LA FOLLIA DEGLI SMART DISTRICT
Sono in tutte le più grandi metropoli del mondo.
Fanno ricerca, innovazione, affari. Ma in molti
ormai li accusano di distruggere il tessuto sociale.
(da DRepubblica - 6/12/2014 - di Mara Accettura)
Da Barcellona a Boston, da Stoccolma a Seattle, da Seul a Medellin ogni città ne vanta
uno e se non ce l'ha apre un cantiere per realizzarlo. I distretti di innovazione sono di-
ventati il sogno degli urbanisti visionari di tutto il mondo: Quartieri dove ricerca e svi-
luppo si incrociano col business, dove istituzioni di ricerca e società affermate si mi-
schiano a start up, incubatori e acceleratori di business. Enclavi prlogressiste, giovani
e smart con free wifi e energia pulita, con l'obiettivo di incrementare la forza lavoro
del XXI secolo. Creare il futuro. Posti dove i nuovi Mark Zuckerberg di mattina fanno
l'università. di pomeriggio brainstorming negli uffici di fronte, e magari si inventano
la prossima app nello Starbucks sulla via principale e la sera vanno a cena con un inve-
stitore al ristotrante fusion dietro l'angolo. Una specie di utopia (o incubo a seconda dei
punti di vista) organizzata. - "Negli ultimi 50 anni il panorama dell'innovazione è stato
dominato da posti come la Silicon Valley", dice Bruce Katz, vicepresidente di Brookings
Institution e autore di The Metropolitan Revolution, "distretti periferici, campus isolati,
parchi di ricerca perfetti solo per le macchine, con poca enfasi sull'integrazione del lavo-
ro con la vita. Oggi assistiamo all'ascesa di un modello nuovo: dove le istituzioni di ri-
cerca più all'avanguardia sono vicine a start up e incubatori di business. Il tutto in posti
facilmente accessibili che contengono anche abitazioni, uffici e luoghi di intrattenimento".
Secondo il Brookins Institute, che ha pubblicato una lunga relazione, Cities as a Lab, De-
signing the Innovation Economy, le ragioni di questa esplosione sono tante: la nostra eco-
nomia più avanzata è naturalmente "aperta: premia la collaborazione, ha un forte appe-
tito per la vicinanza e l'integrazione che favorisce lo scambio veloce e simultaneo delle
idee. Non per niente una società come Pfizer si è trasferita vicino al Mit di Cambridge, a
due passi daòl gigante farmaceutico Novartis. Google ha aperto un megaufficio satellite
vicino alla Carnegie Mellon a Pittsburgh. E' il motivo per cui Pinterest ha lasciato la Si-
licon Valley per spostarsi a San Francisco vicino a Twitter e Salesforce.com. E' tramon-
tata l'era dell'inventore che crea in solitudine nel garage di casa. E anche i piccoli im-
prenditori arrivano a frotte in questi spazi collaborativi dove possono ridurre i rischi,
condividere i costi, avere accesso al capitale e mescolarsi ad altri inventori come nel ca-
so del Cambridge Innovation Center che ospita più di 600 società o del Benjamin's Desk
di Philadelphia, e 1871 a Chicago.
Il fenomeno della concentrazione si sposa a un grande cambiamento demografico: il
ritorno in città. Sempre più gente, parliamo del 40 per cento dei Millennials ma anche
di coppie senza figli e anziani, aspira a vivere in uno spazio urbano, dove tutto è colle-
gato e facilmente raggiungibile a piedi. - I distretti di innovazione, però, non sono tutti
uguali. "Li abbiamo divisi in tre gruppi", dice Julie Wagner, coautrice di Cities as a Lab,
"ci sono gli anchor plus, quelli che ospitano anche Università e Centri di ricerca che com-
mercializzano l'innovazione, come Boston col MIT, quelli che hanno reinventato il pae-
saggio urbano, come 22@Barcellona, che nel sito aveva un'industria tessile, e i parchi del-
la scienza urbani, come il Kista di Stoccolma. Ognuno ha i suoi punti di forza e altri su
cui deve lavorare. tutti si sforzano di creare un sistema collaborativo che sia inclusivo e
propaghi benessere nei quartieri circostanti". E' fiero Bert-Jan Woertman direttore del-
la comunicazione dellìHigh Tech Campus di Eindhoven, Olanda, che si è guadagnato la
reputazione del chilometro quadrato più smart di tutta Europa. "Fino al 2003 il panora-
ma di Eindhoven era dominato dal quartier generale di Philips. Nel giro di 11 anni il
il Campus ha cambiato il volto della città. Ha portato 10mila persone che provengono
da 80 stati diversi del mondo e lavorano per 135 diverse società, tra cui IBM, Philips,
Intel, tutte raggiungibili in bicicletta. La concentrazione favorisce il networking, che noi
stimoliamo anche tramite seminari, eventi sportivi e culturali. Il risultato è che Eindho-
ven produce il numero più alto di brevetti pro capite nel mondo al ritmo di quattro ri-
chioeste al giorno", dice. "Anche Seattle è un caso esemplare", interviene Enrico Mo-
retti, professore di Economia alla University of california, Berkeley, e autore di La nuova
geografia del lavoro (Mondadori). "Negli anni 70 Seattle sembrava la Detroit di oggi. Poi
è arrivato Bill gates, e Microsoft ha riportato ai fasti la città. Ma è difficile creare una Si-
licon Valley dal nulla perchè è difficile scommettere sulla "next big thing". Il mondo si
muove veloce. Io non so quale sarà il settore trainante del futuro e quali le imprese vin-
centi, ma di certo l'innovazione verrà creata dove c'è un alto tasso di scolarizzazione, una
forza lavoro flessibile e una pressione fiscale non opprimente".
raggruppare un pò di persone in edifici cittadini è il modo di far volare scintille crea-
tive?", si è chiesta Elizabeth Winkler su The New Republic. Secondo lei la collabora-
zione sarebbe una mera distrazione: le invenzioni più geniali in realtà sono opera di
maverick, persone fuori dal coro come Steve Jobs. "Il vero catalizzatore dell'innova-
zione è la solitudine, perchè permette alle persone di portare al limite la loro perfor-
mance e il loro potenziale", dice. E citando Il potere degli introversi di Susan Cain
aggiunge che "il pensiero di gruppo minaccia di soffocare la produttività, perchè ele-
va lo spirito di collaborazione su tutto il resto. Steve Wozniak di Apple non ha creato
il primo pc in mezzo a una marea di persone ma ha lavorato per mesi e mesi da solo".
Una cosa è certa: anche se non producono Steve Jobs a frotte, i distretti di innova-
zione accelerano la crescita economica. Non a caso John Summers, direttore di The
Baffler, magazine di sinistra, li ha soprannominati Zuckerstan senza Zuckerberg,
enclavi esclusive orientate al business più che alla vera innovazione. Lui, che vive
a Cambridge, Massachusetts, ha assistito allo stravolgimento della sua città, rac-
contandolo in uno dei saggi di No Future for You: Salvos from hTe Baffler. "Gratta-
cieli aziendali tutti uguali stile Frank Gehry proliferano come funghi. Gli impren-
ditori che ci lavorano sono quasi tutti maschi, bianchi, senza figli, workhaolic
che rimangono in città per poi emigrare in un altro distretto. Parliamo di quar-
tieri senz'anima, l'antitesi dello spirito di comunità. Negli ultimi anni ho visto i
prezzi delle case schizzare verso l'alto, al punto che le famiglie con bambini emi-
grano. I negozi tradizionali sono stati sostituiti da centri commerciali e cocktail
bar. La povertà e il numero dei senzatetto sono cresciuti. Gli innovation district
nascondono la privatizzazione dietro la foglia di fico della collaborazione. Hanno
costi molto alti: la disintegrazione del tessuto sociale di una città". Nella vicina
Boston, scrive il Boston Globe, "mentre le società farmaceutiche globali costrui-
scono nuovi laboratori, giganti di internet come Google e Twitter si espandono,
e le start up si accaparrano uffici ad affitti stellari, le famiglie che vivono all'om-
bra di questa economia e che affluiscono ai discount alimentari sono triplicate
negli ultimi dieci anni. La lista d'attesa per le case popolari è raddoppiata, i letti
nei rifugi dell'Esercito della salvezza sono sempre pieni".
Allora che tipo di innovazione producono questi distretti? Inutile farsi illusioni.
"Solo quella che crea ricchezza: quindi che coopta grandi donatori e remunera
gli investitori". L'importante insomma è che i soldi circolino. Summers cita il
caso di Novartis, colosso farmaceutico che finanziando la ricerca a suon di mi-
lioni è diventato praticamente impermeabile a qualsiasi critica.
"Io la ricaduta benefica sulla città non la vedo affatto", conclude Summers, "la
verità è una: noi, i vecchi residenti, che viviamo accanto a questi distretti e svol-
giamo lavori più tradizionali, ci sentiamo come aragoste in una vasca dove la
temperatura dell'acqua si alza sempre di più".
Riflessioni personali
Continua... to be continued...