domenica 21 aprile 2013

Riflessioni / generali e particolari - Italia, Europa, America

22 aprile '13  -  lunedì            22nd April / Monday               visioni post - 8
Sull'Italia
Stiamo vivendo in Italia  una crisi economica epocale, in cui dovremmo
unire tutte le nostre forze (intendo come forze politiche e istituzioni) per
affrontare in modo risoluto e senza perdere troppo tempo questa dram-
matica situazione che peggiora ogni giorno. E invece le varie forze par-
lamentari non hanno trovato di meglio che rivolgersi ancora una volta
a Napolitano (stiamo diventando una repubblica presidenziale?). E va
escluso chiaramente il movimento 5Stelle, che comunque  ha  avuto a
suo tempo la possibilita di agire subito con l'unione del Pd. Ma è stato
meglio così, vista la fine del maggiore partito di sinistra? Si direbbe di 
sì.   Lo sbandamento clamoroso e il quasi sfaldamento successivo del
partito di Bersani, con le dimissioni  di quest'ultimo  sono  un segnale 
molto chiaro del declino definitivo della partitocrazia, dopo le profon-
de crisi della Lega e dello stesso Pdl, e la scomparsa dei vari partiti-
ni  di centro, destra e sinistra, vedi Di Pietro, Fini, Ingroia eccetera;
si è salvato di poco il partito di Monti, che pure era partito con gran-
di progetti (ricordare l'agenda-Monti), ma ha decretato  la sconfitta
di Casini. Insomma c'è stata una debàcle generale di tutte le vecchie
formazioni politiche che non hanno saputo rinnovarsi e che, nè più nè
meno hanno permesso  che covasse e si creasse al loro interno il tar-
lo della corruzione spesso collusa con la malavita di stampo mafioso
fino anche a identificare certi politici come veri e propri mafiosi.
La gente, il popolo di tutto ciò non ne può più, e allo stesso tempo si
trova impaurito, in quanto  destabilizzata   dalla crisi economica cre-
scente e allibita per l'incapacità dei politici attuali di saper governa-
re e dirigere in modo positivo questa crisi.
Sull'Europa
La costruzione dell'Europa è nata per l'euro, cioè per creare una moneta
comune a tutti quei Paesi del continente che avessero voluto aderirvi.
L'Unione europea è dunque nata unicamente per una questione economi-
ca.  Alla base di questa costruzione non c'è una base politica comune nè
una concezione di fondo solidaristica, pur di mercato, con un unico presi-
dente centrale e una banca unica di riferimento. Esiste solo Bruxelles, e
la Bce e la Commissione (esaminatrice), e dietro tutto questo c'è natural-
mente la Germania e Angela Merkel.
Continua...to be continued...

Economia / La crisi finanziaria in Italia - Intervista a Stiglitz: più coraggio o il baratro

21 aprile '13 - domenica        21st April / Sunday                     visioni post - 13

Il premio Nobel per l'Economia avverte: è il momento
di uscire dalla trappola del rigore /
E poi fa una previsione: se non ci sarà una svolta il
vostro Paese condannato a una recessione lunga /
Stiglitz continua: "Penalizzati a vantaggio della Germania. Più Europa e meno
euro; se si resta a metà guado l'Italia paga il prezzo più alto".

(da la Repubblica - 12 aprile 2013 - di Federico Rampini da New York)
"L'Italia è vittima di un fallimento dell'austerity europea, state pagando un
prezzo più elevato della Grande Depressione, le vostre imprese sono penaliz-
zate a tutto vantaggio di quelle tedesche. Non accusate Beppe Grillo di popu-
lismo: i temi che solleva sono legittimi, compresa l'opzione estrema di un'uscita
dall'euro. Niente governissimo Pd-Pdl, per salvarsi l'Italia deve tagliare i ponti
con la corruzione dell'era Berlusconi".
Joseph Stiglitz, premio Nobel dell'economia, parla nel suo "tempio", alla Columbia
University di New York. l'occasione è una conferenza molto dotta, patrocinata dal-
la Italian Academy e dal nostro Istituto di cultura. Il tema è impegnativo e attuale:
Stiglitz smonta uno per uno tutti i dogmi del pensiero economico neoclassico, o del-
le sue versioni neoliberiste.  Se cìè uno che ha le carte in  regola per istruire ques-
sto processo, è lui.  Gia consigliere di Bill Clinton alla Casa Bianca, iniziò a conte-
stare il pensiero unico sulla globalizzazione negli anni Novanta; fu licenziato da vi-
cepresidente della Banca mondiale per le sue critiche all'istituzione; più di recente
fu uno dei primi a solidarizzare con gli "indignados" spagnoli e a giustificare le ri-
volte anti-austerity.    Con rigore teorico implacabike, fa a pezzi l'idea di un homo
economicus razionale, di un mercato capace di auto-regolarsi.   Espone l'inutilità
del Pil come misuratore di benessere (lui stesso ha ispirato molti governi e orga-
nismi internazionali nella ricerca di indicatori alternativi).     Stigmatizza l'avidità
dei banchieri e lo strapotere delle oligarchie capitalistiche.
Finita la conferenza, Stiglitz accetta di parlare di noi:  l'Italia nella trappola del-
l'austerity, e come uscirne.   Il premio Nobel sa di essere diventato il massimo
"guru" economico del Movimento 5 Stelle. E non si tira indietro.    Conosce la
situazione politica italiana, risponde atutte le domande, anche le più delicate.
Difende Grillo, pur spingendolo nella direzione di un accordo con il Pd.
Domanda -  "Grillo ha proposto un referendum sull'euro, le sembra concepibi-
le agitare la possibilità di una nostra uscita dalla moneta unica?".
Risposta - "L'eurozona deve cambiare le sue politiche di austerity. Perchè l'euro
funzioni occorrono una vera unione bancaria con regole comuni, un'assicurazione
unica per i depositi dei risparmiatori, una vigilanza europea; poi ci vuole la vera
unione fiscale, l'emissione di euro-bond. Il sistema attuale è instabile, incompiuto.
Ci vuole più Europa oppure meno euro, non si può restare a metà del guado.
Alcune posizini del M5S sono fondate: un Paese come l'Italia potrebbe arrivare
fino al punto di dover abbandonare l'euro per salvare l'Europa, Sarebbe preferi-
bile di no, sarebbe meglio che fosse l'Europa ad abbandonare l'austerity".
Domanda - "Perchè ritiene che per l'Italia possa diventare insostenibile l'appar-
tenenza a questa unione monetaria?".
Risposta - "Le regole attuali dell'Unione europea restringono la vostra possibilità
di fare una politica industriale, di cui avete gran bisogno. Il mercato unico all'ori-
gine doveva creare condizioni eque di competizione, una concorrenza leale. Ma è
fallito. Anzi: la competizione fra nazioni europee non è mai stata così diseguale.
Le imprese italiane oggi devono pagare tassi d'interesse molto più alti delle im-
prese tedesche, anche ammesso che riescano ad avere accesso al credito banca-
rio. Questa non è concorrenza leale, è un mercato squilibrato, altamente instabi-
le. Se non cambia, mom vedo via d'uscita".
Intervento di F. Rampini - "Per il momento non c'è segnale che l'eurozona voglia
cambiare rotta in modo sostanziale, rinnegando l'austerity voluta dalla Germania".
J. Stiglitz - "In assenza di una svolta radicale e strutturale delle politiche econo-
miche europee, è probabile che l'Italia sia condannata a rimanere a lungo in reces-
sione.   Oggi il vostro reddito nazionale è inferiore a quello del 2007, il danno eco-
nomico che subite è superiore perfino a quello della Grande Depressione degli an-
ni Trenta.   Questo non è l'effetto ineluttabile di un terremoto o di uno tsunami, è
un fallimento economico determinato da politiche sbagliate. L'Unione europea de-
ve ammetterlo, deve rilanciare la crescita, e allora anche il vostro debito pubblico
diventerà governabile".
Intervento di F. Rampini - "Dunque lei difende un referendum sull'euro, che viene
considerato un fuga in avanti populista".
J. Stiglitz - "Gli italiani devono poter valutare, e mi rendo conto che questa valu-
tazione è molto complessa. Dovete soppesare da una parte le possibilitò concrete
di ottenere un cambiamento drastico nelle attuali politiche europee; dall'altra gli
eventuali costi di una uscita dall'euro. Dibattere queste idee non è populismo,  è
democrazia. Si tratta di restituire sovranità ai cittadini, che hanno il diritto di vo-
lere un futuro migliore. Affermare che le politiche economiche hanno peggiorato
le vostre condizioni di vita non è populismo".
Domanda - "Nell'immediato, dati i vincoli della nostra appartenenza all'euro, cosa
può fare un governo italiano?".
Risposta di J. S. - "Voi avete rinunciato a gran parte della vostra sovranità entrando
nell'euro, la vostra libertà è limitata. Ma ci sono cose che potete fare. Rendere il vo-
stro sistema bancario più efficiente per stimolare la crescita.   Passare al setaccio le 
voci della spesa pubblica. Riformare la  corporate governance del vostro capitalismo.
Aggredire quei problemi di corruzione di cui Silvio Berlusconi è una manifestazione".
Intervento di F. Rampini - Vasto programma per cui bisogna avere un governo. A 50
giorni dalle elezioni non si è trovato un nuovo governo. Le posizioni sembrano incon-
ciliabili, il M5S non ha accettato compromessi"
J. Stiglitz - "In ogni democrazia è necessario che ci siano dei compromessi.  Si parte
da posizioni diverse, ma bisogna lavorare assieme. Capisco la preoccupazione di non
cedere sulle posizioni di principio. Io credo che una maggioranza di italiani abbia alcu-
ne esigenze comuni: una riforma dello Stato ; far ripartire la crescita; di conseguenza
cambiare le politiche di austerità".
Domanda - "Cosa pensa dell'ipotesi di un governissimo tra Pd e Pdl?"
Risposta - "Questo mi sembra il compromesso più difficile da raggiungere. Il
livello di corruzione associato a Berlusconi e al suo partito non è compatibile
con i programmi di governo di quelle forze che si battono contro la corruzione.
Vedo più naturale una convergenza con Grillo".
F. Rampini - "Tra le proposte considerate demagogiche c'è quella di un sala-
rio di cittadinanza garantito a tutti ".
J. Stiglitz - "L'India, che resta  una  nazione povera, ha introdotto  un sistema
di occupazione garantita per le popolazioni rurali. Bisogna partire dal principio
che la disoccupazione è il fallimento di una società. E la società deve assumer-
si la sua responsabilità, deve riuscire a generare una forma di sostegno, com-
misurata alle sue risorse. Non è populismo affermare che il 12% di disoccupa-
zione è un fallimento dell'Europa.       Non c'è dramma più grave di questo, di
quando ci sono venti disoccupati che si presentano per un solo posto di lavoro.
Domanda - "Lei è stato uno dei pionieri nell'elaborazione di nuovi indicatori
del benessere collettivo. Dal Prodotto interno lordo si è passati al Fil (felicità
interna lorda) e altri misuratori alternativi come l'indice di sviluppo sociale.
Qual'è l'utilità di questa ricerca?"
Risposta - "Il Pil non ci da una misura delle cose che contano davvero per noi:
per esempio la qualità dell'ambiente, la sostenibilità dello sviluppo, la disegua-
glianza, la giustizia sociale. Per fare due esempi ispirati dagli Stati Uniti: abbia-
mo un sistema sanitario molto inefficiente  e  molto costoso, ma proprio  i suoi
alti costi contribuiscono a "gonfiare" il valore del Pil; Abbiamo degli Stati Usa
che spendono  per  le prigioni  più  di quanto stanziano  per  le loro  università,
ma anche la spesa carceraria va a contribuire al Pil. -   Sul tema della giustizia
sociale un tempo la dottrina economica prevalente diceva che  la distribuzione
del reddito è irrilevante, anzi arrivava a sostenere che le diseguaglianze contri-
buiscono a rendere efficiente un'economia di mercato.     Invece oggi anche il
Fondo monetario internazionale ammette che esiste una correlazione fra dise-
guaglianze e instabilità.".
Domanda - "Ai leader europei che continuano a pensare che l'austerity ci tirerà
fuori dalla crisi, lei cosa dice?"
Risposta - "E' come la medicina medievale  che pretendeva  di curare i malati a
furia di salassi , togliendogli sempre più sangue.  Questa gente seleziona solo le
informazioni che conferma le loro idee preconcette. L'austerity non funziona nep-
pure per l'obiettivo che si prefigge, di ridurre il debito pubblico. Se non abbiamo
la capacità di trarre le lezioni di questa crisi, come fu fatto dopo la crisi del 1929,
temo che saremo condannati ad un'ulteriore ricaduta".

Lucianone

Sport - calcio / Serie B - 38^ giornata 2012/13

21 aprile '13 - domenica           21st April / Sunday


Serie B. Il Sassuolo vede la A, tris Livorno. Il Modena sbanca Novara, blitz Varese

38ª giornata: la capolista batte il Bari e vola a +11 sul Verona (in campo lunedì) a quattro turni dalla fine. Paulinho (tripletta) trascina il Livorno a Grosseto che sbaglia due rigori. Corsa playoff: il Novara si ferma dopo 13 risultati utili, il Varese sbanca Terni, frenata dell’Empoli

Break del Sassuolo. La capolista supera il Bari (2-1) e vede il traguardo della promozione in Serie A: il vantaggio sale momentaneamente a undici punti sulla terza, il Verona, a quattro turni dalla fine della stagione regolare, con la squadra di Mandorlini in campo lunedì in posticipo. Mantiene il passo-promozione anche il Livorno, 3-0 al Grosseto, trascinato da una tripletta di Paulinho. Blitz del Modena a Novara, che non perdeva da 13 turni. I posticipi di lunedì, Ascoli-Padova (alle 19) e Verona-Brescia (alle 21), chiuderanno la giornata di Serie B.

Troianello, Pavoletti e Chibsah del Sassuolo festeggiano la quasi A

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Istruzione - Università / Medicina - No anglofilia

21 aprile '13 - domenica          21st April / Sunday                       visioni post - 8

L' università non pecchi di anglofilia

(da  la Repubblica/Milano - 12/04/2013 -  L'opinione / Giorgio Lambertenghi
Deliliers)
Studiare medicina in inglese, solo in inglese.
E' la cosiddetta "anglicizzazione" dell'Università, che sta contaminando  anche
la facoltà di Medicina dell'Università Statale sulla scia di Bocconi e Politecnico.
E' un allarme che è diventato tormentone da quasi dieci anni, da quando a Ravenna
l'Accademia degli Incamminati presentò "Il Manifesto agli Italiani per l'italiano",
cui aderirono numerosi esponenti della cultura. -
Non che si tratti di negare la necessità di un'imternazionalizzazione degli studi
universitari, di medicina come di ingegneria, economia o biologia. E' ovvio che
l'ottima conoscenza della lingua inglese debba far parte obbligatoriamente del-
la preparazione  dei  nuovi  laureati  in materie tecnico-scientifiche, e probabil-
mente anche  dei  laureati  in  scienze umanistiche, se vogliono affacciarsi  sul
mondo.  -  Nel caso del medico, lo richiede l'aggiornamento stesso, basato sul-
la partecipazione a convegli e a seminari internazionali e sulla necessaria con-
sultazione della più qualificata òletteratura scientifica, che ormai è quasi total-
mente in inglese.  Anche lo sviluppo di carriera, che augurabilmente porterà i
nuovi medici  a fare esperienza all'estero, non può più prescindere dall'ottima
conoscenza dell'inglese.
Queste sono le premesse utili e ragionevoli che non devono però cancellare
la domanda di fondo:  è davvero indispensabile che i corsi di laurea in medi-
cina e chirurgia vengano svolti in inglese? Ed è vero che i giovani stessi de-
siderano la "anglicizzazione" della facoltà di Medicina? Non bisogna farsi
fuorviare dal consistente numero di domande di ammissione (con test in in-
glese che servono da griglia di selezione) presentate in sola lingua inglese
che alcune facoltà di Medicina hanno aperto da qualche anno, affiancando-
li ai corsi in italiano.  Non dobbiamo dimenticare infatti che presentare do-
manda per i corsi in inglese può funzionare da "piano B", in una situazione
di numero chiuso che non si riesce facilmente a varcare.
Ma i corsi di laurea in medicina svolti soltanto in inglese devono, a mio giu-
dizio, restare "paralleli" al normale insegnamento universitario in italiano,
e non devono sopprimerlo. Non si vede la necessità che la facoltà di Medi-
cina dell'Università Statale di Milano adotti anche la lingua inglese, e que-
sto per due motivi.  il primo motivo è che la nostra lingua madre ha un'invi-
diabile ricchezza di espressione, che è di grande utilità e sarà fondamenta-
le nel rapporto medico-paziente. Il secondo motivo è che l a lingua italiana
è una salvaguardia per la discussione delle varie problematiche etiche che
attualmente  tormentano  il campo  medico-scientifico , e che sono stretta-
mente vincolate alla nostra cultura greco-latina, cultura di grande apertura
mentale, tenuta in onore anche ad Oxford.
L'Università deve richiedere una reale conoscenza della lingua inglese, ma
non deve commettere l peccato di anglofilia. Non possiamo certo dimentica-
re che l'inglese  è lingua egemone per ragioni politiche, e saremmo ingenui
a non considerarlo un dato di fatto.  Tuttavia, come ha scritto Claudio Ma-
gris, un intellettuale di apertura europea che nessuno potrebbe tacciare di
provincialismo, "la proposta di rendere obbligatorio l'insegnamento univer-
sitario in inglese  rivela  una mentalità servile, un complesso  di  servi che
considerano degno di stima solo lo stile dei padroni".

Lucianone