martedì 27 novembre 2018

SOCIETA' / Brasile - La vittoria del clan Bolsonaro e l'America Latina

27 novbembre '18 - martedì                  27th November / Tuesday                visione post - 8

(da 'il manifesto' - 30 ottobre '18 - Roberto Livi)
Tremano le vene dell'America Latina
La netta vittoria di Jair Bolsonaro mette in pericolo 30 anni di democrazia in Brasile
Un candidato neo fascista sale al potere non grazie alla forza delle armi  ma a un consen-
so popolare basato su un pericolosissimo cocktail. Da un lato un (falso) populismo nazio-
nalista e antisistema, dall'altro l'appoggio della corrente più integralista dell'evangelismo
americano, scatenato in una guerra senza quartiere a Sodoma e Gomorra.
Non è solo il Brasile che trema.  Bolsonaro sarà il presidente di estrema destra in una re-
gione dove di recente gli elettori hanno scelto leader conservatori o di destra in paesi co-
me Argentina, Cile, Paraguay, Perù e Colombia.  Il Cono sud dell'America latina  corre 
il pericolo di precipitare - se non ai tempi orribili dell'Operazione Condor condotta dal-
le dittature militari di Pinochet  e  Videla - nella tenaglia di un blocco autoritario, neoli-
berista e subordinato alla politica imperiale degli Usa ai tempi di Trump.
Le conseguenze non tarderanno a farsi sentire per il Venezuela bolivariano, che vede al-
le sue frontiere due governi di destra (Colombia)  ed estrema destra (Brasile)  pronti ad
appoggiare un eventuale azione militare "umanitaria" degli Stati Uniti. E per Cuba che
torna a subire una politica da guerra fredda da parte dell'Amministrazione di super fal-
chi di Donald Trump. -  Fernando Haddad, il candidato sconfitto del partito dei lavora-
tori (Pt) lo ha detto chiaramente e con coraggio nel suo intervento dopo i risultati finali
delle presidenziali: il Brasile popolare deve prepararsi  a un periodo di resistenza  e  di
lotta per la democrazia. Non si tratta di difendere un partito o una parte della sinistra
ma di organizzare un vasto movimento popolare per la difesa della libertà di espressio-
ne e di organizzazione popolare e della vita democratica. Nel gigante sudamericano vi
sono molti movimentio popolari e di lotta sociale, dai Senza terra ai Senza tetto, dagli.
ecologisti alle femministe-. Tutti sono ora in pericolo. "O se ne vanno fuori dal paese
o vanno in galera", è la ricetta promossa da Bolsonaro.  Il suo programma di sicurez-
za fa tremare le vene: pene più severe  e  riduzione  dell'età (a 16 anni) per essere re-
sponsabili penalmente, armi per tutti e licenza d'uccidere per le forze dell'ordine, che
già hanno un triste primato continentale.  Secondo il Forum Brasileiro de Seguranca
Pùblica, tenuto conto delle proporzioni tra le popolazioni, la polizia brasiliana uccide 
19 volte di più di quella statunitense. A Bolsonaro però va bene così perchè "un poli-
ziotto che non uccide non è un poliziotto". 
Il nuovo presidente ha promesso mano dura anche contro le riserve degli indios e le
aree di conservazione dell'Amazzonia, le principali barriere di contenimento alla de-
vastazione della più grande foresta tropicale e polmone verde del mondo. "Non avran-
no nemmeno un centimetro di terra". Il ministero dell'Ambiente sarà incorporato a
quello dell'Agricoltura che - parola di Bolsonaro - agirà in consonanza  col "settore
produttivo". Ovvero lascerà "mano libera" all'agrobusiness, ai pascoli delle grandi 
fazendas, ai latifondisti della soja, alle attività minerarie e ai grileiros, potenti locali
che si impadroniscono delle terre pubbliche a colpi di pistola. E che poi le disbosca-
no selvaggiamente.
Il "fenomeno" Bolsonaro - un parlamentare semisconosciuto che in 28 anni non è
riuscito a far approvare un solo progetto di legge  e che vede il suo partito passare
da un pugno di parlamentari a 53 deputati -  non si può spiegare  senza l'appoggio
dei poteri forti militari, economici e finanziari e dei maggiori mass media.
Perchè le classi dominanti si sono sbilanciate a favore  di una sorta di psicopatico
come Bolsonaro, il cui prossimo governo, come afferma l'analista Xosè Hermida,
promette una società polarizzata e "con licenza di odisre"?  Come osserva Gram-
sci nei Quaderni, in situazione di "crisi organica", quando si produce una rottura
nell'articolazione esistente tra le classi dominanti e i loro rappresentanti politici e
intellettuali, la bporghesia e i suoi alleati si sbarazzano dei loro portavoce tradizio-
li e cercano una figura provvidenziale  che permetta di affrontare  le sfide del mo-
mento. - In questo caso le classi dominanti brasiliane si propongono di portare a 
compimento il "golpe" attuato due anni fa con Temer e che l'attuale presidente -
e i suoi alleati conservatori - non sono stati in grado di assicurare: mettere un pun-
to finale all'"eredità" dei governi del Pt.  E iniziare un'epoca di neoliberismo con
un presidente malleabile, che si affida in materia economic a un Chicago boy  col
tu rbo, Paulo Guedes, con una sola filosofia: privatizzare e privatizzare.
Di recente un noto commentatore "liberal" ha affermato che in questa fase i nemi-
ci della democrazia in America latina  rischiano di essere  i giudici (che in Brasile
hanno messo in galera Lula) e non i generali. E che in questa situazione rappresen-
ta un progresso per il sub-continente. L'elezione di Bolsonaro è una solenne smentita.

Lucianone

Società / Italia - RIACE: Mimmo Lucano e le ragioni profonde di chi lo avversa

27 novembre '18 - lunedì                 27th November / Monday                visione post - 11

(da 'il manifesto' - 25 ottobre '18 - Vincenzo Romania)
E' un errore credere che Mimmo Lucano costituisca un problema solo per Salvini,
o solo per gli intolleranti. Così come è limitante soffermarsi sulla liceità dei rilievi critici
mossi alle sue decisioni da amministratore del Comune e dello Sprar di Riace.
Il dispositivo legale che lo allontana dalla sua comunità  svela piuttosto  la  materia  del
vulnus democratico: la lotta simbolica che fa da perno all'alleanza - non più implicita e
certamente inopportuna - fra varie forme di potere, nazionali e locali.
Mimmo Lucano dà fastidio  non soltanto perchè ospita dei rifugiati, facendoli lavorare
per il bene proprio e quello del suo Comune. Dà fastidio anche e soprattutto perchè af-
ferma la possibilità si un modello partecipativo al bene comune, reale ed efficace.  Un
esempio, quasi unico in Calabria, di privati  che collaborano  al bene pubblico,  senza
subire intermediazioni mafiose.  Una forma di ristrutturazione delle architetture della
convivenza che contrasta con gli aridi calanchi, i prati bruciati e gli scheletri di opere
abusive che s'incontrano percorrendo la strada statale 106 jonica verso Riace  e  vol-
gendo gli occhi al mare. Ma  anche  con quella religiosità popolare, estaticamente di-
sperata, che a settembre celebra i santi Cosimo e Damiano, protettori di Riace. E che
ricorda piuttosto le teorie di quel Tommaso Campanella che secoli prima scappò dal-
la vicina Stilo, quando il potere religioso e quello politico lo perseguirono a causa del-
la sua concezione utopica. -  Chi, come chi scrive, ha vissuto  in quelle terre  sa come
l'esempio di Mimmo Lucano contrasti nettamente con il modello sociale su cui si ba-
sano le ndrine e su cui si basa il successo della Lega anche in Calabria. Entrambi si
avvalgono  di un modello atomizzato  di spazio pubblico, privatizzato  fino all'osso, 
che impedisce la costituzione di legami sociali solidi alternativi. Uno scheletro di go-
vernance federalista di piccoli poteri ,locali connessi, che arrogano a sè il controllo
degli affari pubblici. Un modello che trova opposizioni e resilienze non solo a Riace,
ma anche nella vicina Roccella Jonica, dove il tessuto associativo ha reso più appeti-
bile la vita culturale e civica. A Gioiosa Jonica, dove lo Sprar ha fatto, al pari di Ria-
ce, un ottimo lavoro negli ultimi anni. O in tutte quelle aree della Locride ove gli at-
tori del terzo settore e quelli del mondo religioso si sono alleati per contrastare l'ar-
retramento civico e sociale delle comunità e hanno provato a usare i beni  confisca-
ti alle mafie per finalità educative e sociali. Con tutte le difficoltà del caso.
Ma c'è ancora troppa gente che odia Mimmo Lucano, anche fra i suoi conterranei.
Chi commenta con ironico disprezzo le sue vicende sui social media. Chi cela il pro-
prio disprezzo dietro le paure per 'un pericolo nero', irrilevante rispetto a quel pe-
ricolo mafioso che per tanti anni hanno tollerato. O subito..    Sono animati, i suoi 
detrattori, da un mix di rancore storico per un abbandono reale delle infrastruttu-
re e dei servizi (dal ponte sull'Allaro, alle ferrovie, all'ospedale di Locri) e da una 
rassegnazione fatalistica, che guarda con invidia  e  quasi fastidio  a tutto ciò  che 
non vi si adatta. Un kafkiano "tanto peggio tanto meglio", ormai troppo aduso al-
le architetture spoglie delle case mai terminate che ingombrano il cielo, per riusci-
re a guardare con speranza all'orizzonte prossimo.
Mimmo Lucano può far bene alla rifondazione civile della Locride, tanto quanto
ha fatto del bene alle persone che ha accolto. Il suo esempio rinnova in questa ter-
ra quei valori di accoglienza ereditati dalla Magna Grecia e mai del tutto smarriti.
Spero pertanto  che vi resti a lungo, e che la sua piccola  Città del Sole  restituisca 
un pò di vista all cecità istituzionale e civica di chi lo contrasta .
(Sociologia, Università di Padova)

Lucianone