18 marzo '21 - giovedì 18th March / Thursday visione post - 7
(da la Repubblica - 19 febbraio '21 - di Carlo Galli)
Molto più che un banchiere
Draghi col suo discorso al Senato ha segnato una discontinuità politica. La politica che il suo
Draghi col suo discorso al Senato ha segnato una discontinuità politica. La politica che il suo
governo deve attuare è resa quasi obbligata dalle emergenze in atto: sconfiggere la pandemia
conpiani vaccinali adeguati, elaborare e gestire il Recovery Fund, implementare le transizione
ecologica del sistema produttivo. - La discontinuità che Draghi ha introdotto è l'idea d'Italia e
di politica dentro la quale ha calato le linee dell'azione del suo governo. Un'idea forte, Un'idea
storica. Ha collocato il dovere dell'oggi, di fronteggiare uniti la crisi, all'interno di una catena
di doveri che si apre col Risorgimento, e che passa attraverso la Ricostruzione post bellica: i
governi del Cln, certo, ma anche quelli che sono venuti dopo, quando la dialettica asprissima
fra maggioranza e opposizione non perdeva di vista le esigenze essenziali del Paese.
Senza voli retorici, Draghi è stato molto più che un banchiere: ha capito, e fatto capire, che i
numeri da soli, per quanto drammatici, non motivano abbastanza. Che davanti a un problema
politico espresso in numeri il primo istinto di ciascuno - individuo, gruppi sociali, élite, regio-
ni - è di cavarsela da solo, di non pagare dazio. E ha capito, e fatto capire, che la politica è sa-
pere collocare le necessità della contingenza all'interno di un destino comune, frutto delle no-
stre scelte, di un'identità collettiva fatta di passato, presente e futuro. Questa è la dimensione
"repubblicana" della politica. Una continuità generazionale di cittadini liberi che hanno fidu-
cia in se stessi , e che sanno affrontare i problemi con senso del dovere perchè sanno che l'Ita-
lia non è un'espressione geografica afflitta da problemi contabili,, da risolvere con sacrifici e
austerità: è un organismo politico dotato di un'identità storica - un'identità fatta di passaggi
anche dolorosi ma vincenti, sorretti da una dignitosa idea di Paese.
Era molto tempo che non si sentiva un discorso così concreto e di così alto respiro. Certo,
sono state parole, a cui devono seguire le azioni. Ma in quelle parole, in ogni caso, c'è uno
stile, un'indicazione di metodo, di priorità. Draghi ha capito, e fatto capire, che il nemico è
certamente il virus, ma anche il disorientamento. la depressione, la sfiducia, il sentore di de-
clino che percorre oggi il Paese. E non ha risposto nè con la rabbia contro un capo espiato-
rio, nè con la colpevolizzazione, nè con l'insulso ottimismo che in passato qualcuno ci ha
offerto, ma con la dignità di un invito che colloca l'Italia di fronte a sestessa: i molti proble-
mi a cui dovrà pèorre rimedio configurano un dovere che l'Italia deve a sè, non ad altri.
In quel discorso c'è una chiamata all'azione; allo sforzo di rinascere, per non finire nella
periferia del mondo; per non soccombere all'ingiustizia e all'impotenza; per essere - con
sobrietà e coerenza - all'altezza di noi stessi. Per dare un senso, una direzione, una consa-
pevolezza, alla nostra esistenza storica comune. E non è un caso che alla dimensione sto-
rica Draghi abbia aggiunto quella geopolitica: atlantismo, europeismo, la stessa menzione
della Libia, stanno a significare il perimetro in cui il nostro Paese si è mosso storicamente.
e intende muoversi in fuuro con ritrovata energia e fiducia. - Draghi ha dimostrato che il
suo non è un governo tecnico, che la sua forza, prima ancora che la competenza economi-
ca, è la sua idea di politica; e così di fatto sfida i partiti, le loro tattiche, i loro calcoli ad
horas, la loro incapacità di esibire un'idea d'Italia non banale. Npon è un caso che i partiti
non abbiano saputo dare vita al governo: maa loro l'attitudine a pensare in grande.
Qiuesto governo è un'occasione anche per loro, oltre che per tutta l'Italia : l'occasione di
collocarsi all'altezza di ciò che serve per fare politica oggi. Destra, centro, sinistra non de-
vono uniformarsi in una grigia medietà; devono, piuttosto, ricordare la propria funzione
nazionale. In altre fasi della nostra storia l'hanno avuta. Devono recuperarla, e aggiornarla.
Lucianone