sabato 14 maggio 2016

Spettacoli / cinema - "La sposa bambina" della regista yemenita Khadija al Salami

14 maggio '16 - sabato               14th May / Saturday                           visione post - 15

Nel primo film diretto da una donna yemenita
la vicenda di una ragazza simbolo di resistenza

(da la Repubblica - 6 maggio '16 - Visti da Natalia / Natalia Aspesi)
Non è difficile vendere una bambina come sposa a un uomo adulto e spesso vecchio.
Basta un sensale, due testimoni, il padre, tutti uomini seduti per terra, a decidere la
dote che lo sposo dovrà dare in cambio (una mucca, o due capre o altro).  E Nijood,
10 anni, deve lasciare la famiglia, seguire uno sconosciuto, non riuscire a ribellarsi
allo stupro feroce, diventare una schiava.    In Sudan è peggio, ma nelle campagne 
dello Yemen succede ancora così: una sposa su sette ha meno di 15 anni, e nessuna 
legge pone un limite d'età ai matrimonio.
La sposa bambina, primo film diretto da una donna yemenita, la documentarista
Khadija al-Salami, costato 80 mila dollari, girato clandestinamente  nello Yemen
("Un incubo!")  con una troupe egiziana  non esistendone  una locale, ha vinto il
premio per il miglior film  al Festival di Dubai 2014, viene dato in anteprima ita-
liana al Festival dei Diritti di Milano ed esce nei nostri cinema il 12 maggio. Ci sono
due ragioni per vederlo: il meraviglioso infinito, vuoto, e attualmente irraggiungibi-
le paesaggio rupestre, e la bambinoa Nijood, una piccolina avvolta nei veli neri, i lu-
centi occhi scuri, il chiaro viso aggrottato nel dolore  e  nella cocciuta  e  coraggiosa  
decisione di riprendersi la vita, la bambola rosa che canta, i giochi con gli altri bam-
bini.  Nijood nasce e cresce in una famiglia contadina, è una bambina felice, amata,
solare, che dve lasciare la tribù e scendere a Sana'a, quella ex capitale che nei servi-
zi fotografici appare sontuosa e che nel film si vede deturpata dal traffico, dalla pol-
vere, dal rumore.
Nijood è l'unico tesoro della famiglia ormai poverissima, e quindi è necessario venderla
a uno sposo. Ma la bambina si rivela una mogliettina insopportabile, piange, fa dispera-
re la suocera che ha constatato felice  la sua deflorazione  dopo una notte  di ribellione,
minaccia il suicidio e quasi lo mette in pratica.  Il marito la riporta al padre, perchè  la
domi: ma lei riesce a scappare e a farsi portare da un taxi in tribunale. Imbarazza il gio-
vane magistrato chiedendogli il divorzio, lui in città non ha mai visto una bambina spo-
sata, ancor meno una che vuole divorziare. Come giudice non ha che la legge, che però
non contempla  un caso simile:  gli accusati, il padre e il marito, come difesa  hanno la
Sharia, le tradizioni secolari della loro gente, il non sapere nè leggere nè scrivere, l'asso-
luta buona fede. La legge non può che affidare la decisione al potere assoluto del grasso
sceicco della tribù.  -  Il film nasce ovviamente da una storia vera, in parte da quella del-
la stessa regista, che pur essendo di buona famiglia fu fatta sposare a 11 anni ma riuscì
poi ad andare a studiare negli Usa e adesso vive a Parigi.
Concentrato in una storia drammatica privata, il film non accenna neppure alla guerra
che sta distruggendo  lo Yemen, malgrado le continue tregue, c'è una rivoluzione civile
combattuta contro il governo dai ribelli Houti delle tribù sciite, che hanno occupato Sa-
na'a, e dal recente arrivo dell'Is e di Al Qaeda.  E anche  dalla guerra  sferrata  da una
coalizione guidata dall'Arabia Saudita, con le armi fornite dall'Occidente. Sotto i bom-
bardamenti, la popolazione, i bambini, muoiono a migliaia, non solo quindi come la pic-
cola sposa yemenita Rawan, 8 anni, diventata famosa per essere morta la notte di nozze
per emorragia interna.



Durante la Primavera araba, furono raccolte un milione di firme per una nuova
costituzione, ma la guerra ha distrutto ogni tentativo di cambiamento, i bambini
muoiono a centinaia sotto le bombe , le case sono distrutte, manca ovunque l'acqua
e il cibo. Il destino delle spose bambine ormai non è più una priorità.
Khadija al-Salami racconta come la vita della vera Nijood sia stata diversa da quella
nel film. Diventata famosa, coccolata dalle donne occidentali, da Nicole Kidman e da
Hillary Clinton, sia stata eletta  tra le donne dell'anno  da una rivista americana, ab- 
bia scritto  la sua storia  con la scrittrice francese  Delphine Minoui (Io, Nojoud, 10 
anni, divorziata) pubblicata in Francia nel 2009, e il padre per suo diritto le requisì
tutto il guadagno. Poi ha abbandonato gli studi che erano pagati da altri e la casa re-
galata dall'editore del libro, e si è sposata a 18 anni con il figlio di uno sceicco. L'in-
cantevole bambina del film è nipote del regista.   L'assurdità è che la sua deliziosa
voce, le voci di quei pastori di un altro mondo per noi incomprensibile  siano stati
doppiati, togliendo loro verità e realtà.

Lucianone

Intervista - Il giornalista Can Dundar sulla censura nella Turchia di Erdogan

14 maggio '16 - sabato               14th May / Saturday                             visione post - 6

(da la Repubblica - 27/02/'16 - L'Intervista / di Marco Ansaldo)
"Quale sarà il titolo della nostra prima pagina? Naturalmente 'Grazie, signor Presidente'.
Grazie per l'aiuto che ci ha dato mettendoci in prigione e portando il caso del passaggio se-
greto di armi dalla Turchia alla Siria sotto gli occhi dell'opinione pubblica mondiale".
Ride ora Can Dundar, il direttore del quotidiano Cumhuriyet, libero dopo 92 giorni in cella
passati insieme al capo della redazione di Ankara, Erdem Gul.  E l'ironia del titolo  sul suo
giornale brucia tremendamente a Tayyp Erdogan, che si è visto sorpassare da una decisione
della Corte Costituzionale: la detenzione dei due giornalisti viola i "diritti individuali, la li-
bertà di espressione e di stampa". La Presidenza della Repubblica schiuma di rabbia, se si leggono le parole del portavoce Ibrahim Kalin: "Questa decisione non è un'assoluzione. Il
caso resta aperto. La presidenza turca lo segue da vicino. Quando i Paesi occidentali pren-
dono misure in casi simili, vengono definite come parte della lotta al terrorismo. Distorsio-
ni dello stesso tipo non possono essere accattate in Turchia", ha concluso Kalin paragonan-
do òa vicenda a WikiLeaks e riferendosi ai casi fatti emergere da Julian Assange e Edward
Snowden). Adesso Ca Dundar è tornato al suo giornale, portato in trionfo da tutta la reda-
zione su un pullman che alle due dell'altra notte l'ha prelevato dal carcere alla periferia di Istanbul.
INIZIO INTERVISTA
"Grazie, grazie a voi di Repubblica che avete pubblicato il mio articolo dalla prigione e i
nostro appello alla libertà di stampa in Turchia".
M. Ansaldo - L'avrebbe fatta ogni giornalista. Come ha saputo la notizia del vostro
 rilascio?
"Ci siamo trovati fuori. E ieri era il deserto, oggi il paradiso. Per me è cambiato il mondo.
Ogni cosa ora ha un colore. E la libertà è come l'acqua quando hai sete".
M. Ansaldo - Come ha speso questo periodo dentro?
"Scrivendo. Articoli per la stampa internazionale e un libro sui miei giorni nella prigione
di Silivri. Poi ho letto molto". 
M. Ansaldo - Che cosa?
"Tutto quello che avevo saltato prima (ride ancora, ndr): il Don Chisciotte di Cervantes,,
libri di autori che hanno fatto la galera, scrittori turchi".
M. - La reazione della Presidenza della Repubblica non è stata esattamente positiva.
Si parla di contrasti interni nel partito al potere, fra Erdogan e il suo predecessore
Abdullah Gul. A lei che pare?
"Forse è andata così. E comunque è Erdogan ad averci messo dentro. Poi oggi è il suo
compleanno. Siamo felici di festeggiarlo con questa decisione, con un regalo per lui. Il
suo portavoce ci ha paragonato ad Assange, però non è corretto: il fondatore di Wiki-
Leaks non è un giornalista. Noi invece abbiamo l'obbligo di fare il nostro mestiere".
M. Ansaldo - Dunque ripubblicherebbe lo scoop che ha rivelato il traffico di armi
dalla Turchia alla Siria su camion protetti dai sevizi segreti turchi, e che vi è costa-
to il carcere?
"Abbiamo seguito molto quella storia, ma ci siamo dovuti fermare.   Quel servizio ha
mostrato il coinvolgimento del nostro Paese nella guerra in Siria. Ora sappiamo quan-
to questa trama sia importante".
M. Ansaldo - Come vede la situazione della stampa da voi?
"Per la maggior parte non è libera. Ha grosse difficoltà di carattere politico ed economico.
Dunque, per me, provare la solidarietà dei media collocati all'opposizione è stato confor-
tante. E l'appoggio  della stampa mondiale  è stato sorprendente, questo il governo turco 
non lo ha potuto arginare. Così Erdogan ci ha fatto diventare degli eroi. Davvero grazie,
signor Presidente".

Lucianone