Nel cercare di capire sempre meglio come funzionano i meccanismi economici,
ho recuperato un Dossier del quotidiano la Repubblica (14 gennaio 2013),
che può essere molto utile per capire l'attuale crisi finanziaria che stanno
vivendo i Paesi del sud Europa, vista nel contesto dell'economia mondiale
e soprattutto come derivazione di un'economia mondiale globalizzata e in
buona parte distorta da un capitalismo sempre più dominato dai mercati e
dalla 'guerra delle monete', quindi capitalismo selvaggio globalizzato: così
(per dirla tutta) tutto ciò ha portato al verificarsi di un nuovo aspetto moder-
no di 'guerre economiche mondiali', dove le vere armi ammazza-popoli sono
costituite dalla grande finanza mondiale guidata dalle solite grandi potenze
economiche, e con l'aggiunta dei Brics, i nuovi paesi emergenti.
(Lucianone)
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L' Europa non sta agganciando la ripresa
schiacciata da austerità e moneta forte
Le banche centrali di Usa e Giappone creano svalutazioni competitive.
Le speranze di un risveglio economico mondiale non riguardano per ora
il Vecchio Continente. Dollaro e Yen tenuti bassi per dar fiato all'industria.
Da noi avviene il contrario e le imprese non ce la fanno.
(da la Repubblica - 14/01/2013 - di Federico Rampini)
Dossier - La crescita / Le strategie per battere la recessione
New York - "L'euro ha chiuso la settimana scorsa ai massimi sul dollaro
dall'aprile 2012, toccando quota 1,336. I mercati lo attendono al varco per
vedere se segnerà nuovi record". L'articolo del Wall Street Journal centra
una contraddizione: la moneta unica è sempre più forte, da settimane pro-
segue la marcia al rialzo, anche se il Vecchio Continente è l'unica area del
mondo in recessione. L'assurdità si scioglie se le due frasi precedenti ven-
gomo rovesciate e il nesso casuale si inverte: l'Europa affonda nella reces-
sione anche perchè è penalizzata da un cambio troppo forte. E' una delle
ragioni per cui il Vecchio continente rimane ai margini da quella che gli
americani battezzano la Grande Rotazione: il ribaltamento di scenari eco-
nomici, il prevalere dell'ottimismo dopo tanti anni di depressione, il conse-
guente travaso di flussi di capitali dai bond alle azioni. Nei 9 giorni lavo-
rativi dall'nizio dell'anno, ben 22 miliardi di dollari si sono investiti nelle
Borse, di cui 10,4 miliardi in azioni Usa e 7,3 nelle aziende quotate dei
paesi emergenti (Brics). Neppure un miliardo, invece, ha raggiunto le
Borse europee: un rigagnolo, che conferma la diversità negativa dell'Eu-
ropa, dove perfino la Germania è in bilico sull'orlo della recessione.
Euro forte e "perma-austerity" sono i due fattori che finora impediscono
al Vecchio Continente di agganciarsi alle locomotive della ripresa mon-
diale e cioè America e Brics. La forza eccessiva della moneta è meno
dibattuta dell''austerity ma non è meno importante. Lo stesso Wall Street
Journal ricorda che i mercati guardano con attenzione a un appuntamento
di questa settimana: l'atteso discorso, domani a Tokyo, del governatore
della Banca del Giappone Masaaki Shirakawa. Da quel discorso si avrà
conferma dei massicci acquisti di euro effettuati dalla banca centrale: un
colosso che rimane il numero due mondiale per la ricchezza delle sue ri-
serve valutarie subito dopo la banca centrale cinese. Il Giappone, reduce
dalle elezioni e dalla vittoria di Shinzo Abe sta copiando la ricetta della
ripresa americana: politiche keynesiane (90 miliardi di euro in grandi ope-
re), più moneta debole. Abe ha minacciato di cambiare lo statuto della la
sua banca centrale, se questa non eseguirà le direttive. E le grandi mano-
vre per svalutare lo yen sono già cominciate: comprando euro, per l'ap-
punto. L'euro viene così sospinto al rialzo dalle politiche convergenti di
"tutti gli altri": cominciò la Federal Reserve con il suo "quantitative easing",
una creazione poderosa di liquidità che ha tra i suoi effetti collaterali (in-
confessato ma molto desiderato) proprio l'indebolimento del dollaro a
a vantaggio della competitività del made in Usa. La banca centrale sviz-
zera, per impedire un rincaro della sua moneta che avrebbe messo fuori
mercato alcune delle sue industrie, impose un tetto al valore del suo fran-
co. La Cina ha navigato cautamente a metà strada fra il dollaro e l'euro,
ben guardandosi dal seguire la moneta unica nella sua traiettoria rialzista.
In questa "guerra delle monete" , come la definisce il ministro brasiliano
dell'economia Guido Mantega, un perdente sicuro è il settore manifattu-
riero europeo: da una parte è schiacciato dalla domanda interna asfittica,
per gli effetti dell'austerity sul potere d'acquisto delle famiglie; d'altra par-
te si vede insidiate le sue quote di commercio mondiale da grandi potenze
che manovrano spregiudicatamente il cambio. "E' la fine dell'indipendenza
imesdelle banche centrali", osserva sul Financial Times Stephen King, non
il maestro dei thriller bensì l'autorevole chief economist di Hsbc. Quella del
Giappone è di fatto sotto minaccia di commissariamento. La banca centra-
le americana da parte sua da un'interpretazione sempre più 'progressista'
del suo mandato.
Il presidente della Fed , Ben Bernanke, vuole continuare i suoi massicci
acquisti di bond (pompa 85 miliardi di liquidità ogni mese) finchè la disoc-
cupazione Usa non scende fino al 6.5% (oggi è al 7,8% dopo aver supe-
rato il 10% durante la recessione). E' evidente la convergenza tra la stra-
tegia della Fed e l'agenda politica di Barack Obama.
Sul tema del mandato istitiuzionale della Bce, Mario draghi è stato inter-
rogato alla sua ultima conferenza stampa, e ha risposto in modo cauto..
Certo non rientra nei suoi poteri cambiare un mandato che è scritto nei
Trattati Ue, e che ricalca l'ossessione anti-inflazionista della Bundesbank.
Ma se la politica della Bce non ha la possibilità di rispondere alle offen-
sive di Giappone e Usa, l'handicap resterà grave per l'industria europea.
Tanto più che si aggiunge all'altra anomalia europea: la "perma-austerity",
secondo la definizione di Wolfgang Munchau sul Financial Times.
Perfino la Germania, cioè l'unica nazione europea che potrebbe trasfor-
marsi in locomotiva, "prepara un nuovo bilancio di austerity per il 2014,
per rispettare l'obbligo costituzionale di pareggio strutturale del bilancio
pubblico". E' una rigidità sconosciuta a Washington, Tokyo, Pechino o
Brasilia, cioè tutti i paesi che hanno ripreso a crescere.
Lucianone