giovedì 28 luglio 2016

IDEE / per capire il moderno delirio terroristico

28 luglio '16 - giovedì              28th July / Thursday                     visione post - 16

(da la Repubblica - 22 luglio '16 - Massimo Recalcati)
Quei giovani psicotici e il delirio terroristico 
Gli ultimi atti terroristici ci obbligano a guardare in un nuovo abisso. Siamo franchi:
la crudeltà dell'assassino del Tir o del ragazzo diciassettenne con l'ascia poco hanno
a che fare  con l'identificazione fanatica  alla Causa che ispira  l'adesione al radicali-
smo islamico. L'abisso dentro il quale dobbiamo guardare è quello della violenza co-
me manifestazione dell'odio puro verso la vita che indubbiamente il terrorismo isla-
mico ha contribuito decisamente a diffondere. - Si tratta di una violenza che non co-
nosce più argini etici e che, di conseguenza, è al servizio della morte. Sono soprattut-
to i giovani, i giovanissimi che si armano per colpire non i loro nemici ma altri esseri
umani senza differenza di razza, sesso, età, ceto sociale, religione. Perchè?  La giovi-
nezza non dovrebbe essere  il tempo  dell'apertura della vita, del suo fiorire? Non sa-
rebbe più predisposta della vita adulta alla contaminazione, al contatto, al confronto,
al rispetto della libertà? Sappiamo che la giovinezza è il tempo della vita più esposto 
alla crisi: non è l'infanzia protetta dalla figura del genitore; non è ancora la vita adul-
ta segnata e rafforzata dalle spine dell'esperienza.  
La giovinezza è il tempo dove lo scarto tra il pensiero e l'azione rischia di farsi troppo
esile, dove l'onnipotenza del pensiero  può giungere a negare l'esistenza stessa  della
realtà. Gettarsi a valanga contro una massa di esseri umani  in festa  non è uccidere
nel nome di Dio, ma uccidere nel nome della propria illusione di onnipotenza. L'odio
per la vita in questo caso si manifesta come la forma più estrema  del culto disperato
del proprio Io. Il contrario della violenza animata dall'ideologia che vorrebbe invece
cancellare l'Io.  -  Ho sempre pensato che i sintomi della concezione cinica e narcisi-
stica dell'esistenza che domina l'Occidente  siano il rovescio speculare  di quelli del
fondamentalismo islamico come se si trattasse di due facce della stessa medaglia.
Da una parte il crollo dei valori, dall'altra la loro furiosa restaurazione; da una
parte il libertinismo della perversione, dall'altro il cemento armato della parano-
ia; da una parte una libertà senza ideali, dall'altra l'ideale come bussola infallibi-
le; da una parte il pragmatismo disincantato, dall'altra il fanatismo più folle; da
una parte l'esibizionismo senza veli dei corpi, dall'altra la repressione più austera.
I più recenti episodi di terrorismo mi obbligano a ripensare questa opposizione:
la violenza feroce di soggetti isolati non può essere fatta rientrare nello schema 
del fanatismo paranoico della Causa che si rivolta contro la concezione immora-
le e pagana della vita dell'Occidente.  Il passaggio all'atto  dei giovani del Tir  e 
dell'ascia non credo siano ispirati da nessuna vocazione martirizzante, nè tanto-
meno da una volontà, seppur delirante, di redenzione. Nè credo possano essere
considerati il risultato di una cospirazione politico-militare come invece è avve-
nuto chiaramente a Parigi.lo scorso novembre.   Sembrano piuttosto scaturire 
dai fantasmi più oscuri della mente psicotica. Le scene stesse degli attentati as- 
somigliano sempre più a vere e proprie allucinazioni. Ma cos'è un'allucinazione?
Per Freud è un modo estremo per evitare la frustrazione imposta dalla realtà ne-
gandola fLa violenza dell'allucinazione evita il cammino necessariamente lungo
della lotta e del lavoro per trasformare la realtà. Semplicemente, come in un so-
gno ad occhi aperti, la cancella.  In questo senso questa nuova  forma della vio-
lenza non si inserisce in nessuna strategia militare. E' il nuovo abisso dentro il 
quale siamo costretti a guardare: sono giovani, probabilmente psicotici, che agi-
scono allucinatoriamente trascinando nel loro delirio vittime innocenti. Non si
tratta di una violenza ideologica ma erratica, una violenza che sfugge al gover-
no di ogni esercito compreso quello del terrore.   Essa non agisce più in nome
dell'Ideale, ma è senza meta, senza legge, senza senso. Non risponde a proces-
si di indottrinamento (radicalizzazione islamista "rapida" o "auto-radicalizza-
zione") ma sembra indicare un rovesciamento perturbante, di prospettiva: la
sua volontà di morte non ha nessuna altra meta se non se stessa.  Non è Dio
l'interlocutore di questi atti - nemmeno il Dio folle che semina odio  e incita 
alla morte degli infedeli - perchè sono atti senza l'interlocutore. L'operazio-
ne tentata dall'Is consiste nel reclamarli a sè  in un travestimento idelogico
di tipo illusionistico. -     Al contrario questa violenza è davvero senza meta, 
ma una sorta di giustificazione e di incentivazione.  E' violenza allucinata 
che trasforma la vita in morte, violenza puramente nichilistica se il nichi-
lismo e queel'esperienza, non solo individuale ma collettiva, del venire me-
no di tutti i valori, dunque del valore della vita stessa. -     In questo senso
questa violenza ci riguarda profondamente, ovvero riguarda il senso stesso
della vita.  Lo schema, di natura ancora paranoica, del gesto terrorista do-
ve è l'Ideale a nutrire  la mano di chi spara  contro il nemico, deve essere
corretto: l'ideologia non è la Causa  ma solo  una giustificazione a poste-
riori dello scatenamento della violenza come puro odio verso l'insensatezza 
della vita. Il fatto che i suoi protagonisti siano giovani o giovanissimi mette 
ancora una volta al centro  il grande problema  del rapporto  tra le genera-
zioni e quello dell'eredità.   Non si diventa assassini   perchè  Dio lo vuole,
ma perchè la vita, questa vita, la nostra vita, la vita che lasciamo ai nostri 
figli, è fatta di nulla, è senza valore, non vale niente.

Lucianone

Scienze - Dna: le nuove frontiere fra vita e morte

28 luglio '16 - giovedì                  28th July / Thursday                 visione pubblico - 14

ANCORA VITA DOPO LA MORTE NEL Dna
Molti geni restano attivi per giorni
Possibili vantaggi per i trapianti

(da 'L'Arena' - 24/06/'15 - Leonardo de Cosmo)
Anche dopo la morte nel Dna "la vita" prosegue e per la prima volta se ne ricostruisce una
mappa completa. E' stata realizzata per ora su topi e pesci, nei quali l'attività dei geni prose-
gue almeno fino a quattro giorni dopo il decesso, e potrebbe avere importanti applicazioni
per migliorare le tecniche dei trapianti e studiare le tracce lasciate sulla scena del crimine.
Lo indica lo studio coordinato dal microbiologo Peter Noble, dell'università di Washington
a Seattle, per ora pubblicato sul sito BioRxiv, che non richiede la revisione della comunità
scientifica, e citato sul sito della rivista Science.  Quando un organismo vivente muore, non
tutte le attività cessano improvvisamente, molte cellule continuano infatti a svolgere alcune attività al loro interno per molte ore dopo il decesso.
Le ricerche condotte da Nobles su organismi  da molto tempo considerati dei modelli per i
genetisti, come il topo e i pesci zebra, ha allargato il ventaglio di geni da studiare. Dei mille
geni analizzati dai ricercatori, sono alcune centinaia quelli che continuano a funzionare do-
po la morte. Riuscire a classificare i geni attivi dopo la morte non è un compito faciole, per-
chè molti di essi svolgono funzioni diverse. Alcuni, per esempio, sono specializzati per en-
trare in azione in situazioni di emergenza; altri sono stati  una vera sorpresa  per i ricerca-
tori perchè sono legati allo sviluppo dell'embrione e sono perciò attivi nelle fasi iniziali del-
la vita e restano silenziosi per tutta la fase adulta per "risvegliarsi" inspiegabilmente dopo
la morte. Altri geni ancora sono noti per essere legati alla formazione e allo sviluppo dei tu-
mori.  "Sono risultati davv,ero interessanti", ha osservato il genetista Giuseppe Novelli, ret-
tore dell'università di Roma Tor Vergata. Conoscere e capire tutti questi geni è il prossimo
obiettivo della ricerca e le ricadute promettono di essere interessanti in molti campi. 
Per esempio, potrebbe diventare possibile controllare l'attività di alcuni genio per conserva-
re più a lungo e in sicurezza gli organi espiantati e destinati ai trapianti. Altri geni potrebbe-
ro entrare a far parte  della "cassetta degli attrezzi"  dei medici legali  per ricostruire  con  
maggior precisione la scena di un crimine. Sapere quali geni continuano a funzionare post
mortem e per quanto tempo restano attivi dopo il decesso potrebbe, per esempio, aiutare a
datare i campioni biologici presenti sulla scena del crimine. 

Lucianone