21 luglio '16 - giovedì 21st July / Thursday
Quando si parla di VELOCITA', di solito ci si riferisce a qualcosa inerente alla sfera
materiale più che a quella eterea, spirituale, mentale (velocità di pensiero, di intuito
eccetera). La parola velocità ci porta quasi subito alla mente una persona veloce nel
fare le cose in generale, poi se andiamo nel particolare pensiamo a un atleta o sporti-
vo (siamo in pieno tema con le Olimpiadi brasiliane di Rio) che deve superare in velo-
cità un altro atleta nel nuoto, nell'atletica, nella scherma e via dicendo.
Continua... to be continued...
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giovedì 21 luglio 2016
Economia / l'intervista - Al nobel Angus Deaton: sul futuro della globalizzazione
21 luglio '16 - giovedì 21st July / Thursday visione post - 29
Angus Deaton, premio Nobel 2015 per l'economia, parlando di
globalizzazione e povertà, dice che "il mercato libero sarà odiato
dai poveri finchè aumenterà le disuguaglianze", e aggiunge che
è "assurdo che gli svantaggiati sostengano Trump e Farage".
(da la Repubblica - 1 luglio 2016 - Eugenio Occorsio / Roma)
Globalizzazione e diseguaglianze, due facce della medaglia. Come valorizzare la prima
senza accentuare le seconde, un'equazione intorno alla quale si scervellano da anni eco-
nomisti di tutto il mondo. E la missione di una vita per Angus Deaton, classe 1945, nato
a Edinburgo e oggi docente a Princeton dopo aver insegnato a Cambridge e Brixton,
che grazie ai suoi studi sulla povertà e le ingiustizie insite nella globalizzazione ha vinto
il Nobel per l'economia nel 2015. "Quello che non riesco a spiegarmi, che non mi dà pa-
ce, è che a favore della conservazione più retriva, da Farage a Trump, si siano schierate
le fasce più svantaggiate, dagli abitanti di Tower Hamlets, il distretto degli immigrati di
Londra dove il 30% dei bambini vive sotto la soglia di povertà, a quelli di Sunderland,
una cittadina che grazie alla globalizzazione vive quasi esclusivamente in virtù di una
fabbrica della Honda".
Eugenio Occorsio - "Lei ha conservato la doppia cittadinanza: ha votato?"
il pericolo è quello di tornare a un'Europa divisa e preda dei nazionalismi come all'inizio
del Novecento. Roba da rabbrvidire. Vede? Stiamo qui a parlare di scenari di guerra,
mentre l'Europa è nata dalla pace e per la pace".
E. Occorsio - "La Brexit avrà effetto sulla globalizzazione?"
"Innanzitutto non sono sicuro che la Brexit ci sarà. Anzi. Ci sono tante circostanze che
possono evitarla che, a mio giudizio, alla fine non se ne farà nulla. Certo, se invece si an-
drà fino in fondo, il colpo alla globalizzazione sarà pesante, per la semplice ragione che
ci sarà un brusco calo degli interscambi commerciali e quindi un rallentamento dell'eco-
nomia mondiale. Al quale si acdisecompagnerà una riduzione dei movimenti di personale qualificato all'interno dell'Europa, che è un fattore trainante della crescita. L'incertezza
continuerà a lungo, il che è un male per tutti. Meno soldi saranno in circolazione e su di
essi si avventeranno con maggior cupidigia i soliti già ricchi e potenti".
E. Occorsio - "Potrebbe essere un'occasione per ripensare ai tanti errori in tema di dise-
guaglianze?"
"Veramente sarebbero accentuate. Ma la realtà è difficile da prevedere. La Gran Breta-
gna è diventata, dai tempi della Thatcher il terreno di coltura europeo delle diseguaglian-
ze. In altri Paesi, dalla Scandinavia al Mediterraneo, la situazione è meno drammatica.
Ma la Gran Bretagna sembra aver preso il peggio dall'America, campione mondiale del-
le diseguaglianze. Londra ha ora abbinato questa leadership negativa a una imperdona-
bile insofferenza contro gli immigrati. Nel mondo occidentale si diffonde anzichè ridursi
quello che Thomas Piketty chiama "capitalismo patrimoniale": sono i ricchi a fare le leggi,
a loro beneficio. Si innescano reazioni a catena, e la stessa democrazia finisce col soffrirne perchè si diffonde la sensazione che il proprio voto non conti nulla per modificare la situa-
zione. Da diseguaglianza nasce diseguaglianza: oltretutto questo rallenta la crescita mon-
diale e riduce le possibiltà che la globalizzazione sia davvero un fattore di sviluppo. Se a
dominare il quadro restano i ricchi, finisce che lo stesso welfare state ne soffre perchè ai
ricchi non interessa la copertura assicurativa pubblica. Vede perchè sono interconnesse
globalizzazione e diseguaglianze?".
E. Occorsio - "Lei 'nasce' matematico. Quali sono i conti attuali delle diseguaglianze?"
"Ho combattuto battaglie strenue perchè l'occidente non si facesse illusioni. Nel 2011 la
la Banca Mondiale mi ha finalmente ascoltato e ha portato da un irrealistico dollaro al
giorno a 1,90 la soglia di povertà. Di colpo i poveri balzarono da 1,3 a 1,8 miliardi, oggi
fortunatamente si sono ridotti, secondo questo standard, a 887 milioni. Un numero an-
cora gigantesco, inaccettabile. Il benessere e l'egoismo dei pochi al top sono una minac-
cia alla sopravvivenza di tutti gli altri".
E. Occorsio - "Nel suo ultimo libro The Great Escape ("La Grande Fuga", pubblicato
in Italia dal Mulino nel 2015) lei racconta proprio la disperazione e l'inarrestabilità di
questa marea umana che si riversa da sud a nord. C'è qualche rimedio? Forse gli inve-
stimenti in loco proposti dall'italia con il migration compact".
"Vede, mandare incentivi a quei Paesi ha avuto certo grandi effetti positivi. In India
quattro quinti delle donne vanno a scuola, delle loro madri solo la metà. Un bambino
dell'Africa sub-sahariana ha più possibilità di arrivare al suo primo anno di vita di
quante non ne avessero i figli dei minatori dello Yorkshire, qual era mio padre, un se-
solo fa (sia il nonno che il padre di Deaton lavoravano nella miniera di Thurcroft, una
delle più pericolose, chiusa nel 1991, ndr,). Il problema è che spesso i fondi di solida-
rietà indirizzati nei Paesi più disagiati del pianeta - e parliamo di aiuti dell'ordine dei
100 miliardi annui - o rispomdono a interessi dei donatori o finiscono nelle tasche di
qualche potentato locale senza arrecare benefici adeguati alla popolazione interessata.
La globalizzazione sana è un'altra cosa, e potrebbe essa sì contribuire al riscatto di
di quelle aree: dovrebbe preoccuparsi di diffondere sia infrastrutture di base come au-
tostrade o linee telefoniche , che conoscenza e formazione. E' un vero prendersi cura
con partecipazione delle vicende del resto del mondo, anche le più imbarazzanti. E non
lasciare che il destino degli individui sia affidato al caso. Finchè la vita offrirà opportu-
nità o fortune che non tutti possono afferrare, il progresso creerà fatalmente disegua-
glianze, e non distribuirà equamente la possibilità di vivere a lungo con tranquillità. E
altrettanto imperfetta sarà la globalizzazione.
Lucianone
Angus Deaton, premio Nobel 2015 per l'economia, parlando di
globalizzazione e povertà, dice che "il mercato libero sarà odiato
dai poveri finchè aumenterà le disuguaglianze", e aggiunge che
è "assurdo che gli svantaggiati sostengano Trump e Farage".
(da la Repubblica - 1 luglio 2016 - Eugenio Occorsio / Roma)
Globalizzazione e diseguaglianze, due facce della medaglia. Come valorizzare la prima
senza accentuare le seconde, un'equazione intorno alla quale si scervellano da anni eco-
nomisti di tutto il mondo. E la missione di una vita per Angus Deaton, classe 1945, nato
a Edinburgo e oggi docente a Princeton dopo aver insegnato a Cambridge e Brixton,
che grazie ai suoi studi sulla povertà e le ingiustizie insite nella globalizzazione ha vinto
il Nobel per l'economia nel 2015. "Quello che non riesco a spiegarmi, che non mi dà pa-
ce, è che a favore della conservazione più retriva, da Farage a Trump, si siano schierate
le fasce più svantaggiate, dagli abitanti di Tower Hamlets, il distretto degli immigrati di
Londra dove il 30% dei bambini vive sotto la soglia di povertà, a quelli di Sunderland,
una cittadina che grazie alla globalizzazione vive quasi esclusivamente in virtù di una
fabbrica della Honda".
Eugenio Occorsio - "Lei ha conservato la doppia cittadinanza: ha votato?"
il pericolo è quello di tornare a un'Europa divisa e preda dei nazionalismi come all'inizio
del Novecento. Roba da rabbrvidire. Vede? Stiamo qui a parlare di scenari di guerra,
mentre l'Europa è nata dalla pace e per la pace".
E. Occorsio - "La Brexit avrà effetto sulla globalizzazione?"
"Innanzitutto non sono sicuro che la Brexit ci sarà. Anzi. Ci sono tante circostanze che
possono evitarla che, a mio giudizio, alla fine non se ne farà nulla. Certo, se invece si an-
drà fino in fondo, il colpo alla globalizzazione sarà pesante, per la semplice ragione che
ci sarà un brusco calo degli interscambi commerciali e quindi un rallentamento dell'eco-
nomia mondiale. Al quale si acdisecompagnerà una riduzione dei movimenti di personale qualificato all'interno dell'Europa, che è un fattore trainante della crescita. L'incertezza
continuerà a lungo, il che è un male per tutti. Meno soldi saranno in circolazione e su di
essi si avventeranno con maggior cupidigia i soliti già ricchi e potenti".
E. Occorsio - "Potrebbe essere un'occasione per ripensare ai tanti errori in tema di dise-
guaglianze?"
"Veramente sarebbero accentuate. Ma la realtà è difficile da prevedere. La Gran Breta-
gna è diventata, dai tempi della Thatcher il terreno di coltura europeo delle diseguaglian-
ze. In altri Paesi, dalla Scandinavia al Mediterraneo, la situazione è meno drammatica.
Ma la Gran Bretagna sembra aver preso il peggio dall'America, campione mondiale del-
le diseguaglianze. Londra ha ora abbinato questa leadership negativa a una imperdona-
bile insofferenza contro gli immigrati. Nel mondo occidentale si diffonde anzichè ridursi
quello che Thomas Piketty chiama "capitalismo patrimoniale": sono i ricchi a fare le leggi,
a loro beneficio. Si innescano reazioni a catena, e la stessa democrazia finisce col soffrirne perchè si diffonde la sensazione che il proprio voto non conti nulla per modificare la situa-
zione. Da diseguaglianza nasce diseguaglianza: oltretutto questo rallenta la crescita mon-
diale e riduce le possibiltà che la globalizzazione sia davvero un fattore di sviluppo. Se a
dominare il quadro restano i ricchi, finisce che lo stesso welfare state ne soffre perchè ai
ricchi non interessa la copertura assicurativa pubblica. Vede perchè sono interconnesse
globalizzazione e diseguaglianze?".
E. Occorsio - "Lei 'nasce' matematico. Quali sono i conti attuali delle diseguaglianze?"
"Ho combattuto battaglie strenue perchè l'occidente non si facesse illusioni. Nel 2011 la
la Banca Mondiale mi ha finalmente ascoltato e ha portato da un irrealistico dollaro al
giorno a 1,90 la soglia di povertà. Di colpo i poveri balzarono da 1,3 a 1,8 miliardi, oggi
fortunatamente si sono ridotti, secondo questo standard, a 887 milioni. Un numero an-
cora gigantesco, inaccettabile. Il benessere e l'egoismo dei pochi al top sono una minac-
cia alla sopravvivenza di tutti gli altri".
E. Occorsio - "Nel suo ultimo libro The Great Escape ("La Grande Fuga", pubblicato
in Italia dal Mulino nel 2015) lei racconta proprio la disperazione e l'inarrestabilità di
questa marea umana che si riversa da sud a nord. C'è qualche rimedio? Forse gli inve-
stimenti in loco proposti dall'italia con il migration compact".
"Vede, mandare incentivi a quei Paesi ha avuto certo grandi effetti positivi. In India
quattro quinti delle donne vanno a scuola, delle loro madri solo la metà. Un bambino
dell'Africa sub-sahariana ha più possibilità di arrivare al suo primo anno di vita di
quante non ne avessero i figli dei minatori dello Yorkshire, qual era mio padre, un se-
solo fa (sia il nonno che il padre di Deaton lavoravano nella miniera di Thurcroft, una
delle più pericolose, chiusa nel 1991, ndr,). Il problema è che spesso i fondi di solida-
rietà indirizzati nei Paesi più disagiati del pianeta - e parliamo di aiuti dell'ordine dei
100 miliardi annui - o rispomdono a interessi dei donatori o finiscono nelle tasche di
qualche potentato locale senza arrecare benefici adeguati alla popolazione interessata.
La globalizzazione sana è un'altra cosa, e potrebbe essa sì contribuire al riscatto di
di quelle aree: dovrebbe preoccuparsi di diffondere sia infrastrutture di base come au-
tostrade o linee telefoniche , che conoscenza e formazione. E' un vero prendersi cura
con partecipazione delle vicende del resto del mondo, anche le più imbarazzanti. E non
lasciare che il destino degli individui sia affidato al caso. Finchè la vita offrirà opportu-
nità o fortune che non tutti possono afferrare, il progresso creerà fatalmente disegua-
glianze, e non distribuirà equamente la possibilità di vivere a lungo con tranquillità. E
altrettanto imperfetta sarà la globalizzazione.
Lucianone
RIFLESSIONI - Ispettori sportivi e burocrazia / Tutte le armi di Cleveland e i Rambo di Trump
21 luglio '16 / giovedì 21st July / Thursday visione post - 21
L'episodio dell'ispettore della Federazione Internazionale di Atletica Leggera che
pretende di entrare al Quirinale per prelevare la pipì di un'atleta azzurra mentre
è a colloquio con Mattarella è semplicemente incredibile. Sembra un racconto umo-
ristico, una novella di Gogol sulla burocrazia. Ma è davvero accaduto, nello sbigot-
timento (e nell'ilarità, immagino) del personale del Quirinale che ha dovuto spiega-
re a quel signore (pare di nazionalità tedesca) che un'udienza dal capo dello Stato
non è il momento più adatto per la raccolta delle urine.
Quel signore fa quasi tenerezza. E' il simbolo vivente della burocrazia nel suo aspetto
più assurdo e al tempo stesso più funesto: quell'ottuso perseguire i propri obiettivi
senza mai calarsi nella realtà umana - e nella realtà tout court - in cui si agisce. Modu-
li da riempire e iter da completare, come un circolo chiuso che ha inizio e fine in una
stanza d'ufficio e solo in quella stanza. Il"fuori" è solo un magma inerte da controlla-
re e da schedare. L'impopolarità della burocrazia sta tutta in questa sua implacabile
alterità rispetto alla materia umana. In questo senso la riforma delle riforme, la più
difficile e forse la più impossibile, è la riforma della burocrazia. In tutto il mondo.
Dalla Germania al Quirinale.
(da la Repubblica - 23 giugno '16 - L'AMACA / Michele Serra)
NO, non è il congresso annuale clandestino di Sendero Luminoso o di altri gruppi
guerriglieri armati. No, non è una riunione di famiglie mafiose in Aspromonte. Non
è neppure il casting di un western, a Hollywood o a Cinecittà. E allora che cos'è,
quell'arrivo alla spicciolata di centinaia, forse migliaia di civili armati che mostrano
orgogliosi alle telecamere mitra, pistole, fucili, armi da guerra? E' la convention re-
pubblicana di Cleveland, che gli obiettivi dei fotoreporter, maliziosi quanto volete.
documentano come una incredibile (per noi europei) kermesse di sparacchiatori,
maschi di ogni età (ma molti gli anziani) bardati come Rambo; anzi, e pazienza se
il paragone li offende, come i lupi solitari che dedicano la loro devota carneficina
a dio. - Sarà anche puro folklore, ma non è un bel folklore. E' un'immagine deca-
dente, deprimente, di vecchi pistoleri che mostrano le loro protesi metalliche per
evocare la giovinezza di un paese che giovane non è più. - Le armi da fuoco, negli
Stati Uniti, non fanno più pensare a Gary Cooper e alla Frontiera, all'epica auste-
ra della Legge. Fanno pensare alle stragi paranoiche nelle scuole, alle sparatorie
nei parcheggi dei centri commerciali o nei garage catacombali, ai massacri fami-
liari, a tutto meno che a qualcosa di vivo, sia pure ferinamente vivo.
(da la Repubblica - 20 luglio '16 - L'Amaca / Michele Serra)
L'episodio dell'ispettore della Federazione Internazionale di Atletica Leggera che
pretende di entrare al Quirinale per prelevare la pipì di un'atleta azzurra mentre
è a colloquio con Mattarella è semplicemente incredibile. Sembra un racconto umo-
ristico, una novella di Gogol sulla burocrazia. Ma è davvero accaduto, nello sbigot-
timento (e nell'ilarità, immagino) del personale del Quirinale che ha dovuto spiega-
re a quel signore (pare di nazionalità tedesca) che un'udienza dal capo dello Stato
non è il momento più adatto per la raccolta delle urine.
Quel signore fa quasi tenerezza. E' il simbolo vivente della burocrazia nel suo aspetto
più assurdo e al tempo stesso più funesto: quell'ottuso perseguire i propri obiettivi
senza mai calarsi nella realtà umana - e nella realtà tout court - in cui si agisce. Modu-
li da riempire e iter da completare, come un circolo chiuso che ha inizio e fine in una
stanza d'ufficio e solo in quella stanza. Il"fuori" è solo un magma inerte da controlla-
re e da schedare. L'impopolarità della burocrazia sta tutta in questa sua implacabile
alterità rispetto alla materia umana. In questo senso la riforma delle riforme, la più
difficile e forse la più impossibile, è la riforma della burocrazia. In tutto il mondo.
Dalla Germania al Quirinale.
(da la Repubblica - 23 giugno '16 - L'AMACA / Michele Serra)
NO, non è il congresso annuale clandestino di Sendero Luminoso o di altri gruppi
guerriglieri armati. No, non è una riunione di famiglie mafiose in Aspromonte. Non
è neppure il casting di un western, a Hollywood o a Cinecittà. E allora che cos'è,
quell'arrivo alla spicciolata di centinaia, forse migliaia di civili armati che mostrano
orgogliosi alle telecamere mitra, pistole, fucili, armi da guerra? E' la convention re-
pubblicana di Cleveland, che gli obiettivi dei fotoreporter, maliziosi quanto volete.
documentano come una incredibile (per noi europei) kermesse di sparacchiatori,
maschi di ogni età (ma molti gli anziani) bardati come Rambo; anzi, e pazienza se
il paragone li offende, come i lupi solitari che dedicano la loro devota carneficina
a dio. - Sarà anche puro folklore, ma non è un bel folklore. E' un'immagine deca-
dente, deprimente, di vecchi pistoleri che mostrano le loro protesi metalliche per
evocare la giovinezza di un paese che giovane non è più. - Le armi da fuoco, negli
Stati Uniti, non fanno più pensare a Gary Cooper e alla Frontiera, all'epica auste-
ra della Legge. Fanno pensare alle stragi paranoiche nelle scuole, alle sparatorie
nei parcheggi dei centri commerciali o nei garage catacombali, ai massacri fami-
liari, a tutto meno che a qualcosa di vivo, sia pure ferinamente vivo.
(da la Repubblica - 20 luglio '16 - L'Amaca / Michele Serra)
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