sabato 10 settembre 2016

IDEE - Su perdita e recupero della memoria

10 settembre '16 - sabato              10th September / Saturday                visione post - 20


(da 'la Repubblica' - 1 giugno '16 -  Marino Niola)
LA DELOCALIZZAZIONE DELLA MEMORIA
L'uomo digitale sta perdendo la memoria. Gli apocalittici lo danno per certo. Ma non è
così.  Le loro fosche previsioni non tengono conto della capacità adattativa degli esseri u-
mani, perchè di ogni grande trasformazione colgono solo ciò che si perde  e  non vedono
ciò che si guadagna. In realtà, nella civiltà 2.0 ciascuno di noi ha a disposizione quote di
memoria che non hanno precedenti nella storia. Ci portiamo un'intera biblioteca di Ales-
sandria nello smartphone. E i big data sono ormai una miniera di informazioni disponi-
bili h24. Niente buchi, niente annebbiamenti, niente amnesie.
In verità il partito del bicchiere mezzo vuoto ha avuto anche esponenti illustri, in primis
Platon, convinto che l'invenzione della scrittura, mandando in pensione la memoria ora-
le, avesse reso tutti più smemorati. Ma si è visto che le cose sono andate diversamente. 
In effetti, allora come ora, siamo davanti  a una delocalizzazione  della memoria.  Che 
smette di essere una proprietà personale, un gioco di sinapsi individuali, per trasferir-
si su un supporto collettivo. In principio la tavoletta di cera o la pergamena, poi il libro,
oggi il disco rigido. -   Per capire davvero cosa ci sta succedendo  forse bisogna tornare 
all'origine della parola memoria. Che nelle lingue indoeuropee, compresa la nostra, ha
la stessa etimologia di amore, di cura e di sollecitudine. Insomma un insieme di testa e
di cuore, di cervello e di sentimento, di attenzione e di strategia. Memorizzare non è so-
lo una facoltà razionale, nè una semplice capacità di immagazzinare  e  di custodire in-
formazioni, ma un filtro emotivo, un motore di ricerca che conserva ed elabora ciò che
in un modo o nell'altro ci sta a cuore. Infatti la parola ricordo deriva dal latino cor-cordis
e significa custodire qualcuno o qualcosa nel cuore. E una ricordanza nel senso leopardia-
no del termine, un pensare per affetti e per effetti. Tant'è che il ricordo è selettivo. In cer-
ti casi vivido, netto e contrastato, in altri sgranato, annebbiato e sfuocato.  E  per  descri-
verlo si usa da sempre il lessico dei sensi. Visioni. odori, sapori. Tutto quel che costituisce
il nostro corredo di immagini interiori.-
La differenza è che oggi il ricordo si esternalizza sempre di più, proprio come l'economia. 
Perchè costa meno fatica archiviare quel che ci serve in un altrove tecnologico, in un cer-
vello remoto che entra in coppia con il nostro e lo potenzia.  Giorno per giorno immagaz-
ziniamo a futura memoria dati che potrebbero servirci in avvenire. Conserviamo enormi 
stock di ricordi che non siamo  necessariamente in grado di selezionare, classificare, pro-
cessare al momento, ma che potrebbero rivelarsi preziosi domani. E non è solo per questo 
che il nostro orizzonte digitale si addensa di cloud. Ma anche perchè, proprio come in eco-
nomia a volte esternalizzare  migliora  la qualità del servizio.  E archivi remoti, database, 
pen drive, sim, hard disk, hanno potenzialità e virtualità impensabili per una sola mente.
fosse anche quella prodigiosa di Pico della Mirandola. Ecco perchè ciascuno di noi da so-
lo non riesce ad avvicinarsi neanche di striscio al livello di quel cervellone, memorioso co-
me un personaggio di Borges. Ma in compenso, con la memoria aumentata è come se aves-
simo tante teste anzichè una sola. Tanti suggeritori nella buca   pronti a darci  l'imbeccata
quando serve.  Sono i nostri ghost reminder  che ci ripescano  dallo sprofondo delle nostre
amnesie. -     Insomma la memoria si è trasformata da Pico ai Pixel, che sono i nuovi stru-
menti del ricordo. Non ha caso anche loro hanno a che fare con l'immagine. Pixel deriva,
infatti, da picture element, letteralmente elemento di immagine. Come dire atomi di memo-
ria. Piccolissimi punti collegati gli uni agli altri da una rete di relazioni  che rendono l'im-
magine significativa. E quanti più sono, tanto maggiore è la potenza della rammemorazio-
ne. Che restituisce  il più piccolo dettaglio  consentendoci, al bisogno, di ingigantirlo. E di mettere a focus i ricordi.   A guardarla con il senno di poi, anche la vecchia memoria ave-
va i suoi pixel. Emozioni, sensazioni, odori, sapori, amori, umori, timori, rancori, fantasie,
nostalgie che mettevano in moto la macchina della rimembranza. Come la madeleine inzup-
pata nel tè di Proust, che disincaglia il ricordo dello scrittore dalle profondità del passato e
lo fa riaffiorare improvviso, come un pop up, alla superficie del presente.  Oggi le nostre.
madeleine si misurano in Ram. E noi cittadini digitali, proprio perchè siamo alle prese con
questo oceano d'informazioni, dati, conoscenze, curiosità, immagini, impossibili da padro-
neggiare, controllare, verificare, abbiamo costruito strumenti che lo fanno al nostro posto.
In fondo Google, Bing, Baidu, Wikipedia, Instagram, Napster  e  You-Tube sono diventati
la memoria collettiva di un mondo senza collettività.  Ciascuno vi accede individualmente e
ciascuno contribuisce personalmente alla crescita di questi giganteschi stock di saperi, di
nozioni, di notizie, di foto. Che sono e saranno sempre di più il cervello remoto dell'uma-
nità interinale.   -   Se la memoria, come diceva Cicerone, è la custode di ogni conoscenza, 
allora siamo decisamente nell'epoca della conoscenza on demand.  Passando dal "cogito 
ergo sum" al "digito ergo sim".

Lucianone