17 luglio '21 - domenica 17th July / Sunday visione post - 3
(da la Repubblica - 12 luglio '21 - di Ezio Mauro)
La lezione dello sport
Anche la lotteria finale ha premiato la squadra migliore. e il Paese festeggia insieme la Nazionale
Anche la lotteria finale ha premiato la squadra migliore. e il Paese festeggia insieme la Nazionale
e se stesso, per una vittoria vissuta come un riscatto dopo la fatica e la paura di due anni terribili.
L'Italia che si ferma, in un rito collettivo, il Presidente della repubblica in tribuna a Wembley, i ca-
roselli per strada e i tricolori che tornano alle finestre. Ancora una volta scopriamo che lo sport
veicola ed esalta il sentimento nazionale, come se fosse diventato l'unica espressione umana capa-
ce di generare e legittimare democraticamente lo spirito patriottico , che in quest'epoca di scettici-
smo si ritrae dalla politica, dal'arte, dal cinema, dal dibattito culturale. Allo sport riesce ciò che
alle altre forme organizzate del nostro vivere sociale non riesce più. Forse perchè è l'ultimo rifu-
gio autorizzato dell'epica, che dunque accetta e pretende una retorica nel linguaggio, o magari
perchè non si consuma compiendosi come ogni cosa oggi, ma dura dilatandosi nella memoria
dei gesti mirabili, senza esaurirsi con la fine del match, sopravvivendo oltre lo spazio televisivo.
Tutto questo normalmente si immiserisce nella categoria istintuale e spesso selvaggia del tifo,
dove ognuno retrocede alla logica primordiale del clan. Ma anche per il tifoso c'è sempre un mo-
mento in cui il fatto sportivo chiede di essere considerato per se stesso, indipendentemente dalla
febbre del tifo. E' il momento in cui l'emozione si combina alla geometria e sfiora la matematica,
diventa suprema logica che solo il virtuosimo tecnico, tattico e atletico traduce in spettacolo. Qui
sta il segreto dell'autonomia dello sport, affondato in mille contraddizioni, contaminato da mille
infedeltà. Ma quel fondo di autentica interpretazione della mistica sportiva di una disciplina, qu-
ello stupore collettivo nel vedere la performance, il gesto, il colpo che vanno oltre la misura del
prevedibile compiendo ancora una volta la magia dell'impossibile, riscatta tutto nella fusione
perfetta della tecnica con l'estetica, fino all'esultanza per il superamento del limite.
Vale per ogni sport, e ogni volta spiega la dimensione sociale del fenomeno, dal calcio come os-
sessione ormai globale, al tennis che negli studi del sommo Clerici riscopre in Francia gli ante-
nati del XII secolo nel gioco della paume con le mani, coperte dai guanti bianchi, o nell'Enrico V
di Shakespeare, dove si parla di "palle da tennis" per la prima volta. O nella morale del rugby,
definito dagli inglesi l'unico modo onorevole di essere violenti. O nell'epopea del ciclismo, rias-
sunta nel Tour cantato da Gianni Mura, compendio di natura, fatica, paesaggio, salite, lavanda,
talento, fino a far dire a Marc Augè che il Tour, in realtà, è un villaggio che viaggia.
C'è in più la funzione mimetica dello sport, che pesca nel nostro deposito ancestrale di sugge-
stioni per trasfigurare l'attrazione eterna per la violenza dei riti in una moderna liturgia simbo-
lica. Che però riesce a mantenere tutta la potenza ordalica del duello, perchè impegna ugual-
mente corpo, mente, nervi, coraggio e astuzia, così come Conrad pretendeva dai duellanti "abi-
lità, bravura, vigore, risolutezza". Dante aggiunge che gli avversari, nel duello, "devono scen-
dere in campo non per odio nè per amore, ma di comune accordo". E introduce così un elemen-
to specifico della contesa sportiva: la lotta dentro le norme, la capacità dei contendenti di auto-
regolarsi mentre cercano di superarsi. In questo lo sport è addirittura pedagogico, oggi come
ieri, in quanto insegna che non tutto è possibile, nemmeno nel gioco, distingue il lecito dall'il-
lecito, pretende la disciplina della forza, impone un arbitrato terzo, per regolamentare il con-
flitto. Perchè abbiamo bisogno di tutto questo, perchè lo cerchiamo nello sport, perchè gli at-
tribuiamo un significato così generale, trasformando le sconfitte in proteste sociali, le scelte
tecniche in dibattiti culturali, le mosse tattiche in concetti strategici? Probabilmente eplichia-
mo nella modernità motivi custoditi nella memoria dei nosri istinti, rimessi in circuito dai ri-
tuali degli attori (Desmond Morris ha contato 28 diversi tipi di esultanza per un goal) che
chiedono una risposta-adesione ritualizzata ai tifosi: trasformandoli da semplici spettatori a
fedeli co-celebranti dello stesso culto che si sacralizza in campo, con gli elementi di ogni
passione privata vissuta in pubblico, cioè la gioia e la sofferenza. Perchè l'altra lezione del-
lo sport è la sconfitta, l'insegnamento che non si può vincere sempre, perchè il gioco è dav-
vero tale se il risultato è ogni volta indeterminato, e tutto può davvero accadere.
Ecco perchè l'epopea sportiva, come ha detto Roland Barthes, esprime "quel momento fragile
della storia in cui l'uomo, anche maldestro e gabbato attraverso favole impure, intuisce ugul-
mente un perfetto adeguamento tra sè, la comunità e l'universo". capita nelle giornate eccezio-
nali, quando la Nazionale di calcio lotta e vince la finale, Coppi stacca tutti sulla salita decisi-
va, la Ferrari taglia il traguardo per prima, Berrettini si gioca fino in fondo la chance a Wim-
bledon. Qui scopriamo il potere ideologico dello sport, che influenza il sentimento collettivo
del paese: anzi, certifica un'appartenenza, costituisce un'identità, genera un'unità che non è tra
diversi (come nelle intese politiche d'emergenza) ma tra uguali, qualunque sia la loro condi-
zione, la provenienza, il sistema d'idee. In questo senso l'evento sportivo supremo, come ab-
biamo visto ieri, diventa addirittura costitutivo dell'idea di nazione che la politica fatica a te-
stimoniare, accontentandosi in una sua parte di pervertirla nel nazionalismo. Una fiammata
collettiva di passione italiana, dopo il grande interdetto che ci ha distanziati per due anni l'u-
no dall'altro, come se la salvezza fosse soltanto individuale. Una fiammata sincera ma fuga-
ce: perchè nello sport anche il più grande trionfo è effimero, e da domani tutta la posta ritor-
na in gioco.
Lucianone