lunedì 17 aprile 2017

Cultura / LIBRO recuperato - "Rosso nella notte bianca" di Stefano Valenti

17 aprile '17 - lunedì                   17th April / Monday                           visione post - 31

Una storia di Resistenza e di vendetta:
questa, dice lo scrittore Stefano Valenti, è "la mia
Valtellina bianca di neve rossa di sangue"

(da la Repubblica - 10 aprile '16 - Milano/Cultura - Annarita Briganti, con intervista)
La vendetta è un piatto che va servito freddo. Nel caso del nuovo romanzo di Stefano Valenti,
Rosso nella notte bianca (Feltrinelli), Ulisse ci mette 48 anni per "sistemare le cose".  Nel no-
vembre del 1994 il protagonista, settantenne, torna in Valtellina, aspetta un altro anziano del
paese davanti al bar e lo uccide a picconate.  Scopriremo  cosa  l'ha  spinto  a  questo  ge-
sto estremo, che ha a che fare con la morte di sua sorella e con la scia di sangue della Re-
sistenza, che si combatteva su quei monti.  Premio Campiello Opera Prima con La fabbrica
del panico, classe '64, valtellinese, Valenti fa rivivere una letteratura montanara e di "lotta"
che comprende nomi quali Revelli, Rigoni Stern e il Fenoglio di Una questione privata, cita-
to in epigrafe.
Che cos'è la Valtellina per lei?
"Mio padre faceva l'operaio a Sesto San Giovanni. A quarant'anni ha mollato tutto per fare
il pittore, tornando sulle montagne, dove vivevano i nonni, portando con sè la sua famiglia.
Dai 3 ai 13 anni sono cresciuto in questa terra, che ha il più alto tasso di suicidi  insieme al
Trentino  e  al versante austriaco della Svizzera. Se alzi gli occhi, non vedi il cielo. I terreni 
sono difficilmente coltivabili. C'erano povertà e emigrazione. Anche quando mi sono ritra-
sferito a Milano, per completare gli studi, sono rimasto legato a quei paesaggi.  E' il luogo
dell'infanzia dove cercare la forza data dall'ostilità della natura".
Secondo volume di una "trilogia sulla fabbrica", che ruolo ha il lavoro in questo libro?
"Sia Ulisse sia sua madre si spaccano le ossa in una fabbrica tessile della Valsusa. Il lavoro
in catena di montaggio era diviso in due parti di 4 ore con una breve pausa per fare tutto.
se avevi bisogno di andare in bagno prima, dovevi trovare qualcuno che ti sostituisse. Le
macchine  non si potevano  spegnere mai. si respiravano gas tossici.  Si estraeva  la ghisa
bollente dai forni.    "Ti mando in fabbrica se non studi", ci dicevano da piccoli, era il no-
stro lupo cattivo. I nuovi operai oggi sono i precari, ma non sono sicuro che siano al cen-
tro del dibattito politico e neanche di chi li rappresenti".
Vendicarsi è una cosa buona, in assenza, sembrerebbe, di giustizia?
" 'Rosso nella notte bianca'  è basato  sulla storia vera  di un ex partigiano, ma non è un
inno alla giustizia fai da te. Ulisse vendica sua sorella, segnata dalla violenza della guer-
ra, perchè è capace di farlo, essendo pazzo. M'interessa il disturbo psichico, che affligge
tutti i miei personaggi.  Soffrivo di depressione e attacchi di panico, che ho attutito con
la chimicsono malata e la psicoterapia. Mi sentivo in colpa per il mio stato, poi ho capito 
che tutti gli uomini, in gradazioni diverse, sono malati". 
Studi artistici, una carriera da traduttore, il successo come romanziere. Cosa rappresenta
la scrittura per lei?
"Se stessi bene, non starei chiuso in casa a scrivere. Scrivere ti da una visione più nitida
della realtà, ma non ti toglie il dolore. Ho scoperto che mi piaceva raccontare storie una
decina di anni fa, quando ho iniziato a tradurre, con sessioni di 10,12 ore  di  lavoro  al 
giorno, 7 giorni su 7. Prima avevo tentato di dipingere, avevo fatto lo scenografo, il mon-
tatore.  Il Campiello mi permette di tradurre meno, mi ha riscattato  dai "fallimenti" del 
passato, mi ha dato autostima. La scrittura è uno strumento per farsi amare, e qualche
volta funziona".

L' AUTORE

Stefano Valenti

Stefano Valenti (1964), valtellinese, vive a Milano. Ultimati gli studi artistici, si è dedicato alla traduzione letteraria. Il suo romanzo d’esordio, La fabbrica del panico (Feltrinelli 2013), ha vinto il Premio Campiello Opera Prima 2014, il Premio Volponi Opera Prima 2014 e il Premio Nazionale di Narrativa Bergamo 2015Ha ancora pubblicato con Feltrinelli Rosso nella notte bianca (2016). Per i “Classici” ha tradotto Germinale (2013) di Émile Zola e Il giro del mondo in ottanta giorni (2014) di Jules Verne.
Trama del libro / descrizione
Valtellina. Novembre 1994. Il settantenne Ulisse Bonfanti attende Mario Ferrari davanti al bar e lo ammazza a picconate. E, alla gente che accorre, dice di chiamare i carabinieri, che vengano a prenderlo, lui ha fatto quello che doveva.
Erano quarantotto anni che Ulisse mancava da quei monti. Dopo avere lavorato tutta la vita con la madre Giuditta in una fabbrica tessile della Valsusa, è tornato e si è rifugiato nella vecchia baita di famiglia, o almeno in quel che ne è rimasto dopo un incendio appiccato nel 1944.
Non un fiato, non un filo di fumo, non una presenza tutto intorno. In questo abbandono, tormentato da deliri e allucinazioni, Ulisse trascorre l’ultima notte di libertà: riposa davanti al camino, cammina nei boschi, rivive la tragedia che ha marchiato la sua esistenza. Dimenticato da tutti, si rinchiude come un animale morente in quella malga dove nessuno si è avventurato da decenni. I ricordi della povertà contadina, della guerra, della fabbrica, delle tragedie familiari, si alternano in una tormentata desolazione. Una desolazione che nasce dal trovarsi nel paese dove, nel 1946, è morta la sorella Nerina.
È la stessa Nerina a narrare quanto accaduto. Uno di fronte all’altra, la neve sullo sfondo, Ulisse e la giovane sorella si raccontano le verità di sangue che rendono entrambi due fantasmi sospesi sul vuoto della Storia.
Dopo La fabbrica del panico, Stefano Valenti fa della morte violenta di una giovane donna il trauma di un uomo, ossessionato dalla religione, e al contempo il trauma di tutta una stagione civile del nostro paese. Con una scrittura febbrile e allucinata, Valenti evoca passioni, crudeltà, tensioni mai sopite, destini che devono trovare compimento e voce.


Lucianone