13 giugno '13 - giovedì 13th June / Thursday visioni post - 5
(da la Repubblica - 11/06/2013 - Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini)
Un percorso per l'Europa
Il tasso di disoccupazione in Francia è balzto al 10,8% nel primo trimestre del 2013
raggiungendo il livello più alto dal 1998, mentre i giornali hanno riportato, alcuni con
grande rilievo, altri con scettica sufficienza, le dichiarazioni del presidente Hollande
sulla necessità di riprendere decisamente il cammino verso l'unità politica europea.
Non è possibile ignorare queste dichiarazioni per l'autorità della persona da cui prio-
vengono e perchè sono pronunciate in nome di un Paese che si è distinto finora nel
difendere con accanimento competenze e prerogative nazionali. Tuttavia non è la pri-
ma voltra che il tema dell'unità politica viene appassionatamente evocato in Francia
(vedi Mitterand) senza che ne seguano misure corrispondenti. Anche nel discorso di
Hollande il richiamo all'unità europea non si accompagna ad alcuna misura specifica
rivolta a rafforzarla: la retorica europeistica non è un'esclusiva italiana.
Ricordiamo che le riforme realizzate sul cammino dell'unità sono state accompagnate
non da discorsi appassionati ma da un percorso concreto: ad esempio le modalità di
transizione dalle monete locali all'euro vennero stabilite dal Trattato di Maastricht
del 1992 relativo alla creazione dell'Unione economica e monetaria. Oggi sarebbe
quanto mai necessario definire un percorso segnato da scadenze temporali in un do-
cumento di impegno politico, così come è avvenuto per la nascita dell'euro.
Un gruppo di Pesi propulsori come la Francia, l'Italia e la Spagna potrebbe prendere
un'iniziativa in tal senso al fine di fare pressione sulla Germania, che si è sempre op-
posta ad una Banca Centrale sul modello della Federal Reserve, alla creazione di un
debito pubblico sovranazionale e all'emissione degli Eurobond per finanziare un gran-
de piano di sviluppo a livello continentale.
L'Europa si trova infatti di fronte ad un bivio: o diventa realmente uno Stato federale
con un bilancio, una politica estera, una politica della difesa, una politica industriale
ed energetica comuni oppure è destinata a disintegrarsi sotto i colpi dei mercati finan-
ziari.
La crisi economica, politica e sociale scoppiata nel 2007/2008 ha reso evidente come
la liberazione dei movimenti dei capitali avviata negli anni '80 (con la Thatcher e Re-
agan) abbia determinato un completo rovesciamento dei rapporti di forza sia tra capi-
tale e lavoro, sia tra capitalismo e democrazia. Con questa crisi è crollato anche uno
dei pilastri su cui si reggono l'economia neoclassica e l'ideologia liberista: il principio
secondo il quale i mercati sono razionali e si autoregolano. Il mantra dell'economia,
l'autoregolazione del mercato, si è dissolto improvvisamente e per molti (ma non per
tutti) inaspettatamente.
Ormai è chiaro che i mercati finanziari sono meccanismi autoreferenziali che amplifi-
cano le fisiologiche fluttuazioni cicliche: essi non tendono all'equilibrio ma generano
instabilità alimentando fenomeni di accumulazione "esplosiva". Quando c'è cresci-
ta i mercati gettano benzina sul fuoco e accelerano l'espansione; quando c'è una
crisi trascinano l'economia verso la depressione entrando in rotta di collisione con
gli stati, con i lavoratori e con le imprese industriali, specie con quelle piccole e me-
die che dipendono in modo preminente dal finanziamento bancario.
Alle tendenze distruttive dei mercati finanziari si è aggiunta la sciagurata decisione
di riequilibrare i bilanci pubblici che ha aggravato la fase recessiva dei paesi del
Sud Europa. Di conseguenza, il sistema bancario privato ha contratto ulteriormente
l'offerta di credito all'economia reale. Recessione, misure di risanamento, fughe di
capitali e restrizione del credito hanno prodotto una MISCELA ESPLOSIVA che ha
esasperato le difficoltà alimentando un circolo vizioso che potrebbe portare alla di-
sintegrazione dell'Unione monetaria.
Il fatto è che non abbiamo più tempo: dobbiamo passare dai discorsi retorici ad
azioni concrete se vogliamo salvare tutto il lavoro che ha portato alla costruzione
della moneta unica europea.
(da la Repubblica - 10 giugno 2013 - Enrico Franceschini incontra Garton Ash /
di Maurizio Bologni)
Lavoro ai giovani oppure l'Europa finisce qui
"La Germania ci ha dato ricette sbagliate, anche i tedesci cominciano a capirlo.
Occorre dare speranza ai giovani spagnoli, italiani, portoghesi e greci di trovare
un lavoro in due anni, altrimenti prevarranno i contrari all'Europa". Lo ha detto
Timothy Garton Ash, editorialista e professore di studi europei a Oxford nell'in
tervista condotta da Enrico Franceschini su "Perchè diventare europei fa paura
ai cittadini europei?". La risposta di Garton Ash: "La costruzione dell'Europa è
stata spinta da chi ha visto il brutto film della guerra, ma le nuove generazioni
non serbano il ricordo di quel brutto film e vedono che le cose vanno a peggiora-
re. Dobbiamo uscire in strada e chiedere loro perchè sono delusi e cosa vorreb-
bero. E penso agli Stati Uniti d'Europa come ad un ufo, da costruire con un meto-
do inedito, necessario per dialogare alla pari coi colossi tra cui tra cui ora Cina
e India". - Garton Ash ha puntato l'indice contro Mitterand e Andreotti: "Volle-
ro il marco nell'unità monetaria, ma rifiutarono alla Germania il controllo dei bi-
lanci di Francia e Italia e quindi l'unione fiscale".
Ammettere la Turchia nell'Ue? "Sì, è un Paese giovane che apre verso l'Oriente,
ma occorre che dimostri di avere i requisiti di democrazia, libertà, rispetto delle
donne e delle minoranze. Per mancanza di alcuni di questi requisiti l'Ue avrebbe
dovuto negare l'ingresso all'Italia se a chiederlo fosse stato un governo Berlu-
sconi. - Il politologo ritiene poi che l'euroscetticismo in Inghilterra possa essere
bilanciato da un auspicabile miglioramento economico e dall'europeismo di scoz-
zesi, irlandesi e gallesi. A Franceschini, che ha ricordato che il professore fu
chiamato a fare lezioni d'Europa a George Bush e Margaret Thatcher, ha repli-
cato: "Ho fallito con entrambi. Dopo la mia lezione la Thatcher si sedette in
punta di sedia e pronunciò una sola frase: "Ho capito, sarò gentile con la Ger-
mania".
Lucianone
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