domenica 2 giugno 2013

Musica / intervista - Perchè Springsteen è il migliore

2 giugno '13 - domenica           2nd June - Sunday                         visioni post - 12

Jon Landau: "Vi svelo perchè Springsteen
 è il migliore"

(da la Repubblica / R2SPETTACOLI  - 23/05/2013 - Gino Castaldo da Oslo)

Il 22 maggio del 1974 Jon Landau, allora un quotato giornalista musicale, dopo
aver visto un concerto di Bruce Springsteen scrisse su un giornale di Boston una
frase che avrebbe fatto epoca: "Ho visto il futuro del rock'n'roll".
Oltre a quello del rock Landau vide anche il suo di futuro. perchè da quel momento
lui e il Boss non si sono mai più separati.  "Ero un giornalista, ma avevo voglia di 
produrre dischi, volevo essere come Phil Spector. E tutto cambiò quando mi chiamò
Bruce. Imparammo a conoscerci, diventammo amici e lui mi chiese dei consigli per-
chè aveva molte difficoltà con l'album che stava realizzando, che era Born to run.
Da allora sono stato sempre al suo fianco, come coproduttore, manager, consigliere".
Landau torna in Italia insieme a Springsteen  per un breve tour  che parte stasera
(23 maggio) in piazza del Plebiscito a Napoli, praticamente un debutto perchè mai
il rocker americano nella sua lunga carriera si è esibito nella piazza di una città.
La tournèe italiana proseguirà poi a Padova (stadio Euganeo) il 31 maggio, a Mi-
lano (stadio Meazza) il 3 giugno per poi tornare a Roma (all'Ippodromo delle Ca-
pannelle) l'11 luglio.

INTERVISTA
G. Castaldo  - "Si potrebbe dire che sia diventato il suo angelo custode, l'alter ego 
creativo e organizzativo, di cui Springsteen si fida ciecamente. Si è mai pentito di
questa scelta?".
J. Landau - "Mai, neanche una volta. Siamo profondamente amici. Che dire? Bruce
è il migliore con cui si possa lavorare. Non si ferma mai.  Spinge sempre avanti.  Fa 
cose che gli altri non fanno. E' sempre in crescita, e in costante cambiamento".
G. Castaldo - "Springsteen ha detto che i suoi concerti, la band, i tour, sono come la
sua seconda casa. E' così anche per lei?".
J. Landau - "Abbiamo creato intorno anoi una situazione familiare,. lavoriamo solo
con gente che ci piace e questo col tempo dà la sensazione di una famiglia. Se uno fa
la primadonna, se è troppo concentrato su se stesso, questo non è il posto giusto. Gra-
zie a questo non perdiamo tempo, non ci stressiamo per cose inutili. Non c'è mai stato
conflitto. A volte quasi mi dispiace dirlo perchè i giornalisti, specialmente in America,
vorrebbero sempre scrivere di cose più brutte, ma è così".
G. Castaldo - "Da decenni tutti cercano di spiegare il fenomeno Bruce. Se per un attimo
tornasse a fare il giornalista, lei come lo spiegherebbe?".
J. Landau - "Ricordo una notte di tanti anni fa, all'inizio  della  nostra collaborazione.
Bruce era sul divano che cercava di scrivere una canzone. Non era ancora famoso, can-
tava nei club, i primi due dischi avevano venduto poco. Gli chiesi cosa voleva fare della
sua vita. Lui mi rispose: forse quando avrò 75 anni  saprò  esattamente cosa voglio fare
della mia vita. il segreto è questo.     Dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti fino a
oggi, lui sta sempre cercando di fare  la miglior canzone  di sempre, il miglior disco  di
sempre, il miglior concerto di sempre.  Tutti gli artisti di successo oggi sono dentro un
meccanismo terribile: capricci, protezione, promozione a oltranza, video. Noi non fac-
ciamo nulla di tutto questo. Ci sono le canzoni, i dischi, i concerti, e questo è tutto.
Parte del talento di bruce è fisico. E da questo punto di vista è un miracolo perchè ha
più energia oggi di prima, ed è naturale al 100 per 100".
G. Castaldo - "C'è qualche sua canzone in cui si riconosce in modo particolare?"
J. Landau - "Sì, due. La prima è una meravigliosa canzone intitolata Valentine's day.
Una notte chiamai Bruce al telefono. Non ero andato al concerto  perchè quella sera
era nata mia figlia Kate, ed ero sopraffatto dall'emozione. Fu un bellissima conversa-
zione. Quando poi ascoltai Valentine's day capii che si riferiva alla nostra chiacchie-  
rata. Non gliel'ho mai chiesto, ma so che è così.      La seconda è Dancin' in the dark. 
Lavorammo fianco a fianco per molti mesi all'album Born in Usa. Sembrava che non
dovesse mai finire. Alla fine ottenemmo una lista di pezzi, ed era eccezionale. Ma non
era chiaro quale potesse essere il primo singolo, allora gli dissi: secondo me abbiamo
il secondo singolo, il terzo singolo e così via, ma non il primo. Lui si arrabbiò. Disse:
ho scritto più di settanta canzoni  per quest'album  e  non ho intenzione di scriverne
ancora, per cui se vuoi un hit single, scrivitelo da solo.  Era molto sarcastico e io la-
sciai cadere l'argomento. Poi però andammo in studio per finire altre cose e lui prese
la chitarra. Disse: ho qualcosa da registrare. E tirò fuori Dancin' in the dark.  Sono
sempre stato convinto che la frase "you can't start a fire without a spark"  fosse rife-
rita a me. Che la "scintilla" fossi io".     Fine dell'intervista


 B. SPRINGSTEEN LIVE at Rod Laver Arena Melbourne, Australia
 March 24  2013  -  Born in the U.S.A.




    Sydney Allphones (Australia)  -  marzo 22 2013 / TheAussiemusicman - Born in the USA

Lucianone

Dossier - Post-Austerity: sbagliata la politica del rigore

2 giugno '13 - domenica             2nd June / Sunday                         visioni post - 22

La politica del rigore  si è dimostrata   inefficace e anche
la sua base teorica si rivela sbagliata. E i governi europei
incominciano a trarne tutte le conseguenze.

LA FINE DI UN'IDEOLOGIA MORALISTA
CHE HA AGGRAVATO LA CRISI

(da la Repubblica - R2DIARIO / 16/05/2013  -  Federico Rampini)
La parabola del pensiero unico neoliberista sta volgendo al termine, la sua fine consuma
anche l'ideologia dell'austerity. Eppure l'austerity ha cercato di accreditarsi - soprattutto
nella sua versione europea - come l'antidoto agli eccessi del liberismo. Meglio ancora. co-
me una forma di catarsi, di espiazione. E' un aspetto importante, che spiega la pervicacia
della Germania nell'applicare e imporre al resto d'Europa ricette disastrose che prolunga-
no la recessione.  Spiega anche perchè interi pezzi  dell'establishment europeo siano stati
soggiogati dall'austerity  fino ad accettarla  come verità suprema (salvo scoprire  che "il
re è nudo". con la scoperta che  la famosa soglia invalicabile del 90%  di debito/Pil  era
un errore di calcolo). -  In partenza, i tedeschi furono tra i primi a mettere sotto accusa il neoliberismo, come causa della crisi del 2008. Videro in quel disastro sistemicon della fi-
nanza mondiale, scatenato da Wall Street, la condanna della "economia del debito". E
avevano ragione in quel contesto. I mutui subprime furono il fattore dirompente.  Quei
mutui "scadenti" (questa la traduzione più sincera) erano tali  perchè concessi a fami-
glie già  troppo indebitate, o dai redditi  palesemente insufficienti  per ripagare  le rate.
Elargendo con facilità credito a tutti, Wall Street  aveva  inventato un by-pass finanzia-
rio per risolvere un gigantesco problema sociale: la dilatazione patologica delle disegua-
glianze, l'impoverimento dei lavoratori e del ceto medio, il crollo della capacità di rispar-
mio delle famiglie, la difficoltà di accesso alla prima casa.  Il SISTEMA poteva funzionare
finchè la bolla speculativa faceva lievitare il valore degli immobili;  le famiglie sovrainde-
bitate potevano sempre sperare di rivendere la casa per ripagare i debiti.   I banchieri, dal
canto loro, si erano apparentemente immunizzati dal rischio, frazionando e cartolarizzan-
do i loro crediti, spalmando il rischio sui mercati e sugli investitori.
Quando il castello di carte è crollato è stato giusto puntare il dito contro  "la cultura del
debito facile". Questa cultura made in Usa , si era avvalsa dell'ideologia liberista: la con-
vinzione cioè che i mercati stessi avevano la capacità di autoregolarsi.   Uno dei massimi
guru di quel pensiero unico fu Alan Greenspan, presidente della Federal  Reserve duran-
te l'Età dell'Oro (Clinton-Bush), il quale aveva sempre snobbato  gli allarmi  sulle bolle
speculative e debitorie, perchè convinto che i mercati nel loro  perfetto equilibrio erano
già in grado di calcolare il rischio, di proteggersi, di ritrovare un equilibrio naturale.
Dopo il 2008, è dalla Germania che sono giunte alcune delle requisitorie più spietate
contro l'americanizzazione della finanza, l'esportazione della cultura del debito facile
verso paesi tanto diversi come l'Irlanda o la Spagna. A ragione la Germania di Angela
Merkel stabilì nelle sue diagnosi un nesso forte  tra il fenomeno sub-prime e l'altra di-
mensione dei debiti: la tendenza degli Stati Uniti  ad accumulare deficit commerciali
e passività con il resto del mondo (soprattutto le potenze esportatrici come Cina, Giap-
pone, Germania).  L'abitudine, cioè, degli Stati Uniti di "vivere al di sopra dei propri
mezzi". - Da quel momento in poi, la Germania si è convinta della propria superiori-
tà morale, oltre che economica.  La sua visione etica, sulle virtù della parsimonia, è
diventata un lasciapassare per reintrodurre nel senso comune  una vecchia versione
del liberismo. Lo chiamano 'ordo-liberalismus', ha avuto radici profonde nel mondo 
germanico. Somiglia all'ideologia che professava Herbert  Hoover , presidente ame-
ricano nel crac del 1929.   Hoover non era un mostro insensibile alle sofferenze dei
disoccupati. Provò ad attivare alcune leve dello Stato per attutire i colpi della Gran-
de Depressione.    Era però fermamente convinto che l'America dovesse "purgarsi"
per gli eccessi  del periodo precedente  (The Gilded Age, l'Età del Jazz, querlla del
Grande Gatsby): debiti, bolle speculative, eccesso dei consumi.  Una visione mora-
listica dell'economia, insieme con la fiducia nelle capacità autoregolatrici del mer-
cato, conducevano a pensare  che "sette anni di vacche magre"  dovessero biblica-
mente castigare il troppo benessere dell'era precedente.  A  questo  si aggiungeva
una fede dalle tinte moralistiche, sulle virtù del pareggio di bilancio.
ripresa Usa dura ormai da tre anni. Genera posti di lavoro a unra temibile.
L'AMERICA DIMOSTRA CHE DIVINCOLARSI DAL PENSIERO UNICO
NEO-LIBERISTA - anche nelle sue varianti moralistico puritane - E' IL PASSAG-
GIO OBBLIGATO PER INIZIARE A RIPARARE L'ENORME DISASTRO SOCIALE.
Obama ha aggiornato la lezione di John Maynard Keynes, l'unico pensiero forte
non-autoritario generato dagli anni Trenta: prima bisogna rilanciare la crescita,
ad ogni costo (il "costo" di Obama: un deficit/Pil oltre il 10% durante il periodo
più buio della recessione, 2009/2010). Quando l'economia torna a generare lavo-
ro, il risanamento  dei conti pubblici  è più facile: lo dimostra  il calo  del debito
pubblico Usa, in atto per la prima volta dal 2007, trainato dall'aumento del get-
tito fiscale. Lo Stato è anche, nella dottrina Obama, il catalizzatore di una nuo-
va stagione di innovazione: dalla Green Economy  alla rifondazione  dei nostri
sistemi educativi.
Il modello California, il più grosso degli Stati Uniti ad avere raggiunto il pareg-
gio di bilancio aumentando le tasse sui ricchi, dimostra questo anti-dogma, l'an-
tidoto al neoliberismo: lo sviluppo riparte solo se il potere d'acquisto viene diffu-
so  nei  ceti  più  numerosi, classi lavoratrici e ceto medio, la cui sofferenza è  la
prova  di un fallimento storico delle politiche gemelle. Austerity e neoliberismo
affondano abbracciate insieme.

SILLABARIO /  post-austerity
I miti peggiori sono che l'austerità porterà alla ripresa e che un aumento
della spesa governativa non lo farà. Il ragionamento è che il mondo degli
affari, vedendo i conti del governo più in ordine, sarà più fiducioso e che
tale aumento di fiducia porterà a maggiori investimenti.
E' interessante notare come, in base a questo ragionamento, chi lo sostie-
ne dovrebbe appoggiare la nostra prima strategia per la ripresa economica.
aumentare l'investimento pubblico. Poichè vi sono opportunità di investi-
mento pubblico ampiamente riconosciute quali fonti di ritorno attesi ele-
vati, ben più elevati  del tasso di interesse  che il governo deve pagare per
prendere  a prestito  il denaro, un maggiore investimento pubblico porte-
rebbe nel lungo periodo a un debito pubblico inferiore: e la convinzione
che sarebbe così dovrebbe instillare fiducia, portando a un'esplosione di
attività economica.
JOSEPHE  STIGLITZ

Le tappe della crisi economica
1.  -  Nel 2007-2008 esplode la crisi dei mutui subprime negli Usa.
Nel 2010 L'europa viene travolta dalla crisi del debito.
2.  -  Irlanda, Portogallo e soprattutto Grecia sono i Paesi più
colpiti dalla crisi. Vengono salvati dall'Ue che impone l'austerity.
3.  -  Anche l'Italia va in crisi e rischia il fallimento.  Cade il go-
verno Berlusconi, arriva Monti che approva dure politiche di rigore
con la cosiddetta "cura Monti".
4:  -  Cresce il numero di economisti e capi di governo che chiedono
la fine dell'austerity imposta dalla germania di Merkel.

John Maynard Keynes
'Il momento giusto per le politiche di austerità
è l'espansione, non la recessione'.
(Lettera al Presidente Roosevelt, 1937)

Enrico Berlinguer
'L'austerità deve avere come scopo giustizia, efficienza,
ordine e una moralità nuova'
(Austerità: occasione per trasformare l'Italia, 1977) 

Lucianone

Ambiente - Gli attivisti della frutta

2 giugno '13 - domenica           2nd June / Sunday                       visioni post - 10

Negli Usa cresce un nuovo movimento
"Fallen fruit": è il progetto che riqualifica le periferie con 
installazioni verdi / Limoni e banani nei parchi urbani
"Le città salvate dagli alberi"
       -   Ecco gli attivisti della frutta   -

(da la Repubblica - 16/05/2013 - Massimo Vincenzi da New York)
La ricetta è abbondante, colorata, c'è dentro di tutto: arte, internet, design, agricoltura,
cibo biologico, spirito hippie, controcultura  tanta fantasia..E' una macedonia. Di frutta,
come si chiama il progetto: "Fallen Fruit". I creatori sono tre artisti: Austin Young, Ma-
tias Vieneger e David Allen Burns che  nell'era dei generi che si mischiano, fondono le
loro multiple passioni, creando un movimento, che dalla California va alla conquista del
resto dell'America e oltre.
I tre, come racconta il New York Times, cercano spazi verdi ubblici e qui iniziano a piantare
con occhio artistico, i pali di legno colorato su cui far arrampicare gli alberi da frutta. Poi se-
guono la loro crescita, girano video, scattano foto, creano installazioni dentro un'infinita per-
formance che fa vivere la natura.
Ma non è solo una questione artistica, con i principali musei di Los Angeles che si contendono
le loro opere, è qualcosa di più. I tre scelgono zone non molto centrali, anzi meglio periferie iso
late e maltenute, come il quartier di Del Aire, "da non confondere cn Bel Air", come sorride uno
degli abitanti. E' qui che grazie ai tre ragazzi è nato il primo parco di alberi da frutta, Hanno se-
minato 27 piante e oltre sessanta ne hanno distribuite  alla gente, con l'obiettivo di coinvolgere
tutta la comunità.  "E' una sorta di progetto urbano di riqualificazione che parte dal basso", di-
cono i responsabili dell'amministrazione cittadina, che dopo la diffidenza iniziale ora ci mettono
soldi e faccia.  -  "E' un'esperienza collettiva, che mette in contatto persone diverse per cultura,
censo e storie individuali. Tutti assieme trovano una ragione comune su cui impegnarsi", spiega-
no gli artisti, che hanno una visione più romantica del loro lavoro: "La nostra è arte sociale. La
gente  si mette assieme: pianta, coltiva, cura la frutta e intanto, quasi senza accorgersene  rein-
venta lo spazio in cui vive. lo rende più bello, accogliente". E poi ancora: "Cosa c'è di meglio
che vedere alberi in fiore dalle proprie finestre o camminare per strade delimitate da piante?
Noi recuperiamo  un simbolo antico della California, che era stato ucciso dal cemento  e lo
portiamo nel futuro". -  Alle parole seguono i fatti. Attorno a questi parchi crescono ristoran-
ti e mercatini di prodotti a chilometri zero: tutto serve a  riempire "il deserto alimentare" che
c'era prima. Con il rito periodico della marmellata, dove vengono cucinate in forni da cam-
po gustose composte che poi vengono mangiate all'aperto come in una sagra di paese. Per
la gioia degli abitanti che non si pongono molti dilemmi artistici.
La comunità è fisica , ma anche virtuale. I tre ragazzi infatti usano in maniera strategica in-
ternet, soprattutto nelle sue declinazioni sociali. I loro account Facebook e Twitter hanno
numeri da record e qui si danno appuntamento tutti gli amanti della cultura slow. Ma non
è folclore: qui si trovano e mettono in contatto contadini da ogni parte d'America che tro-
vano imprenditori interessati ai loro prodotti. Oltre, ovviamente, alle notizie sulle prossime
performance da andare a vedere, sui prossimi quartieri da andare a rianimare. "E' una pic-
cola rivoluzione. Con la loro fantasia stanno rendendo tutti protagonisti attivi del cambia-
mento. Costringono all'azione anche le strutture pubbliche solitamente imprigionate nella
lentezza della loro burocrazia": li promuove Margaret Crawford dell'università di Berkeley.

In parallelo essi portano avanti  l'altra faccia del loro progetto: la mappatura degli alberi
da frutta sia nei parchi pubblici che nei cortili delle case private. E per farlo non si ferma-
no mai, viaggiano  da San Francisco  a Madrid, da Seattle a Copenaghen, dai canali  di.
Venezia sino aj ghiacci dell'artico.  Qui riprendono delle bacche che resistono al freddo
e danno un titolo poetico al video: 'la frutta più solitaria del mondo'. La filosofia del cen-
simento è la stessa:    "La gente spesso abita vicino a questi alberi e non se ne accorge.
Invece noi così restituiamo alle persone la bellezza"-
Sono artisti. E quando guardano i bambini giocare nelle giostre vicino ai loro frutti più
colorati, non trattengono la gioia: "Guardate che belli quegli alberi. Non chiedono nien-
te e danno tutto in eterno: sono un simbolo per tutti noi". E in effetti le immagini colora-
te delle performance mettono di buon umore. Sarà perchè, come dicono loro, "la frutta
è ottimista". Oltre che buona.

Riflessioni personali

Continua... to be continued...