31 marzo '16 - giovedì 31st March / Thursday
Ungheria, Slovenia, Polonia e, in parte, Repubblica Ceca. Sono i Paesi dell'Est euro-
peo in cui sta montando il populismo, o è già montato del tutto come in quello unghe-
rese. Di solito è la destra (all'inizio sono movimenti di destra) quella più estremista,
che prende il sopravvento e fa valere la sua ideologia razzista, di intransigente nazio-
nalismo che dunque comprende un forte sentimento anti-immigrati, di qualsiasi pro-
venienza essi siano. Quel che colpisce è proprio il fatto che siano tutti Paesi dell'Est
europeo, e che quindi hanno conosciuto tutti, in intensità maggiore o minore, la vio-
lenza atroce e distruttiva del nazismo hitleriano.
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giovedì 31 marzo 2016
Sport - calcio / Serie A - 30^ giornata 2015/16
31 marzo '16 - giovedì 31st March / Thursday visione post - 8
Risultati delle partite
Empoli 0 Roma 1 Atalanta 2 Frosinone 0 Verona H. 1
Palermo 0 Inter 1 Bologna 0 Fiorentina 0 Carpi 2
Sampdoria 0 Sassuolo 1 Torino 1 Napoli 3 Milan 1
Chievo 1 Udinese 1 Juventus 4 Genoa 1 Lazio 1
CLASSIFICA
Juventus 70 / Napoli 67 / Roma 60 / Fiorentina, Inter 55 / Milan 49 /
Sassuolo 45 / Lazio 42 / Chievo 38 / Bologna, Empoli 36 / Genoa 34 /
Torino, Atalanta 33 / Sampdoria 32 / Udinese 31 / Carpi, Palermo 28 /
Frosinone 27 / Verona H. 19
Il Commento
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Risultati delle partite
Empoli 0 Roma 1 Atalanta 2 Frosinone 0 Verona H. 1
Palermo 0 Inter 1 Bologna 0 Fiorentina 0 Carpi 2
Sampdoria 0 Sassuolo 1 Torino 1 Napoli 3 Milan 1
Chievo 1 Udinese 1 Juventus 4 Genoa 1 Lazio 1
CLASSIFICA
Juventus 70 / Napoli 67 / Roma 60 / Fiorentina, Inter 55 / Milan 49 /
Sassuolo 45 / Lazio 42 / Chievo 38 / Bologna, Empoli 36 / Genoa 34 /
Torino, Atalanta 33 / Sampdoria 32 / Udinese 31 / Carpi, Palermo 28 /
Frosinone 27 / Verona H. 19
Il Commento
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mercoledì 30 marzo 2016
Inchiesta / Società-metropoli - No agli Smart district?
30 marzo '16 - mercoledì 30th March / Wednesday visione post - 47
LA FOLLIA DEGLI SMART DISTRICT
Sono in tutte le più grandi metropoli del mondo.
Fanno ricerca, innovazione, affari. Ma in molti
ormai li accusano di distruggere il tessuto sociale.
(da DRepubblica - 6/12/2014 - di Mara Accettura)
Da Barcellona a Boston, da Stoccolma a Seattle, da Seul a Medellin ogni città ne vanta
uno e se non ce l'ha apre un cantiere per realizzarlo. I distretti di innovazione sono di-
ventati il sogno degli urbanisti visionari di tutto il mondo: Quartieri dove ricerca e svi-
luppo si incrociano col business, dove istituzioni di ricerca e società affermate si mi-
schiano a start up, incubatori e acceleratori di business. Enclavi prlogressiste, giovani
e smart con free wifi e energia pulita, con l'obiettivo di incrementare la forza lavoro
del XXI secolo. Creare il futuro. Posti dove i nuovi Mark Zuckerberg di mattina fanno
l'università. di pomeriggio brainstorming negli uffici di fronte, e magari si inventano
la prossima app nello Starbucks sulla via principale e la sera vanno a cena con un inve-
stitore al ristotrante fusion dietro l'angolo. Una specie di utopia (o incubo a seconda dei
punti di vista) organizzata. - "Negli ultimi 50 anni il panorama dell'innovazione è stato
dominato da posti come la Silicon Valley", dice Bruce Katz, vicepresidente di Brookings
Institution e autore di The Metropolitan Revolution, "distretti periferici, campus isolati,
parchi di ricerca perfetti solo per le macchine, con poca enfasi sull'integrazione del lavo-
ro con la vita. Oggi assistiamo all'ascesa di un modello nuovo: dove le istituzioni di ri-
cerca più all'avanguardia sono vicine a start up e incubatori di business. Il tutto in posti
facilmente accessibili che contengono anche abitazioni, uffici e luoghi di intrattenimento".
Secondo il Brookins Institute, che ha pubblicato una lunga relazione, Cities as a Lab, De-
signing the Innovation Economy, le ragioni di questa esplosione sono tante: la nostra eco-
nomia più avanzata è naturalmente "aperta: premia la collaborazione, ha un forte appe-
tito per la vicinanza e l'integrazione che favorisce lo scambio veloce e simultaneo delle
idee. Non per niente una società come Pfizer si è trasferita vicino al Mit di Cambridge, a
due passi daòl gigante farmaceutico Novartis. Google ha aperto un megaufficio satellite
vicino alla Carnegie Mellon a Pittsburgh. E' il motivo per cui Pinterest ha lasciato la Si-
licon Valley per spostarsi a San Francisco vicino a Twitter e Salesforce.com. E' tramon-
tata l'era dell'inventore che crea in solitudine nel garage di casa. E anche i piccoli im-
prenditori arrivano a frotte in questi spazi collaborativi dove possono ridurre i rischi,
condividere i costi, avere accesso al capitale e mescolarsi ad altri inventori come nel ca-
so del Cambridge Innovation Center che ospita più di 600 società o del Benjamin's Desk
di Philadelphia, e 1871 a Chicago.
Il fenomeno della concentrazione si sposa a un grande cambiamento demografico: il
ritorno in città. Sempre più gente, parliamo del 40 per cento dei Millennials ma anche
di coppie senza figli e anziani, aspira a vivere in uno spazio urbano, dove tutto è colle-
gato e facilmente raggiungibile a piedi. - I distretti di innovazione, però, non sono tutti
uguali. "Li abbiamo divisi in tre gruppi", dice Julie Wagner, coautrice di Cities as a Lab,
"ci sono gli anchor plus, quelli che ospitano anche Università e Centri di ricerca che com-
mercializzano l'innovazione, come Boston col MIT, quelli che hanno reinventato il pae-
saggio urbano, come 22@Barcellona, che nel sito aveva un'industria tessile, e i parchi del-
la scienza urbani, come il Kista di Stoccolma. Ognuno ha i suoi punti di forza e altri su
cui deve lavorare. tutti si sforzano di creare un sistema collaborativo che sia inclusivo e
propaghi benessere nei quartieri circostanti". E' fiero Bert-Jan Woertman direttore del-
la comunicazione dellìHigh Tech Campus di Eindhoven, Olanda, che si è guadagnato la
reputazione del chilometro quadrato più smart di tutta Europa. "Fino al 2003 il panora-
ma di Eindhoven era dominato dal quartier generale di Philips. Nel giro di 11 anni il
il Campus ha cambiato il volto della città. Ha portato 10mila persone che provengono
da 80 stati diversi del mondo e lavorano per 135 diverse società, tra cui IBM, Philips,
Intel, tutte raggiungibili in bicicletta. La concentrazione favorisce il networking, che noi
stimoliamo anche tramite seminari, eventi sportivi e culturali. Il risultato è che Eindho-
ven produce il numero più alto di brevetti pro capite nel mondo al ritmo di quattro ri-
chioeste al giorno", dice. "Anche Seattle è un caso esemplare", interviene Enrico Mo-
retti, professore di Economia alla University of california, Berkeley, e autore di La nuova
geografia del lavoro (Mondadori). "Negli anni 70 Seattle sembrava la Detroit di oggi. Poi
è arrivato Bill gates, e Microsoft ha riportato ai fasti la città. Ma è difficile creare una Si-
licon Valley dal nulla perchè è difficile scommettere sulla "next big thing". Il mondo si
muove veloce. Io non so quale sarà il settore trainante del futuro e quali le imprese vin-
centi, ma di certo l'innovazione verrà creata dove c'è un alto tasso di scolarizzazione, una
forza lavoro flessibile e una pressione fiscale non opprimente".
Secondo alcuni gli innovation district sono tutto fumo e niente arrosto. "Ma davvero
raggruppare un pò di persone in edifici cittadini è il modo di far volare scintille crea-
tive?", si è chiesta Elizabeth Winkler su The New Republic. Secondo lei la collabora-
zione sarebbe una mera distrazione: le invenzioni più geniali in realtà sono opera di
maverick, persone fuori dal coro come Steve Jobs. "Il vero catalizzatore dell'innova-
zione è la solitudine, perchè permette alle persone di portare al limite la loro perfor-
mance e il loro potenziale", dice. E citando Il potere degli introversi di Susan Cain
aggiunge che "il pensiero di gruppo minaccia di soffocare la produttività, perchè ele-
va lo spirito di collaborazione su tutto il resto. Steve Wozniak di Apple non ha creato
il primo pc in mezzo a una marea di persone ma ha lavorato per mesi e mesi da solo".
Una cosa è certa: anche se non producono Steve Jobs a frotte, i distretti di innova-
zione accelerano la crescita economica. Non a caso John Summers, direttore di The
Baffler, magazine di sinistra, li ha soprannominati Zuckerstan senza Zuckerberg,
enclavi esclusive orientate al business più che alla vera innovazione. Lui, che vive
a Cambridge, Massachusetts, ha assistito allo stravolgimento della sua città, rac-
contandolo in uno dei saggi di No Future for You: Salvos from hTe Baffler. "Gratta-
cieli aziendali tutti uguali stile Frank Gehry proliferano come funghi. Gli impren-
ditori che ci lavorano sono quasi tutti maschi, bianchi, senza figli, workhaolic
che rimangono in città per poi emigrare in un altro distretto. Parliamo di quar-
tieri senz'anima, l'antitesi dello spirito di comunità. Negli ultimi anni ho visto i
prezzi delle case schizzare verso l'alto, al punto che le famiglie con bambini emi-
grano. I negozi tradizionali sono stati sostituiti da centri commerciali e cocktail
bar. La povertà e il numero dei senzatetto sono cresciuti. Gli innovation district
nascondono la privatizzazione dietro la foglia di fico della collaborazione. Hanno
costi molto alti: la disintegrazione del tessuto sociale di una città". Nella vicina
Boston, scrive il Boston Globe, "mentre le società farmaceutiche globali costrui-
scono nuovi laboratori, giganti di internet come Google e Twitter si espandono,
e le start up si accaparrano uffici ad affitti stellari, le famiglie che vivono all'om-
bra di questa economia e che affluiscono ai discount alimentari sono triplicate
negli ultimi dieci anni. La lista d'attesa per le case popolari è raddoppiata, i letti
nei rifugi dell'Esercito della salvezza sono sempre pieni".
Allora che tipo di innovazione producono questi distretti? Inutile farsi illusioni.
"Solo quella che crea ricchezza: quindi che coopta grandi donatori e remunera
gli investitori". L'importante insomma è che i soldi circolino. Summers cita il
caso di Novartis, colosso farmaceutico che finanziando la ricerca a suon di mi-
lioni è diventato praticamente impermeabile a qualsiasi critica.
"Io la ricaduta benefica sulla città non la vedo affatto", conclude Summers, "la
verità è una: noi, i vecchi residenti, che viviamo accanto a questi distretti e svol-
giamo lavori più tradizionali, ci sentiamo come aragoste in una vasca dove la
temperatura dell'acqua si alza sempre di più".
Riflessioni personali
Continua... to be continued...
LA FOLLIA DEGLI SMART DISTRICT
Sono in tutte le più grandi metropoli del mondo.
Fanno ricerca, innovazione, affari. Ma in molti
ormai li accusano di distruggere il tessuto sociale.
(da DRepubblica - 6/12/2014 - di Mara Accettura)
Da Barcellona a Boston, da Stoccolma a Seattle, da Seul a Medellin ogni città ne vanta
uno e se non ce l'ha apre un cantiere per realizzarlo. I distretti di innovazione sono di-
ventati il sogno degli urbanisti visionari di tutto il mondo: Quartieri dove ricerca e svi-
luppo si incrociano col business, dove istituzioni di ricerca e società affermate si mi-
schiano a start up, incubatori e acceleratori di business. Enclavi prlogressiste, giovani
e smart con free wifi e energia pulita, con l'obiettivo di incrementare la forza lavoro
del XXI secolo. Creare il futuro. Posti dove i nuovi Mark Zuckerberg di mattina fanno
l'università. di pomeriggio brainstorming negli uffici di fronte, e magari si inventano
la prossima app nello Starbucks sulla via principale e la sera vanno a cena con un inve-
stitore al ristotrante fusion dietro l'angolo. Una specie di utopia (o incubo a seconda dei
punti di vista) organizzata. - "Negli ultimi 50 anni il panorama dell'innovazione è stato
dominato da posti come la Silicon Valley", dice Bruce Katz, vicepresidente di Brookings
Institution e autore di The Metropolitan Revolution, "distretti periferici, campus isolati,
parchi di ricerca perfetti solo per le macchine, con poca enfasi sull'integrazione del lavo-
ro con la vita. Oggi assistiamo all'ascesa di un modello nuovo: dove le istituzioni di ri-
cerca più all'avanguardia sono vicine a start up e incubatori di business. Il tutto in posti
facilmente accessibili che contengono anche abitazioni, uffici e luoghi di intrattenimento".
Secondo il Brookins Institute, che ha pubblicato una lunga relazione, Cities as a Lab, De-
signing the Innovation Economy, le ragioni di questa esplosione sono tante: la nostra eco-
nomia più avanzata è naturalmente "aperta: premia la collaborazione, ha un forte appe-
tito per la vicinanza e l'integrazione che favorisce lo scambio veloce e simultaneo delle
idee. Non per niente una società come Pfizer si è trasferita vicino al Mit di Cambridge, a
due passi daòl gigante farmaceutico Novartis. Google ha aperto un megaufficio satellite
vicino alla Carnegie Mellon a Pittsburgh. E' il motivo per cui Pinterest ha lasciato la Si-
licon Valley per spostarsi a San Francisco vicino a Twitter e Salesforce.com. E' tramon-
tata l'era dell'inventore che crea in solitudine nel garage di casa. E anche i piccoli im-
prenditori arrivano a frotte in questi spazi collaborativi dove possono ridurre i rischi,
condividere i costi, avere accesso al capitale e mescolarsi ad altri inventori come nel ca-
so del Cambridge Innovation Center che ospita più di 600 società o del Benjamin's Desk
di Philadelphia, e 1871 a Chicago.
Il fenomeno della concentrazione si sposa a un grande cambiamento demografico: il
ritorno in città. Sempre più gente, parliamo del 40 per cento dei Millennials ma anche
di coppie senza figli e anziani, aspira a vivere in uno spazio urbano, dove tutto è colle-
gato e facilmente raggiungibile a piedi. - I distretti di innovazione, però, non sono tutti
uguali. "Li abbiamo divisi in tre gruppi", dice Julie Wagner, coautrice di Cities as a Lab,
"ci sono gli anchor plus, quelli che ospitano anche Università e Centri di ricerca che com-
mercializzano l'innovazione, come Boston col MIT, quelli che hanno reinventato il pae-
saggio urbano, come 22@Barcellona, che nel sito aveva un'industria tessile, e i parchi del-
la scienza urbani, come il Kista di Stoccolma. Ognuno ha i suoi punti di forza e altri su
cui deve lavorare. tutti si sforzano di creare un sistema collaborativo che sia inclusivo e
propaghi benessere nei quartieri circostanti". E' fiero Bert-Jan Woertman direttore del-
la comunicazione dellìHigh Tech Campus di Eindhoven, Olanda, che si è guadagnato la
reputazione del chilometro quadrato più smart di tutta Europa. "Fino al 2003 il panora-
ma di Eindhoven era dominato dal quartier generale di Philips. Nel giro di 11 anni il
il Campus ha cambiato il volto della città. Ha portato 10mila persone che provengono
da 80 stati diversi del mondo e lavorano per 135 diverse società, tra cui IBM, Philips,
Intel, tutte raggiungibili in bicicletta. La concentrazione favorisce il networking, che noi
stimoliamo anche tramite seminari, eventi sportivi e culturali. Il risultato è che Eindho-
ven produce il numero più alto di brevetti pro capite nel mondo al ritmo di quattro ri-
chioeste al giorno", dice. "Anche Seattle è un caso esemplare", interviene Enrico Mo-
retti, professore di Economia alla University of california, Berkeley, e autore di La nuova
geografia del lavoro (Mondadori). "Negli anni 70 Seattle sembrava la Detroit di oggi. Poi
è arrivato Bill gates, e Microsoft ha riportato ai fasti la città. Ma è difficile creare una Si-
licon Valley dal nulla perchè è difficile scommettere sulla "next big thing". Il mondo si
muove veloce. Io non so quale sarà il settore trainante del futuro e quali le imprese vin-
centi, ma di certo l'innovazione verrà creata dove c'è un alto tasso di scolarizzazione, una
forza lavoro flessibile e una pressione fiscale non opprimente".
raggruppare un pò di persone in edifici cittadini è il modo di far volare scintille crea-
tive?", si è chiesta Elizabeth Winkler su The New Republic. Secondo lei la collabora-
zione sarebbe una mera distrazione: le invenzioni più geniali in realtà sono opera di
maverick, persone fuori dal coro come Steve Jobs. "Il vero catalizzatore dell'innova-
zione è la solitudine, perchè permette alle persone di portare al limite la loro perfor-
mance e il loro potenziale", dice. E citando Il potere degli introversi di Susan Cain
aggiunge che "il pensiero di gruppo minaccia di soffocare la produttività, perchè ele-
va lo spirito di collaborazione su tutto il resto. Steve Wozniak di Apple non ha creato
il primo pc in mezzo a una marea di persone ma ha lavorato per mesi e mesi da solo".
Una cosa è certa: anche se non producono Steve Jobs a frotte, i distretti di innova-
zione accelerano la crescita economica. Non a caso John Summers, direttore di The
Baffler, magazine di sinistra, li ha soprannominati Zuckerstan senza Zuckerberg,
enclavi esclusive orientate al business più che alla vera innovazione. Lui, che vive
a Cambridge, Massachusetts, ha assistito allo stravolgimento della sua città, rac-
contandolo in uno dei saggi di No Future for You: Salvos from hTe Baffler. "Gratta-
cieli aziendali tutti uguali stile Frank Gehry proliferano come funghi. Gli impren-
ditori che ci lavorano sono quasi tutti maschi, bianchi, senza figli, workhaolic
che rimangono in città per poi emigrare in un altro distretto. Parliamo di quar-
tieri senz'anima, l'antitesi dello spirito di comunità. Negli ultimi anni ho visto i
prezzi delle case schizzare verso l'alto, al punto che le famiglie con bambini emi-
grano. I negozi tradizionali sono stati sostituiti da centri commerciali e cocktail
bar. La povertà e il numero dei senzatetto sono cresciuti. Gli innovation district
nascondono la privatizzazione dietro la foglia di fico della collaborazione. Hanno
costi molto alti: la disintegrazione del tessuto sociale di una città". Nella vicina
Boston, scrive il Boston Globe, "mentre le società farmaceutiche globali costrui-
scono nuovi laboratori, giganti di internet come Google e Twitter si espandono,
e le start up si accaparrano uffici ad affitti stellari, le famiglie che vivono all'om-
bra di questa economia e che affluiscono ai discount alimentari sono triplicate
negli ultimi dieci anni. La lista d'attesa per le case popolari è raddoppiata, i letti
nei rifugi dell'Esercito della salvezza sono sempre pieni".
Allora che tipo di innovazione producono questi distretti? Inutile farsi illusioni.
"Solo quella che crea ricchezza: quindi che coopta grandi donatori e remunera
gli investitori". L'importante insomma è che i soldi circolino. Summers cita il
caso di Novartis, colosso farmaceutico che finanziando la ricerca a suon di mi-
lioni è diventato praticamente impermeabile a qualsiasi critica.
"Io la ricaduta benefica sulla città non la vedo affatto", conclude Summers, "la
verità è una: noi, i vecchi residenti, che viviamo accanto a questi distretti e svol-
giamo lavori più tradizionali, ci sentiamo come aragoste in una vasca dove la
temperatura dell'acqua si alza sempre di più".
Riflessioni personali
Continua... to be continued...
domenica 27 marzo 2016
Ultime notizie - dal Mondo / Latest news
27 marzo '16 - domenica 27th March / Sunday visione post - 7
PAKISTAN - Lahore
Strage jiadista nel parco dei bambini: almeno 69 morti, molti cristiani.
Un'esplosione nell'Iqbal Park, gremito di gente. Il kamikaze si è fatto
saltare vicino alla zona dei bambini. La rivendicazione dei talebani.
Tra i feriti e le vittime numerosi credenti che erano lì a festeggiare la
Pasqua. Il Vaticano: "Una strage orribile".
BELGIO - Bruxelles
Scontri tra polizia e hooligan. Calpestati i fiori per le vittime della strage
di Bruxelles del 22 marzo. L'estrema destra a piazza della Borsa nonostante il divieto.
Anche questo è successo durante la mobilitazione di holligans e neonazisti a piazza della Borsa a Bruxelles: calpestati i fiori e le candele a ricordo delle vittime degli attacchi del 22 marzo. Le foto immortalano giovani, cappelli o cappucci in testa, mentre camminano sopra quello che è diventato il memoriale per i 31 morti degli attentati terroristici nella capitale belga (Ap).
PAKISTAN - Lahore
Strage jiadista nel parco dei bambini: almeno 69 morti, molti cristiani.
Un'esplosione nell'Iqbal Park, gremito di gente. Il kamikaze si è fatto
saltare vicino alla zona dei bambini. La rivendicazione dei talebani.
Tra i feriti e le vittime numerosi credenti che erano lì a festeggiare la
Pasqua. Il Vaticano: "Una strage orribile".
BELGIO - Bruxelles
Scontri tra polizia e hooligan. Calpestati i fiori per le vittime della strage
di Bruxelles del 22 marzo. L'estrema destra a piazza della Borsa nonostante il divieto.
Anche questo è successo durante la mobilitazione di holligans e neonazisti a piazza della Borsa a Bruxelles: calpestati i fiori e le candele a ricordo delle vittime degli attacchi del 22 marzo. Le foto immortalano giovani, cappelli o cappucci in testa, mentre camminano sopra quello che è diventato il memoriale per i 31 morti degli attentati terroristici nella capitale belga (Ap).
LIBIA - Tripoli
L'aeroporto di Tripoli chiuso 6 ore / Bloccato aereo premier
Lo scalo è rimasto bloccato per ragioni di sicurezza dalle 8
alle 14 di domenica. Fonti locali riferiscono che mezzi sarebbero
stati schierati sulla pista dello scalo della capitale per impedire
l'atterraggio del premier designato Fayyez al Serraj.
Lucianone
sabato 26 marzo 2016
Istruzione / inchiesta - Per gli Inglesi: solo lingua inglese, no other languages!
26 marzo '16 - sabato 26th March / Saturday visione post - 10
Allarme di Londra: "Senza imparare altre lingue,
a rischio sicurezza e prosperità"
(da la Repubblica - 21/11/2013 - Alessandra Baduel)
IMPARA l'inglese e girerai il mondo, magari trovando anche lavoro; si promette
ai ragazzi. Ma chi l'inglese lo sa dalla nascita, perchè dovrebbe imparare altre lingue?
Perchè saranno presto "di cruciale importanza per la nostra prosperità, la nostra sicu-
rezza e la nostra influenza a livello globale", come dice agli inglesi e al loro governo un
rapporto allarmato del British Council, appena uscito con le cifre di un desolante son-
daggio. Commissionata appositamente a YouGov, l'inchiesta rivela che tre inglesi su
quattro non parlano nessuna delle dieci "Lingue per il futuro" che danno il titolo alla
ricerca. Si tratta di idiomi europei come spagnolo, portoghese, francese, tedesco e ita-
liano, ma anche di arabo, cinese, giapponese, turco e russo. Sono i linguaggi che il Bri-
tish Council definisce "vitali" per i prossimi vent'anni economici, geopoliotici e anche
educativi e culturali del Regno Unito. In vevce, come YouGov certifica con un campio-
ne di 4.000 adulti intervistati, solo il 15% riesce a tenere una conversazione in france-
se, il 6% in tedesco, il 4% in spagnolo e il 2% in italiano. Le altre sei lingue sono par-
late da meno dell'1%. Prime incriminate della carenza sono le scuole. Come ha spie-
gato John Worne presentando il rapporto, dovrebbero includere più idiomi fra quelli
insegnati e dare a quelle materie la stessa importanza e lo stesso status di cui godono
scienza, matematica, tecnologia, ingegneria. Ma Worne accusa anche le aziende, che
non stimolano i propri dipendenti, e lo stesso governo, che non fa abbastanza per le-
gare l'insegnamento di una lingua a quel che può cambiare nella vita degli studenti,
aprendo maggiori opportunità per fare affari e vivere all'estero, oltre che per amplia-
re la loro cultura. "Se non agiamo, subiremo perdite sia economiche che culturali",
ha concluso Worne, spiegando che tutti devono contribuire a cambiare il clima, poli-
tici, mondo degli affari, genitori. Frasi mille volte ripetute nelle istituzioni educative
di tanti altri Paesi, forse tutti quelli che non sono fra i 53 dove l'inglese è madrelingua.
Ora però le cose stanno cambiando e anche negli Stati Uniti, dove il censimento del
2010 diceva che solo il 10% degli americani (immigrati esclusi) parla una seconda lin-
gua, il ministro per l'istruzione Arne Duncan chiede da anni di moltiplicare i corsi di
studio. Il rapporto del British Council spiega anche perchè quelle lingue sono utili,
con l'arabo "parlato da sei nazioni che per le nostre esportazioni valgono economica
mente 12 miliardi di sterline", più di Spagna, Cina o Italia, che pure sono considerate
importanti, Cina soprattutto. Al British Council si è affiancato anche il responsabile
dell'educazione della Premier League, Martyn Heather, avvisando che per i calciatori
sapere le lingue serve, per lavorare all'estero e magari diventare allenatori miliardari
mentre il ministero dell'Istruzione ha approfittato per avvisare gli inglesi che dal 2014
studiare una lingua straniera sarà obbligatorio dai sette ai 14 anni. Ma online i com-
menti alla notizia riportata da tutti i media britannici non sono dei più convinti.
"Ho lavorato a lungo all'estero, in Iraq, Kazakhstan, Azerbaijan", scrive un lettore del
sito di SkyNews "e li linguaggio di lavoro è il nostro. E' anche frustrante scoprire che è
inutile imparare il russo, per esempio, dato che i locvali non vedono l'ora di sedersi con
te a bere un tè e fare pratica d'inglese: lo considerano essenziale per il loro futuro".
Il PARERE di John Peter Sloan
Se fossi costretto a insegnare una lingua straniera a un inglese, ci proverei, ma mettendo
obbligatoriamente una birra sul tavolo e sperando che così si sciolga. Devo essere onesto:
davanti all'impresa di far studiare un connazionale riesco solo a spaventarmi. Per prima
cosa, va detto che per la maggior parte non sanno neppure la propria lingua. Il britanni-
co medio non conosce la nostra stessa grammatica, perchè sembra che non serva. GIA'
questa non è una buona premessa per lo studio di altri linguaggi. Poi bisogna aggiunge-
re che gli inglesi non pensano quasi mai all'ipotesi di vivere all'estero. E se poi ci vivono,
fanno di tutto per non accorgersene.
Lucianone
Allarme di Londra: "Senza imparare altre lingue,
a rischio sicurezza e prosperità"
(da la Repubblica - 21/11/2013 - Alessandra Baduel)
IMPARA l'inglese e girerai il mondo, magari trovando anche lavoro; si promette
ai ragazzi. Ma chi l'inglese lo sa dalla nascita, perchè dovrebbe imparare altre lingue?
Perchè saranno presto "di cruciale importanza per la nostra prosperità, la nostra sicu-
rezza e la nostra influenza a livello globale", come dice agli inglesi e al loro governo un
rapporto allarmato del British Council, appena uscito con le cifre di un desolante son-
daggio. Commissionata appositamente a YouGov, l'inchiesta rivela che tre inglesi su
quattro non parlano nessuna delle dieci "Lingue per il futuro" che danno il titolo alla
ricerca. Si tratta di idiomi europei come spagnolo, portoghese, francese, tedesco e ita-
liano, ma anche di arabo, cinese, giapponese, turco e russo. Sono i linguaggi che il Bri-
tish Council definisce "vitali" per i prossimi vent'anni economici, geopoliotici e anche
educativi e culturali del Regno Unito. In vevce, come YouGov certifica con un campio-
ne di 4.000 adulti intervistati, solo il 15% riesce a tenere una conversazione in france-
se, il 6% in tedesco, il 4% in spagnolo e il 2% in italiano. Le altre sei lingue sono par-
late da meno dell'1%. Prime incriminate della carenza sono le scuole. Come ha spie-
gato John Worne presentando il rapporto, dovrebbero includere più idiomi fra quelli
insegnati e dare a quelle materie la stessa importanza e lo stesso status di cui godono
scienza, matematica, tecnologia, ingegneria. Ma Worne accusa anche le aziende, che
non stimolano i propri dipendenti, e lo stesso governo, che non fa abbastanza per le-
gare l'insegnamento di una lingua a quel che può cambiare nella vita degli studenti,
aprendo maggiori opportunità per fare affari e vivere all'estero, oltre che per amplia-
re la loro cultura. "Se non agiamo, subiremo perdite sia economiche che culturali",
ha concluso Worne, spiegando che tutti devono contribuire a cambiare il clima, poli-
tici, mondo degli affari, genitori. Frasi mille volte ripetute nelle istituzioni educative
di tanti altri Paesi, forse tutti quelli che non sono fra i 53 dove l'inglese è madrelingua.
Ora però le cose stanno cambiando e anche negli Stati Uniti, dove il censimento del
2010 diceva che solo il 10% degli americani (immigrati esclusi) parla una seconda lin-
gua, il ministro per l'istruzione Arne Duncan chiede da anni di moltiplicare i corsi di
studio. Il rapporto del British Council spiega anche perchè quelle lingue sono utili,
con l'arabo "parlato da sei nazioni che per le nostre esportazioni valgono economica
mente 12 miliardi di sterline", più di Spagna, Cina o Italia, che pure sono considerate
importanti, Cina soprattutto. Al British Council si è affiancato anche il responsabile
dell'educazione della Premier League, Martyn Heather, avvisando che per i calciatori
sapere le lingue serve, per lavorare all'estero e magari diventare allenatori miliardari
mentre il ministero dell'Istruzione ha approfittato per avvisare gli inglesi che dal 2014
studiare una lingua straniera sarà obbligatorio dai sette ai 14 anni. Ma online i com-
menti alla notizia riportata da tutti i media britannici non sono dei più convinti.
"Ho lavorato a lungo all'estero, in Iraq, Kazakhstan, Azerbaijan", scrive un lettore del
sito di SkyNews "e li linguaggio di lavoro è il nostro. E' anche frustrante scoprire che è
inutile imparare il russo, per esempio, dato che i locvali non vedono l'ora di sedersi con
te a bere un tè e fare pratica d'inglese: lo considerano essenziale per il loro futuro".
Il PARERE di John Peter Sloan
Se fossi costretto a insegnare una lingua straniera a un inglese, ci proverei, ma mettendo
obbligatoriamente una birra sul tavolo e sperando che così si sciolga. Devo essere onesto:
davanti all'impresa di far studiare un connazionale riesco solo a spaventarmi. Per prima
cosa, va detto che per la maggior parte non sanno neppure la propria lingua. Il britanni-
co medio non conosce la nostra stessa grammatica, perchè sembra che non serva. GIA'
questa non è una buona premessa per lo studio di altri linguaggi. Poi bisogna aggiunge-
re che gli inglesi non pensano quasi mai all'ipotesi di vivere all'estero. E se poi ci vivono,
fanno di tutto per non accorgersene.
Lucianone
venerdì 25 marzo 2016
Riflessioni - Isis e jihadisti: gli europei traditori / Il Ponte sullo Stretto e Matteo Renzi
25 marzo '16 - venerdì 25th March / Friday visione post - 18
Mi fa notare un amico che la definizione più calzante eppure mai utilizzata, per
i francesi, i belgi, i tedeschi, gli europei che abbracciano il terrorismo jihadista,
è quella di traditori. Traditori delle patrie che li hanno visti nascere, li hanno cre-
sciuti e fatti studiare, traditori delle loro scuole e dei loro insegnanti, delle loro
città, dei loro quartieri e (spesso) delle loro famiglie, delle Costituzioni e delle
leggi che hanno garantito loro libertà di espressione, di movimento, di cultura.
Nessuna di queste leggi, nessuna delle scuole che hanno frequentato, nessuna
delle forme culturali e associative a loro disposizione ha mai avuto lo scopo di
impedire o soffocare una loro scelta religiosa, islamica o di qualunque altro ti-
po. Non reagiscono, dunque, a una persecuzione o a un divieto. Semplicemen-
te tradiscono, con odio e violenza puramente imputabili a loro, la libertà che
li ha cresciuti, la comunità plurale e tollerante che li ha ospitati.
Questa qualità di traditori li rende particolarmente odiosi. Sconsiglia la dicitu-
ra di "combattenti islamici", che ha qualcosa di aperto, di dichiarato e perfino
di nobile. Il tradimento si cova nell'ombra, nel rancore e nell'equivoco, e ap-
punto a tradimento si svela. Alto tradimento è l'imputazione con la quale la
quale la Francia e l'intera Europa dovrebbero processare quelli come Salah
Abdeslam.
(da la Repubblica - 22/03/'16 - L'Amaca / Michele Serra)
Ci mancava il Ponte sullo Stretto, evocato da Matteo Renzi nel libro "Donne
d'Italia" (?), la strenna 2015 di Bruno Vespa. Lo faremo - dice il premier - pe-
rò soltanto dopo che abbiamo sistemato un sacco di cose che si devono si-
stemare; tipo il dissesto idrogeologico e la viabilità ordinaria in Sicilia; dun-
que mai, pensa il lettore con un sospiro di sollievo. Ma nel frattempo si so-
no accesi, come le luminarie a Natale, centinaia di titoli online, "Renzi vuole
il Ponte", con codazzi di commenti infurentiti, Renzi come Berlusconi, Ren-
zi al servizio della mafia, Renzi cementificatore, Renzi puzzone, eccetera. E
chissà stamane nelle edicole.
Dunque il vero problema, a ben vedere, non è il Ponte sullo Stretto (che secondo
le prime proiezioni sarà realizzato attorno" al 2650, sotto la dominazione cinese);
è la sbalorditiva incautela con la quale Renzi butta lì, in due o tre frasi, una que-
stione gravata da milioni di tonnellate di superficialità, malaffare, offese ambien-
tali, propaganda ridicola, pregiudizi isterici. Va bene che la fonte ("Donne D'Ita-
glia") è autorevole e congrua, nonchè aggiornata sulle più recenti tendenze della
macroingegneria. Ma con tutti i tavoli della Leopolda a disposizione, possibile
che non ci sia nessuna anima buona che gli dica: mi raccomando Matteo, la co-
municazione politica non si fa a spanne, e nemmeno un tanto al chilo?
(da la Repubblica - 7/11/2015 - L'Amaca / Michele Serra)
Lucianone
Mi fa notare un amico che la definizione più calzante eppure mai utilizzata, per
i francesi, i belgi, i tedeschi, gli europei che abbracciano il terrorismo jihadista,
è quella di traditori. Traditori delle patrie che li hanno visti nascere, li hanno cre-
sciuti e fatti studiare, traditori delle loro scuole e dei loro insegnanti, delle loro
città, dei loro quartieri e (spesso) delle loro famiglie, delle Costituzioni e delle
leggi che hanno garantito loro libertà di espressione, di movimento, di cultura.
Nessuna di queste leggi, nessuna delle scuole che hanno frequentato, nessuna
delle forme culturali e associative a loro disposizione ha mai avuto lo scopo di
impedire o soffocare una loro scelta religiosa, islamica o di qualunque altro ti-
po. Non reagiscono, dunque, a una persecuzione o a un divieto. Semplicemen-
te tradiscono, con odio e violenza puramente imputabili a loro, la libertà che
li ha cresciuti, la comunità plurale e tollerante che li ha ospitati.
Questa qualità di traditori li rende particolarmente odiosi. Sconsiglia la dicitu-
ra di "combattenti islamici", che ha qualcosa di aperto, di dichiarato e perfino
di nobile. Il tradimento si cova nell'ombra, nel rancore e nell'equivoco, e ap-
punto a tradimento si svela. Alto tradimento è l'imputazione con la quale la
quale la Francia e l'intera Europa dovrebbero processare quelli come Salah
Abdeslam.
(da la Repubblica - 22/03/'16 - L'Amaca / Michele Serra)
Ci mancava il Ponte sullo Stretto, evocato da Matteo Renzi nel libro "Donne
d'Italia" (?), la strenna 2015 di Bruno Vespa. Lo faremo - dice il premier - pe-
rò soltanto dopo che abbiamo sistemato un sacco di cose che si devono si-
stemare; tipo il dissesto idrogeologico e la viabilità ordinaria in Sicilia; dun-
que mai, pensa il lettore con un sospiro di sollievo. Ma nel frattempo si so-
no accesi, come le luminarie a Natale, centinaia di titoli online, "Renzi vuole
il Ponte", con codazzi di commenti infurentiti, Renzi come Berlusconi, Ren-
zi al servizio della mafia, Renzi cementificatore, Renzi puzzone, eccetera. E
chissà stamane nelle edicole.
Dunque il vero problema, a ben vedere, non è il Ponte sullo Stretto (che secondo
le prime proiezioni sarà realizzato attorno" al 2650, sotto la dominazione cinese);
è la sbalorditiva incautela con la quale Renzi butta lì, in due o tre frasi, una que-
stione gravata da milioni di tonnellate di superficialità, malaffare, offese ambien-
tali, propaganda ridicola, pregiudizi isterici. Va bene che la fonte ("Donne D'Ita-
glia") è autorevole e congrua, nonchè aggiornata sulle più recenti tendenze della
macroingegneria. Ma con tutti i tavoli della Leopolda a disposizione, possibile
che non ci sia nessuna anima buona che gli dica: mi raccomando Matteo, la co-
municazione politica non si fa a spanne, e nemmeno un tanto al chilo?
(da la Repubblica - 7/11/2015 - L'Amaca / Michele Serra)
Lucianone
mercoledì 23 marzo 2016
Sport - Calcio / Serie A - 29^ giornata 2015/16
23 marzo '16 - mercoledì 23rd March / Wednesday visione post - 14
Risultati delle partite
Juventus 1 Empoli 1 Inter 2 Chievo 0 Carpi 2 Fiorentina 1
Sassuolo 0 Sampdoria 1 Bologna 1 Milan 0 Frosinone 1 Verona H. 1
Genoa 3 Udinese 1 Lazio 2 Palermo 0
Torino 2 Roma 2 Atalanta 0 Napoli 1
Il Commento
Continua... to be continued...
Risultati delle partite
Juventus 1 Empoli 1 Inter 2 Chievo 0 Carpi 2 Fiorentina 1
Sassuolo 0 Sampdoria 1 Bologna 1 Milan 0 Frosinone 1 Verona H. 1
Genoa 3 Udinese 1 Lazio 2 Palermo 0
Torino 2 Roma 2 Atalanta 0 Napoli 1
Il Commento
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venerdì 18 marzo 2016
DOSSIER - Ungheria: bambini soldati, ma non per gioco
18 marzo '16 - venerdì 18th March / Friday visione post - 36
Hanno tra i 10 e i 14 anni e già tengono il Kalashnikov in mano. Indossano un'uniforme
mimetica simile a quella del Magyar Honvèdsèg, l'esercito ungherese, e il pesante vecchio
elmetto di metallo eredità dell'Impero del Male sovietico e del Patto di Varsavia. Esercita-
zioni militari per teenager, ecco la nuova moda nell'Ungheria nazionalpopulista ed euro-
scettica del premier-autocrate Viktor Orbàn: che i giovani imparino la vita vivendo da
soldati.
Non soldati per gioco, soldati sul serio: sveglia alle 5 del mattino, combattimenti simulati
tutto il giorno con munizioni da esercitazione, scontri con l'artiglieria dell'immaginario
nemico. Il volto dell'Europa nazionalpopulista amata da Marine Le Pen, Salvini e Orbàn
in contrasto all'Europa unita sognata da Merkel, Junker e Renzi è anche questo. E se non
ci credete guardate le fotografie dei ragazzini con l'aria terrorizzata vestiti da guerrieri o
accasciati in branda nelle tende. Obbedienti agli ordini, ma con un volto che sembra chia-
mare papà e mamma in aiuto. Niente aiuto, invece: una volta che finisci nei campi para-
militari, che stanno conoscendo un boom nell'Ungheria di Orbàn, devi restarci per il tem-
po concordato. Come nella Legione francese straniera o nel Tèrcio spagnolo. Non pochi
bimbi e ragazzi ci vanno di propria volontà, se sono disperati senza famiglia degni di pa-
gine di Oliver Twist. Molti altri, però - la maggioranza - ci vengono portati per amore o
per forza dai genitori, e i pubblici poteri non dicono nulla. Figurarsi, chi può opporsi?
Certo non magistratura e polizia, normalizzate e ridotte all'obbedienza dall'autocrate. I giovani sono avviati ai campi paramilitari dai loro genitori o perchè la famiglia così ri-
sparmia (nel paese oltre il 40 per cento dei cittadini vive al di sotto di una soglia naziona-
le di povertà fissata ben al di sotto di quella tedesca o anche italiana), oppure perchè di
difesa della Patria e del rigore dell'obbedienza militare. Comandi tanto più duri in un ,
paese che affronta l'emergenza migranti con il Muro di lame di rasoio appena finito di
costruire, il paese il cui premier disprezza l'Europa liberal elogiando la Russia di Putin,
la Turchia di Erdogan o addirittura la Repubblica islamica iraniana come forme di go-
verno più stabili ed efficienti, e auspicando "istituzioni non liberali in nome della difesa
di sovranità e interessi della Nazione".
Sveglia alle 5, rancio, poi si comincia subito a sparare. Imparando a usare il kalashnikov
o le mitragliatrici o i cannoni per uccidere. Per vincere, non si sa contro chi. "Ho trascor-
so una settimana in uno di questi campi, ho condiviso emozioni e tensioni dei ragazzini
in uniforme, ho mangiato il rancio con loro, ho dormito con òloro nelle fredde, scomodis-
sime tende all'aperto, è stato durissimo", racconta il fotoreporter spagnolo Oriol Segon
Torra (autore delle immagini in queste pagine). "Li domina un'idea collettiva sulla socie-
tà europea radicalmente contrastante con la nostra, quella democratica e liberal", aggiun-
ge. E spiega: "Con il mio reportage ho tentato di narrare la trasformazione imposta a
quei giovani animi, con le testimonianze dei ragazzi nel momento in cui vivono, in quei
campi, un momento di svolta della loro crescita, costretti improvvisamente a confrontar-
si con un rigido sistema basato su gerarchia e competitività".
I centri di addestramento per i giovani sono solo un'istituzione patriottica che rafforza le
capacità di difesa nazionale e l'identificazione dei giovani nella nazione, minimizzano
i portavoce governativi. Zsòlt Horvath, capo di uno dei campi più importanti, vanta spes-
so il tutto esaurito nel suo centro d'addestramento militare. "Noi non difendiamo nè pro-
paghiamo idee politiche", ha detto a Kenoe Verseck, reporter critico , ungherese che ormai
scrive soprattutto per la stampa in lingua tedesca. "Le nostre idee di rigore e disciplina
possono essere fatte proprie da ogni partito, noi proponiamo solo che in Ungheria le idee
di ordine, disciplina e patriottismo vengano prese di nuovo sul serio".
Ore di combattimento simulato, con kalashnikov, bombe a mano e artiglieria, poi pausa
rancio, poi si combatte di nuovo contro il nemico immaginario. A sera l'ammainabandie-
ra al canto dell'inno nazionale, poi il silenzio. Così scorre nei campi paramilitari unghere-
si la vita di ragazzi tra i 10 e i 14 anni per i quali, in qualunque altro paese dell'Unione eu-
ropea, sarebbe normale mandare messaggi ai coetanei con lo smartphone, navigare in rete
tra social forum, giocare, al massimo partecipare ai war games con la playstation.
E' un'altra idea di società quella che sta prendendo piede in Ungheria, scrive Kenoe Ver-
seck su Cicero, la rivista politica più trendy tra le élites democratiche tedesche e centroeu-
ropee. Orbàn, sempre più spesso, viene chiamato "il capo" dai suoi. Riabilita l'ammiraglio
Horthy, cioè il dittatore antisemita che governò dal 1919 al 1944, e fu il principale alleato di Hitler sul fronte orientale e introdusse nel 1920 le prime leggi razziali.
Nell'Ungheria di Orbàn che l'Unione Europea tollera tra i suoi membri prosperano anche
altre organizzazioni paramilitari. Da gruppi di difesa civica orientati chiaramente verso l'e-
strema destra, alla temuta Magyar Gàrda (guardia magiara), forte gruppo paramilitare vici-
no a Jobbik. Ufficialmente proibita, tiene comunque sulla centralissima piazza degli Eroi di
Budapest ogni cerimonia pubblica di giuramento di nuove reclute, e specie nelle povere pro-
vince orientali organizza ronde intimidatorie contro i rom. I campi d'addestramento milita-
ri per soldati-bambini, che farebbero pensare prima all'Africa delle guerre tribali che non
all'Europa, hanno anche questa realtà politica come sfondo. Mentre l'Europa tace.
Continua... to be continued...
Hanno tra i 10 e i 14 anni e già tengono il Kalashnikov in mano. Indossano un'uniforme
mimetica simile a quella del Magyar Honvèdsèg, l'esercito ungherese, e il pesante vecchio
elmetto di metallo eredità dell'Impero del Male sovietico e del Patto di Varsavia. Esercita-
zioni militari per teenager, ecco la nuova moda nell'Ungheria nazionalpopulista ed euro-
scettica del premier-autocrate Viktor Orbàn: che i giovani imparino la vita vivendo da
soldati.
Non soldati per gioco, soldati sul serio: sveglia alle 5 del mattino, combattimenti simulati
tutto il giorno con munizioni da esercitazione, scontri con l'artiglieria dell'immaginario
nemico. Il volto dell'Europa nazionalpopulista amata da Marine Le Pen, Salvini e Orbàn
in contrasto all'Europa unita sognata da Merkel, Junker e Renzi è anche questo. E se non
ci credete guardate le fotografie dei ragazzini con l'aria terrorizzata vestiti da guerrieri o
accasciati in branda nelle tende. Obbedienti agli ordini, ma con un volto che sembra chia-
mare papà e mamma in aiuto. Niente aiuto, invece: una volta che finisci nei campi para-
militari, che stanno conoscendo un boom nell'Ungheria di Orbàn, devi restarci per il tem-
po concordato. Come nella Legione francese straniera o nel Tèrcio spagnolo. Non pochi
bimbi e ragazzi ci vanno di propria volontà, se sono disperati senza famiglia degni di pa-
gine di Oliver Twist. Molti altri, però - la maggioranza - ci vengono portati per amore o
per forza dai genitori, e i pubblici poteri non dicono nulla. Figurarsi, chi può opporsi?
Certo non magistratura e polizia, normalizzate e ridotte all'obbedienza dall'autocrate. I giovani sono avviati ai campi paramilitari dai loro genitori o perchè la famiglia così ri-
sparmia (nel paese oltre il 40 per cento dei cittadini vive al di sotto di una soglia naziona-
le di povertà fissata ben al di sotto di quella tedesca o anche italiana), oppure perchè di
difesa della Patria e del rigore dell'obbedienza militare. Comandi tanto più duri in un ,
paese che affronta l'emergenza migranti con il Muro di lame di rasoio appena finito di
costruire, il paese il cui premier disprezza l'Europa liberal elogiando la Russia di Putin,
la Turchia di Erdogan o addirittura la Repubblica islamica iraniana come forme di go-
verno più stabili ed efficienti, e auspicando "istituzioni non liberali in nome della difesa
di sovranità e interessi della Nazione".
Sveglia alle 5, rancio, poi si comincia subito a sparare. Imparando a usare il kalashnikov
o le mitragliatrici o i cannoni per uccidere. Per vincere, non si sa contro chi. "Ho trascor-
so una settimana in uno di questi campi, ho condiviso emozioni e tensioni dei ragazzini
in uniforme, ho mangiato il rancio con loro, ho dormito con òloro nelle fredde, scomodis-
sime tende all'aperto, è stato durissimo", racconta il fotoreporter spagnolo Oriol Segon
Torra (autore delle immagini in queste pagine). "Li domina un'idea collettiva sulla socie-
tà europea radicalmente contrastante con la nostra, quella democratica e liberal", aggiun-
ge. E spiega: "Con il mio reportage ho tentato di narrare la trasformazione imposta a
quei giovani animi, con le testimonianze dei ragazzi nel momento in cui vivono, in quei
campi, un momento di svolta della loro crescita, costretti improvvisamente a confrontar-
si con un rigido sistema basato su gerarchia e competitività".
I centri di addestramento per i giovani sono solo un'istituzione patriottica che rafforza le
capacità di difesa nazionale e l'identificazione dei giovani nella nazione, minimizzano
i portavoce governativi. Zsòlt Horvath, capo di uno dei campi più importanti, vanta spes-
so il tutto esaurito nel suo centro d'addestramento militare. "Noi non difendiamo nè pro-
paghiamo idee politiche", ha detto a Kenoe Verseck, reporter critico , ungherese che ormai
scrive soprattutto per la stampa in lingua tedesca. "Le nostre idee di rigore e disciplina
possono essere fatte proprie da ogni partito, noi proponiamo solo che in Ungheria le idee
di ordine, disciplina e patriottismo vengano prese di nuovo sul serio".
Ore di combattimento simulato, con kalashnikov, bombe a mano e artiglieria, poi pausa
rancio, poi si combatte di nuovo contro il nemico immaginario. A sera l'ammainabandie-
ra al canto dell'inno nazionale, poi il silenzio. Così scorre nei campi paramilitari unghere-
si la vita di ragazzi tra i 10 e i 14 anni per i quali, in qualunque altro paese dell'Unione eu-
ropea, sarebbe normale mandare messaggi ai coetanei con lo smartphone, navigare in rete
tra social forum, giocare, al massimo partecipare ai war games con la playstation.
E' un'altra idea di società quella che sta prendendo piede in Ungheria, scrive Kenoe Ver-
seck su Cicero, la rivista politica più trendy tra le élites democratiche tedesche e centroeu-
ropee. Orbàn, sempre più spesso, viene chiamato "il capo" dai suoi. Riabilita l'ammiraglio
Horthy, cioè il dittatore antisemita che governò dal 1919 al 1944, e fu il principale alleato di Hitler sul fronte orientale e introdusse nel 1920 le prime leggi razziali.
Nell'Ungheria di Orbàn che l'Unione Europea tollera tra i suoi membri prosperano anche
altre organizzazioni paramilitari. Da gruppi di difesa civica orientati chiaramente verso l'e-
strema destra, alla temuta Magyar Gàrda (guardia magiara), forte gruppo paramilitare vici-
no a Jobbik. Ufficialmente proibita, tiene comunque sulla centralissima piazza degli Eroi di
Budapest ogni cerimonia pubblica di giuramento di nuove reclute, e specie nelle povere pro-
vince orientali organizza ronde intimidatorie contro i rom. I campi d'addestramento milita-
ri per soldati-bambini, che farebbero pensare prima all'Africa delle guerre tribali che non
all'Europa, hanno anche questa realtà politica come sfondo. Mentre l'Europa tace.
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mercoledì 16 marzo 2016
Calcio - Serie B - 31^ giornata 2015/16
16 marzo '16 - mercoledì 16th March / Wednesday visione post - 13
Risultati delle partite
Brescia 3 Ascoli 3 Bari 6 Como 1 Livorno 0 Pescara 1
Crotone 0 Avellino 4 Pro Vercelli 2 Cesena 3 Entella 0 Novara 2
Salernitana 1 Spezia 2 Ternana 0 Vicenza 1 Cagliari 0
Lanciano 3 Modena 0 Latina 0 Trapani 2 Perugia 2
CLASSIFICA
Crotone 63 / Cagliari 62 / Novara 52 / Spezia 51 / Cesena 50 /
Pescara, Entella 49 / Brescia 48 / Bari 47 / Trapani 44 / Perugia, Avellino 43 /
Ternana 37 / Lanciano 36 / Latina, Modena, Ascoli 35 / Livorno, Pro Vercelli 33 /
Vicenza 31 / Salernitana 30 / Como 23
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Risultati delle partite
Brescia 3 Ascoli 3 Bari 6 Como 1 Livorno 0 Pescara 1
Crotone 0 Avellino 4 Pro Vercelli 2 Cesena 3 Entella 0 Novara 2
Salernitana 1 Spezia 2 Ternana 0 Vicenza 1 Cagliari 0
Lanciano 3 Modena 0 Latina 0 Trapani 2 Perugia 2
CLASSIFICA
Crotone 63 / Cagliari 62 / Novara 52 / Spezia 51 / Cesena 50 /
Pescara, Entella 49 / Brescia 48 / Bari 47 / Trapani 44 / Perugia, Avellino 43 /
Ternana 37 / Lanciano 36 / Latina, Modena, Ascoli 35 / Livorno, Pro Vercelli 33 /
Vicenza 31 / Salernitana 30 / Como 23
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domenica 13 marzo 2016
Comicità - Il RompiPallone di Gene / 8^ raccolta
13 marzo '16 - domenica 13th March / Sunday visione post - 8
Danno con beffa per Berlusconi.
Dopo l'infortunio al malleolo, Renzi
lo ha soprannominato "Pato del Nazareno".
(lunedì 2 marzo 2015 - da 'La Gazzetta dello Sport)
Nuova truffa all'esterno degli Autogrill.
Non più il gioco delle 3 carte ma cercano
di venderti il Parma a 10 euro.
(domenica 8 marzo '15)
I tifosi scaligeri hanno dato del ciccione
a Benitez. Il Verona verrà squalificato
per 2 turni: discriminazione alimentare.
(lunedì 16 marzo '15)
Mou: "Ho ricevuto molte telefonate di complimenti,
ma quella che mi ha fatto più piacere è stata quella
del vice del mio vice: Papa Francesco".
(venerdì 11 aprile 2014)
Real Madrid. Scoppia il caso Bale. I compagni stufi
delle sue lamentele sbottano: "Faccia come Civati,
se ne vada".
(lunedì 11 maggio 2015)
Equivoco al Milan. Berlusconi voleva Ancelotti
ma come leader di Forza Italia. I rossoneri
continua ad allenarli lui.
(sabato 23 maggio '15)
Suarez deluso per l'assenza di Chiellini:
"Peccato, mi salta l'aperi-cena".
(sabato 6 giugno '15)
Marchionne euforico per la vittoria di Vettel:
"Abbiamo azzeccato la strategia vincente:
lasciare a casa Montezemolo".
(lunedì 27 luglio '15)
Icardi: "Con Jovetic va sempre meglio. Ormai
ci mandiamo affa... ma solo una quindicina di
volte a partita".
(domenica 27 dicembre '15)
Ieri Thohir ha compiuto 45 anni, ma per il
fair play finanziario ha potuto spegnere
soltanto 13 candeline.
(domenica 31 maggio '15)
Lucianone
Danno con beffa per Berlusconi.
Dopo l'infortunio al malleolo, Renzi
lo ha soprannominato "Pato del Nazareno".
(lunedì 2 marzo 2015 - da 'La Gazzetta dello Sport)
Nuova truffa all'esterno degli Autogrill.
Non più il gioco delle 3 carte ma cercano
di venderti il Parma a 10 euro.
(domenica 8 marzo '15)
I tifosi scaligeri hanno dato del ciccione
a Benitez. Il Verona verrà squalificato
per 2 turni: discriminazione alimentare.
(lunedì 16 marzo '15)
Mou: "Ho ricevuto molte telefonate di complimenti,
ma quella che mi ha fatto più piacere è stata quella
del vice del mio vice: Papa Francesco".
(venerdì 11 aprile 2014)
Real Madrid. Scoppia il caso Bale. I compagni stufi
delle sue lamentele sbottano: "Faccia come Civati,
se ne vada".
(lunedì 11 maggio 2015)
Equivoco al Milan. Berlusconi voleva Ancelotti
ma come leader di Forza Italia. I rossoneri
continua ad allenarli lui.
(sabato 23 maggio '15)
Suarez deluso per l'assenza di Chiellini:
"Peccato, mi salta l'aperi-cena".
(sabato 6 giugno '15)
Marchionne euforico per la vittoria di Vettel:
"Abbiamo azzeccato la strategia vincente:
lasciare a casa Montezemolo".
(lunedì 27 luglio '15)
Icardi: "Con Jovetic va sempre meglio. Ormai
ci mandiamo affa... ma solo una quindicina di
volte a partita".
(domenica 27 dicembre '15)
Ieri Thohir ha compiuto 45 anni, ma per il
fair play finanziario ha potuto spegnere
soltanto 13 candeline.
(domenica 31 maggio '15)
Lucianone
Cultura/ Il libro - "Dormiremo da vecchi": la storia di un 'cinematografaro'
13 marzo '16 - domenica 13th March / Sunday visione post - 9
Nel suo romanzo, "Dormiremo da vecchi", Pino Corrias racconta
la storia di un produttore senza scrupoli in una Roma apocalittica
(da la Repubblica - 26/10/2015 - Filippo Ceccarelli)
Si diceva tanto tempo fa a Roma di certi, pure allora acannibalizza, ssai coloriti personaggi: "E' un cinematografaro". Un pò come "palazzinaro" quella degradante e preliminare designa-
zione comportava una conveniente dose di diffidenza.
A ripensarci oggi, era anche un modo isintivo che il genius loci della città eterna aveva-
te e messo in circolo per tenersi a debita distanza e scongiurare proprio il genere
di impicci e poi di guai che danno vita e allegria ed euforia, ma anche cenere e malinco-
nia a questo romanzo di Pino Corrias, Dormiremo da vecchi (Chiarelettere, pagg. 249
euro 16,90). - Oscar Martello, lo strabordante e fantastico protagonista, campione di ci-
sigaroe di vitalità, di mediocri successi e di copiosi guadagni illegali, si definisce
"produttore". In realtà è l'evoluzione selvaggia, per certi versi terminale, del "cinema-
tografaro". Come tale si crogiola nella perdizione: super reggia sull'Aventino, sigaroni
Cohiba, yacht, società anonime, beneficenza e un sacco di cocaina, ilcui smercio nell'am-
biente della "dolceRoma" è alla base del suo iniziale slancio. Vive comunque a scapito di
tutti, alcuni schiavizza, altri e altre ancora consuma come fazzoletti di carta per poi but-
tarli via con un sovrappiù di ferocia. E' fatto così: "Io rubo e la chiamo economia reale,
la chiamo adrenalina e gioia di vivere". Megalomane, furbissimo e cialtrone, gioiosamen-
te e colpevolmente scambia i nomi di persone ed opere. Coltiva il sogno infantile di com-
prarsi Cinecittà. Parla una lingua mista fra Dagospia, Charles Bukowski e quella sinco-
pata degli sceneggiati televisivi anni Novanta. Attorno a lui brulica quel genere di uma-
nità che dai tempi del Satyricon non è che sia poi molto cambiata. "politici pieni di testo-
sterone, figli buoni a nulla dediti al body building, squali con dentature da commerciali-
sta, giovani ereditiere con l'alito cattivo, avvocati della Locride carichi di forfora e di
contanti, vedove con rughe, rubini e isterici Jack Russel che pisciavano sui divani".
Continua... to be continued...
Nel suo romanzo, "Dormiremo da vecchi", Pino Corrias racconta
la storia di un produttore senza scrupoli in una Roma apocalittica
(da la Repubblica - 26/10/2015 - Filippo Ceccarelli)
Si diceva tanto tempo fa a Roma di certi, pure allora acannibalizza, ssai coloriti personaggi: "E' un cinematografaro". Un pò come "palazzinaro" quella degradante e preliminare designa-
zione comportava una conveniente dose di diffidenza.
A ripensarci oggi, era anche un modo isintivo che il genius loci della città eterna aveva-
te e messo in circolo per tenersi a debita distanza e scongiurare proprio il genere
di impicci e poi di guai che danno vita e allegria ed euforia, ma anche cenere e malinco-
nia a questo romanzo di Pino Corrias, Dormiremo da vecchi (Chiarelettere, pagg. 249
euro 16,90). - Oscar Martello, lo strabordante e fantastico protagonista, campione di ci-
sigaroe di vitalità, di mediocri successi e di copiosi guadagni illegali, si definisce
"produttore". In realtà è l'evoluzione selvaggia, per certi versi terminale, del "cinema-
tografaro". Come tale si crogiola nella perdizione: super reggia sull'Aventino, sigaroni
Cohiba, yacht, società anonime, beneficenza e un sacco di cocaina, ilcui smercio nell'am-
biente della "dolceRoma" è alla base del suo iniziale slancio. Vive comunque a scapito di
tutti, alcuni schiavizza, altri e altre ancora consuma come fazzoletti di carta per poi but-
tarli via con un sovrappiù di ferocia. E' fatto così: "Io rubo e la chiamo economia reale,
la chiamo adrenalina e gioia di vivere". Megalomane, furbissimo e cialtrone, gioiosamen-
te e colpevolmente scambia i nomi di persone ed opere. Coltiva il sogno infantile di com-
prarsi Cinecittà. Parla una lingua mista fra Dagospia, Charles Bukowski e quella sinco-
pata degli sceneggiati televisivi anni Novanta. Attorno a lui brulica quel genere di uma-
nità che dai tempi del Satyricon non è che sia poi molto cambiata. "politici pieni di testo-
sterone, figli buoni a nulla dediti al body building, squali con dentature da commerciali-
sta, giovani ereditiere con l'alito cattivo, avvocati della Locride carichi di forfora e di
contanti, vedove con rughe, rubini e isterici Jack Russel che pisciavano sui divani".
Continua... to be continued...
sabato 12 marzo 2016
Sport - calcio / Serie A - 28^ giornata 2015/16
12 marzo '16 - sabato 12th March / Saturday
Risultati delle partite
Roma 4 Verona H. 0 Napoli 3 Torino 1 Atalanta 0 Bologna 0
Fiorentina 1 Sampdoria 3 Chievo 1 Lazio 1 Juventus 2 Carpi 0
Frosinone 2 Genoa 1 Sassuolo 2 Inter 3
Udinese 0 Empoli 0 Milan 0 Palermo 1
Il Commento
Prendo in considerazione tre partite di questa giornata (28^) calcistica della A.
Parto, tanto da togliermi il dente del dolore, da Hellas Verona - Sampdoria 0-3:
ma che bella batosta indicante un più che mezzo funerale per la squadra scali-
gera, ma quello che ruga, e ruga tanto tanto, è il modo e soprattutto lo spazio
di tempo di prendersi quelle tre pere - brava comunque la Samp che le ha rifi-
late, per carità! Nel primo quarto d'ora di gioco subisce un passivo di tre reti,
e per giunta nella propria casetta, è davvero eccezionale per una squadra che
si deve disperatamente salvare. Che succede Del Neri? Probabilmente in con-
fusione quasi totale, e il requiem è ormai vicinissimo e un pò lo hanno intona-
to i tifosissimi dei colori gialloblù che alla fine non hanno saputo trattenern
fischi abbastanza sonori.
Il Frosinone sfrutta benissimo il fattore campo, e invischia ancor di più i friulani
nella lotta per la sopravvivenza in A. E per l'Udinese è tutto da rifare, cancellan-
do in parte quei punti d'oro che aveva ottenuto contro l'Hellas di Del Neri. Da ve-
dere poi se la squadra romana saprà mantenere lo stesso passo nelle gare esterne.
Continua... to be continued...
Risultati delle partite
Roma 4 Verona H. 0 Napoli 3 Torino 1 Atalanta 0 Bologna 0
Fiorentina 1 Sampdoria 3 Chievo 1 Lazio 1 Juventus 2 Carpi 0
Frosinone 2 Genoa 1 Sassuolo 2 Inter 3
Udinese 0 Empoli 0 Milan 0 Palermo 1
Il Commento
Prendo in considerazione tre partite di questa giornata (28^) calcistica della A.
Parto, tanto da togliermi il dente del dolore, da Hellas Verona - Sampdoria 0-3:
ma che bella batosta indicante un più che mezzo funerale per la squadra scali-
gera, ma quello che ruga, e ruga tanto tanto, è il modo e soprattutto lo spazio
di tempo di prendersi quelle tre pere - brava comunque la Samp che le ha rifi-
late, per carità! Nel primo quarto d'ora di gioco subisce un passivo di tre reti,
e per giunta nella propria casetta, è davvero eccezionale per una squadra che
si deve disperatamente salvare. Che succede Del Neri? Probabilmente in con-
fusione quasi totale, e il requiem è ormai vicinissimo e un pò lo hanno intona-
to i tifosissimi dei colori gialloblù che alla fine non hanno saputo trattenern
fischi abbastanza sonori.
Il Frosinone sfrutta benissimo il fattore campo, e invischia ancor di più i friulani
nella lotta per la sopravvivenza in A. E per l'Udinese è tutto da rifare, cancellan-
do in parte quei punti d'oro che aveva ottenuto contro l'Hellas di Del Neri. Da ve-
dere poi se la squadra romana saprà mantenere lo stesso passo nelle gare esterne.
Continua... to be continued...
Appuntamenti - Teatro, Jazz, Mostre, Architettura
12 marzo '16 - sabato 12th March / Saturday visione post - 14
Bergamo / Teatro
Centro Sociale - Loreto
"Il bambino dai pollici verdi" - 20 marzo 2016 / ore 17
Bergamo / Jazz Festival (direzione artistica di Dave Douglas)
Teatro Sociale
Giovedì 17 marzo 2016 - ore 21.00
Franco D'Andrea - "Traditions Today"
(special guest: Han Bennink; featuring: Mauro Ottolini e Daniele D'Agaro)
Ryan Keberle & Catharsis
Teatro Donizetti
Venerdì 18 marzo '16 - oer 21.00
Geri Allen PIANO SOLO
Joe Lovano CLASSIC QUARTET
Sabato 19 marzo '16 - ore 21.00
Anat Cohen QUARTET
Kenny Barron TRIO
Domenica 20 marzo '16 - ore 21.00
Billy Martin's - "Wicked Knee" featuring
Steven Bernstein, Brian Dye, Michel Godard
Louis Moholo-Moholo - "5 Blokes"
_________________________.
Lectio magistralis di Stefano Boeri
"Architetture come ponti e architetture come muri"
mercoledì 23 marzo - ore 20:45
(Per il corso di architettura SPACE FACTOR IV)
Incontro gratuito aperto al pubblico:
Centro Congressi Giovanni XXIII - viale Papa Giovanni XXIII, 106 - Bergamo
Info: www.gamec.it
Longaretti 100 - mostra
DISEGNI E OPERE PUBBLICHE
25 marzo - 5 giugno 2016
Ex Ateneo di Scienze, Lettere e Arti e sedi varie, Bergamo
Lucianone
Bergamo / Teatro
Centro Sociale - Loreto
"Il bambino dai pollici verdi" - 20 marzo 2016 / ore 17
Bergamo / Jazz Festival (direzione artistica di Dave Douglas)
Teatro Sociale
Giovedì 17 marzo 2016 - ore 21.00
Franco D'Andrea - "Traditions Today"
(special guest: Han Bennink; featuring: Mauro Ottolini e Daniele D'Agaro)
Ryan Keberle & Catharsis
Teatro Donizetti
Venerdì 18 marzo '16 - oer 21.00
Geri Allen PIANO SOLO
Joe Lovano CLASSIC QUARTET
Sabato 19 marzo '16 - ore 21.00
Anat Cohen QUARTET
Kenny Barron TRIO
Domenica 20 marzo '16 - ore 21.00
Billy Martin's - "Wicked Knee" featuring
Steven Bernstein, Brian Dye, Michel Godard
Louis Moholo-Moholo - "5 Blokes"
_________________________.
Lectio magistralis di Stefano Boeri
"Architetture come ponti e architetture come muri"
mercoledì 23 marzo - ore 20:45
(Per il corso di architettura SPACE FACTOR IV)
Incontro gratuito aperto al pubblico:
Centro Congressi Giovanni XXIII - viale Papa Giovanni XXIII, 106 - Bergamo
Info: www.gamec.it
Longaretti 100 - mostra
DISEGNI E OPERE PUBBLICHE
25 marzo - 5 giugno 2016
Ex Ateneo di Scienze, Lettere e Arti e sedi varie, Bergamo
Lucianone
sabato 5 marzo 2016
Riflessioni - Guarda un pò l'Ungheria di Orban! (ecco anche come si spiegano i muri alzati)
5 marzo '16 - sabato 5th March / Saturday visione post - 15
In Ungheria, anzi precisamente nell'Ungheria di Orbàn, vengono creati giochi di guerra:
con campi paramilitari per ragazzini. Sarebbe un "modello educativo" fatto per prepa-
rare i futuri cittadini ungheresi (agli antipodi dell'Europa di Bruxelles).
Questa è una notizia che ho letto solo pochi giorni fa in un settimanale datato ancora al
mese di dicembre scorso (12 dicembre 2015). E ho subito, chiaramente, collegato questo
fatto a quello dell'innalzamento ungherese dei muri contro i migranti-profughi. Dunque
le cose (come spesso accade) quadrano in modo completo - la quadratura del cerchio in-
somma - dove uno Stato conservatore/super populista si chiude a riccio, innalzando bar-
riere razziste e allevando una progenie di soldatini pronti a difendersi dagli straccioni
musulmani. - Mi torna molto alla memoria quelle scene dei film sugli Indiani e le trup-
pe dell'esercito americano: chiusi nel fortino, i riservisti dell'esercito a stelle e strisce si
difendevano dagli assalti delle tribù indiane che scorazzavano intorno al forte sui caval-
li, e con archi e frecce (in seguito si sarebbero procurati fucili pure loro).
Solo che questi nuovi Indiani = Profughi/migranti dalle guerre e dalla fame sono senza
cavalli e senza nessun tipo di arma bellica, ma sono per lo più donne e bambini inermi
che chiedono asilo e un pò di pietà. Solo che adesso siamo già, se non erro, nel 2016,
e però ci sono alcuni paesi europei che confondono facilmente la pietà con Spietatezza.
Luciano Finesso
Tra i prossimi post verrà pubblicato un Dossier proprio sui 'Giochi di guerra' concepiti
nello Stato che ha dato inizio alla costruzione e all'innalzamento dei muri in Europa,
l'Ungheria di Orbàn appunto. Giochi di guerra (ma che in realtà non sono proprio gio-
chi) in cui vengono coinvolti come protagonisti bambini con tanto di uniforme, mitra-
gliatrici (kalashnikov) e maschere antigas.
(Lucianone)
Lucianone
In Ungheria, anzi precisamente nell'Ungheria di Orbàn, vengono creati giochi di guerra:
con campi paramilitari per ragazzini. Sarebbe un "modello educativo" fatto per prepa-
rare i futuri cittadini ungheresi (agli antipodi dell'Europa di Bruxelles).
Questa è una notizia che ho letto solo pochi giorni fa in un settimanale datato ancora al
mese di dicembre scorso (12 dicembre 2015). E ho subito, chiaramente, collegato questo
fatto a quello dell'innalzamento ungherese dei muri contro i migranti-profughi. Dunque
le cose (come spesso accade) quadrano in modo completo - la quadratura del cerchio in-
somma - dove uno Stato conservatore/super populista si chiude a riccio, innalzando bar-
riere razziste e allevando una progenie di soldatini pronti a difendersi dagli straccioni
musulmani. - Mi torna molto alla memoria quelle scene dei film sugli Indiani e le trup-
pe dell'esercito americano: chiusi nel fortino, i riservisti dell'esercito a stelle e strisce si
difendevano dagli assalti delle tribù indiane che scorazzavano intorno al forte sui caval-
li, e con archi e frecce (in seguito si sarebbero procurati fucili pure loro).
Solo che questi nuovi Indiani = Profughi/migranti dalle guerre e dalla fame sono senza
cavalli e senza nessun tipo di arma bellica, ma sono per lo più donne e bambini inermi
che chiedono asilo e un pò di pietà. Solo che adesso siamo già, se non erro, nel 2016,
e però ci sono alcuni paesi europei che confondono facilmente la pietà con Spietatezza.
Luciano Finesso
Tra i prossimi post verrà pubblicato un Dossier proprio sui 'Giochi di guerra' concepiti
nello Stato che ha dato inizio alla costruzione e all'innalzamento dei muri in Europa,
l'Ungheria di Orbàn appunto. Giochi di guerra (ma che in realtà non sono proprio gio-
chi) in cui vengono coinvolti come protagonisti bambini con tanto di uniforme, mitra-
gliatrici (kalashnikov) e maschere antigas.
(Lucianone)
Lucianone
Scienze - Le onde gravitazionali esistono: Einstein aveva ragione
5 marzo '16 - sabato 5th March / Saturday visione post - 24
Albert Einstein aveva ragione
e questa scoperta ci serve
Il fisico tedesco le aveva ipotizzate 100 anni fa. Ora la conferma: prodotte
dagli eventi cosmici violenti, le onde gravitazionali esistono.
Un grande salto per le nostre conoscenze. Ma anche per migliorare
i satelliti e la stabilità delle case. Ecco perchè.
(dal settimanale "Oggi" - 24/02/'16 - Attualità / Edoardo Rosati - Milano)
Ci si sente infinitamente piccoli dinanzi alla sconcertante grandiosità di certe scoperte
scientifiche. Come quella che vede protagoniste le onde gravitazionali. E' merito di un
team di studiosi statun itensi ed europei, che lavorano alle tre super- antenne (interfero-
metri, nel gergo tecnico) Ligo e Virgo: i due Ligo che giorno e notte hanno registrato gli
echi provenienti dallo spazio profondo negli Usa (a Livingston, Louisiana, e ad Hanford,
nello Stato di Washington) e Virgo, che "abita" in Italia, nel Comune di Cascina (Pisa) e
che in autunno si unirà ai Ligo nella ricerca (non appena ultimati i lavori per aumentar-
ne la sensibilità).
Una scoperta epocale. Che conferma per l'ennesima volta il "funzionamento" dell'uni-
verso previsto dalla mente inarrivabile di Albert Einstein. - Per afferrare il mistero la
èarola chiave è: gravità. Archiviate per sempre l'idea che questo fenomeno sia dovuto
a una potente "calamita" naturale, a un'impalpabile forza attrattiva che fa cadere le
cose, che la Terra, a sua volta, esercita sulla Luna e grazie vvin-quale il Sole tiene av-
vinghiato attorno a sè il nostro pianeta (e tutti gli altri). No. La visione di Einstein ha
dipinto uno scenario rivoluzionario. Che, per estrema semplicità, deve portarci a im-
maginare lo Spazio come un infinito telo deformabile. Teso e resistente. Avete presen-
te i tappeti elastici su cui saltano a perdifiato i bambini?
"Increspature" decisive
Prendete adesso una palla da bowling e lanciatela su questo lenzuolo di gomma. Il
tessuto cederà sotto la massa della sfera. S'infossa. Si curva verso il basso. Se ades-
so provassimo a tirare una biglia su quella stessa superficie, bè, non potrà sfrecciare
dritta, in linea retta: finirà inevitabilmente per essere deviata dall'avvallamento. E
per girarci attorno. Ecco come funzionano le orbite di un pianeta, di una cometa, di
un satellite artificiale o di un veicolo spaziale: non sono oggetti calamitati da una
"forza" arcana a distanza. Si comportano, invece, proprio come quella biglia: ruota-
no attorno a un corpo celeste (la palla da bowling) che è più massiccio di loro e che
per questo ha abbassato il "telo elastico" dello Spazio. - Einstein ha chiamato "Spa-
zio-Tempo" Quest'invisibile tappeto flessibile (perxhè noi ci muoviamo nel vuoto se-
guendo lunghezze, larghezze e profondità, ma anche con un "prima" e un "dopo"),
Ecco pertanto riformulato il concetto di gravità: è l'effetto della curvatura dello
Un cataclisma spaziale
E' proprio ciò che è successo: due buchi neri, due frementi corpi celesti, si sono esibiti
in una danza vorticosa, prima di scontrarsi a una velocità di circa 150 mila chilometri
al secondo e fondersi in un'unica perla scura, pari a 62 volte la massa solare. E' acca-
duto a una distanza di 1,3 miliardi di anni luce. Un cataclisma che ha prodotto un'on-
da nell'universo. E come un messaggio in bottiglia nell'oceano di stelle, ha conservato
la memoria di quel mirabile evento cosmico. Oggi, finalmente, gli scienziati sono riu-
sciti a "leggere" e a udire quello sconvolgimento lontano: un "bip" di un secondo.
Sufficiente per gridare vittoria. "E' davvero l'alba di una nuova era, per l'astrofisica",
commenta entusiasta Fulvio Ricci, professore a la "Sapienza" - Univeristà di Roma, ri-
cercatore dell'INFN, l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, e coordinatore della colla-
borazione internazionale Virgo, uno dei fanta-macchinari rivelatori di onde che ha for-
nito un ruolo nevralgico nella lettura finale dei dati. "Le onde gravitazionali erano una
saorta di chimera: ne ipotizzavamo l'esistenza, ma adesso le abbiamo osservate in ma-
niera diretta". Più o meno è come aver scoperto la Stele di Rosetta, la pietra di granito
fondamentale nella decifrazione dei geroglifici egizi. "Allo stesso modo, potremo final-
mente sondare i fenomeni dell'universo con nuovi occhi, perchè le onde gravitazionali,
rispetto a quelle elettromagnetiche, hanno una natura del tutto diversa, essendo gene-
rate dal movimento dei corpi celesti e riuscendo a trasportare intatta l'informazione
sul fenomeno che le ha originate". Significa per esempio, spiega Ricci, poter scanda-
gliare lo stato della materia in condizioni straordinariamente compresse, come avvie-
ne nelle stelle di neutroni, che sono corpi celesti pazzescamente densi: immaginate di racchiudere in una sfera col diametro equivalente all'estensione di Roma una volta e
mezza la massa del Sole!
Lucianone
Albert Einstein aveva ragione
e questa scoperta ci serve
Il fisico tedesco le aveva ipotizzate 100 anni fa. Ora la conferma: prodotte
dagli eventi cosmici violenti, le onde gravitazionali esistono.
Un grande salto per le nostre conoscenze. Ma anche per migliorare
i satelliti e la stabilità delle case. Ecco perchè.
(dal settimanale "Oggi" - 24/02/'16 - Attualità / Edoardo Rosati - Milano)
Ci si sente infinitamente piccoli dinanzi alla sconcertante grandiosità di certe scoperte
scientifiche. Come quella che vede protagoniste le onde gravitazionali. E' merito di un
team di studiosi statun itensi ed europei, che lavorano alle tre super- antenne (interfero-
metri, nel gergo tecnico) Ligo e Virgo: i due Ligo che giorno e notte hanno registrato gli
echi provenienti dallo spazio profondo negli Usa (a Livingston, Louisiana, e ad Hanford,
nello Stato di Washington) e Virgo, che "abita" in Italia, nel Comune di Cascina (Pisa) e
che in autunno si unirà ai Ligo nella ricerca (non appena ultimati i lavori per aumentar-
ne la sensibilità).
Una scoperta epocale. Che conferma per l'ennesima volta il "funzionamento" dell'uni-
verso previsto dalla mente inarrivabile di Albert Einstein. - Per afferrare il mistero la
èarola chiave è: gravità. Archiviate per sempre l'idea che questo fenomeno sia dovuto
a una potente "calamita" naturale, a un'impalpabile forza attrattiva che fa cadere le
cose, che la Terra, a sua volta, esercita sulla Luna e grazie vvin-quale il Sole tiene av-
vinghiato attorno a sè il nostro pianeta (e tutti gli altri). No. La visione di Einstein ha
dipinto uno scenario rivoluzionario. Che, per estrema semplicità, deve portarci a im-
maginare lo Spazio come un infinito telo deformabile. Teso e resistente. Avete presen-
te i tappeti elastici su cui saltano a perdifiato i bambini?
"Increspature" decisive
Prendete adesso una palla da bowling e lanciatela su questo lenzuolo di gomma. Il
tessuto cederà sotto la massa della sfera. S'infossa. Si curva verso il basso. Se ades-
so provassimo a tirare una biglia su quella stessa superficie, bè, non potrà sfrecciare
dritta, in linea retta: finirà inevitabilmente per essere deviata dall'avvallamento. E
per girarci attorno. Ecco come funzionano le orbite di un pianeta, di una cometa, di
un satellite artificiale o di un veicolo spaziale: non sono oggetti calamitati da una
"forza" arcana a distanza. Si comportano, invece, proprio come quella biglia: ruota-
no attorno a un corpo celeste (la palla da bowling) che è più massiccio di loro e che
per questo ha abbassato il "telo elastico" dello Spazio. - Einstein ha chiamato "Spa-
zio-Tempo" Quest'invisibile tappeto flessibile (perxhè noi ci muoviamo nel vuoto se-
guendo lunghezze, larghezze e profondità, ma anche con un "prima" e un "dopo"),
Ecco pertanto riformulato il concetto di gravità: è l'effetto della curvatura dello
Un cataclisma spaziale
E' proprio ciò che è successo: due buchi neri, due frementi corpi celesti, si sono esibiti
in una danza vorticosa, prima di scontrarsi a una velocità di circa 150 mila chilometri
al secondo e fondersi in un'unica perla scura, pari a 62 volte la massa solare. E' acca-
duto a una distanza di 1,3 miliardi di anni luce. Un cataclisma che ha prodotto un'on-
da nell'universo. E come un messaggio in bottiglia nell'oceano di stelle, ha conservato
la memoria di quel mirabile evento cosmico. Oggi, finalmente, gli scienziati sono riu-
sciti a "leggere" e a udire quello sconvolgimento lontano: un "bip" di un secondo.
Sufficiente per gridare vittoria. "E' davvero l'alba di una nuova era, per l'astrofisica",
commenta entusiasta Fulvio Ricci, professore a la "Sapienza" - Univeristà di Roma, ri-
cercatore dell'INFN, l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, e coordinatore della colla-
borazione internazionale Virgo, uno dei fanta-macchinari rivelatori di onde che ha for-
nito un ruolo nevralgico nella lettura finale dei dati. "Le onde gravitazionali erano una
saorta di chimera: ne ipotizzavamo l'esistenza, ma adesso le abbiamo osservate in ma-
niera diretta". Più o meno è come aver scoperto la Stele di Rosetta, la pietra di granito
fondamentale nella decifrazione dei geroglifici egizi. "Allo stesso modo, potremo final-
mente sondare i fenomeni dell'universo con nuovi occhi, perchè le onde gravitazionali,
rispetto a quelle elettromagnetiche, hanno una natura del tutto diversa, essendo gene-
rate dal movimento dei corpi celesti e riuscendo a trasportare intatta l'informazione
sul fenomeno che le ha originate". Significa per esempio, spiega Ricci, poter scanda-
gliare lo stato della materia in condizioni straordinariamente compresse, come avvie-
ne nelle stelle di neutroni, che sono corpi celesti pazzescamente densi: immaginate di racchiudere in una sfera col diametro equivalente all'estensione di Roma una volta e
mezza la massa del Sole!
Lucianone
SOCIETA' e politica / Svezia - Diritti e dialogo in difesa dei più deboli
5 marzo '16 - sabato 5th March / Saturday visione post - 28
La ministra degli Esteri svedese, Margot Wallstròm, afferma:
"Dalla lotta per il disarmo ai no a Riad: ecco la mia sfida per
una diplomazia in nome dei più deboli".
(la Repubblica - 19/10/2015 - L'intervista / Andrea Tarquini - Stoccolma)
"Diritti e dialogo, così in Svezia
il femminismo etico è andato al potere"
"Io sono pragmatica, punto ai risultati nella diplomazia internazionale. Ma credo in un
nuovo approccio, etico e neofemminista. Condizioni e diritti della donna sono barometro
e tornasole dei singoli paesi e del mondo, difenderli secondo me è nell'interesse strategi-
co svedese europeo e globale. Non temo chi sfido, anzi sfido per dialogare". Così Margot
Wallstròm, socialdemocratica, la coraggiosa, potentissima ministra degli Esteri svedese,
spiega il suo credo. Sfida tutti: riconosce la Palestina, blocca contratti di miliardi per ar-
mi svedesi a Riad in nome dei diritti umani e delle donne, annuncia il riconoscimento
del Sahara Occidentale, si batte per il disarmo e denuncia le provocazioni armate di Pu-
tin contro il pacifico regno. Elegantissima in abito pantalone nero e camicetta caffelatte,
parla nel suo studio stile Luigi XIV al ministero degli Esteri reale, leader segreta della
potenza del nord, insieme a un team di donne che ha in pugno i dicasteri-chiave.
Nuova etica, femminismo in politica. Cosa significa?
"Insisto, prima di tutto pragmatismo: orientarsi a risultati efficaci. Ma senza mai tradire valori
e principi: in questo senso sono bifronte. Difendo gli interessi svedesi pensando che sono an-
che quelli del mondo globale. Siamo qui al governo per cambiare la realtà, da superpotenza
del cuore, non per far carriera. Me lo dissi subito: dove voglio arrivare? Così lavorai alla Com-
missione europea e all'Onu: dandomi valori-guida. E imparando ad ascoltare tutti prima di de-
cidere: partiti, ong, sindacati, aziende, ogni voce dei paesi reali. Le priorità ascoltate dagli altri
fanno governare meglio. E' anche un credo femminista saper ascoltare".
Svolta rispetto al precedente governo conservatore?
"Qui vige consenso bipertisan su molto: aiuto ai paesi poveri, cultura politica solidale, pacifi-
smo, europeismo convinto. Ma in 4 aree esistono differenze".
Quali?
"Primo, dobbiamo essere molto più attivi per la pace. La crisi russo-ucraina è top priority, ci
occorre una prospettiva a lungo termine, europea: investire sulle forze democratiche russe, e
ucraine, senza timore d'irritare nessuno. Poi la politica estera femminista".
Che significa?
Quando cominciai a parlarne molti sogghignarono. Invece è analisi lucida della situazione
mondiale. Come sono trattate le donne, qual è il loro ruolo nelle società, dove c'è o no un'a-
genda o road map per i loro diritti all'eguaglianza, a studiare e lavorare, a fare economia e
politica estera, al futuro? Sono interrogativi-chiave per la sicurezza e la pace nel mondo.
Uno smart power femminile - nè hard nè soft power, uno smart power - è decisivo per far
andare avanti meglio il mondo. Nei diritti umani come nell'economia, dai paesi più ricchi
ai più poveri. La politica estera femminista è un metodo: diritti, rappresentanza, ruolo so-
ciale delle donne, sono chiavi per capire ogni situazione. Senza le donne, la Tunisia del
Nobel non sarebbe una storia di successo. E in ogni guerra, la politica estera femminista
è uno strumento per capire meglio, decidere, agire. Dove le donne sono maltrattate o di-
scriminate - loro, metà della popolazione e spesso spina dorsale della stabilità sociale -
di solito bvengono calpestati i diritti umani e sprecate le qualità di metà del cielo, a dan-
no di ogni individuo, dell'economia, della società. La politica estera femminista è più ef-
ficiente, nell'interesse di tutti. Per questo qui offriamo training per future donne-negozia-
trici e leader di tutto il mondo".
Col suo no alle armi a Riad, a causa delle violazioni di diritti umani e discriminazione
delle donne, ha sfidato anche l'industria militare svedese: duro?
"Sono una pacifista pragmatica. Noi democrazia neutrale abbiamo un'importante industria
militare, io ho approvato un aumento in corsa delle spese per la Difesa pensando alle con-
tinue provocazioni russe, ai nostri piloti che quasi ogni giorno decollano su allarme con i
loro piccoli caccia Gripen contro i bombardieri atomici. Ma ci guida un principio: espor-
tiamo armi solo a paesi democratici e non aggressivi. Con i sauditi dopo certe parole con-
tro di me che preferisco ignorare ci siamo parlati, abbiamo concordato di dissentire. Con
una linea dura in nome di valori si può riuscire a continuare il dialogo".
Dialogare senza rinunciare a valori e principi?
"Mai dal 1945 abbiamo tanti conflitti come nel mondo multipolare di oggi: una quarantina,
di cui almeno 11 guerre combattute. Sempre più scontri accesi da fattori religiosi, etnici o
d'identità, e tentazioni di corsa all'arma atomica. In questo mondo complesso, l'apparente
idealismo di una pragmatica politica estera femminista, quindi più pacifista e solidale, è
strumento diplomatico più indispensabile che mai. Sapendo che devi avere il coraggio di
incassare pugni o colpi bassi, e continuare a offrire con chiarezza estrema sui valori dialo-
go a governi, anche Iran o Turchia, a ong e società civili, ovunque. L'alternativa è soggia-
cere a interessi economici e militari o a superpotenze.
Lucianone
La ministra degli Esteri svedese, Margot Wallstròm, afferma:
"Dalla lotta per il disarmo ai no a Riad: ecco la mia sfida per
una diplomazia in nome dei più deboli".
(la Repubblica - 19/10/2015 - L'intervista / Andrea Tarquini - Stoccolma)
"Diritti e dialogo, così in Svezia
il femminismo etico è andato al potere"
"Io sono pragmatica, punto ai risultati nella diplomazia internazionale. Ma credo in un
nuovo approccio, etico e neofemminista. Condizioni e diritti della donna sono barometro
e tornasole dei singoli paesi e del mondo, difenderli secondo me è nell'interesse strategi-
co svedese europeo e globale. Non temo chi sfido, anzi sfido per dialogare". Così Margot
Wallstròm, socialdemocratica, la coraggiosa, potentissima ministra degli Esteri svedese,
spiega il suo credo. Sfida tutti: riconosce la Palestina, blocca contratti di miliardi per ar-
mi svedesi a Riad in nome dei diritti umani e delle donne, annuncia il riconoscimento
del Sahara Occidentale, si batte per il disarmo e denuncia le provocazioni armate di Pu-
tin contro il pacifico regno. Elegantissima in abito pantalone nero e camicetta caffelatte,
parla nel suo studio stile Luigi XIV al ministero degli Esteri reale, leader segreta della
potenza del nord, insieme a un team di donne che ha in pugno i dicasteri-chiave.
Nuova etica, femminismo in politica. Cosa significa?
"Insisto, prima di tutto pragmatismo: orientarsi a risultati efficaci. Ma senza mai tradire valori
e principi: in questo senso sono bifronte. Difendo gli interessi svedesi pensando che sono an-
che quelli del mondo globale. Siamo qui al governo per cambiare la realtà, da superpotenza
del cuore, non per far carriera. Me lo dissi subito: dove voglio arrivare? Così lavorai alla Com-
missione europea e all'Onu: dandomi valori-guida. E imparando ad ascoltare tutti prima di de-
cidere: partiti, ong, sindacati, aziende, ogni voce dei paesi reali. Le priorità ascoltate dagli altri
fanno governare meglio. E' anche un credo femminista saper ascoltare".
Svolta rispetto al precedente governo conservatore?
"Qui vige consenso bipertisan su molto: aiuto ai paesi poveri, cultura politica solidale, pacifi-
smo, europeismo convinto. Ma in 4 aree esistono differenze".
Quali?
"Primo, dobbiamo essere molto più attivi per la pace. La crisi russo-ucraina è top priority, ci
occorre una prospettiva a lungo termine, europea: investire sulle forze democratiche russe, e
ucraine, senza timore d'irritare nessuno. Poi la politica estera femminista".
Che significa?
Quando cominciai a parlarne molti sogghignarono. Invece è analisi lucida della situazione
mondiale. Come sono trattate le donne, qual è il loro ruolo nelle società, dove c'è o no un'a-
genda o road map per i loro diritti all'eguaglianza, a studiare e lavorare, a fare economia e
politica estera, al futuro? Sono interrogativi-chiave per la sicurezza e la pace nel mondo.
Uno smart power femminile - nè hard nè soft power, uno smart power - è decisivo per far
andare avanti meglio il mondo. Nei diritti umani come nell'economia, dai paesi più ricchi
ai più poveri. La politica estera femminista è un metodo: diritti, rappresentanza, ruolo so-
ciale delle donne, sono chiavi per capire ogni situazione. Senza le donne, la Tunisia del
Nobel non sarebbe una storia di successo. E in ogni guerra, la politica estera femminista
è uno strumento per capire meglio, decidere, agire. Dove le donne sono maltrattate o di-
scriminate - loro, metà della popolazione e spesso spina dorsale della stabilità sociale -
di solito bvengono calpestati i diritti umani e sprecate le qualità di metà del cielo, a dan-
no di ogni individuo, dell'economia, della società. La politica estera femminista è più ef-
ficiente, nell'interesse di tutti. Per questo qui offriamo training per future donne-negozia-
trici e leader di tutto il mondo".
Col suo no alle armi a Riad, a causa delle violazioni di diritti umani e discriminazione
delle donne, ha sfidato anche l'industria militare svedese: duro?
"Sono una pacifista pragmatica. Noi democrazia neutrale abbiamo un'importante industria
militare, io ho approvato un aumento in corsa delle spese per la Difesa pensando alle con-
tinue provocazioni russe, ai nostri piloti che quasi ogni giorno decollano su allarme con i
loro piccoli caccia Gripen contro i bombardieri atomici. Ma ci guida un principio: espor-
tiamo armi solo a paesi democratici e non aggressivi. Con i sauditi dopo certe parole con-
tro di me che preferisco ignorare ci siamo parlati, abbiamo concordato di dissentire. Con
una linea dura in nome di valori si può riuscire a continuare il dialogo".
Dialogare senza rinunciare a valori e principi?
"Mai dal 1945 abbiamo tanti conflitti come nel mondo multipolare di oggi: una quarantina,
di cui almeno 11 guerre combattute. Sempre più scontri accesi da fattori religiosi, etnici o
d'identità, e tentazioni di corsa all'arma atomica. In questo mondo complesso, l'apparente
idealismo di una pragmatica politica estera femminista, quindi più pacifista e solidale, è
strumento diplomatico più indispensabile che mai. Sapendo che devi avere il coraggio di
incassare pugni o colpi bassi, e continuare a offrire con chiarezza estrema sui valori dialo-
go a governi, anche Iran o Turchia, a ong e società civili, ovunque. L'alternativa è soggia-
cere a interessi economici e militari o a superpotenze.
Lucianone
venerdì 4 marzo 2016
Sport - calcio / Serie A - 27^ giornata 2015/16
4 marzo '16 - venerdì 4th March / Friday visione post - 10
Risultati delle partite
Empoli 1 Milan 1 Palermo 0 Carpi 1 Chievo 1 Sampdoria 2
Roma 3 Torino 0 Bologna 0 Atalanta 1 Genoa 0 Frosinone 0
Udinese 2 Juventus 2 Lazio 0 Fiorentina 1
Verona H. 0 Inter 0 Sassuolo 2 Napoli 1
CLASSIFICA
Juventus 61 / Napoli 58 / Roma, Fiorentina 53 / Inter 48 / Milan 47 /
Sassuolo 41 / Lazio 37 / Bologna 35 / Chievo, Empoli 34 / Torino 32 /
Atalanta, Udinese 30 / Genoa, Sampdoria 28 / Palermo 27 / Frosinone 23 /
Carpi 21 / Verona H. 18
Continua... to be continued...
Risultati delle partite
Empoli 1 Milan 1 Palermo 0 Carpi 1 Chievo 1 Sampdoria 2
Roma 3 Torino 0 Bologna 0 Atalanta 1 Genoa 0 Frosinone 0
Udinese 2 Juventus 2 Lazio 0 Fiorentina 1
Verona H. 0 Inter 0 Sassuolo 2 Napoli 1
CLASSIFICA
Juventus 61 / Napoli 58 / Roma, Fiorentina 53 / Inter 48 / Milan 47 /
Sassuolo 41 / Lazio 37 / Bologna 35 / Chievo, Empoli 34 / Torino 32 /
Atalanta, Udinese 30 / Genoa, Sampdoria 28 / Palermo 27 / Frosinone 23 /
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