venerdì 1 luglio 2016

LAVORO / Aziende - La differenziazione fa bene

1 luglio '16 - venerdì                   1st July / Friday                      visione post - 22
              
Diversità di atà, sesso, nazionalità, genere:
le aziende scoprono che valorizzarla nei propri team fa bene al business

(da D laRepubblica - 27/02/'16 - di Gloria Riva)
Single, gay, etero e stranieri. Ikea ha un occhio di riguardo per tutti i dipendenti,
qualunque sia il loro status, sesso, inclinazione e nazionalità. E, per non fare torto
a nessuno, la multinazionale svedese s'è inventata il "diritto alla nonnità": chi di-
venta nonno può mollare il lavoro per starsene con il nipotino. Perchè, se quelli di
una volta potevano godersi la pensione, ai nonni di oggi tocca sgobbare fino a da-
ta da destinarsi, tant'è che per Ikea questa è diventata la nuova frontiera della di-
versità. - E' l'aging gap, la distanza siderale che c'è fra un ventenne nativo digita-
le e un sessantenne che da 25 anni fa il magazziniere. Parlano e pensano diversa-
mente, ma devono lavorare spalla a spalla.   "Valorizziamo questa ricchezza  af-
fiancando alle persone con esperienza i giovani, leader di domani, perchè i team
misti  sanno meglio comprendere i clienti. Così la diversità  diventa  una risorsa".
racconta Belèn Frau, amministratore  delegato  di Ikea Italia, 41enne, con figli di
7, 6 e 1 anno. "Mio marito è un santo, mi ha seguito dalla Spagna fin qui. Lavora 
da casa per un'azienda tedesca e si occupa dei bimbi", racconta lei, che ha ricevu-
to la prima promozione  quando aveva un pancione di otto mesi.  Ca va sans dire
anche questa è valorizzazione delle differenze.
Mentre il parlamento italiano discute ancora se legalizzare le unioni civili, al World
Economic Forum di Davos il premier canadese Justin Trudreau invocava "una -so-
cietà che riconosca la diversità come fonte di forza". Diversity e iniquità di genere
sono stati al centro dei dibattiti elvetici fra i leader delle multinazionali:  tutte pun-
tano a ridurre le disparità di opportunità sui luoghi di lavoro per aumentare la pro-
duttività. Lo dice la ricerca Diversity Inclusion di McKinsey: assumendo una perso-
na di differente etnia si ha il 35% di possibilità in più di ottenere ritorni finanziari
maggiori rispetto ai competitor, mentre l'equilibrio di genere fa aumentare il fattu-
rato del 15%. Lo studio prosegue argomentando che le società capaci di reclutare i
diversity talent godranno prima delle altre del loro prezioso contributo. Peccato che
per l'industria italiana siano solo belle parole Anche l'università Bocconi ha realiz-
zato un'indagine, su 250 medie e grandi imprese del paese, scoprendo che 3 società
su 10 non vogliono saperne di diversità: "Siamo fanalino di coda in Europa, il 21%
delle aziende ha messo in atto una qualche azione, contro il 48% della media euro-
pea. Da noi il tema è confuso e ci si limita a lanciare slogan" spiega Simona Cuomo,
docente di Leadership alla Bocconi.  - Per fortuna ci sono le multinazionali, che il
diversity management l'hanno imparato negli Usa e trapientato nelle filiali italiane.
"I dati dicono che, se non ci diamo una mossa, le donne avranno le stesse opportu-
nità degli uomini nel 2096, eppure si stima che il pink power potrebbe generare 37
mila miliardi di dollari di ricchezza in più. Perchè non si riesce ad accelerare?", si
domanda Costantina Tribou, vicepresidente  del dipartimento Risorse Umane  di 
Unilever Italia.  Oltre a una serie di benefit - sala mamme per allattare, nido, smart
working per pianificare l'integrazione fra carriera e vita famigliare  e  servizi di as-
sistenza per donne in gravidanza, utile a sbrigare faccende burocratiche e scegliere
il medico giusto, Unilever sta portando avanti  un progetto  dedicato a i partner in-
dustriali. "Il 40% dei nostri manager è donna. Ma se si trovassero a confrontarsi 
con fornitori o clienti maschi (e maschilisti) che non le prendono in considerazione,
allora la faccenda diventerebbe problematica. Abbiamo avviato un percorso di dif-
fusione della cultura dell'integrazione fra le società che lavorano con noi. I risulta-
ti sono positivi, dice Tribou, che si concentra sulla questione femminile perchè è an-
cora la donna l'elemento di diversità più difficile da digerire.
L'Unar, l'ufficio di Palazzo Chigi contro la discriminazione, racconta che nel 2015
il 68% delle vittime di emarginazione sul posto di lavoro sono donne. Spesso sono
messe in secondo piano non solo per il loro genere, ma perchè anziane, non bianche, 
disabili o malate. In proposito, la Bocconi ha realizzato un'altra indagine per capire
qual è, secondo i dipendenti, il profilo che l'imprenditore ricerca in loro. Risultato?
"Uomo, bianco, giovane e  in buona salute, rivela la professoressa Cuomo, che rac-
conta di tanti casi in cui giovani talentuosi e manager in carriera  sono passati  dal
piedistallo al sottoscala perchè è sopraggiunta la malattia.  "La disabilità è la forma
di integrazione più difficile da affrontare, perchè è quella meno accettata dai clienti.
Ma la gente ci conosce, sa che in H&M la diversità è un valore", dice Graziella Mo-
dica, responsabile delle risorse umane del colosso svedese, 
Continua... 
to be continued...

SOCIETA' / psicologia e individui - Tutti i modi per essere più felici

1 luglio '16 - venerdì                  1st July / Friday                          visione post - 32

Per essere del 40% più felice

H=S+C+V. Dove H sta per happiness, S per eredità genetica,
C rappresenta le circostanze e V i fattori sotto il nostro con-
trollo. E' la formula del buon vivere.  E la notizia è che, se-
condo ricerche  e  psicologi, il risultato, per quasi metà, è 
nelle nostre mani. 

(da D laRepubblica - 27 febbraio '16 - di Roselina Salemi)
Il 20 marzo, giornata internazionale della felicità voluta dall'Onu, potrebbe essere una buo-
na occasione per farci qualche domanda.  Abbiamo una buona vita?  Che voto le daremmo
da uno a dieci? La media degli italiani si promuove con una benevola sufficienza, ma il ve-
ro problema è dare un contenuto al termine happiness. Successo? Denaro? Salute? Celebri-
tà? Senza parametri certi, possiamo oscillare dalla filosofia spicciola di Philippe Delerme e
Dominique Loreau - la prima sorsata di birra, il profumo delle mele in cantina (se hai una
cantina), la raccolta delle more nei boschi, le chiacchiere attorno a un tavolo sgranando pi-
selli - alla verità semplificata nelle canzonette ("Felicità/è un cuscino di piume, l'acqua del 
fiume") che renderebbe Albano Carrisi il nostro guru.
Eppure deve esserci qualcosa di profondo anche nei proverbi e nei luoghi comuni, se il più
lungo studio mai condotto ad Harvard ci dice che il tasso d'amore conta più di quello del 
colesterolo, la qualità più della quantità. Solo chi ama ed è amato da mariti/mogli, genito-
ri, amici, fratelli, avrà una vita serena e probabilmente lunga.   La prova arriva dal Grant
Study, durato oltre 75 anni, che ha seguito 268 studenti universitari di Harvard delle clas-
si del 1942-44.  Concepito  nel 1938  dallo psichiatra Arlie Bock, lo studio prende il nome 
dallo sponsor, il magnate dei grandi magazzini W.T. Grant, convinto che la ricerca medi-
ca prestasse più attenzione ai malati che ai sani (idea non balzana che ha fatto nascere la
psicologia positiva). 

Continua... to be continued...

Istruzione / Università - Non più tesi copiate dal web

1 luglio '16 - venerdì                   1st July / Friday                          visione post - 33

Da Pavia a Roma sempre più atenei 
usano programmi capaci di scoprire
i brani presi di peso da testi altrui

ADDIO ALLA TESI COPIATA DAL WEB:
o r a   u n   s o f t w a r e   s m a s c h e r a   i  p l a g i

(da la Repubblica - 20 febbraio '16 - Luca De Vito)
Per molti studenti la tentazione è forte: da una parte c'è  l'infinità  di fonti digitalizzate
e disponibili in rete, dall'altra un semplice comando da eseguire sulla tastiera del com-
puter.   Ctr+c, ctr+v e il copia-incolla è fatto.  Ma per i furbetti  delle lauree plagiate  la
pacchia sembra essere finita. Perchè ormai le università hanno dalla loro software anti- copiatura, potenti strumenti nelle mani dei prof che nel giro di pochi minuti sono in gra-
do di stabilire se una tesi è copiata - anche solo in piccola parte - dalla rete o da altri te-
sti. Da Milano a Roma, passando per Bologna e Firenze gli atenei sono disposti a spende-
re soldi pur di riuscire a contrastare un fenomeno che, a detta degli stessi docenti, sem-
bra ormai un automatismo.  -  I software più usati dagli atenei italiani sono due: "Com-
pilatio", e "Turnitin" di un'americana. Funzionano allo stesso modo, ovvero confrontan-
do le tesi prodotte dagli studenti con i materiali presenti sul web e negli archivi a disposi-
zione degli atenei. Una caccia alle corrispondenze che i docenti possono fare in modo ra-
pido, semplicemente caricando sul programma i file che intendono analizzare. Gli ultimi
ad adottare questo sistema sono i professori dell'università di Pavia, dove da una settima-
na Compilatio è stato reso disponibile gratuitamente al corpo docente (per gli studenti è
a pagamento).  Allas Bocconi, invece, usano Turnitin da almeno quattro anni e adesso co- minciano ad apprezzarne i risultati.  "Le copiature sono diminuite - dice Marco Agliati, 
docente, docente del dipartimento di Accounting - anche perchè i ragazzi vengono infor-
mati da subito su quali sono le regole. Sanno che chi sbaglia viene punito.  Lo facciamo
perchè non vogliamo frustrare gli sforzi della maggioranza di studenti che sono corretti
e non cercano scorciatoie".  In Bocconi, l'impegno a non copiare è scritto nero su bianco
anche nel cosiddetto "honor code", il codice d'onore che ciascuno studente firma al mo-
mento dell'iscrizione.  Verificare l'autenticità delle tesi via software è semplic. Una volta
caricato il file, il programma restituisce valori percentuali che "quantificano" il grado
di scopiazzatura a seconda delle fonti.  Se i valori sono bassi m, la luce è verde o blu: è
il segnale che non c'è da preoccuparsi.  Se il numero di similitudini aumenta, allora la 
luce diventa arancione, rossa quando il sospetto si trasforma in certezza. Una verifica
del docente però è sempre necessaria: a seconda delle materie e del tipo di tesi, infatti, 
ci possono essere gradi di tolleranaza diversi. Ad esempio, in un elaborato di matema-
tica sarà normale trovacome comportarsi, un gran numero di formule che corrispon-
dono anche in altri testi.  -  Quando la copiatura viene scoperta, ciascun docente deci-
de come comportarsi.  C'è chi usa il pugno duro, come Cristina Molinari, docente di 
economia alla Ca' Foscari, che mette in guardia gli studenti intenzionati a chiederle 
la tesi: "Nel caso il software evidenzi percentuali che indichino chiaramente la mala-
fede, il rapporto di collaborazione sarà immediatamente interrotto e gli studenti do-
vranno trovarsi un altro relatore".  Ma c'è anche chi vede l'uso di questi programmi
come uno strumento educativo: "Imparare a scrivere su temi ben definiti senza pla-
giare pensieri ed espressioni altrui è uno scopo essenziale cui dovrebbe tendere il no-
tro impegno didattico  -  dice Piero Cavaleri, direttore della Biblioteca della Liuc di
Castellanza  -  Vogliamo aiutare gli studenti a utilizzare i testi come supporto per la
dimostrazione e non come oggetto di copiatura o parafrasi".

Lucianone