venerdì 29 gennaio 2021

SPORT - Sci alpino / Una grandissima Marta Bassino a Kranjska: mondiali da numero 1

 29 gennaio '21 - venerdì                              29th January / Friday                          visione post - 8

(da 'La Gazzetta dello Sport' - 17 gennaio '21 - di Simone Battaggia)
Applaudire, non si può fare altro. Nel parterre di Kranjska Gora (Slovenia), Tessa Worley e Michelle
Gisin accolgono Marta Bassino spellandosi le mani. Poco prima avevano esultato entrambe, coscien-
ti di aver fatto una super manche  su una pista ghiacciata, intrattabile, brutale, in una gara  poco  più corta rispetto a quella dei maschi. Finiranno seconda e terza, damigelle d'onore  in una giornata che metteva alla prova la testa, il fiato, la tecnica. Una giornata riservata solo alle campionesse.
Un'altra dimensione - Esulta anche Marta, come raramente l'avevamo vista fare. Agita le braccia alla
Tardelli perchè capisce subito che dietro a quegli ottanta centesimi di vantaggio c'è molto di più della
sua quinta vittoria in carriera e della ritrovata leadership nella classifica di gigante.   Un trionfo offre 
solo un indizio , ma se in cinque gare  tra le porte larghe  ne porti a casa tre, nella quarta  sei uscita a
poche porte dalla fine quando te la stavi giocando e nella quinta  eri seconda prima che annullassero 
la gara per vento, allora stai entrando in un'altra dimensione. E se la prima vittoria l'hai ottenuta  a ot-
tobre sul ghiacciato di Soelden, la seconda a dicembre  sotto la neve  a Gourchevel  su  di un fondo 
che era un puzzle di ghiaccio e di neve fresca, e la terza la conquisti nel freezer di Kranjska Gora, 
a -15° e su una pista che è una lastra di vetro, allora i tuoi riferimenti iniziano a essere interessanti.
"Ho vinto su tre tipi di piste differenti, su tre nevi differenti e ne sono fiera - spiegherà a fine gara 
la cuneese - , Mi ricordo quando guardavo  Marcel Hirscher  e Anna Fenninger, erano in grado di
vincere su diversi tipi di pista. Ora ci riesco anch'io, è incredibile".
Gambe che tremano - Miglior tempo nella prima manche, secondo miglior tempo  nella seconda.
Lì dove le avversrie mettono di traverso gli sci, alzano il busto, portano troppo rispetto e in molti
casi escono, lei scivola come una piuma, stringe il raggio delle curve, non alza un filo di neve e
fila via tra le porte.  La solita poesia sul ghiaccio, scritta però mentre quel ghiaccio sembra pron-
to a divorarti. Ieri la "Podkoren 3" ha fatto tremare le gambe a tante. Pure oggi nella gara-bis (in
programma oggi) probabilmente andrà così. per Marta la vigilia non era stata tranquilla. "Avevo
timore di questa pista, in allenamento sul lucido ho sempre fatto fatica. Invece ora capisco che ho 
la solidità per fronteggiare ogni situazione. Mi aiuta molto il mio skiman, Gianluca Petrulli, una
persona di cui mi fido ciecamente.  Questa gara era difficile, la neve dava poco grip, ma quando
arrivo alla partenza so che gli sci comunque andranno bene. E' un rapporto che si costruisce nel
tempo, durante gli allenamenti. Giorno dopo giorno, lui capisce come mi piacciono gli sci. E' un
qualcosa di speciale". 



Lucianone

SOCIETA' - storie / Russia: aumentano gli ubriachi alcolisti, così vengono mandati in prigione

 29 gennaio '21 - venerdì                               29th January / Friday                        visione post - 8

(da la Repubblica - 4 gennaio 2021 - di Rosalba Castelletti)


Aumenta l'alcolismo e in Russia
tornano le celle per gli ubriachi

"Il nuovo è un vecchio che è stato dimenticato", recita un vecchio detto russo. E così, per combattere
l'alcolismo che - a detta dei politici - ha raggiunto "vette proccupanti" in molte parti della Federazio-
ne, il Cremlino ha pensato ha pensato di rispolverare le vytrezviteli, letteralmente  "stazioni di disin-
tossicazione". Create in epoca zarista e diventate tristemente rinomate sotto Stalin, queste celle dove
gli ubriachi prelevati dalle strade venivano rinchiusi finchè non smaltivano la sbornia erano state abo-
lite dieci anni fa. Ma per i deputati della Duma che hanno caldeggiato la legge siglata a fine anno da
Vladimir Putin ed entrata in vigore il primo gennaio, i "rifugi per ubriachi" sono l'ultima arma  nella
lotta all'alcolismo. Circa 50mila russi continuano a morire ogni anno per il troppo bere, fino a 10mi-
la per ipotermia dopo essersi accasciati all'aperto per la sbronza. E, se è vero che durante il ventennio
di Putin al potere il consumo di alcol è crollato del 40 percento, il 2020 ha visto le vendite di vodka
aumentare del 65 percento durante il lockdown.
La prima vytrezvitel  fu aperta  nel novembre 1902 a Tula, a sud di Mosca.  Finanziata  dalla città  e 
equipaggiata da uno staff di paramedici, aveva l'obiettivo di soccorrere i lavoratori congelati per stra-
da e ridurne la mortalità. Pochi anni dopo, istituzioni simili erano sorte in quasi tutte le province del-
l'Impero russo, ma vennero chiuse dopo la Rivoluzione. nell'Unipne sovietica la prima "stazione per
smaltire la sbornia" apparve nel 1931. Ma sotto Stalin questi rifugi divennero ben presto uno dei tan-
ti mezzi di repressione. Con ordinanza del Commissario del popolo degli affari interni dell'Urss La-
vrentij Beria del 1940, i centri medici per la sobrietà furono subordinati alla famigerata Nkvd, la po-
lizia politica segreta responsabile delle purghe.  Nel 1974  ci passò una notte  pure il dissidente An-
drej Sakharov. E non perchè avesse alzato il gomito, ma perchè aveva avuto l'ardire di partecipare
a una manifestazione.  -  Le stazioni sovietiche fornivano solo due "servizi": una doccia fredda e un letto. Ma costavano quanto una notte in un buon hotel. I detenuti venivano svestiti (perchè, sostene-
vano i medici, "un uomo nudo è più sottomesso"), rianimati con acqua ghiacciata e lasciati a dormi-
re. I più violenti venivano legati alle brandine e talora picchiati.  Il cittadino  veniva  dimesso  solo
smaltita la sbornia, di regola non prima delle 5 del mattino. Una notifica veniva inviata al datore di
lavoro che poteva costare una censura o il licenziamento.
Negli anni di Breznev, l'epoca della zastoj, stagnazione, che i sovietici ribattezzarono zastolje, cioè
sbronza, le stazioni erano così parte del "folclore urbano" da essere circondate da un'aura di roman-
ticismo. Ne cantava Vladimir Vysotskij e Georgij Danelija le ricordava nel film Afonja e Maratona
di autunno.  Ogni anno tra 2,5 e 5 milioni di cittadini finivano in un centro per la sobrietà. Nel 1990
se ne contavano più di 1.200.  Crollata l'Urss, il loro numero si dimezzò. Finchè nel 2011 l'allora presidente Dmitrij Medvedev non ne decretò l'abolizione: dagli Interni, l'assistenza agli ubriachi sa-
rebbe dovuta passare alla Sanità. In pochi anni, di fronte alla congestione degli ospedali, le autorità
di una ventina di regioni sono tornate alla pratica collaudata delle stazioni per ubriachi: più simili a ospedali che a carceri, niente sbarre alle finestre nè lucchetti alle porte e pernottamenti gratis. Men-
tre lo Stato ha ripreso  a discuterne. E nel 2018 le ha persino riesumate nelle undici città che ospita-
vano i Mondiali di calcio. -   Ora, in base alla nuova legge, il sistema  si baserà  su un partenariato
pubblico-privato e i "pazienti" dovranno pagare. La tariffa  sarà definita su base regionale, ma do-
vrebbe aggirarsi tra i 1.500 e i 2mila rubli a notte, circa 16-22 euro. Gli agenti di polizia potranno prelevare dalla strada gli ubriachi "incapaci di muoversi o orientarsi" anche senza il loro consenso.
"Il principale vantaggio è che nessuno congela", sostiene il primario della clinica "Nezavisimost 24"
Aleksej Kazantsev. Ma non mancano i dubbi.  Molti  ricordano i casi di percosse, fino alla morte, e 
di saccheggio che avvenivano nelle istituzioni prima della loro abolizione. Nel 2010 un giornalista
venne ucciso a Tomsk dopo essere stato picchiato da un agente di polizia. Un anno prima un caso
simile si verificò a Perm, mentre ad Arzamas una donna fu violentata.  "Sappiamo che cosa è suc-
cesso lì, quali violazioni dei diritti sono state commesse", ricorda la narcologa Ljubov Shishenko-
va. Pur condividendo le perplessità, per Lev Levinson, capo del Programma  di politiche anti-droga
dell'Istituto dei diritti umani, si tratta di "un servizio necessario".  Più pessimista lo psichiatra Pjotr
Kamenchenko che, all'inizio della sua carriera di medico negli anni '80, si trovò a prestare servizio
 in un vytrezvitek: "Temo che tutto andrà secondo la formula 'Volevamo il meglio, ma è andata co-
me sempre' ". Come il vecchio che è stato ben dimenticato.

Lucianone