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(da la Repubblica - 4 gennaio 2021 - di Rosalba Castelletti)
Aumenta l'alcolismo e in Russia
tornano le celle per gli ubriachi
"Il nuovo è un vecchio che è stato dimenticato", recita un vecchio detto russo. E così, per combattere
l'alcolismo che - a detta dei politici - ha raggiunto "vette proccupanti" in molte parti della Federazio-
ne, il Cremlino ha pensato ha pensato di rispolverare le vytrezviteli, letteralmente "stazioni di disin-
tossicazione". Create in epoca zarista e diventate tristemente rinomate sotto Stalin, queste celle dove
gli ubriachi prelevati dalle strade venivano rinchiusi finchè non smaltivano la sbornia erano state abo-
lite dieci anni fa. Ma per i deputati della Duma che hanno caldeggiato la legge siglata a fine anno da
Vladimir Putin ed entrata in vigore il primo gennaio, i "rifugi per ubriachi" sono l'ultima arma nella
lotta all'alcolismo. Circa 50mila russi continuano a morire ogni anno per il troppo bere, fino a 10mi-
la per ipotermia dopo essersi accasciati all'aperto per la sbronza. E, se è vero che durante il ventennio
di Putin al potere il consumo di alcol è crollato del 40 percento, il 2020 ha visto le vendite di vodka
aumentare del 65 percento durante il lockdown.
La prima vytrezvitel fu aperta nel novembre 1902 a Tula, a sud di Mosca. Finanziata dalla città e
equipaggiata da uno staff di paramedici, aveva l'obiettivo di soccorrere i lavoratori congelati per stra-
da e ridurne la mortalità. Pochi anni dopo, istituzioni simili erano sorte in quasi tutte le province del-
l'Impero russo, ma vennero chiuse dopo la Rivoluzione. nell'Unipne sovietica la prima "stazione per
smaltire la sbornia" apparve nel 1931. Ma sotto Stalin questi rifugi divennero ben presto uno dei tan-
ti mezzi di repressione. Con ordinanza del Commissario del popolo degli affari interni dell'Urss La-
vrentij Beria del 1940, i centri medici per la sobrietà furono subordinati alla famigerata Nkvd, la po-
lizia politica segreta responsabile delle purghe. Nel 1974 ci passò una notte pure il dissidente An-
drej Sakharov. E non perchè avesse alzato il gomito, ma perchè aveva avuto l'ardire di partecipare
a una manifestazione. - Le stazioni sovietiche fornivano solo due "servizi": una doccia fredda e un letto. Ma costavano quanto una notte in un buon hotel. I detenuti venivano svestiti (perchè, sostene-
vano i medici, "un uomo nudo è più sottomesso"), rianimati con acqua ghiacciata e lasciati a dormi-
re. I più violenti venivano legati alle brandine e talora picchiati. Il cittadino veniva dimesso solo
smaltita la sbornia, di regola non prima delle 5 del mattino. Una notifica veniva inviata al datore di
lavoro che poteva costare una censura o il licenziamento.
Negli anni di Breznev, l'epoca della zastoj, stagnazione, che i sovietici ribattezzarono zastolje, cioè
sbronza, le stazioni erano così parte del "folclore urbano" da essere circondate da un'aura di roman-
ticismo. Ne cantava Vladimir Vysotskij e Georgij Danelija le ricordava nel film Afonja e Maratona
di autunno. Ogni anno tra 2,5 e 5 milioni di cittadini finivano in un centro per la sobrietà. Nel 1990
se ne contavano più di 1.200. Crollata l'Urss, il loro numero si dimezzò. Finchè nel 2011 l'allora presidente Dmitrij Medvedev non ne decretò l'abolizione: dagli Interni, l'assistenza agli ubriachi sa-
rebbe dovuta passare alla Sanità. In pochi anni, di fronte alla congestione degli ospedali, le autorità
di una ventina di regioni sono tornate alla pratica collaudata delle stazioni per ubriachi: più simili a ospedali che a carceri, niente sbarre alle finestre nè lucchetti alle porte e pernottamenti gratis. Men-
tre lo Stato ha ripreso a discuterne. E nel 2018 le ha persino riesumate nelle undici città che ospita-
vano i Mondiali di calcio. - Ora, in base alla nuova legge, il sistema si baserà su un partenariato
pubblico-privato e i "pazienti" dovranno pagare. La tariffa sarà definita su base regionale, ma do-
vrebbe aggirarsi tra i 1.500 e i 2mila rubli a notte, circa 16-22 euro. Gli agenti di polizia potranno prelevare dalla strada gli ubriachi "incapaci di muoversi o orientarsi" anche senza il loro consenso.
"Il principale vantaggio è che nessuno congela", sostiene il primario della clinica "Nezavisimost 24"
Aleksej Kazantsev. Ma non mancano i dubbi. Molti ricordano i casi di percosse, fino alla morte, e
di saccheggio che avvenivano nelle istituzioni prima della loro abolizione. Nel 2010 un giornalista
venne ucciso a Tomsk dopo essere stato picchiato da un agente di polizia. Un anno prima un caso
simile si verificò a Perm, mentre ad Arzamas una donna fu violentata. "Sappiamo che cosa è suc-
cesso lì, quali violazioni dei diritti sono state commesse", ricorda la narcologa Ljubov Shishenko-
va. Pur condividendo le perplessità, per Lev Levinson, capo del Programma di politiche anti-droga
dell'Istituto dei diritti umani, si tratta di "un servizio necessario". Più pessimista lo psichiatra Pjotr
Kamenchenko che, all'inizio della sua carriera di medico negli anni '80, si trovò a prestare servizio
in un vytrezvitek: "Temo che tutto andrà secondo la formula 'Volevamo il meglio, ma è andata co-
me sempre' ". Come il vecchio che è stato ben dimenticato.
Lucianone