della violenza legittima e le armi affidate al popolo, quella "forza pubblica" che la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 poneva a fondamento del nuovo ordine in cui tutti sarebbero stati liberi e uguali nei diritti. E fu la Repubblica nata dalla Rivoluzione a stabilire che un cittadino non poteva dirsi tale se non avesse accettato di lottare per difenderli, quei diritti. E' vero, nei decenni a seguire le "nazioni in armi" non sarebbero state modelli virtuosi di democrazia. Dopo Napoleone incorporavano centinaia di migliaia di uomini, ma soprattutto i più poveri marciarono in battaglia per liberare terre di cui a malapena avevano sentito parlare, come Trento e Trieste, o Alsazia e Lorena. Eppure l'idea rivoluzionaria del cittadino in armi sopravvisse alle ingiustizie e alle carnwficine industriali del 1914-18. E fu nei momenti di collasso degli Stati che questo patto di cittadinanza basato sull'onere della difesa dimostrò la sua vitalità. Gli italiani ne sanno qualcosa. Chi prese le armi a Porta San Paolo il 9 settembre 1943 o chi formò le prime bande partigiane nel Nord non lo fece perchè aveva ricevuto ordini nè per disciplina di partito. Semplicemente, dovendo scegliere se essere una vittima o battersi, aveva preferito la seconda opzione. Fu la reazione spontanea di una comunità in lotta, come avrebbe ricordato anni dopo Maria Teresa Regard, partigiana e trotz-kista. Certo, dopo il 1945 il trauma di un continente ridotto in macerie dalla guerra totale (per non parlare dell'incubo atomico) avrebbe spinyo alcuni a credere che le armi non fossero più pensabili, nemmeno per difendersi, come come sostenne Piero Calamandrei. Ma la maggioranza degli europei finì col convincersi che la difesa non era più affare proprio solo perchè, come ha scritto Braudillard, molti avevano cessato di essere cittadini ed erano diventati consumatori. La "società post militare" descritta da Martin Shaw alla fine degli anni Novanta assomglia più a una distopia individualista che a un sogno pacifista. Meno di un francese, inglese o tedesco su dieci intervistati dichiararono di interessarsi a questioni di difesa. Le ritenevano una spesa inutile non perchè la guerra fosse ingiusta, ma perchè c'erano altre priorità, come le pensioni e il costo del carburante.. Non è un caso se a smantellare le capacità nazionali militari hanno provveduto esecutivi tutt'altro che progressisti ma sensibili al consenso dei consumatori, come il governo Berlusconi che nel 2004 sospese la coscrizione obbligatoria e fece toccare il punto più basso agli investimenti in difesa. Oggi tornare a progettare la sicurezza dell'Europa non significa il ripristino di un'imptobabile leva universale, che risulterebbe costosa e inefficace. Ma vuol dire chiedersi di nuovo , come il dottor Mallhuret, se siamo disposti a batterci per proteggere la nostra democrazia, come fecero gli uomini e le donne di ottant'anni fa.
Lucianone