Jon Landau: "Vi svelo perchè Springsteen
è il migliore"
(da la Repubblica / R2SPETTACOLI - 23/05/2013 - Gino Castaldo da Oslo)
Il 22 maggio del 1974 Jon Landau, allora un quotato giornalista musicale, dopo
aver visto un concerto di Bruce Springsteen scrisse su un giornale di Boston una
frase che avrebbe fatto epoca: "Ho visto il futuro del rock'n'roll".
Oltre a quello del rock Landau vide anche il suo di futuro. perchè da quel momento
lui e il Boss non si sono mai più separati. "Ero un giornalista, ma avevo voglia di
produrre dischi, volevo essere come Phil Spector. E tutto cambiò quando mi chiamò
Bruce. Imparammo a conoscerci, diventammo amici e lui mi chiese dei consigli per-
chè aveva molte difficoltà con l'album che stava realizzando, che era Born to run.
Da allora sono stato sempre al suo fianco, come coproduttore, manager, consigliere".
Landau torna in Italia insieme a Springsteen per un breve tour che parte stasera
(23 maggio) in piazza del Plebiscito a Napoli, praticamente un debutto perchè mai
il rocker americano nella sua lunga carriera si è esibito nella piazza di una città.
La tournèe italiana proseguirà poi a Padova (stadio Euganeo) il 31 maggio, a Mi-
lano (stadio Meazza) il 3 giugno per poi tornare a Roma (all'Ippodromo delle Ca-
pannelle) l'11 luglio.
INTERVISTA
G. Castaldo - "Si potrebbe dire che sia diventato il suo angelo custode, l'alter ego
creativo e organizzativo, di cui Springsteen si fida ciecamente. Si è mai pentito di
questa scelta?".
J. Landau - "Mai, neanche una volta. Siamo profondamente amici. Che dire? Bruce
è il migliore con cui si possa lavorare. Non si ferma mai. Spinge sempre avanti. Fa
cose che gli altri non fanno. E' sempre in crescita, e in costante cambiamento".
G. Castaldo - "Springsteen ha detto che i suoi concerti, la band, i tour, sono come la
sua seconda casa. E' così anche per lei?".
J. Landau - "Abbiamo creato intorno anoi una situazione familiare,. lavoriamo solo
con gente che ci piace e questo col tempo dà la sensazione di una famiglia. Se uno fa
la primadonna, se è troppo concentrato su se stesso, questo non è il posto giusto. Gra-
zie a questo non perdiamo tempo, non ci stressiamo per cose inutili. Non c'è mai stato
conflitto. A volte quasi mi dispiace dirlo perchè i giornalisti, specialmente in America,
vorrebbero sempre scrivere di cose più brutte, ma è così".
G. Castaldo - "Da decenni tutti cercano di spiegare il fenomeno Bruce. Se per un attimo
tornasse a fare il giornalista, lei come lo spiegherebbe?".
J. Landau - "Ricordo una notte di tanti anni fa, all'inizio della nostra collaborazione.
Bruce era sul divano che cercava di scrivere una canzone. Non era ancora famoso, can-
tava nei club, i primi due dischi avevano venduto poco. Gli chiesi cosa voleva fare della
sua vita. Lui mi rispose: forse quando avrò 75 anni saprò esattamente cosa voglio fare
della mia vita. il segreto è questo. Dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti fino a
oggi, lui sta sempre cercando di fare la miglior canzone di sempre, il miglior disco di
sempre, il miglior concerto di sempre. Tutti gli artisti di successo oggi sono dentro un
meccanismo terribile: capricci, protezione, promozione a oltranza, video. Noi non fac-
ciamo nulla di tutto questo. Ci sono le canzoni, i dischi, i concerti, e questo è tutto.
Parte del talento di bruce è fisico. E da questo punto di vista è un miracolo perchè ha
più energia oggi di prima, ed è naturale al 100 per 100".
G. Castaldo - "C'è qualche sua canzone in cui si riconosce in modo particolare?"
J. Landau - "Sì, due. La prima è una meravigliosa canzone intitolata Valentine's day.
Una notte chiamai Bruce al telefono. Non ero andato al concerto perchè quella sera
era nata mia figlia Kate, ed ero sopraffatto dall'emozione. Fu un bellissima conversa-
zione. Quando poi ascoltai Valentine's day capii che si riferiva alla nostra chiacchie-
rata. Non gliel'ho mai chiesto, ma so che è così. La seconda è Dancin' in the dark.
Lavorammo fianco a fianco per molti mesi all'album Born in Usa. Sembrava che non
dovesse mai finire. Alla fine ottenemmo una lista di pezzi, ed era eccezionale. Ma non
era chiaro quale potesse essere il primo singolo, allora gli dissi: secondo me abbiamo
il secondo singolo, il terzo singolo e così via, ma non il primo. Lui si arrabbiò. Disse:
ho scritto più di settanta canzoni per quest'album e non ho intenzione di scriverne
ancora, per cui se vuoi un hit single, scrivitelo da solo. Era molto sarcastico e io la-
sciai cadere l'argomento. Poi però andammo in studio per finire altre cose e lui prese
la chitarra. Disse: ho qualcosa da registrare. E tirò fuori Dancin' in the dark. Sono
sempre stato convinto che la frase "you can't start a fire without a spark" fosse rife-
rita a me. Che la "scintilla" fossi io". Fine dell'intervista
March 24 2013 - Born in the U.S.A.
Sydney Allphones (Australia) - marzo 22 2013 / TheAussiemusicman - Born in the USA
Lucianone