7 agosto '14 - giovedì 7th August / Thursday visione post - 4 Il jazz esce dai club Rassegna jazz a Bergamo: quattro serate al Parco Sant'Agostino Da martedì 5 agosto fino al 19 agosto Improvvisazione e contaminazioni (da 'Corriere della Sera' - 3 agosto 2013 - di Daniela Morandi) Musica senza sovrastrutture nè di genere nè fisiche. E' il JAZZ in bilico tra innovazione e tradizione. Da martedì (5 agosto) al 19 agosto, per tre martedì e un sabato sera, il genere legato all'improvvisazione per anto- nomasia esce dai teatri, auditorium o luoghi chiusi, per diffondersi nello spazio aperto di Sant'Agostino. Dalle 21. 30 e a ingresso libero, il parco diventa palcoscenico per mu sicisti di rilievo come Enrico Rava e altri, capaci di spaziare dal jazz rock agli standard classici, da brani originali a contaminazioni con la musica popo- lare. Martedì toccherà al chitarrista milanese Roberto Cecchetto con il nuovo progetto Core trio. Insieme ad andrea Lombardini al basso e Phil Mer alla batteria rimescolerà le carte. Incursioni rock si accoppieranno ad altre sonorità, perchè Cecchetto non si ingabbia. Slegato da generi pre- costituiti e formalismi, si apre a eleganti sperimentazioni. Il 12 agosto (martedì), in scena ci sarà l'inusuale ed eccentrico trio formato da Massimiliano Milesi ai sassofoni, Walter Beltrami alla chitarra e Zeno De Rossi alla batteria. L'assenza del basso nell'organico dà al progetto The Roperite Wagging band un'impronta jazz-rock per un repertorio originale e ibrido, dove le correnti dell'elettronica si mescolano all'improvvisazione. Sabato 16 salirà sul palco Enrico Rava, ormai bergamasco d'adozione, vi- sto il rinnovo come direttore artistico di Bergamo Jazz per il quarto anno consecutivo. Il trombettista si presenterà con la formazione New Quartet, che allinea Francesco Diodati, Gabriele Evangelista ed Enrico Morello. Giovani talenti, che sotto la guida del maestro, daranno libero sfogo al proprio genio creativo, capace di combinare tradizione, musica contem- poranea, folk e rock. - Il risultato è una ricerca personale che parte dal jazz per esplorre l'universo musicale. Infine una reunion tra Stefano Bertoli alla batteria, Marco Gamba al contrabbasso e Guido Bombardieri ai sassofoni. Musicisti dai progetti artistici paralleli, si ritroveranno per un concerto il cui spartito sarà se- gnato da intesa e scambio di sguardi. Il bello dell'improvvisazione.
7 agosto '14 - giovedì 7th August / Thursday visione post - 6 L'irrazionalità dei conflitti Così la pace diventa sempre più difficile (da 'Corriere della Sera' - 5 agosto '14 - di Massimo Nava) I conflitti che stanno insanguinando diversi angoli del pianeta (Iraq, Gaza, Siria, Libia, Ucraina), oltre a quelli di cui le cronache riferiscono notizie ormai scarne e ripetitive (Afghanistan, Nigeria, Malì, eccetera) hanno un dato comune che sconvolge le catego- rie di analisi e rivela purtroppo una sostanziale impotenza della diplomazia a qualsiasi livello. Si evidenzia e si denuncia a turno il silenzio dell'Europa, la paralisi dell'Onu, la titubanza degli Usa e così via. Ma l'impotenza non è solo questione di veti, strategie e interessi contrapposti: é anche determinata dalla natura del conflitto. Al di là del contesto specifico e degli interessi economici in gioco, impliciti in ogni guer- ra o guerriglia, il carattere religioso e/o relogioso/nazionalistico è il fattore scatenante che rende sempre più ardua la ricerca di soluzioni accettabili da tutte le parti coinvolte. Di fronte all'irrazionalità di categorie dello spirito - la religione usata come una scimi- tarra, la presunta superiorità di una razza, una identità nazionale che ritiene di avere diritti atavici - diventa quasi impossibile discutere di convivenza e tolleranza e quindi di pace duratura, poichè in questo genere di scontri è cambiata la posta in gioco e si è modificata la logica, per quanto deprecabile, di una guerra. Non si combatte soltan- to per una vittoria militare, peraltro difficilmente conseguibile in modo definitivo. E nemmeno per la speranza di costruire la pace dopo i lutti e le distruzioni. Si combatte per la supremazia di un'identità culturale e religiosa, e quindi per l'annientamento di un'altra in conflitto. Annientamento che, quand'anche possibile (come teorizzavano i nazisti) è nella realtà previsto in un futuro indefinito. Per questo i conflitti di questo tipo diventano endemici e ripetitivi. Come raggiungere compromessi accettabili e onorevoli quando non si tratta di ridisegnare un confine o garantire i diritti di una mi- noranza o riaffermare una giurisdizione su risorse naturali, bensì di riportare alla ra- gione un immaginario collettivo che prevede la scomparsa fisica del nemico, compre- sa la popolazione non cambattente, donne e bambini inclusi? La guerra di Gaza è la più emblematica conferma di questo genere di conflitti, essen- do anche una sorta di rimozione delle esperienze precedenti, simili ma mai servite alla costruzione di un compromesso. Israeliani e palestinesi lottano per la sopravvivenza e rimandano a un indefinito futuro la vittoria impossibile. Hamas sogna la distruzione di Israele. E Israele pensa di guadagnare tempo occupando territori. Israele alza muri. Hamas costruisce tunnel. Anche in Ucraina si combatte un conflitto identitario senza soluzione, salvo ip'otizzare uno smembramento del Paese con conseguenze devastanti sugli equilibri del Vecchio Continente. In alternativa, si continua a combattere per un'ipotetica e irrazionale su- premazia di un'identità. In Libia e Siria non sono più in gioco la fine tragica di una dit- tatura o la scomparsa auspicata di un'altra, nè la ricostruzione di nuove società nel cuore del Mediterraneo, ma la supremazia di tribù o di fazioni religiose. E' un disperante paradosso che nell'era della globalizzazione, della modernità tecnolo- gica, della laicità persino esagerata, che a volte fa perdere di vista il senso ultimo del- l'esistenza, il fattore religioso moltiplichi notizie di cristiani perseguitati, di minoranze umiliate, di simboli religiosi distrutti, di un fondamentalismo islamico che pretende di instaurare antichi califfati, del sangue che scorre all'interno dello stesso mondo ara- bo/musulmano. E' tragico che i valori di solidarietà e rispetto della persona umana cui fanno generalmente riferimento tutte le religioni siano così diffusamente calpesta- ti. Ed è drammatico constatare che in aree del mondo in cui il tasso di democrazia è piuttosto basso, il consenso popolare di leader religiosi e carismatici sia forte e cre- scente. Non si tratta nemmeno più di convertire gli eretici. La parola d'ordine delle guerre "moderne" è cancellazione. Un passo indietro, rispetto alle Crociate. ______________________________________________________________________________
All'interno delle storie delle tradizioni religiose, dalle guerre bibliche alle crociate e ai grandi atti di martirio, la violenza aleggia come un'oscura presenza. I simboli più oscuri e misteriosi della religione ne sono pervasi. Il potere che ha la religione di stimolare l'immaginazione ha sempre avuto a che fare con immagini di morte. Una delle domande che maggiormente osses- sionano alcuni tra i più grandi studiosi della religione - tra cui Emile Durkheim, Marcel Mauss e Sigmund Freud - è perchè sia così. Perchè la religione sembra aver bisogno della violenza, e la violenza della religione, e perchè alcuni credenti accettano con tanta sicurezza un ordine divino di distruzione? ( da "TERRORISTI IN NOME DI DIO - La violenza religiosa nel mondo" di Mark Juergensmeyer) Lucianone