mercoledì 23 gennaio 2013

L'intervista - Frank Kermode e l' Inghilterra che non c'è più

23 gennaio '13 - mercoledì       23rd January / Wednesday             visioni post - 21

"Così è finita la mia Inghilterra"
Lo disse il noto critico letterario Frank Karmode nel 2009
(allora novantenne) in un'intervista rilasciata a Franco
Marcoaldi. In quell'anno la regina lo aveva fatto "Sir",
una rarità concessa in Inghilterra ai grandi personaggi.
Nell'intervista Karmode rimpiange la scomparsa della
tensione morale e della sobrietà proprie del suo Paese,
con alcune eccezioni: "Ma Oxford e Cambridge resistono".

(da 'la Repubblica' - 29/12/2009 -  di Franco Marcoaldi) 
Cambridge -
Il più importante critico letterario inglese contemporaneo, Sir Frank Karmode,
compie novant'anni. E festeggia la ricorrenza a modo suo, ovvero continuando
a lavorare: ha appena pubblicato un libro di saggi su Forster e consegnato un
libretto d'opera su re Lear ('La fine promessa') con musiche di Alexander Goehr:
spettacolo che debutterà al Covent Garden il prossimo autunno.
Frank Karmode è "Sir" da quando la regina Elisabetta lo ha indignito di tale
titolo per i suoi indiscussi meriti di studioso. E la cosa lo ha di certo inorgo-
glito, ma il Nostro non va meno fiero  di come vennero festeggiatii  i suoi 80
anni: quando a celebrare il compleanno fu un intero stadio, pieno dei tifosi
dell'Arsenal, compagni di fede calcistica. - L'uomo, del resto, è davvero spe-
ciale: un irripetibile mix  di erudizione  e  semplicità, dissimulata vanità  e
fatalismo cosmico. Ne fa fede, accanto ai suoi celebri studi su Shakespeare,
una spassosa autobiografia, 'Not entitled', che già nel titolo gioca con più
significati, tutti pertinenti.
'Senza titolo': Kermode nasce infatti  nel 1919  da una modesta famiglia an-
glicana in un luogo inglese e non inglese al medesimo tempo: l'Isle of Man.
Che non è un'isola qualunque, ma a suo modo una nazione: con tanto di lin-
gua, bandiera e moneta.  -    Se però l'Isle of Man ambisce oggi al ruolo di
"Montecarlo del nord", con straordinarie facilitazioni fiscali per le miglia-
ia di compagnie qui registrate, negli anni Trenta si presentava sotto un'al-
tra veste. La povertà era di casa, il senso di isolamento assoluto, il deside-
rio di fuggire irresistibile. Ma chi andava via, di solito, tornava.  Mentre
per Kermode si trattò di una scelta definitiva. - "In cambio ho dovuto ac-
cettare in Inghilterra - dice Kermode - una condizione di perenne, anche
se lieve, estraneità". Da 'non avente titolo', appunto.

                  Sir Frank Kermode nel 2009

F. Marcoaldi: "Comincerei dall'inizio degli anni Cinquanta, data d'avvio del
suo insegnamento a Reading e occasione di incontro con il nostro Luigi Me-
neghello, che cominciava  a sua volta  la propria  carriera accademica   da
dispatriato".
F. Kermode: "Gigi (Meneghello) era un uomo tanto brillante quanto com-
petitivo: perfino nel tennis  voleva  vincere sempre, a tutti i costi.  Ma io
ebbi modo di conoscerlo, da subito, anche in una veste completamente di-
versa da quella dello studioso e del futuro romanziere. Sua moglie Katia
attraversava un brutto periodo, e spesso veniva ricoverata in ospedale.
Così Gigi, che non era certo predisposto per la vita domestica, si doveva
occupare della casa. Lanciandosi nella preparazione di cene spericolate
e disastrose.".
F. Marcoaldi: "Meneghello rimase soggiogato dalla forma mentis dell'Inghilterra
dell'immediato dopoguerra: dalla sua sobrietà, decenza, antiretorica".
F. Kermode: "Sì, ma questo accadeva molto, molto tempo fà. Intanto eravamo
tutti poveri. Se avevamo un lavoro, era malpagato.  Andare  al  ristorante  era
una chimera, e se qualcuno rimediava una botiiglia di gin la teneva nascosta
per Natale. C'era però, questo è vero, una tensione morale, che con il tempo
si è completamente persa".
F. Marcoaldi: " Quell' Inghilterra, dunque, non esiste più?".
F. Kermode:"Assolutamente no. E io lo verifico giorno dopo giorno, con un
sentimento di progressivo isolamento. Perchè i miei coetanei, ovviamente,
sono sempre di meno. E con le persone delle generazioni successive la di-
stanza si fa sempre più grande- La ragione è semplice e rimanda all'espe-
rienza della guerra. Io sono stato in Marina dai 20 ai 26 anni : come ma-
rinaio ero  un assoluto disastro, ma le posso assicurare  che si è trattato
dell'esperienza più importante della mia vita.
F. Marcoaldi: "Nella sua autobiografia ne parla a lungo, riferendo una serie di
episodi esilaranti. E assieme emerge tutta la sua fascinazione verso quanyi ave-
vano competenze pratiche di cui lei non era dotato".
F. Kermode: "La settimana scorsa leggevo un'autobiografia del premio No-
bel William Golding, che aveva qualche anno più di me: sei per la precisio-
ne.   Prima della guerra, Golding faceva l'insegnante  in  una piccola città.
Poi venne chiamato alle armi e si trasformò in un vero militare. Non come
me, che mi sentivo lì per caso. No, lui esercitava ruoli di comando ed ebbe
una parte importante anche nello sbarco del '44. Ebbene, quell'esperienza
fu assimilata  con tale profondità, che proprio grazie ad essa  divenne poi
scrittore. La sua vita, insomma, fu tagliata in due dalla guerra. Prima era
un giovanotto qualunque, che faceva lo stupido con le ragazze, o si anno-
iava. Dopo, scoprì il significato delle parole coraggio, solidarietà, soprav-
vivenza.".
F. Marcoaldi: "Sa meglio di me che è un discorso pericoloso: se ne potrebbe
desumere che per fortificare le società occorrono le guerre".
F. Kermode: "Ovviamente, non dico questo.  Dico soltanto che nel momento
storico in cui cessò la necessità di assumersi rischi  e si ridussero le difficoltò
nella vita quotidiana, anche la morale subì delle trasformazioni. In quegli an-
ni era comparso un nuovo senso della comunità. La povertà veniva vissuta
in modo dignitoso. Le sofferenze e le privazioni  determinavano una tempe-
ratura etica più alta".
F. Marcoaldi: "E il primo segnio di mutamento quando c'è stato?"
F. Kermode: "Direi tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Ses-
santa. Ma il vero precipizio verso il basso è recente. So che per voi italiani
l'ultimo scandalo  che ha visto coinvolti  ministri  e parlamentari inglesi, è
ben poca cosa.   Ma un evento del genere, nell'Inghilterra post-bellica, sa-
rebbe stato inconcepibile"
F. Marcoaldi. "Abbiamo parlato dei cambiamenti sociali. Quali sono stati
invece i cambiamenti dell' accademia inglese, negli ultimi cinquani'anni?".
F. Karmode: "Altrettanto giganteschi. Pensi solo che quando cominciai io
c'erano in tutto il Paese otto professori ordinari di Letteratura inglese. Og-
gi ce ne sono 500. E nel frattempo si sono moltiplicate le sedi universitarie,
soprattutto nel nord, dove peraltro nessuno vuole andare. Così cresce il nu-
mero degli studenti, ma non la qualità dei professori".
F. Marcoaldi. "E Oxford e Cambridge, invece, come se la passano?"
F. Karmode: "Non  insegno più da tanti anni, ma credo che la qualità sia
ancora molto alta. Magari tra i professori non ci sono più figure straordi-
narie, ma si tratta comunque di persone competenti. Certo, come in tutto
il mondo, l'università sta diventando un parcheggio.  Però, non il peggio-
re dei parcheggi. Saltato il rapporto tra formazione e mercato del lavoro,
è importante se non altro che si educhino i ragazzi al piacere della cono-
scenza.  E credo che Oxford e Cambridge ottemperino ancora a questo 
compito".
F. Marcoaldi "Abbiamo parlato dei mutamenti intervenuti nella società e
nell'università. Vorrei sapere ora di quanto è accaduto nell'ambito della
critica.  E non della critica accademica, ma di quella militante, visto che
lei è attivissimo tanto sulla London Review of Books, quanto sulla New
York Review of Books."
F. Karmode: "Collaboro sin dal primo numero con la London Review,
che sta pr festeggiare i trent'anni di vita. Vi ho scritto più di 200 saggi,
purtroppo pagati molto meno di quelli della New York Review. Ma lo
stato di salute della rivista londinese è molto buono, decisamente mi-
gliore di quello dei quotidiani.     Pensi che se ne vendono cinquanta,
sessantamila copie.    Un fatto importante, perchè sono riviste come
queste a formare nel tempo un pubblico di autentici lettori. E sa Dio,
quanto ce n'è bisogno".




Lucianone

Inchiesta - I privilegi della casta militare / Generali e affini

23 gennaio '13 - mercoledì    23rd January / Wednesday             visioni post - 94

Introduzione necessaria
In questi giorni si discute e polemizza sui caccia F-35, facendone argomento
di campagna elettorale. Si grida allo spreco per apparecchi dell'aeronautica
militare destinati alla Difesa, spreco per l'alto costo dovuto all'alta tecnolo-
gia impiegata (hi-tech) e  per l'alto numero  di caccia che verrà prodotto, in
totale 253 per svariati miliardi di euro di spesa.  Altre voci dicono  che da-
ranno lavoro  a migliaia di persone, e che sono strategici  "per non perdere
(in Europa) il patrimonio tecnologico"; in parole povere o si è dentro o si è
fuori, sottolineano imprenditori e militari.  E per essere dentro  l'Italia inve-
stirà 15 miliardi  (sì, proprio 15!) di euro, ma  le aziende  del nostro Paese
hanno già  (così dicono i bene informati) contratti per 807 milioni di dollari,
e alla fine potrebbero arrivare  a superare  gli 11 miliardi di euro, facendo
rientrare in Italia, oltre ai jet, gran parte dell'investimento. E' il colonnello
Lupoli a sottolineare che con il programma sui caccia F-35 (denominato Isf)
l'Italia ha vinto una sfida straordinaria, entrando in un progetto complessivo
di grande integrazione fra alleati, ma allo stesso tempo convincendo la rilut-
tante Lockhneed-Martin  a dislocare  una linea produttiva in Italia, sia pure
sorvegliandone da vicino gli standard di qualità. Quelle che non sono state
superate, però, sono le perplessità di tipo strettamente militare: la tecnolo-
gia Stealth , che dovrebbe permettere all'aereo di volare senza farsi vedere
dalla maggior parte dei radar, sarà sotto stretto controllo del Pentagono. E
l'ultima fase, quella di controllo della effettiva "invisibilità", dovrà restare
off limits per i tecnici italiani.
Da tutto ciò si desume facilmente che, alla faccia di tutte le sacrosante pro-
teste sugli sprechi di questo progetto, le cose andranno senza dubbio avanti
e il progetto si completerà. - Premesso che, personalmente, trovo inutile la
produzione di questi caccia F-35 (oltre tutto inserita in un progetto in cui il
nostro Paese ha un ruolo oltremodo subalterno se non servile) in quanto og-
getti oltre chè costosissimi in questo periodo di crisi estrema anche oggetti
di guerra e di distruzione, non di pace nè di difesa - Dunque premesso tutto
ciò, arrivando al punto  di cui è oggetto  questa inchiesta  (i privilegi della
casta dei vertici militari), mi chiedo perchè in questa campagna elettorale
ci si è concentrati tanto finora sugli F-35, dimenticando di parlare appunto
della casta di coloro che comandano le nostre Forze armate e dei loro as-
surdi privilegi alla faccia della povertà che sta entrando sempre più nelle
famiglie italiane.
Avendo trovato materiale giornalistico sufficiente a descrivere fino a che
punto è arrivata la quantità di privilegi di questi alti militari, non da meno
certo di quella dei parlamentari, eccolo a disposizione.
(Lucianone)

I vertici delle Forze armate
Hanno stipendi d'oro e trattamenti arcaici.
I comandanti sono più dei comandati e non
saranno ridotti.
La carriera
Promossi a prescindere dai posti vacanti e
prima del congedo: così si aggira il blocco
delle buste paga imposto fino al 2014.
Gli alloggi
In 44 hanno appartamenti di rappresentanza
a canoni vantaggiosi ma almeno la metà, se-
condo le stime, sarebbero superflui.
E poi superpensioni e auto blu: sono i benefit
risparmiati dai tagli alle Forze armate.

(da 'la Repubblica' - 9/11/2012 - di Fabio Tonacci)
Le mandorle salate dell'ammiraglio Giuseppe de Giorgi non si toccano.
I benefit dei generali nemmeno. Le pensioni devono rimanere dorate, an-
che se calcolate in base a logiche risalenti ai tempi della Guerra Fredda.
La spending review delle Forze armate faccia pure  il suo sporco lavoro,
ma da un'altra parte.   Si riduca la truppa, se serve, o si taglino i mare-
scialli, però i privilegi delle alte sfere militari devono rimanere.
In tempi di austerity (forzata) che ancora qualcuno che lucida le maniglie
d'oro degli sfarzosi appartamenti di rappresentanza. Chi sono ogi i privi-
legiati della Difesa italiana? Quali sono i benefit arcaici ancora concessi?
Eccoli sotto descritti
Il buffet dell'ammiraglio
Bisogna leggerla tutta la mail che il Capitano di Vascello Liborio Francesco Palombella
spedisce  ai  suoi  sottoposti , il 3 maggio 2012, alla visita dell'ammiraglio Giuseppe De
Giorgi sulla "Caio Duilio" ormeggiata a La Spezia  "All'arrivo del Cinc (Comandante in
capo della squadra italiana, ndr) prevedere in quadrato l'aperitivo con vino bianco ghiac.
ciato, mandorle salate, grana, olive verdi, pizzette, rustici, tartine. Prepararsi a servire
caffè d'orzo o tè verde". In un'altra mail, un ufficiale ricorda a tutti i gusti dell'ammira-
glio, guai a sbagliare:   "Il caffè con orzo in tazza grande, , senza zucchero, macchiato
caldo. Il tè verde, senza zucchero". - Quell'accoglienza da impero borbonico riservata-
gli a Taranto l'8 settembre scorso a bordo dell'incrociatore Mambella  (camerieri, tar-
tine, champagne  e  ovviamente mandorle), di cui hanno dato conto i giornali, non era
dunque un caso. E mentre a La Spezia si domandano se l'ammiraglio gradisca il caffè
in tazza grande o piccola, a Kabul ai soldati italiani  non è più concesso  di andare a
mangiare alla mensa americana, più abbondante e costosa.    Stona, in tempi di crisi,
qualsiasi forma di sperpero di denaro pubblico. E quella dell'ammiraglio de Giorgi
è solo una delle 400 e passa casi di benefit e favori goduti da chi ha il grado di gene-
rale.
Comandanti e comandati
Parlano i numeri. Tra Esercito, Marina e Aeronautica  ci sono  425 generali  per 178
mila militari. Negli Stati Uniti sono 900, ma guidano un comparto che con 1.408.000
uomini è quasi dieci volte quello italiano. Per dire, noi abbiamo più generali di Cor-
po D'Armata, 64, che Corpi d'Armata, circa una trentina. 2A essere generosi, in Italia
basterebbero 150 generali per svolgere gli stessi compiti  -  scrive Andrea Nativi nel
rapporto 2011 della Fondazione Icsa, che si occupa di Difesa e intelligence. Gli esu-
beri concentrati nei gradi apicali degli ufficiali devono essere smaltiti in fretta attra-
verso provvedimenti straordinari, altrimenti rimarranno una zavorra costosa e pena-
lizzante"  -  Siamo arrivati al paradosso che i comandanti sono più dei comandati: 94
mila ufficiali e sottoufficiali, 83.400 uomini e donne della truppa. Nei prossimi due
anni il personale, civile e militare, sarà tagliato di 8.571 unità. Entro il 2024, si leg-
ge nel ddl di revisione appena approvato dal Senato, i 178 mila scenderanno a 150
mila. Ma i generali no, loro non si toccano. Perchè avere la greca sulla spallina si-
gnifica godere di uno status privilegiato.  Un generale di Corpo d'armata  (il grado
più alto, tre stellette) percepisce in servizio uno stipendio annuale di 120 mila euro,
circa 7 mila euro netti al mese. Non ha limitazione alle ore di straordinario che può
fare. Ha diritto all'alloggio di servizio a canone agevolato nelle zone migliori della
città, al telefonino, in alcuni casi all'autista (l'anno scorso sono state acquistate dal-
la Difesa 19 Maserati per gli alti ufficiali), a soggiorni low cost nelle decine di fore-
sterie della Difesa. alcune in località turistiche di pregio  come Bardonecchia o Mi-
lano Marittima.  E quando raggiunge la pensione, per effetto di indennità varie, del
sistema retributivo ancora in vigore per gli anziani e della cessazione del versamen-
yo dei contributi all'Inpdap, si ritrova con un mensile superiore a quello in servizio.
Il superstipendio del vice
Si chiama Sip l'eldorado dei generali. Che traducendo è Speciale indennità pensio-
nabile, un emolumento ad personam che fa schizzare lo stipendio dei dirigenti in alto.
Molto in alto. Spetta al Capo di stato maggiore della Difesa, il generale Biagio Abra-
te (482-019 euro all'anno), ai tre  Capi di stato maggiore di Esercito, Aeronautica e
Marina (481,006 euro, al comandante generale dell'Arma dei Carabinieri Leonardo
Gallitelli (462. 642 euro) e al segretario generale della Difesa Claudio De Bertolis
(451.072). Cifre che superano ampiamente i 294 mila euro annuali  (il trattamento
riservato al Primo presidente di Cassazione) indicati dal "decreto salva-Italia" co-
me tetto per gli stipendi dei manager pubblici. In sei costano al ministero 2,8 milio-
ni di euro. Gli stessi soggetti, quando lasciano, ricevono una liquidazione che sfio-
ra il milione di euro e una pensione da 15 mila euro netti al mese.
Una Sip, anche se ridotta nel valore, viene misteriosamente concessa anche al vice
comandante dei Carabinieri. "Ciò aveva un senso fino a quando c'era un generale
dell'Esercito a ricoprire il ruolo di vertice dell'Arma, non ancora promossa a forza
armata. - spiega una fonte qualificata del Cocer, l'organismo di rappresentanza mi-
litare interna - Era un modo per gratificare il carabiniere più alto in grado.   E' dal
2000 che c'p un Comandante carabiniere, ma la Sip al suo vice è rimasta". E non
è un caso che per quel ruolo  si siano avvicendati, dall'inizio del 2102 ad oggi, già
tre ufficiali e di media non si rimane in carica più di un anno.
Le promozioni di carta
Si scopre poi che la carriera della dirigenza militare, e solo quella, è un moto inarrestabile
verso l'alto. Nelle amministrazioni pubbliche si viene promossi quando si libera un posto.
Qualcuno esce, qualcuno entra, elementare principio di contenimento degli sprechi. Sot-
to le armi no.. I generali vengono promossi a prescindere  dall'esistenza di un posto va-
cante. La commissione Difesa della Camera lha messo nero su bianco, prevedendo che
il generale di Divisione (2 stellette) con almeno un anno di permanenza in quella posizio-
ne possa avanzare al grado superiore anche se in soprannumero. Altro regalo che ha re-
sistito ai tagli è la promozione automatica immediatamente prima del congedo. Il giorno
antecedente alla pensione si sale di grado. Più stelle sulle spalline, più benefit.
Il sistema delle "promozioni di carta" riesce anche ad aggirare  il blocco dele buste paga
imposto alle amministrazioni pubbliche fino al 2014  grazie al'istituto della omogeneizza-
zione stipendiale: gli ufficiali dopo 23 anni in servizio senza demerito ottengono, a pre-
scindere dal grado ricoperto, la retribuzione fissa del generale di brigata, circa 3.100
euro netti. "Certo, gli stipendi medi dei soldati italiani sono nel complesso inferiori ri-
spetto a quelli dei colleghi inglesi o francesi - sostiene Emilio Ammiraglia, segretario
nazionale di Assodipro, associazione  di militari  in pensione  che punta a introdurre
nelle forze armate  un sindacato  con una vera autonomia operativa - ma quando si
parla dei capi, il discorso cambia". E più guadagnano meno devono spendere.
Gli appartamenti extralusso
A oggi sono 44 i generali e gli ammiragli a cui è stato concesso  l'alloggio di servizio
e rappresentanza, il famoso Asir, l'extralusso del parco immobiliare della Difesa.
Per mantenerli tutti, lo stato spende 4 milioni di euro all'anno. Del resto si devono
lucidare appartamenti con 400 metri quadri di parquet, 143mq di marmo, 188mq
di maioliche, ascensore con moquette e terrazzo di 275 mq, come nel caso della
residenza riservata al Capo di stato maggiore dell'Aeronautica in via del Pretoriano
a Roma.

Lucianone