Eletti i presidenti dei due rami del Parlamento
Grasso e Boldrini, uno-due per il Pd
Insorge il Pdl: "occupazione militare"
Vittoria doppia nelle due camere per Pd e Sel
Le elezioni di Boldrini a Montecitorio e Grasso a palazzo Madama mandano su tutte le furie i vertici del Pdl
Una giornata convulsa con la doppia prova di forza della maggioranza (relativa) Pd-Sel che elegge due suoi rappresentanti sugli scranni più alti di Camera e Senato. E l'amarezza dei vertici del Pdl, che hanno sfiorato la riconferma di Renato Schifani a palazzo Madama, poi sfuggita dopo che si è compreso che l'inatteso asse con Scelta Civica di Monti non andasse in porto per le richieste, da un lato e dall'altro. Alla fine la quadra non è riuscita e per il Pdl a vincere oggi è stato ufficialmente «l'inciucio tra Pd e Grillo», che spinge Silvio Berlusconi e il partito ad invocare il ritorno al voto al più presto.
LA FRONDA - In realtà, il Cavaliere vede allargarsi la fronda di quelli che pur di non andare al voto - e i sospetti ricadono anche sulla Lega nonostante per ora l'asse con il Carroccio regga - sarebbero disponibili a non ostacolare la nascita di un governo targato Pd. In aggiunta al timore che le crepe all'interno dei grillini possano allargarsi a tutto vantaggio della sinistra. Con il solo risultato di escludere il Pdl e relegarlo ai margini, fuori da ogni trattativa per il Quirinale.
«L'OCCUPAZIONE» - Ma per il Cavaliere quella che non disdegna di definire una vera e propria occupazione militare da parte della sinistra potrebbe, nella partita sul successore di Napolitano, rivelarsi una carta a favore del Pdl. Certo, è una minima speranza e la rabbia c'è, anche per aver assistito allo sfumare del tentativo di blitz a palazzo Madama. Si sono presi tutto, si è sfogato con alcuni senatori dopo il voto che ha eletto Pietro Grasso - per il quale tra l'altro l'ex premier nutre rispetto e stima - alla guida del Senato. Bersani, avrebbe spiegato Berlusconi ai suoi, ha messo in piedi una operazione mirata a farmi fuori e ora i magistrati faranno il resto.
Piero Grasso e Laura Boldrini, presidenti del Senato e della Camera
Piero Grasso e Laura Boldrini, presidenti del Senato e della Camera
Laura Boldrini è presidente della Camera
La deputata di Sel, candidata dal Pd, ha ottenuto 327 voti. Discorso molto applaudito: «Difendo i diritti degli ultimi»
Boldrini e Grasso Presidenti
Ora la sfida del governo
TUMBLR TWITTER E INSTAGRAM | Pietro Grasso (Pd) eletto presidente del Senato (VIDEO) con l'appoggio dei grillini siciliani. Laura Boldrini (Sel) nuovo presidente della Camera (VIDEO). Berlusconi attacca: «Occupazione militare».
I RETROSCENA
La nottata di trattative finita con la presa d’atto del «disimpegno» di Mario Monti, l’annuncio a sorpresa di Pier Luigi Bersani incontrando deputati e senatori Pd di primo mattino, il risultato positivo che arriva subito a Montecitorio e poi, dopo un pomeriggio caratterizzato da discussioni e spaccature dentro Scelta civica e Movimento 5 Stelle, il bis a Palazzo Madama.
Due nomi tirati fuori dal cilindro dal leader Pd dopo aver registrato che l’offerta di «corresponsabilità» è caduta nel vuoto. «Con i Cinquestelle c’è stato un confronto non improduttivo ma che non è andato a buon fine, mentre da altri c’è stato un disimpegno che ha causato un’evidente sorpresa», dice Bersani incontrando alle otto e mezza del mattino i gruppi parlamentari Pd. Il riferimento è a Monti, che incassato il no del Colle alla sua candidatura alla presidenza del Senato si è rifiutato di proporre altri nomi di Scelta civica. Bersani lo aveva detto, «se costretti, faremo da soli». E a deputati e senatori democratici propone di votare due nomi, quello della ex portavoce dell’Agenzia Onu per i rifugiati e quello dell’ex procuratore antimafia, invisi a Lega e Pdl, ma con i quali conta di sparigliare le carte, lanciare un chiaro segnale di rinnovamento e far uscire allo scoperto i parlamentari montiani e quelli del M5S. Una strategia che si rivela vincente. E che consente a Bersani di guardare con ottimismo alla prossima tappa, ovvero l’incarico a formare quel «governo di cambiamento» prospettato all’indomani delle elezioni. Perché se è vero, come il leader del Pd dice all’inizio della lunga giornata, che «questa legislatura nasce con degli elementi di fragilità», è anche vero, come dice quando è sera e ha incassato il doppio successo, «se si vuole, cambiare si può».
Lucianone
I RETROSCENA
La nottata di trattative finita con la presa d’atto del «disimpegno» di Mario Monti, l’annuncio a sorpresa di Pier Luigi Bersani incontrando deputati e senatori Pd di primo mattino, il risultato positivo che arriva subito a Montecitorio e poi, dopo un pomeriggio caratterizzato da discussioni e spaccature dentro Scelta civica e Movimento 5 Stelle, il bis a Palazzo Madama.
Due nomi tirati fuori dal cilindro dal leader Pd dopo aver registrato che l’offerta di «corresponsabilità» è caduta nel vuoto. «Con i Cinquestelle c’è stato un confronto non improduttivo ma che non è andato a buon fine, mentre da altri c’è stato un disimpegno che ha causato un’evidente sorpresa», dice Bersani incontrando alle otto e mezza del mattino i gruppi parlamentari Pd. Il riferimento è a Monti, che incassato il no del Colle alla sua candidatura alla presidenza del Senato si è rifiutato di proporre altri nomi di Scelta civica. Bersani lo aveva detto, «se costretti, faremo da soli». E a deputati e senatori democratici propone di votare due nomi, quello della ex portavoce dell’Agenzia Onu per i rifugiati e quello dell’ex procuratore antimafia, invisi a Lega e Pdl, ma con i quali conta di sparigliare le carte, lanciare un chiaro segnale di rinnovamento e far uscire allo scoperto i parlamentari montiani e quelli del M5S. Una strategia che si rivela vincente. E che consente a Bersani di guardare con ottimismo alla prossima tappa, ovvero l’incarico a formare quel «governo di cambiamento» prospettato all’indomani delle elezioni. Perché se è vero, come il leader del Pd dice all’inizio della lunga giornata, che «questa legislatura nasce con degli elementi di fragilità», è anche vero, come dice quando è sera e ha incassato il doppio successo, «se si vuole, cambiare si può».
Lucianone