venerdì 2 maggio 2025

Cultura / Il Libro - Marco Revelli: "Combattere il fascismo è una scelta esistenziale"

 Cultura / LIBRO  -  "Liberi e ribelli. L'antifascismo come scelta esistenziale"  di Antonella Tarpino

(da La Stampa - 24 aprile '25 - Il libro di Antonella Tarpino / Postfazione di Marco Revelli) - 

visione post - 34

Il libro di A. Tarpino sui ragazzi che liberarono l'Italia.  / Combattere il fascismo è una scelta esistenziale e per questo i partigiani non temevano la morte

di Marco Revelli

Quando lo storico Claudio Pavone colloca il tema della Scelta alla radice e al centro della sua riflessione sulla "morale della Resistenza", lo fa collocandosi nel clima culturale dei decenni centrali del Novecento, fortemente influenzato da quella filosofia che va sotto il nome di esistenzialismo.  La quale assegnava appunto all'atto della Scelta un ruolo fondante nella definizione di ogni essere umano. In particolare si colloca nell'alveo della lettura che ne aveva dato uno dei suoi fondatori, Jean Paul Sartre - ampiamente introdotto nel Prologo di Liberi e ribelli (Einaudi) dalla sua autrice, Antonella Tarpino - secondo la cui visione l'uomo, ogni uomo, altro non è che il risultato delle sue proprie scelte le quali ne definiscono via via il senso della vita che altrimenti, a priori, non esisterebbe.-  Considerato da questo punto di vista, la "scelta partigiana" - ricostruita da Antonella Tarpino nel suo libro con attenzione certosina, scavando tra memoria, letteratura, rappresentazione cinematografica... - costituisce davvero un caso esemplare di "scelta giusta".  Essa possiede tutti i requisiti per collocare chi la compie sul versante del positivo in senso esistenziale.  Rileggiamo qualche passaggio delle celebri Lettere dei condannati a morte della Resistenza: "Non piangete, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un'idea", è forse il più celebre messaggio, inciso con la punta di uno spillo sulla copertina di una bibbia tascabile dall'ingegner Willy Jervis, partigiano di Giustizia e Libertà nelle valli valdesi, catturato, torturato per settimane, fucilato nella notte tra il 4 e il 5 agosto del '44 a Villar Pellice, vicino a Torino, prima che il corpo, trascinato per le strade da un camion, reso irriconoscibile, venisse esposto nella piazza "in un macabro rituale di impicca-gione post-mortem".-  "Ho agito a fin di bene e per un'idea. Per questo sono sereno e dovete esserlo anche voi", aveva vergato nel carcere di Cuneo Duccio Galimberti su un bigliettino fatto pervenire furtivamente ai compagni di lotta prima che un manipolo di brigate nere lo prelevasse per portarlo in un campo e am-mazzarlo a tradimento con una raffica alla schiena. -   Ma l'espressione "Sono sereno" è, per molti versi, un denominatore comune per un gran numero di messaggi.  Nelle lettere dei 112 combattenti per la libertà, i termini "sereno" o "serenità" ritornano per ben 97 volte. Quasi una volta per ognuno. Che cosa significa tutto ciò? Credo che si possa dire che un atteggiamento come quello, condiviso da tanti, si spieghi col fatto che in quella scelta di lotta ci fosse qualcosa - un nucleo esistenziale profondo, una rinuncia ad essere esclusiva-mente "per sè" spinta fino alla messa in gioco della propria stessa vita - che faceva transitare ognuno in una dimensione comune tale da trascendere la propria condizione individuale per collocarli in un modo di essere collettivo più autentico e proiettato verso un futuro denso di vita nuova.   Anche nel punto più vicino alla morte esprimevano una sorta di pienezza alla vita esattamente all'opposto di coloro contro cui combattevano, che anche in vita vivevano per la morte, ne portavano i simboli sulle divise (il teschio sul cappelo e sui gagliardetti), ne evocavano la vicinanza nei motti truci, i canti macabri ("chi se ne frega se la signora morte/ fa la civetta sul campo di battaglia/  su camerati facciamole la corte") e le parole d'ordine cariche di thanatos (come accade appunto a chi sa che il futuro non gli appartiene più, e gli è nemico.  E', in fondo, il concetto - il nucleo di verità che si portò dietro chi fece l'esperienza partigiana - espresso in modo esemplare da uno scrittore resistente, che si incontrerà più volte in questo libro, Italo Calvino, in una canzone del suo dopoguerra, un immaginario dialogo con un'adolescente intitolato Oltre il ponte,, in cui a un certo punto si dice "tutto il male avevano di fronte, tutto il bene avevano nel cuore/ a vent'anni la vita è oltre il ponte / oltre il fuoco incomincia l'amore...", dove l'intero contenuto valoriale della scelta e dell'esperienza partigiana sta, appunto, in quella parolina breve e impegnativa: oltre. -

Da quell'originario embrione costituitosi nel caos primordiale dell'8 settembre nascerà, dopo una faticosa gestazione durata venti mesi. la Nuova Italia. Una Democrazia moderna , rifondata alle radici, che portava nel poprio Dna i valori fondanti che si trovavano - in forma istintiva per i più, consapevole per le loro avanguardie politiche - alla base della scelta antifascista e partigiana.  Quelli, appunto, scolpiti negli undici articoli che costitui-scono la parte introduttiva della nostra Costituzione. Si può ben comprendere allora come il senso principale di questo libro - se vogliamo usare un termine impegnativo: la sua "mis-sione", che l'autrice ha voluto perseguire con passione, consapevole della delicata congiuntura storica che stiamo vivendo - sia appunto quello di fare incontrare le voci dei giovani che molti anni fa, addirittura un ottantennio, compirono una scelta fondativa, con le domande dei loro coetanei di oggi, dei ventenni degli anni Venti del Ventunesimo secolo, che sono alla ricerca di definire se stessi attraverso nuove, altrettanto impegnative, scelte. E che rischiano di vedere quella democrazia che allora, con tanti sacrifici, fu fatta nascere, declinare e svanire nelle nebbie di un oblio colpevole. 

Lucianone