9 agosto '18 - giovedì 9th August / Thursday visione post - 21
Donne che allattano, ragazzini, vecchi analfabeti. Su una nave,
più di cento anni fa, che portava gli italiani in America
(Espresso, 24 giugno 2018 . Dentro e fuori / Bernardo Valli)
EMIGRARE SENZA SCARPE
Dedico questa rubrica a Edmondo De Amicis. Cedo largo spazio a brani di un libro,
spacciato per romanzo, ma in realtà racconto di viaggio, che centotrent'anni dopo la
prima pubblicazione ridiventa d'attualità. E a ridargliela sono i migranti. Al posto
degli extracomunitari d'oggi che angosciano molti governi e non abbastanza coscien-
ze ci sono cittadini dell'Italia da poco unita che ha appena recuperato con orgoglio
Roma come capitale. De Amicis ha trentotto anni nel 1884, quando si imbarca sul
piroscafo "Nord America" diretto in Argentina. E a bordo ci sono millecinquecento
emigranti provenienti da tante contrade della penisola. In "Sull'Oceano" (del qua-
le Garzanti è l'ultimo editore e www.liberliber.it il primo editore elettronico) De Ami-
cis li descrive già nel porto di partenza.
"La maggior parte, avendo passato una o due notti all'aria aperta, accucciati come
cani, per le starde di Genova, erano stanchi e pieni di sonno. Operai, contadini, don-
ne con bambini alla mammella, , ragazzetti che avevano ancora attaccata al petto la
piastrina di latta dell'asilo infantile passavano portando quasi tutti sacche e valigie
di ogni forma alla mano o sul capo, e il numero della cuccetta stretto fra le labbra.
Delle donne che avevano un bambino da ciascuna mano, reggevano i loro grossi fa-
gotti coi denti; delle vecchie contadine in zoccoli, alzando la gonnella per non inciam-
pare nelle traversine del ponte, mostravano le gambe nude e stecchite; molti erano
scalzi e portavano le scarpe appese al collo".
Quasi un secolo e mezzo dopo, basta 2cambiare le origini, la nazionalità dei migranti.
Anche allora affondavano le navi nell'Atlantico. I clandestini non mancavano, ma non
rappresentavano un fenomeno di massa. Capitava che gli organizzatori dei viaggi sbar-
cassero i migranti sulle coste tunisine facendo credere che fossero quelle americane.
Anche allora c'erano gli scafisti bricconi, non c'erano invece i soccorritori delle Ong.
Leggendo il De Amicis del 1884 ritrovi non pochi tratti della cronaca d'oggi.
Ce n'eran di quelli, scrive, che non avevano più mangiato un pezzo di carne da anni,
che non avevano mai posato le ossa sopra un letto, pur avendo lavorato da anni con
l'arco della schiena. Arrivavano in America con due scudi in tasca, e ogni giorno
mettevano da parte in un sacco un poco di galletta, per avere qualcosa da rodere una
volta arrivati a terra, e non dover chiedere l'elemosina, nel caso non avessero trovato
subito un lavoro. Temendo che gliele rubassero, alcuni tenevano legate intorno ai pie-
di con lo spago le scarpe in pezza, e di notte le mettevano sotto la testa.
Nei ventidue giorni di navigazione, Edmondo De Amicis ha provato un senso di umi-
liazione davanti ai passeggeri stranieri, che come lui vivevano nel lusso della prima
classe. I loro giudizi pieni di compassione per gli italiani accalcati nelle stive, le loro
esclamazioni di stupore nel vedere europei in quelle condizioni, gli suonavano come
ingiurie. All'arrivo in America, durante i controlli sanitari, gli emigranti sfilavano
lentamente sul ponte della nave, e lui, De Amicis, ebbe l'impressione di assistere a
una processione triste. La numerazione della folla "come di un armento del quale
non importava a nessuno conoscere i nomi", gli fece pensare che tutta quella gente
fosse contata per essere venduta, e che non sfilassero cittadini di uno Stato europeo,
ma vittime di una razzia di ladri di carne umana compiuta su una spiaggia d'Africa
o d'Asia.
"Molti erano puliti e vestiti dei panni migliori, che avevano tenuto in serbo per quel
giorno, per l'arrivo in America, altri erano più cenciosi che alla partenza, imbratta-
ti di tutto il sudiciume raccattato strusciandosi per tre settimane in tutti gli angoli
del bastimento. Avevano le barbe lunghe, il collo nudo, le dita dei piedi fuori dalle
scarpe, più d'uno si teneva la giacchetta senza bottoni, per nascondere il petto villo-
so. Vecchi inarcati, ragazze e ragazzi di vent'anni, operai col camiciotto di lavoro, pa-
stori con lunghe capigliature, contadini caòlabresi e donne brianzole con le raggere di
spille nelle tyrecce avanzavano lentamente, l'uno mettendo il piede sull'orma dell'altro,
come comparse su un palcoscenico, in uno spettacolo rappresentante la fuga di un po-
polo". Le comparse non sono più le stesse.
Lucianone
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giovedì 9 agosto 2018
Personaggi - Emiliano Sisto, Il collezionista del '68
9 agosto '18 - giovedì 9th August / Thursday visione post - 24
(da la Repubblica - 6 agosto '18 - Brunella Giovara / Milano)
Cos'è stato il '68? Mah, chi può dirlo davvero. I documenti lo possono spiegare bene. a
saperli leggere, e intanto ci vuole qualcuno che li raccolga, come sta facendo Emiliano
Sisto, 44 anni, uno che non c'era ma ha la passione di raccattare e catalogare volantini
e manifesti, libri e opuscoli, e persino dischi, tipo Gli Sfruttati e Padroni ci volete spa-
ventare, "due canzoni sindacali di Franco Rusnati" edite da "I dischi del Sole", il coro
era degli operai della Breda di Sesto San Giovanni, e chissà se qualcuno ne ha altri in
cantina. Se qualcuno ne ha, e francamente non sa più che farsene, potrebbe contatta-
re Sisto, che da un anno ha messo su una pagina Facebook che si chiama Lunga Rab-
bia e lì ha cominciato a pubblicare tutto quello che negli anni ha comprato, o trovato,
o avuto in regalo, come "la cassa di documenti che mi è arrivata da Napoli, era roba
del capo ufficio propaganda del coordinamento dei comitati di lotta operaia, tra Na-
poli, 67 fino al 1973Secondigliano e dintorni, dal '67 fino al 1973, un pezzo di storia".
Il suo è un archivio privato - 10mila pezzi circa - tra politica e controcultura, conservato
in uno studio che si affaccia sul soggiorno di casa, dove una moglie paziente sopporta
un leggero odore di muffa, tutta roba che arriva da cantine e robivecchi, o librerie anti-
quarie che di colpo si trovano davanti anzichè una cinquecentina, un libretto che si in-
titola Eni - Petrolio e lotta di classe, a cura "del collettivo Eni". Che farsene? E poi:
quanto può valere? Sisto può dare un suo parere, forte della esperienza che si è fatta
negli anni, studiando molto e rubando molto tempo al lavoro . settore finanza - ma da
quando ha aperto la pagina Facebook è stato tutto un "ti mando delle cose, non so più
che farmene", oppure "che peccato, mio figlio ha appena buttato via tutto".
Venticinquemilacinquecento followers, non è poca roba, uno scrive "non ho mai condi-
viso le idee, ma è un'autentica pagina di storia, mi riporta indietro nel tempo, in quella
Milano che nei filmati oggi si vede solo in bianco e nero, ma noi giovani di allora la sa-
pevamo dipingere con i nostri ideali, le nostre diversità, e quella voglia di vivere che
nella generazione di oggi stento a trovare". - Non c'è solo Milano, naturalmente. Nei
volantini, fogli sparsi, ciclostilati, numeri unici, giornali e riviste (tutta Lotta Continua,
tutto Re Nudo, e anche A/traverso, la rivista dell'ala creativa dell'autonomia bologne-
se) e foto sono rappresentati i movimenti di contestazione della sinistra rivoluzionaria
dal 1965 al 1980, "ossia il lungo '68 italiano". Un "flash sugli anni 70", scrive una let-
trice, si presukme ragazza in quegli stessi anni di lotte e occupazioni, scioperi e mani-
festazioni, cortei, arresti e voglia di esserci - quando la parola impegno non era casua-
le - di partecipare, "cosa che purtroppo oggi non vedo più succedere", dice Sisto. Lui
non c'era, essendo nato nel '73, ma figlio di un "papà che ha fatto il '68 a Pisa nel mo-
vimento studentesco, poi entrato nel gruppo Fiat, dirigente della Magneti Marelli a
Sesto San Giovanni", uno che raccontava cose interessanti, da lì è nata la passione
per un'epoca "secondo me poco studiata e con molte ricostruzioni ideologiche".
Non sono uno storico e nemmeno un archivista, ma ho capito che nella storia d'Italia
c'è una specie di buco, ad un certo punto si passa dalla Seconda Guerra Mondiale al-
l'oggi , e sembra che di quegli anni non si voglia parlare". Delle carte di allora, essen-
do Internet ancora lontano, "molto è andato distrutto, o semplicemente perso. Qual-
cosa salta fuori nei mercatini delle pulci o dalle cantine sgomberate", dove talvolta
affiora anche molto altro, non solo ricordi del tempo che fu. "Molto arriva da ex mi-
litanti, una signora del movimento studentesco di Scienze e Chimica di Palermo mi
ha mandato documenti sulle richieste degli studenti, anni '68- 69', le matrici origina-
li per il ciclostile". Da Cinisi sono arrivati i volantini che Democrazia Proletaria
stampò per la morte di Peppino Impastato, era il 1978. Molte foto, come quelle di Di-
no Fracchia al Parco Lambro, alcune addirittura a colori, molte dell'archivio Farabo-
la, si vedono i funerali delle vittime di Piazza Fontana, davanti al Duomo tutto nero
di gente in piedi. E il funerale del commissario Calabresi, il furgone che passa per via
Fatebenefratelli tra altrettanta gente, muta. Ci sono le immagini di Dario Bellini, i di-
sordini a Campo de' Fiori lo stesso giorno in cui morì Giorgiana Masi. Scatti mai vi-
sti, spesso, foto degli scontri di via De Amicis a Milano, ragazzi che corrono, striscio-
ni: "Il goverso che licensia e uccide", "Siamo noi donne che dobbiamo gestire il no-
stro corpo", "La casa è un diritto", e poi un tizio con un elegante loden che vende
Senza tregua.
Poi, c'è il terrorismo. Sisto custodisce pezzi rari, come Nuova Resistenza, due soli
numeri, aprile e maggio 1971. Nella redazione ci sono Franceschini, Curcio, Cagol,
il guppo fondante delle Brigate rosse (pezzi trovati in un mercatino di Milano). "Mi
affascina sapere e capire perchè persone normali, e anche intelligenti, finirono per
prendere le armi", dice lui, che ha una curiosità solo storica, e la capacità di stuoir-
si ancora, nonostante i molti libri studiati. "Il mio obiettivo è preservare questo ma-
teriale dalla distruzione, utilizzarlo per divulgarlo, per farne cultura", e chissà che
non ci riesca davvero.
Lucianone
(da la Repubblica - 6 agosto '18 - Brunella Giovara / Milano)
Cos'è stato il '68? Mah, chi può dirlo davvero. I documenti lo possono spiegare bene. a
saperli leggere, e intanto ci vuole qualcuno che li raccolga, come sta facendo Emiliano
Sisto, 44 anni, uno che non c'era ma ha la passione di raccattare e catalogare volantini
e manifesti, libri e opuscoli, e persino dischi, tipo Gli Sfruttati e Padroni ci volete spa-
ventare, "due canzoni sindacali di Franco Rusnati" edite da "I dischi del Sole", il coro
era degli operai della Breda di Sesto San Giovanni, e chissà se qualcuno ne ha altri in
cantina. Se qualcuno ne ha, e francamente non sa più che farsene, potrebbe contatta-
re Sisto, che da un anno ha messo su una pagina Facebook che si chiama Lunga Rab-
bia e lì ha cominciato a pubblicare tutto quello che negli anni ha comprato, o trovato,
o avuto in regalo, come "la cassa di documenti che mi è arrivata da Napoli, era roba
del capo ufficio propaganda del coordinamento dei comitati di lotta operaia, tra Na-
poli, 67 fino al 1973Secondigliano e dintorni, dal '67 fino al 1973, un pezzo di storia".
Il suo è un archivio privato - 10mila pezzi circa - tra politica e controcultura, conservato
in uno studio che si affaccia sul soggiorno di casa, dove una moglie paziente sopporta
un leggero odore di muffa, tutta roba che arriva da cantine e robivecchi, o librerie anti-
quarie che di colpo si trovano davanti anzichè una cinquecentina, un libretto che si in-
titola Eni - Petrolio e lotta di classe, a cura "del collettivo Eni". Che farsene? E poi:
quanto può valere? Sisto può dare un suo parere, forte della esperienza che si è fatta
negli anni, studiando molto e rubando molto tempo al lavoro . settore finanza - ma da
quando ha aperto la pagina Facebook è stato tutto un "ti mando delle cose, non so più
che farmene", oppure "che peccato, mio figlio ha appena buttato via tutto".
Venticinquemilacinquecento followers, non è poca roba, uno scrive "non ho mai condi-
viso le idee, ma è un'autentica pagina di storia, mi riporta indietro nel tempo, in quella
Milano che nei filmati oggi si vede solo in bianco e nero, ma noi giovani di allora la sa-
pevamo dipingere con i nostri ideali, le nostre diversità, e quella voglia di vivere che
nella generazione di oggi stento a trovare". - Non c'è solo Milano, naturalmente. Nei
volantini, fogli sparsi, ciclostilati, numeri unici, giornali e riviste (tutta Lotta Continua,
tutto Re Nudo, e anche A/traverso, la rivista dell'ala creativa dell'autonomia bologne-
se) e foto sono rappresentati i movimenti di contestazione della sinistra rivoluzionaria
dal 1965 al 1980, "ossia il lungo '68 italiano". Un "flash sugli anni 70", scrive una let-
trice, si presukme ragazza in quegli stessi anni di lotte e occupazioni, scioperi e mani-
festazioni, cortei, arresti e voglia di esserci - quando la parola impegno non era casua-
le - di partecipare, "cosa che purtroppo oggi non vedo più succedere", dice Sisto. Lui
non c'era, essendo nato nel '73, ma figlio di un "papà che ha fatto il '68 a Pisa nel mo-
vimento studentesco, poi entrato nel gruppo Fiat, dirigente della Magneti Marelli a
Sesto San Giovanni", uno che raccontava cose interessanti, da lì è nata la passione
per un'epoca "secondo me poco studiata e con molte ricostruzioni ideologiche".
Non sono uno storico e nemmeno un archivista, ma ho capito che nella storia d'Italia
c'è una specie di buco, ad un certo punto si passa dalla Seconda Guerra Mondiale al-
l'oggi , e sembra che di quegli anni non si voglia parlare". Delle carte di allora, essen-
do Internet ancora lontano, "molto è andato distrutto, o semplicemente perso. Qual-
cosa salta fuori nei mercatini delle pulci o dalle cantine sgomberate", dove talvolta
affiora anche molto altro, non solo ricordi del tempo che fu. "Molto arriva da ex mi-
litanti, una signora del movimento studentesco di Scienze e Chimica di Palermo mi
ha mandato documenti sulle richieste degli studenti, anni '68- 69', le matrici origina-
li per il ciclostile". Da Cinisi sono arrivati i volantini che Democrazia Proletaria
stampò per la morte di Peppino Impastato, era il 1978. Molte foto, come quelle di Di-
no Fracchia al Parco Lambro, alcune addirittura a colori, molte dell'archivio Farabo-
la, si vedono i funerali delle vittime di Piazza Fontana, davanti al Duomo tutto nero
di gente in piedi. E il funerale del commissario Calabresi, il furgone che passa per via
Fatebenefratelli tra altrettanta gente, muta. Ci sono le immagini di Dario Bellini, i di-
sordini a Campo de' Fiori lo stesso giorno in cui morì Giorgiana Masi. Scatti mai vi-
sti, spesso, foto degli scontri di via De Amicis a Milano, ragazzi che corrono, striscio-
ni: "Il goverso che licensia e uccide", "Siamo noi donne che dobbiamo gestire il no-
stro corpo", "La casa è un diritto", e poi un tizio con un elegante loden che vende
Senza tregua.
Poi, c'è il terrorismo. Sisto custodisce pezzi rari, come Nuova Resistenza, due soli
numeri, aprile e maggio 1971. Nella redazione ci sono Franceschini, Curcio, Cagol,
il guppo fondante delle Brigate rosse (pezzi trovati in un mercatino di Milano). "Mi
affascina sapere e capire perchè persone normali, e anche intelligenti, finirono per
prendere le armi", dice lui, che ha una curiosità solo storica, e la capacità di stuoir-
si ancora, nonostante i molti libri studiati. "Il mio obiettivo è preservare questo ma-
teriale dalla distruzione, utilizzarlo per divulgarlo, per farne cultura", e chissà che
non ci riesca davvero.
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