28 luglio '16 - giovedì 28th July / Thursday visione post - 16
(da la Repubblica - 22 luglio '16 - Massimo Recalcati)
Quei giovani psicotici e il delirio terroristico
Gli ultimi atti terroristici ci obbligano a guardare in un nuovo abisso. Siamo franchi:
la crudeltà dell'assassino del Tir o del ragazzo diciassettenne con l'ascia poco hanno
a che fare con l'identificazione fanatica alla Causa che ispira l'adesione al radicali-
smo islamico. L'abisso dentro il quale dobbiamo guardare è quello della violenza co-
me manifestazione dell'odio puro verso la vita che indubbiamente il terrorismo isla-
mico ha contribuito decisamente a diffondere. - Si tratta di una violenza che non co-
nosce più argini etici e che, di conseguenza, è al servizio della morte. Sono soprattut-
to i giovani, i giovanissimi che si armano per colpire non i loro nemici ma altri esseri
umani senza differenza di razza, sesso, età, ceto sociale, religione. Perchè? La giovi-
nezza non dovrebbe essere il tempo dell'apertura della vita, del suo fiorire? Non sa-
rebbe più predisposta della vita adulta alla contaminazione, al contatto, al confronto,
al rispetto della libertà? Sappiamo che la giovinezza è il tempo della vita più esposto
alla crisi: non è l'infanzia protetta dalla figura del genitore; non è ancora la vita adul-
ta segnata e rafforzata dalle spine dell'esperienza.
La giovinezza è il tempo dove lo scarto tra il pensiero e l'azione rischia di farsi troppo
esile, dove l'onnipotenza del pensiero può giungere a negare l'esistenza stessa della
realtà. Gettarsi a valanga contro una massa di esseri umani in festa non è uccidere
nel nome di Dio, ma uccidere nel nome della propria illusione di onnipotenza. L'odio
per la vita in questo caso si manifesta come la forma più estrema del culto disperato
del proprio Io. Il contrario della violenza animata dall'ideologia che vorrebbe invece
cancellare l'Io. - Ho sempre pensato che i sintomi della concezione cinica e narcisi-
stica dell'esistenza che domina l'Occidente siano il rovescio speculare di quelli del
fondamentalismo islamico come se si trattasse di due facce della stessa medaglia.
Da una parte il crollo dei valori, dall'altra la loro furiosa restaurazione; da una
parte il libertinismo della perversione, dall'altro il cemento armato della parano-
ia; da una parte una libertà senza ideali, dall'altra l'ideale come bussola infallibi-
le; da una parte il pragmatismo disincantato, dall'altra il fanatismo più folle; da
una parte l'esibizionismo senza veli dei corpi, dall'altra la repressione più austera.
I più recenti episodi di terrorismo mi obbligano a ripensare questa opposizione:
la violenza feroce di soggetti isolati non può essere fatta rientrare nello schema
del fanatismo paranoico della Causa che si rivolta contro la concezione immora-
le e pagana della vita dell'Occidente. Il passaggio all'atto dei giovani del Tir e
dell'ascia non credo siano ispirati da nessuna vocazione martirizzante, nè tanto-
meno da una volontà, seppur delirante, di redenzione. Nè credo possano essere
considerati il risultato di una cospirazione politico-militare come invece è avve-
nuto chiaramente a Parigi.lo scorso novembre. Sembrano piuttosto scaturire
dai fantasmi più oscuri della mente psicotica. Le scene stesse degli attentati as-
somigliano sempre più a vere e proprie allucinazioni. Ma cos'è un'allucinazione?
Per Freud è un modo estremo per evitare la frustrazione imposta dalla realtà ne-
gandola fLa violenza dell'allucinazione evita il cammino necessariamente lungo
della lotta e del lavoro per trasformare la realtà. Semplicemente, come in un so-
gno ad occhi aperti, la cancella. In questo senso questa nuova forma della vio-
lenza non si inserisce in nessuna strategia militare. E' il nuovo abisso dentro il
quale siamo costretti a guardare: sono giovani, probabilmente psicotici, che agi-
scono allucinatoriamente trascinando nel loro delirio vittime innocenti. Non si
tratta di una violenza ideologica ma erratica, una violenza che sfugge al gover-
no di ogni esercito compreso quello del terrore. Essa non agisce più in nome
dell'Ideale, ma è senza meta, senza legge, senza senso. Non risponde a proces-
si di indottrinamento (radicalizzazione islamista "rapida" o "auto-radicalizza-
zione") ma sembra indicare un rovesciamento perturbante, di prospettiva: la
sua volontà di morte non ha nessuna altra meta se non se stessa. Non è Dio
l'interlocutore di questi atti - nemmeno il Dio folle che semina odio e incita
alla morte degli infedeli - perchè sono atti senza l'interlocutore. L'operazio-
ne tentata dall'Is consiste nel reclamarli a sè in un travestimento idelogico
di tipo illusionistico. - Al contrario questa violenza è davvero senza meta,
ma una sorta di giustificazione e di incentivazione. E' violenza allucinata
che trasforma la vita in morte, violenza puramente nichilistica se il nichi-
lismo e queel'esperienza, non solo individuale ma collettiva, del venire me-
no di tutti i valori, dunque del valore della vita stessa. - In questo senso
questa violenza ci riguarda profondamente, ovvero riguarda il senso stesso
della vita. Lo schema, di natura ancora paranoica, del gesto terrorista do-
ve è l'Ideale a nutrire la mano di chi spara contro il nemico, deve essere
corretto: l'ideologia non è la Causa ma solo una giustificazione a poste-
riori dello scatenamento della violenza come puro odio verso l'insensatezza
della vita. Il fatto che i suoi protagonisti siano giovani o giovanissimi mette
ancora una volta al centro il grande problema del rapporto tra le genera-
zioni e quello dell'eredità. Non si diventa assassini perchè Dio lo vuole,
ma perchè la vita, questa vita, la nostra vita, la vita che lasciamo ai nostri
figli, è fatta di nulla, è senza valore, non vale niente.
Lucianone
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giovedì 28 luglio 2016
Scienze - Dna: le nuove frontiere fra vita e morte
28 luglio '16 - giovedì 28th July / Thursday visione pubblico - 14
ANCORA VITA DOPO LA MORTE NEL Dna
Molti geni restano attivi per giorni
Possibili vantaggi per i trapianti
(da 'L'Arena' - 24/06/'15 - Leonardo de Cosmo)
Anche dopo la morte nel Dna "la vita" prosegue e per la prima volta se ne ricostruisce una
mappa completa. E' stata realizzata per ora su topi e pesci, nei quali l'attività dei geni prose-
gue almeno fino a quattro giorni dopo il decesso, e potrebbe avere importanti applicazioni
per migliorare le tecniche dei trapianti e studiare le tracce lasciate sulla scena del crimine.
Lo indica lo studio coordinato dal microbiologo Peter Noble, dell'università di Washington
a Seattle, per ora pubblicato sul sito BioRxiv, che non richiede la revisione della comunità
scientifica, e citato sul sito della rivista Science. Quando un organismo vivente muore, non
tutte le attività cessano improvvisamente, molte cellule continuano infatti a svolgere alcune attività al loro interno per molte ore dopo il decesso.
Le ricerche condotte da Nobles su organismi da molto tempo considerati dei modelli per i
genetisti, come il topo e i pesci zebra, ha allargato il ventaglio di geni da studiare. Dei mille
geni analizzati dai ricercatori, sono alcune centinaia quelli che continuano a funzionare do-
po la morte. Riuscire a classificare i geni attivi dopo la morte non è un compito faciole, per-
chè molti di essi svolgono funzioni diverse. Alcuni, per esempio, sono specializzati per en-
trare in azione in situazioni di emergenza; altri sono stati una vera sorpresa per i ricerca-
tori perchè sono legati allo sviluppo dell'embrione e sono perciò attivi nelle fasi iniziali del-
la vita e restano silenziosi per tutta la fase adulta per "risvegliarsi" inspiegabilmente dopo
la morte. Altri geni ancora sono noti per essere legati alla formazione e allo sviluppo dei tu-
mori. "Sono risultati davv,ero interessanti", ha osservato il genetista Giuseppe Novelli, ret-
tore dell'università di Roma Tor Vergata. Conoscere e capire tutti questi geni è il prossimo
obiettivo della ricerca e le ricadute promettono di essere interessanti in molti campi.
Per esempio, potrebbe diventare possibile controllare l'attività di alcuni genio per conserva-
re più a lungo e in sicurezza gli organi espiantati e destinati ai trapianti. Altri geni potrebbe-
ro entrare a far parte della "cassetta degli attrezzi" dei medici legali per ricostruire con
maggior precisione la scena di un crimine. Sapere quali geni continuano a funzionare post
mortem e per quanto tempo restano attivi dopo il decesso potrebbe, per esempio, aiutare a
datare i campioni biologici presenti sulla scena del crimine.
Lucianone
ANCORA VITA DOPO LA MORTE NEL Dna
Molti geni restano attivi per giorni
Possibili vantaggi per i trapianti
(da 'L'Arena' - 24/06/'15 - Leonardo de Cosmo)
Anche dopo la morte nel Dna "la vita" prosegue e per la prima volta se ne ricostruisce una
mappa completa. E' stata realizzata per ora su topi e pesci, nei quali l'attività dei geni prose-
gue almeno fino a quattro giorni dopo il decesso, e potrebbe avere importanti applicazioni
per migliorare le tecniche dei trapianti e studiare le tracce lasciate sulla scena del crimine.
Lo indica lo studio coordinato dal microbiologo Peter Noble, dell'università di Washington
a Seattle, per ora pubblicato sul sito BioRxiv, che non richiede la revisione della comunità
scientifica, e citato sul sito della rivista Science. Quando un organismo vivente muore, non
tutte le attività cessano improvvisamente, molte cellule continuano infatti a svolgere alcune attività al loro interno per molte ore dopo il decesso.
Le ricerche condotte da Nobles su organismi da molto tempo considerati dei modelli per i
genetisti, come il topo e i pesci zebra, ha allargato il ventaglio di geni da studiare. Dei mille
geni analizzati dai ricercatori, sono alcune centinaia quelli che continuano a funzionare do-
po la morte. Riuscire a classificare i geni attivi dopo la morte non è un compito faciole, per-
chè molti di essi svolgono funzioni diverse. Alcuni, per esempio, sono specializzati per en-
trare in azione in situazioni di emergenza; altri sono stati una vera sorpresa per i ricerca-
tori perchè sono legati allo sviluppo dell'embrione e sono perciò attivi nelle fasi iniziali del-
la vita e restano silenziosi per tutta la fase adulta per "risvegliarsi" inspiegabilmente dopo
la morte. Altri geni ancora sono noti per essere legati alla formazione e allo sviluppo dei tu-
mori. "Sono risultati davv,ero interessanti", ha osservato il genetista Giuseppe Novelli, ret-
tore dell'università di Roma Tor Vergata. Conoscere e capire tutti questi geni è il prossimo
obiettivo della ricerca e le ricadute promettono di essere interessanti in molti campi.
Per esempio, potrebbe diventare possibile controllare l'attività di alcuni genio per conserva-
re più a lungo e in sicurezza gli organi espiantati e destinati ai trapianti. Altri geni potrebbe-
ro entrare a far parte della "cassetta degli attrezzi" dei medici legali per ricostruire con
maggior precisione la scena di un crimine. Sapere quali geni continuano a funzionare post
mortem e per quanto tempo restano attivi dopo il decesso potrebbe, per esempio, aiutare a
datare i campioni biologici presenti sulla scena del crimine.
Lucianone
giovedì 21 luglio 2016
L'Opinione del Giovedì - La velocità del Mondo e la fatica di capirlo
21 luglio '16 - giovedì 21st July / Thursday
Quando si parla di VELOCITA', di solito ci si riferisce a qualcosa inerente alla sfera
materiale più che a quella eterea, spirituale, mentale (velocità di pensiero, di intuito
eccetera). La parola velocità ci porta quasi subito alla mente una persona veloce nel
fare le cose in generale, poi se andiamo nel particolare pensiamo a un atleta o sporti-
vo (siamo in pieno tema con le Olimpiadi brasiliane di Rio) che deve superare in velo-
cità un altro atleta nel nuoto, nell'atletica, nella scherma e via dicendo.
Continua... to be continued...
Quando si parla di VELOCITA', di solito ci si riferisce a qualcosa inerente alla sfera
materiale più che a quella eterea, spirituale, mentale (velocità di pensiero, di intuito
eccetera). La parola velocità ci porta quasi subito alla mente una persona veloce nel
fare le cose in generale, poi se andiamo nel particolare pensiamo a un atleta o sporti-
vo (siamo in pieno tema con le Olimpiadi brasiliane di Rio) che deve superare in velo-
cità un altro atleta nel nuoto, nell'atletica, nella scherma e via dicendo.
Continua... to be continued...
Economia / l'intervista - Al nobel Angus Deaton: sul futuro della globalizzazione
21 luglio '16 - giovedì 21st July / Thursday visione post - 29
Angus Deaton, premio Nobel 2015 per l'economia, parlando di
globalizzazione e povertà, dice che "il mercato libero sarà odiato
dai poveri finchè aumenterà le disuguaglianze", e aggiunge che
è "assurdo che gli svantaggiati sostengano Trump e Farage".
(da la Repubblica - 1 luglio 2016 - Eugenio Occorsio / Roma)
Globalizzazione e diseguaglianze, due facce della medaglia. Come valorizzare la prima
senza accentuare le seconde, un'equazione intorno alla quale si scervellano da anni eco-
nomisti di tutto il mondo. E la missione di una vita per Angus Deaton, classe 1945, nato
a Edinburgo e oggi docente a Princeton dopo aver insegnato a Cambridge e Brixton,
che grazie ai suoi studi sulla povertà e le ingiustizie insite nella globalizzazione ha vinto
il Nobel per l'economia nel 2015. "Quello che non riesco a spiegarmi, che non mi dà pa-
ce, è che a favore della conservazione più retriva, da Farage a Trump, si siano schierate
le fasce più svantaggiate, dagli abitanti di Tower Hamlets, il distretto degli immigrati di
Londra dove il 30% dei bambini vive sotto la soglia di povertà, a quelli di Sunderland,
una cittadina che grazie alla globalizzazione vive quasi esclusivamente in virtù di una
fabbrica della Honda".
Eugenio Occorsio - "Lei ha conservato la doppia cittadinanza: ha votato?"
il pericolo è quello di tornare a un'Europa divisa e preda dei nazionalismi come all'inizio
del Novecento. Roba da rabbrvidire. Vede? Stiamo qui a parlare di scenari di guerra,
mentre l'Europa è nata dalla pace e per la pace".
E. Occorsio - "La Brexit avrà effetto sulla globalizzazione?"
"Innanzitutto non sono sicuro che la Brexit ci sarà. Anzi. Ci sono tante circostanze che
possono evitarla che, a mio giudizio, alla fine non se ne farà nulla. Certo, se invece si an-
drà fino in fondo, il colpo alla globalizzazione sarà pesante, per la semplice ragione che
ci sarà un brusco calo degli interscambi commerciali e quindi un rallentamento dell'eco-
nomia mondiale. Al quale si acdisecompagnerà una riduzione dei movimenti di personale qualificato all'interno dell'Europa, che è un fattore trainante della crescita. L'incertezza
continuerà a lungo, il che è un male per tutti. Meno soldi saranno in circolazione e su di
essi si avventeranno con maggior cupidigia i soliti già ricchi e potenti".
E. Occorsio - "Potrebbe essere un'occasione per ripensare ai tanti errori in tema di dise-
guaglianze?"
"Veramente sarebbero accentuate. Ma la realtà è difficile da prevedere. La Gran Breta-
gna è diventata, dai tempi della Thatcher il terreno di coltura europeo delle diseguaglian-
ze. In altri Paesi, dalla Scandinavia al Mediterraneo, la situazione è meno drammatica.
Ma la Gran Bretagna sembra aver preso il peggio dall'America, campione mondiale del-
le diseguaglianze. Londra ha ora abbinato questa leadership negativa a una imperdona-
bile insofferenza contro gli immigrati. Nel mondo occidentale si diffonde anzichè ridursi
quello che Thomas Piketty chiama "capitalismo patrimoniale": sono i ricchi a fare le leggi,
a loro beneficio. Si innescano reazioni a catena, e la stessa democrazia finisce col soffrirne perchè si diffonde la sensazione che il proprio voto non conti nulla per modificare la situa-
zione. Da diseguaglianza nasce diseguaglianza: oltretutto questo rallenta la crescita mon-
diale e riduce le possibiltà che la globalizzazione sia davvero un fattore di sviluppo. Se a
dominare il quadro restano i ricchi, finisce che lo stesso welfare state ne soffre perchè ai
ricchi non interessa la copertura assicurativa pubblica. Vede perchè sono interconnesse
globalizzazione e diseguaglianze?".
E. Occorsio - "Lei 'nasce' matematico. Quali sono i conti attuali delle diseguaglianze?"
"Ho combattuto battaglie strenue perchè l'occidente non si facesse illusioni. Nel 2011 la
la Banca Mondiale mi ha finalmente ascoltato e ha portato da un irrealistico dollaro al
giorno a 1,90 la soglia di povertà. Di colpo i poveri balzarono da 1,3 a 1,8 miliardi, oggi
fortunatamente si sono ridotti, secondo questo standard, a 887 milioni. Un numero an-
cora gigantesco, inaccettabile. Il benessere e l'egoismo dei pochi al top sono una minac-
cia alla sopravvivenza di tutti gli altri".
E. Occorsio - "Nel suo ultimo libro The Great Escape ("La Grande Fuga", pubblicato
in Italia dal Mulino nel 2015) lei racconta proprio la disperazione e l'inarrestabilità di
questa marea umana che si riversa da sud a nord. C'è qualche rimedio? Forse gli inve-
stimenti in loco proposti dall'italia con il migration compact".
"Vede, mandare incentivi a quei Paesi ha avuto certo grandi effetti positivi. In India
quattro quinti delle donne vanno a scuola, delle loro madri solo la metà. Un bambino
dell'Africa sub-sahariana ha più possibilità di arrivare al suo primo anno di vita di
quante non ne avessero i figli dei minatori dello Yorkshire, qual era mio padre, un se-
solo fa (sia il nonno che il padre di Deaton lavoravano nella miniera di Thurcroft, una
delle più pericolose, chiusa nel 1991, ndr,). Il problema è che spesso i fondi di solida-
rietà indirizzati nei Paesi più disagiati del pianeta - e parliamo di aiuti dell'ordine dei
100 miliardi annui - o rispomdono a interessi dei donatori o finiscono nelle tasche di
qualche potentato locale senza arrecare benefici adeguati alla popolazione interessata.
La globalizzazione sana è un'altra cosa, e potrebbe essa sì contribuire al riscatto di
di quelle aree: dovrebbe preoccuparsi di diffondere sia infrastrutture di base come au-
tostrade o linee telefoniche , che conoscenza e formazione. E' un vero prendersi cura
con partecipazione delle vicende del resto del mondo, anche le più imbarazzanti. E non
lasciare che il destino degli individui sia affidato al caso. Finchè la vita offrirà opportu-
nità o fortune che non tutti possono afferrare, il progresso creerà fatalmente disegua-
glianze, e non distribuirà equamente la possibilità di vivere a lungo con tranquillità. E
altrettanto imperfetta sarà la globalizzazione.
Lucianone
Angus Deaton, premio Nobel 2015 per l'economia, parlando di
globalizzazione e povertà, dice che "il mercato libero sarà odiato
dai poveri finchè aumenterà le disuguaglianze", e aggiunge che
è "assurdo che gli svantaggiati sostengano Trump e Farage".
(da la Repubblica - 1 luglio 2016 - Eugenio Occorsio / Roma)
Globalizzazione e diseguaglianze, due facce della medaglia. Come valorizzare la prima
senza accentuare le seconde, un'equazione intorno alla quale si scervellano da anni eco-
nomisti di tutto il mondo. E la missione di una vita per Angus Deaton, classe 1945, nato
a Edinburgo e oggi docente a Princeton dopo aver insegnato a Cambridge e Brixton,
che grazie ai suoi studi sulla povertà e le ingiustizie insite nella globalizzazione ha vinto
il Nobel per l'economia nel 2015. "Quello che non riesco a spiegarmi, che non mi dà pa-
ce, è che a favore della conservazione più retriva, da Farage a Trump, si siano schierate
le fasce più svantaggiate, dagli abitanti di Tower Hamlets, il distretto degli immigrati di
Londra dove il 30% dei bambini vive sotto la soglia di povertà, a quelli di Sunderland,
una cittadina che grazie alla globalizzazione vive quasi esclusivamente in virtù di una
fabbrica della Honda".
Eugenio Occorsio - "Lei ha conservato la doppia cittadinanza: ha votato?"
il pericolo è quello di tornare a un'Europa divisa e preda dei nazionalismi come all'inizio
del Novecento. Roba da rabbrvidire. Vede? Stiamo qui a parlare di scenari di guerra,
mentre l'Europa è nata dalla pace e per la pace".
E. Occorsio - "La Brexit avrà effetto sulla globalizzazione?"
"Innanzitutto non sono sicuro che la Brexit ci sarà. Anzi. Ci sono tante circostanze che
possono evitarla che, a mio giudizio, alla fine non se ne farà nulla. Certo, se invece si an-
drà fino in fondo, il colpo alla globalizzazione sarà pesante, per la semplice ragione che
ci sarà un brusco calo degli interscambi commerciali e quindi un rallentamento dell'eco-
nomia mondiale. Al quale si acdisecompagnerà una riduzione dei movimenti di personale qualificato all'interno dell'Europa, che è un fattore trainante della crescita. L'incertezza
continuerà a lungo, il che è un male per tutti. Meno soldi saranno in circolazione e su di
essi si avventeranno con maggior cupidigia i soliti già ricchi e potenti".
E. Occorsio - "Potrebbe essere un'occasione per ripensare ai tanti errori in tema di dise-
guaglianze?"
"Veramente sarebbero accentuate. Ma la realtà è difficile da prevedere. La Gran Breta-
gna è diventata, dai tempi della Thatcher il terreno di coltura europeo delle diseguaglian-
ze. In altri Paesi, dalla Scandinavia al Mediterraneo, la situazione è meno drammatica.
Ma la Gran Bretagna sembra aver preso il peggio dall'America, campione mondiale del-
le diseguaglianze. Londra ha ora abbinato questa leadership negativa a una imperdona-
bile insofferenza contro gli immigrati. Nel mondo occidentale si diffonde anzichè ridursi
quello che Thomas Piketty chiama "capitalismo patrimoniale": sono i ricchi a fare le leggi,
a loro beneficio. Si innescano reazioni a catena, e la stessa democrazia finisce col soffrirne perchè si diffonde la sensazione che il proprio voto non conti nulla per modificare la situa-
zione. Da diseguaglianza nasce diseguaglianza: oltretutto questo rallenta la crescita mon-
diale e riduce le possibiltà che la globalizzazione sia davvero un fattore di sviluppo. Se a
dominare il quadro restano i ricchi, finisce che lo stesso welfare state ne soffre perchè ai
ricchi non interessa la copertura assicurativa pubblica. Vede perchè sono interconnesse
globalizzazione e diseguaglianze?".
E. Occorsio - "Lei 'nasce' matematico. Quali sono i conti attuali delle diseguaglianze?"
"Ho combattuto battaglie strenue perchè l'occidente non si facesse illusioni. Nel 2011 la
la Banca Mondiale mi ha finalmente ascoltato e ha portato da un irrealistico dollaro al
giorno a 1,90 la soglia di povertà. Di colpo i poveri balzarono da 1,3 a 1,8 miliardi, oggi
fortunatamente si sono ridotti, secondo questo standard, a 887 milioni. Un numero an-
cora gigantesco, inaccettabile. Il benessere e l'egoismo dei pochi al top sono una minac-
cia alla sopravvivenza di tutti gli altri".
E. Occorsio - "Nel suo ultimo libro The Great Escape ("La Grande Fuga", pubblicato
in Italia dal Mulino nel 2015) lei racconta proprio la disperazione e l'inarrestabilità di
questa marea umana che si riversa da sud a nord. C'è qualche rimedio? Forse gli inve-
stimenti in loco proposti dall'italia con il migration compact".
"Vede, mandare incentivi a quei Paesi ha avuto certo grandi effetti positivi. In India
quattro quinti delle donne vanno a scuola, delle loro madri solo la metà. Un bambino
dell'Africa sub-sahariana ha più possibilità di arrivare al suo primo anno di vita di
quante non ne avessero i figli dei minatori dello Yorkshire, qual era mio padre, un se-
solo fa (sia il nonno che il padre di Deaton lavoravano nella miniera di Thurcroft, una
delle più pericolose, chiusa nel 1991, ndr,). Il problema è che spesso i fondi di solida-
rietà indirizzati nei Paesi più disagiati del pianeta - e parliamo di aiuti dell'ordine dei
100 miliardi annui - o rispomdono a interessi dei donatori o finiscono nelle tasche di
qualche potentato locale senza arrecare benefici adeguati alla popolazione interessata.
La globalizzazione sana è un'altra cosa, e potrebbe essa sì contribuire al riscatto di
di quelle aree: dovrebbe preoccuparsi di diffondere sia infrastrutture di base come au-
tostrade o linee telefoniche , che conoscenza e formazione. E' un vero prendersi cura
con partecipazione delle vicende del resto del mondo, anche le più imbarazzanti. E non
lasciare che il destino degli individui sia affidato al caso. Finchè la vita offrirà opportu-
nità o fortune che non tutti possono afferrare, il progresso creerà fatalmente disegua-
glianze, e non distribuirà equamente la possibilità di vivere a lungo con tranquillità. E
altrettanto imperfetta sarà la globalizzazione.
Lucianone
RIFLESSIONI - Ispettori sportivi e burocrazia / Tutte le armi di Cleveland e i Rambo di Trump
21 luglio '16 / giovedì 21st July / Thursday visione post - 21
L'episodio dell'ispettore della Federazione Internazionale di Atletica Leggera che
pretende di entrare al Quirinale per prelevare la pipì di un'atleta azzurra mentre
è a colloquio con Mattarella è semplicemente incredibile. Sembra un racconto umo-
ristico, una novella di Gogol sulla burocrazia. Ma è davvero accaduto, nello sbigot-
timento (e nell'ilarità, immagino) del personale del Quirinale che ha dovuto spiega-
re a quel signore (pare di nazionalità tedesca) che un'udienza dal capo dello Stato
non è il momento più adatto per la raccolta delle urine.
Quel signore fa quasi tenerezza. E' il simbolo vivente della burocrazia nel suo aspetto
più assurdo e al tempo stesso più funesto: quell'ottuso perseguire i propri obiettivi
senza mai calarsi nella realtà umana - e nella realtà tout court - in cui si agisce. Modu-
li da riempire e iter da completare, come un circolo chiuso che ha inizio e fine in una
stanza d'ufficio e solo in quella stanza. Il"fuori" è solo un magma inerte da controlla-
re e da schedare. L'impopolarità della burocrazia sta tutta in questa sua implacabile
alterità rispetto alla materia umana. In questo senso la riforma delle riforme, la più
difficile e forse la più impossibile, è la riforma della burocrazia. In tutto il mondo.
Dalla Germania al Quirinale.
(da la Repubblica - 23 giugno '16 - L'AMACA / Michele Serra)
NO, non è il congresso annuale clandestino di Sendero Luminoso o di altri gruppi
guerriglieri armati. No, non è una riunione di famiglie mafiose in Aspromonte. Non
è neppure il casting di un western, a Hollywood o a Cinecittà. E allora che cos'è,
quell'arrivo alla spicciolata di centinaia, forse migliaia di civili armati che mostrano
orgogliosi alle telecamere mitra, pistole, fucili, armi da guerra? E' la convention re-
pubblicana di Cleveland, che gli obiettivi dei fotoreporter, maliziosi quanto volete.
documentano come una incredibile (per noi europei) kermesse di sparacchiatori,
maschi di ogni età (ma molti gli anziani) bardati come Rambo; anzi, e pazienza se
il paragone li offende, come i lupi solitari che dedicano la loro devota carneficina
a dio. - Sarà anche puro folklore, ma non è un bel folklore. E' un'immagine deca-
dente, deprimente, di vecchi pistoleri che mostrano le loro protesi metalliche per
evocare la giovinezza di un paese che giovane non è più. - Le armi da fuoco, negli
Stati Uniti, non fanno più pensare a Gary Cooper e alla Frontiera, all'epica auste-
ra della Legge. Fanno pensare alle stragi paranoiche nelle scuole, alle sparatorie
nei parcheggi dei centri commerciali o nei garage catacombali, ai massacri fami-
liari, a tutto meno che a qualcosa di vivo, sia pure ferinamente vivo.
(da la Repubblica - 20 luglio '16 - L'Amaca / Michele Serra)
L'episodio dell'ispettore della Federazione Internazionale di Atletica Leggera che
pretende di entrare al Quirinale per prelevare la pipì di un'atleta azzurra mentre
è a colloquio con Mattarella è semplicemente incredibile. Sembra un racconto umo-
ristico, una novella di Gogol sulla burocrazia. Ma è davvero accaduto, nello sbigot-
timento (e nell'ilarità, immagino) del personale del Quirinale che ha dovuto spiega-
re a quel signore (pare di nazionalità tedesca) che un'udienza dal capo dello Stato
non è il momento più adatto per la raccolta delle urine.
Quel signore fa quasi tenerezza. E' il simbolo vivente della burocrazia nel suo aspetto
più assurdo e al tempo stesso più funesto: quell'ottuso perseguire i propri obiettivi
senza mai calarsi nella realtà umana - e nella realtà tout court - in cui si agisce. Modu-
li da riempire e iter da completare, come un circolo chiuso che ha inizio e fine in una
stanza d'ufficio e solo in quella stanza. Il"fuori" è solo un magma inerte da controlla-
re e da schedare. L'impopolarità della burocrazia sta tutta in questa sua implacabile
alterità rispetto alla materia umana. In questo senso la riforma delle riforme, la più
difficile e forse la più impossibile, è la riforma della burocrazia. In tutto il mondo.
Dalla Germania al Quirinale.
(da la Repubblica - 23 giugno '16 - L'AMACA / Michele Serra)
NO, non è il congresso annuale clandestino di Sendero Luminoso o di altri gruppi
guerriglieri armati. No, non è una riunione di famiglie mafiose in Aspromonte. Non
è neppure il casting di un western, a Hollywood o a Cinecittà. E allora che cos'è,
quell'arrivo alla spicciolata di centinaia, forse migliaia di civili armati che mostrano
orgogliosi alle telecamere mitra, pistole, fucili, armi da guerra? E' la convention re-
pubblicana di Cleveland, che gli obiettivi dei fotoreporter, maliziosi quanto volete.
documentano come una incredibile (per noi europei) kermesse di sparacchiatori,
maschi di ogni età (ma molti gli anziani) bardati come Rambo; anzi, e pazienza se
il paragone li offende, come i lupi solitari che dedicano la loro devota carneficina
a dio. - Sarà anche puro folklore, ma non è un bel folklore. E' un'immagine deca-
dente, deprimente, di vecchi pistoleri che mostrano le loro protesi metalliche per
evocare la giovinezza di un paese che giovane non è più. - Le armi da fuoco, negli
Stati Uniti, non fanno più pensare a Gary Cooper e alla Frontiera, all'epica auste-
ra della Legge. Fanno pensare alle stragi paranoiche nelle scuole, alle sparatorie
nei parcheggi dei centri commerciali o nei garage catacombali, ai massacri fami-
liari, a tutto meno che a qualcosa di vivo, sia pure ferinamente vivo.
(da la Repubblica - 20 luglio '16 - L'Amaca / Michele Serra)
venerdì 15 luglio 2016
ULTIME NOTIZIE >>> dal Mondo / Latest news
15 luglio '16 - venerdì 15th July / Friday visione post - 27
TURCHIA
Carri armati ad Ankara e F16 sulla città / A Istanbul
chiusi ponti sul Bosforo
Premier : "Colpo di Stato" / Militari nella tv di Stato
TURCHIA
Carri armati ad Ankara e F16 sulla città / A Istanbul
chiusi ponti sul Bosforo
Premier : "Colpo di Stato" / Militari nella tv di Stato
video|Foto
COLPO DI STATO IN TURCHIA
I militari: "Preso il potere" / Il premier turco: "La pagheranno" / Erdogan in salvo
F16 su Ankara e tank in strada
Ore drammatiche in Turchia: aerei da guerra ed elicotteri sorvolano
Ankara, spari in città, chiusi i ponti sul Bosforo a Istanbul. Il premier Yildirim: "I militari stanno cercando di prendere il potere, responsabili saranno puniti". Erdogan in luogo pro-
tetto. L'esercito alla popolazione: "Abbiamo preso il potere, rimanete a casa".
Occupata la tv di Stato. Bloccati i social media. Nelle mani dei golpisti anche il capo
di Stato Maggiore dell'esercito. Conflitti a fuoco tra militari e polizia. Cancellati voli
a Istanbul.
Carri armati ad Ankara, legge marziale e coprifuoco. Soldati in tutti i centri abitati.
Spenta la tv di stato, nessun accesso a Twitter e Facebook. Bloccato l'aeroporto di Istanbul.
Colonne di fumo sulla capitale.
NIZZA - Francia
Strage a Nizza, tir su folla: 84 morti, 200 feriti Foto
"Tre italiani feriti, due gravi"Live social
Il dramma dei bambini persi, morti e ricoverati.
In 54 sono ricoverati in ospedale. "Molti lottano tra la vita e la morte" dicono i medici che stanno cercando di salvarli
Lucianone
Ore drammatiche in Turchia: aerei da guerra ed elicotteri sorvolano
Ankara, spari in città, chiusi i ponti sul Bosforo a Istanbul. Il premier Yildirim: "I militari stanno cercando di prendere il potere, responsabili saranno puniti". Erdogan in luogo pro-
tetto. L'esercito alla popolazione: "Abbiamo preso il potere, rimanete a casa".
Occupata la tv di Stato. Bloccati i social media. Nelle mani dei golpisti anche il capo
di Stato Maggiore dell'esercito. Conflitti a fuoco tra militari e polizia. Cancellati voli
a Istanbul.
Carri armati ad Ankara, legge marziale e coprifuoco. Soldati in tutti i centri abitati.
Spenta la tv di stato, nessun accesso a Twitter e Facebook. Bloccato l'aeroporto di Istanbul.
Colonne di fumo sulla capitale.
NIZZA - Francia
Strage a Nizza, tir su folla: 84 morti, 200 feriti Foto
"Tre italiani feriti, due gravi"Live social
Il dramma dei bambini persi, morti e ricoverati.
In 54 sono ricoverati in ospedale. "Molti lottano tra la vita e la morte" dicono i medici che stanno cercando di salvarli
Lucianone
giovedì 14 luglio 2016
Musica - Il ritorno di Iggy Pop, icona del rock
14 luglio '16 - giovedì 14th July / Thursday visione post - 11
Iggy Pop non va in pensione:
rinasce l'icona del rock
Si era ritirato a Miami, ma l'ozio non fa per lui. E con il chitarrista
Josh Homme, ha realizzato Post-Pop Depression, un album pieno
di rabbia ed entusiasmo.
(da il Venerdì di Repubblica - 19/02/'16 - di Stefano Pistolini)
Le ultime foto di Iggy Pop, 69 primavere tra poco, fanno pensare a un personaggio
caravaggesco. La sua vita dev'essere stata turbolenta quanto quella del Cavadenti
dipinto dal Merisi, ma è ancora qui a raccontarcela sotto forma di canzoni, mentre
i vecchi compari, Lou Reed e David Bowie ("Lui m'ha resuscitato" ricorda Iggy,
rievocando i giorni di Berlino nell'appartamento sopra il negozio di ricambi-auto)
sono andati al Creatore, lasciandolo unico superstite del satanico trio di peccatori,
così descrittivo del come allora, negli anni 70, "sperimentare" e "trasgredire" po-
tessero coincidere. - Con la dissoluzione del suo gruppo, gli Stooges, Iggy si è tra-
sferito a Miami, apparentemente al solo scopo di godersi la meritata pensione. Che
ovviamente non è roba per lui, come si evince già dal titolo Post-Pop Depression del
nuovo album in uscita a metà marzo, che lo rimette in circolo con lo spirito musica-
le di sempre. La depressione andava scacciata, pur con la consapevolezza d'essere
in una fase "Post-Pop" della vita, successiva alla mistica della perdizione di cui per
decenni è stato l'emblema. Per ripartire, Iggy aveva bisogno di un partner e di una
spinta produttiva: se li è procurati mandando un sms a Josh Homme, uno dei più
ubiqui musicisti dell'attuale scena rock americana, leader dei Queens of Stone Age
e dei Kyuss, detentore del copyright dello stoner rock, il cavernoso suono dei deser-
ti californiani, membro part-time degli sfortunati Eagles of Death Metal che erano
sul palco del Bataclan quella famosa notte e produttore di tanti talenti emergenti.
Homme non si è fatto sfuggire la proposta recapitatagli da un idolo della sua gio-
ventù: ha montato una band ridotta all'essenziale e ha ospitato Iggy nei suoi due
studi di registrazione, uno tra i cactus del Joshua Tree e l'altro a L.A., e in rigime
di assoluta auto produzione ha offerto a Iggy l'occasione di far risuonare quella
baritonale voce simbolo dell'indipendenza punk. Il risultato è gratificante, prima
di tutto per l'atmosfera di voglia e di entusiasmo che trasuda dalle tracce del disco,
a cominciare dal pezzo-capolavoro, Gardenia.
Iggy muore dal desiderio di dire la sua, di raccontare come cambia la vita dell'icona rock
allorchè gli anni passano, di quanto sia sconnesso il viale del tramonto e di quanto bruci
sentirsi inutile e superato. Il suono del disco è diretto e spigoloso, la voce di Iggy è disa-
dorna e suggestiva come si tempi di Lust for Life.
Continua... to be continued...
Iggy Pop non va in pensione:
rinasce l'icona del rock
Si era ritirato a Miami, ma l'ozio non fa per lui. E con il chitarrista
Josh Homme, ha realizzato Post-Pop Depression, un album pieno
di rabbia ed entusiasmo.
(da il Venerdì di Repubblica - 19/02/'16 - di Stefano Pistolini)
Le ultime foto di Iggy Pop, 69 primavere tra poco, fanno pensare a un personaggio
caravaggesco. La sua vita dev'essere stata turbolenta quanto quella del Cavadenti
dipinto dal Merisi, ma è ancora qui a raccontarcela sotto forma di canzoni, mentre
i vecchi compari, Lou Reed e David Bowie ("Lui m'ha resuscitato" ricorda Iggy,
rievocando i giorni di Berlino nell'appartamento sopra il negozio di ricambi-auto)
sono andati al Creatore, lasciandolo unico superstite del satanico trio di peccatori,
così descrittivo del come allora, negli anni 70, "sperimentare" e "trasgredire" po-
tessero coincidere. - Con la dissoluzione del suo gruppo, gli Stooges, Iggy si è tra-
sferito a Miami, apparentemente al solo scopo di godersi la meritata pensione. Che
ovviamente non è roba per lui, come si evince già dal titolo Post-Pop Depression del
nuovo album in uscita a metà marzo, che lo rimette in circolo con lo spirito musica-
le di sempre. La depressione andava scacciata, pur con la consapevolezza d'essere
in una fase "Post-Pop" della vita, successiva alla mistica della perdizione di cui per
decenni è stato l'emblema. Per ripartire, Iggy aveva bisogno di un partner e di una
spinta produttiva: se li è procurati mandando un sms a Josh Homme, uno dei più
ubiqui musicisti dell'attuale scena rock americana, leader dei Queens of Stone Age
e dei Kyuss, detentore del copyright dello stoner rock, il cavernoso suono dei deser-
ti californiani, membro part-time degli sfortunati Eagles of Death Metal che erano
sul palco del Bataclan quella famosa notte e produttore di tanti talenti emergenti.
Homme non si è fatto sfuggire la proposta recapitatagli da un idolo della sua gio-
ventù: ha montato una band ridotta all'essenziale e ha ospitato Iggy nei suoi due
studi di registrazione, uno tra i cactus del Joshua Tree e l'altro a L.A., e in rigime
di assoluta auto produzione ha offerto a Iggy l'occasione di far risuonare quella
baritonale voce simbolo dell'indipendenza punk. Il risultato è gratificante, prima
di tutto per l'atmosfera di voglia e di entusiasmo che trasuda dalle tracce del disco,
a cominciare dal pezzo-capolavoro, Gardenia.
Iggy muore dal desiderio di dire la sua, di raccontare come cambia la vita dell'icona rock
allorchè gli anni passano, di quanto sia sconnesso il viale del tramonto e di quanto bruci
sentirsi inutile e superato. Il suono del disco è diretto e spigoloso, la voce di Iggy è disa-
dorna e suggestiva come si tempi di Lust for Life.
Continua... to be continued...
martedì 5 luglio 2016
INTERNET / tecnologia - La scomparsa del punto
5 luglio '16 - martedì 5th July / Tuesday visione post - 9
9
Internet mette punto all'uso del punto
(da Venerdì di Repubblica - 24/06/'16 - 'Bioritmi' / Claudia Arletti)
E' ufficiale: il punto sta scomparendo dalla scrittura, demolito ovunque nel mondo
dall'uso massiccio di internet. Un celebre linguista britannico, David Crystal, ne
ha parlato recentemente al festival di Hay in questi termini: "E' in atto un cambia-
mento radicale nella scrittura. Il punto ormai è fuori moda a causa dei messaggini
e delle conversazioni sul web. Questo fenomeno è iniziato negli anni Novanta, con
la diffusione di internet", ma ora i social network hanno impresso una accelerazio-
ne. Crystal lo definisce il prodotto del "senso di liberazione" che si prova scriven-
do rapidamente e senza troppo badare alle regole del gioco. E fa notare che, para-
dossalmente, al caro estinto si affianca una esplosione esuberante di altri segni, un
fiume di punti esclamativi e interrogativi che spesso ritroviamo mescolati: "Vieni
alla mia festa?", "Si!!!???". Su Facebook e nei messaggini il povero punto resiste
travestito da emoticon, là dove significa basta, in frasi come "Non voglio più discu-
tere con te." Così chi si ostina a postare testi o inviare o inviare messaggi che fini-
scono con il punto in nome della buona lingua corre il rischio di essere travisato e
un semplice "ciao." può suonare come un addio senza possibilità di appello. Secon-
do Crystal non è il caso di farne una tragedia, la lingua è così, cambia, si evolve. E
comunque il fenomeno è globale e ha tutta l'aria di essere inarrestabile. Quel che
accadrà, insomma, lo vedremo. Punto.
Lucianone
9
Internet mette punto all'uso del punto
(da Venerdì di Repubblica - 24/06/'16 - 'Bioritmi' / Claudia Arletti)
E' ufficiale: il punto sta scomparendo dalla scrittura, demolito ovunque nel mondo
dall'uso massiccio di internet. Un celebre linguista britannico, David Crystal, ne
ha parlato recentemente al festival di Hay in questi termini: "E' in atto un cambia-
mento radicale nella scrittura. Il punto ormai è fuori moda a causa dei messaggini
e delle conversazioni sul web. Questo fenomeno è iniziato negli anni Novanta, con
la diffusione di internet", ma ora i social network hanno impresso una accelerazio-
ne. Crystal lo definisce il prodotto del "senso di liberazione" che si prova scriven-
do rapidamente e senza troppo badare alle regole del gioco. E fa notare che, para-
dossalmente, al caro estinto si affianca una esplosione esuberante di altri segni, un
fiume di punti esclamativi e interrogativi che spesso ritroviamo mescolati: "Vieni
alla mia festa?", "Si!!!???". Su Facebook e nei messaggini il povero punto resiste
travestito da emoticon, là dove significa basta, in frasi come "Non voglio più discu-
tere con te." Così chi si ostina a postare testi o inviare o inviare messaggi che fini-
scono con il punto in nome della buona lingua corre il rischio di essere travisato e
un semplice "ciao." può suonare come un addio senza possibilità di appello. Secon-
do Crystal non è il caso di farne una tragedia, la lingua è così, cambia, si evolve. E
comunque il fenomeno è globale e ha tutta l'aria di essere inarrestabile. Quel che
accadrà, insomma, lo vedremo. Punto.
Lucianone
venerdì 1 luglio 2016
LAVORO / Aziende - La differenziazione fa bene
1 luglio '16 - venerdì 1st July / Friday visione post - 22
Diversità di atà, sesso, nazionalità, genere:
le aziende scoprono che valorizzarla nei propri team fa bene al business
(da D laRepubblica - 27/02/'16 - di Gloria Riva)
Single, gay, etero e stranieri. Ikea ha un occhio di riguardo per tutti i dipendenti,
qualunque sia il loro status, sesso, inclinazione e nazionalità. E, per non fare torto
a nessuno, la multinazionale svedese s'è inventata il "diritto alla nonnità": chi di-
venta nonno può mollare il lavoro per starsene con il nipotino. Perchè, se quelli di
una volta potevano godersi la pensione, ai nonni di oggi tocca sgobbare fino a da-
ta da destinarsi, tant'è che per Ikea questa è diventata la nuova frontiera della di-
versità. - E' l'aging gap, la distanza siderale che c'è fra un ventenne nativo digita-
le e un sessantenne che da 25 anni fa il magazziniere. Parlano e pensano diversa-
mente, ma devono lavorare spalla a spalla. "Valorizziamo questa ricchezza af-
fiancando alle persone con esperienza i giovani, leader di domani, perchè i team
misti sanno meglio comprendere i clienti. Così la diversità diventa una risorsa".
racconta Belèn Frau, amministratore delegato di Ikea Italia, 41enne, con figli di
7, 6 e 1 anno. "Mio marito è un santo, mi ha seguito dalla Spagna fin qui. Lavora
da casa per un'azienda tedesca e si occupa dei bimbi", racconta lei, che ha ricevu-
to la prima promozione quando aveva un pancione di otto mesi. Ca va sans dire,
anche questa è valorizzazione delle differenze.
Mentre il parlamento italiano discute ancora se legalizzare le unioni civili, al World
Economic Forum di Davos il premier canadese Justin Trudreau invocava "una -so-
cietà che riconosca la diversità come fonte di forza". Diversity e iniquità di genere
sono stati al centro dei dibattiti elvetici fra i leader delle multinazionali: tutte pun-
tano a ridurre le disparità di opportunità sui luoghi di lavoro per aumentare la pro-
duttività. Lo dice la ricerca Diversity Inclusion di McKinsey: assumendo una perso-
na di differente etnia si ha il 35% di possibilità in più di ottenere ritorni finanziari
maggiori rispetto ai competitor, mentre l'equilibrio di genere fa aumentare il fattu-
rato del 15%. Lo studio prosegue argomentando che le società capaci di reclutare i
diversity talent godranno prima delle altre del loro prezioso contributo. Peccato che
per l'industria italiana siano solo belle parole Anche l'università Bocconi ha realiz-
zato un'indagine, su 250 medie e grandi imprese del paese, scoprendo che 3 società
su 10 non vogliono saperne di diversità: "Siamo fanalino di coda in Europa, il 21%
delle aziende ha messo in atto una qualche azione, contro il 48% della media euro-
pea. Da noi il tema è confuso e ci si limita a lanciare slogan" spiega Simona Cuomo,
docente di Leadership alla Bocconi. - Per fortuna ci sono le multinazionali, che il
diversity management l'hanno imparato negli Usa e trapientato nelle filiali italiane.
"I dati dicono che, se non ci diamo una mossa, le donne avranno le stesse opportu-
nità degli uomini nel 2096, eppure si stima che il pink power potrebbe generare 37
mila miliardi di dollari di ricchezza in più. Perchè non si riesce ad accelerare?", si
domanda Costantina Tribou, vicepresidente del dipartimento Risorse Umane di
Unilever Italia. Oltre a una serie di benefit - sala mamme per allattare, nido, smart
working per pianificare l'integrazione fra carriera e vita famigliare e servizi di as-
sistenza per donne in gravidanza, utile a sbrigare faccende burocratiche e scegliere
il medico giusto, Unilever sta portando avanti un progetto dedicato a i partner in-
dustriali. "Il 40% dei nostri manager è donna. Ma se si trovassero a confrontarsi
con fornitori o clienti maschi (e maschilisti) che non le prendono in considerazione,
allora la faccenda diventerebbe problematica. Abbiamo avviato un percorso di dif-
fusione della cultura dell'integrazione fra le società che lavorano con noi. I risulta-
ti sono positivi, dice Tribou, che si concentra sulla questione femminile perchè è an-
cora la donna l'elemento di diversità più difficile da digerire.
L'Unar, l'ufficio di Palazzo Chigi contro la discriminazione, racconta che nel 2015
il 68% delle vittime di emarginazione sul posto di lavoro sono donne. Spesso sono
messe in secondo piano non solo per il loro genere, ma perchè anziane, non bianche,
disabili o malate. In proposito, la Bocconi ha realizzato un'altra indagine per capire
qual è, secondo i dipendenti, il profilo che l'imprenditore ricerca in loro. Risultato?
"Uomo, bianco, giovane e in buona salute, rivela la professoressa Cuomo, che rac-
conta di tanti casi in cui giovani talentuosi e manager in carriera sono passati dal
piedistallo al sottoscala perchè è sopraggiunta la malattia. "La disabilità è la forma
di integrazione più difficile da affrontare, perchè è quella meno accettata dai clienti.
Ma la gente ci conosce, sa che in H&M la diversità è un valore", dice Graziella Mo-
dica, responsabile delle risorse umane del colosso svedese,
Continua...
to be continued...
Diversità di atà, sesso, nazionalità, genere:
le aziende scoprono che valorizzarla nei propri team fa bene al business
(da D laRepubblica - 27/02/'16 - di Gloria Riva)
Single, gay, etero e stranieri. Ikea ha un occhio di riguardo per tutti i dipendenti,
qualunque sia il loro status, sesso, inclinazione e nazionalità. E, per non fare torto
a nessuno, la multinazionale svedese s'è inventata il "diritto alla nonnità": chi di-
venta nonno può mollare il lavoro per starsene con il nipotino. Perchè, se quelli di
una volta potevano godersi la pensione, ai nonni di oggi tocca sgobbare fino a da-
ta da destinarsi, tant'è che per Ikea questa è diventata la nuova frontiera della di-
versità. - E' l'aging gap, la distanza siderale che c'è fra un ventenne nativo digita-
le e un sessantenne che da 25 anni fa il magazziniere. Parlano e pensano diversa-
mente, ma devono lavorare spalla a spalla. "Valorizziamo questa ricchezza af-
fiancando alle persone con esperienza i giovani, leader di domani, perchè i team
misti sanno meglio comprendere i clienti. Così la diversità diventa una risorsa".
racconta Belèn Frau, amministratore delegato di Ikea Italia, 41enne, con figli di
7, 6 e 1 anno. "Mio marito è un santo, mi ha seguito dalla Spagna fin qui. Lavora
da casa per un'azienda tedesca e si occupa dei bimbi", racconta lei, che ha ricevu-
to la prima promozione quando aveva un pancione di otto mesi. Ca va sans dire,
anche questa è valorizzazione delle differenze.
Mentre il parlamento italiano discute ancora se legalizzare le unioni civili, al World
Economic Forum di Davos il premier canadese Justin Trudreau invocava "una -so-
cietà che riconosca la diversità come fonte di forza". Diversity e iniquità di genere
sono stati al centro dei dibattiti elvetici fra i leader delle multinazionali: tutte pun-
tano a ridurre le disparità di opportunità sui luoghi di lavoro per aumentare la pro-
duttività. Lo dice la ricerca Diversity Inclusion di McKinsey: assumendo una perso-
na di differente etnia si ha il 35% di possibilità in più di ottenere ritorni finanziari
maggiori rispetto ai competitor, mentre l'equilibrio di genere fa aumentare il fattu-
rato del 15%. Lo studio prosegue argomentando che le società capaci di reclutare i
diversity talent godranno prima delle altre del loro prezioso contributo. Peccato che
per l'industria italiana siano solo belle parole Anche l'università Bocconi ha realiz-
zato un'indagine, su 250 medie e grandi imprese del paese, scoprendo che 3 società
su 10 non vogliono saperne di diversità: "Siamo fanalino di coda in Europa, il 21%
delle aziende ha messo in atto una qualche azione, contro il 48% della media euro-
pea. Da noi il tema è confuso e ci si limita a lanciare slogan" spiega Simona Cuomo,
docente di Leadership alla Bocconi. - Per fortuna ci sono le multinazionali, che il
diversity management l'hanno imparato negli Usa e trapientato nelle filiali italiane.
"I dati dicono che, se non ci diamo una mossa, le donne avranno le stesse opportu-
nità degli uomini nel 2096, eppure si stima che il pink power potrebbe generare 37
mila miliardi di dollari di ricchezza in più. Perchè non si riesce ad accelerare?", si
domanda Costantina Tribou, vicepresidente del dipartimento Risorse Umane di
Unilever Italia. Oltre a una serie di benefit - sala mamme per allattare, nido, smart
working per pianificare l'integrazione fra carriera e vita famigliare e servizi di as-
sistenza per donne in gravidanza, utile a sbrigare faccende burocratiche e scegliere
il medico giusto, Unilever sta portando avanti un progetto dedicato a i partner in-
dustriali. "Il 40% dei nostri manager è donna. Ma se si trovassero a confrontarsi
con fornitori o clienti maschi (e maschilisti) che non le prendono in considerazione,
allora la faccenda diventerebbe problematica. Abbiamo avviato un percorso di dif-
fusione della cultura dell'integrazione fra le società che lavorano con noi. I risulta-
ti sono positivi, dice Tribou, che si concentra sulla questione femminile perchè è an-
cora la donna l'elemento di diversità più difficile da digerire.
L'Unar, l'ufficio di Palazzo Chigi contro la discriminazione, racconta che nel 2015
il 68% delle vittime di emarginazione sul posto di lavoro sono donne. Spesso sono
messe in secondo piano non solo per il loro genere, ma perchè anziane, non bianche,
disabili o malate. In proposito, la Bocconi ha realizzato un'altra indagine per capire
qual è, secondo i dipendenti, il profilo che l'imprenditore ricerca in loro. Risultato?
"Uomo, bianco, giovane e in buona salute, rivela la professoressa Cuomo, che rac-
conta di tanti casi in cui giovani talentuosi e manager in carriera sono passati dal
piedistallo al sottoscala perchè è sopraggiunta la malattia. "La disabilità è la forma
di integrazione più difficile da affrontare, perchè è quella meno accettata dai clienti.
Ma la gente ci conosce, sa che in H&M la diversità è un valore", dice Graziella Mo-
dica, responsabile delle risorse umane del colosso svedese,
Continua...
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SOCIETA' / psicologia e individui - Tutti i modi per essere più felici
1 luglio '16 - venerdì 1st July / Friday visione post - 32
Per essere del 40% più felice
H=S+C+V. Dove H sta per happiness, S per eredità genetica,
C rappresenta le circostanze e V i fattori sotto il nostro con-
trollo. E' la formula del buon vivere. E la notizia è che, se-
condo ricerche e psicologi, il risultato, per quasi metà, è
nelle nostre mani.
(da D laRepubblica - 27 febbraio '16 - di Roselina Salemi)
Il 20 marzo, giornata internazionale della felicità voluta dall'Onu, potrebbe essere una buo-
na occasione per farci qualche domanda. Abbiamo una buona vita? Che voto le daremmo
da uno a dieci? La media degli italiani si promuove con una benevola sufficienza, ma il ve-
ro problema è dare un contenuto al termine happiness. Successo? Denaro? Salute? Celebri-
tà? Senza parametri certi, possiamo oscillare dalla filosofia spicciola di Philippe Delerme e
Dominique Loreau - la prima sorsata di birra, il profumo delle mele in cantina (se hai una
cantina), la raccolta delle more nei boschi, le chiacchiere attorno a un tavolo sgranando pi-
selli - alla verità semplificata nelle canzonette ("Felicità/è un cuscino di piume, l'acqua del
fiume") che renderebbe Albano Carrisi il nostro guru.
Eppure deve esserci qualcosa di profondo anche nei proverbi e nei luoghi comuni, se il più
lungo studio mai condotto ad Harvard ci dice che il tasso d'amore conta più di quello del
colesterolo, la qualità più della quantità. Solo chi ama ed è amato da mariti/mogli, genito-
ri, amici, fratelli, avrà una vita serena e probabilmente lunga. La prova arriva dal Grant
Study, durato oltre 75 anni, che ha seguito 268 studenti universitari di Harvard delle clas-
si del 1942-44. Concepito nel 1938 dallo psichiatra Arlie Bock, lo studio prende il nome
dallo sponsor, il magnate dei grandi magazzini W.T. Grant, convinto che la ricerca medi-
ca prestasse più attenzione ai malati che ai sani (idea non balzana che ha fatto nascere la
psicologia positiva).
Continua... to be continued...
Per essere del 40% più felice
H=S+C+V. Dove H sta per happiness, S per eredità genetica,
C rappresenta le circostanze e V i fattori sotto il nostro con-
trollo. E' la formula del buon vivere. E la notizia è che, se-
condo ricerche e psicologi, il risultato, per quasi metà, è
nelle nostre mani.
(da D laRepubblica - 27 febbraio '16 - di Roselina Salemi)
Il 20 marzo, giornata internazionale della felicità voluta dall'Onu, potrebbe essere una buo-
na occasione per farci qualche domanda. Abbiamo una buona vita? Che voto le daremmo
da uno a dieci? La media degli italiani si promuove con una benevola sufficienza, ma il ve-
ro problema è dare un contenuto al termine happiness. Successo? Denaro? Salute? Celebri-
tà? Senza parametri certi, possiamo oscillare dalla filosofia spicciola di Philippe Delerme e
Dominique Loreau - la prima sorsata di birra, il profumo delle mele in cantina (se hai una
cantina), la raccolta delle more nei boschi, le chiacchiere attorno a un tavolo sgranando pi-
selli - alla verità semplificata nelle canzonette ("Felicità/è un cuscino di piume, l'acqua del
fiume") che renderebbe Albano Carrisi il nostro guru.
Eppure deve esserci qualcosa di profondo anche nei proverbi e nei luoghi comuni, se il più
lungo studio mai condotto ad Harvard ci dice che il tasso d'amore conta più di quello del
colesterolo, la qualità più della quantità. Solo chi ama ed è amato da mariti/mogli, genito-
ri, amici, fratelli, avrà una vita serena e probabilmente lunga. La prova arriva dal Grant
Study, durato oltre 75 anni, che ha seguito 268 studenti universitari di Harvard delle clas-
si del 1942-44. Concepito nel 1938 dallo psichiatra Arlie Bock, lo studio prende il nome
dallo sponsor, il magnate dei grandi magazzini W.T. Grant, convinto che la ricerca medi-
ca prestasse più attenzione ai malati che ai sani (idea non balzana che ha fatto nascere la
psicologia positiva).
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Istruzione / Università - Non più tesi copiate dal web
1 luglio '16 - venerdì 1st July / Friday visione post - 33
Da Pavia a Roma sempre più atenei
usano programmi capaci di scoprire
i brani presi di peso da testi altrui
ADDIO ALLA TESI COPIATA DAL WEB:
o r a u n s o f t w a r e s m a s c h e r a i p l a g i
(da la Repubblica - 20 febbraio '16 - Luca De Vito)
Per molti studenti la tentazione è forte: da una parte c'è l'infinità di fonti digitalizzate
e disponibili in rete, dall'altra un semplice comando da eseguire sulla tastiera del com-
puter. Ctr+c, ctr+v e il copia-incolla è fatto. Ma per i furbetti delle lauree plagiate la
pacchia sembra essere finita. Perchè ormai le università hanno dalla loro software anti- copiatura, potenti strumenti nelle mani dei prof che nel giro di pochi minuti sono in gra-
do di stabilire se una tesi è copiata - anche solo in piccola parte - dalla rete o da altri te-
sti. Da Milano a Roma, passando per Bologna e Firenze gli atenei sono disposti a spende-
re soldi pur di riuscire a contrastare un fenomeno che, a detta degli stessi docenti, sem-
bra ormai un automatismo. - I software più usati dagli atenei italiani sono due: "Com-
pilatio", e "Turnitin" di un'americana. Funzionano allo stesso modo, ovvero confrontan-
do le tesi prodotte dagli studenti con i materiali presenti sul web e negli archivi a disposi-
zione degli atenei. Una caccia alle corrispondenze che i docenti possono fare in modo ra-
pido, semplicemente caricando sul programma i file che intendono analizzare. Gli ultimi
ad adottare questo sistema sono i professori dell'università di Pavia, dove da una settima-
na Compilatio è stato reso disponibile gratuitamente al corpo docente (per gli studenti è
a pagamento). Allas Bocconi, invece, usano Turnitin da almeno quattro anni e adesso co- minciano ad apprezzarne i risultati. "Le copiature sono diminuite - dice Marco Agliati,
docente, docente del dipartimento di Accounting - anche perchè i ragazzi vengono infor-
mati da subito su quali sono le regole. Sanno che chi sbaglia viene punito. Lo facciamo
perchè non vogliamo frustrare gli sforzi della maggioranza di studenti che sono corretti
e non cercano scorciatoie". In Bocconi, l'impegno a non copiare è scritto nero su bianco
anche nel cosiddetto "honor code", il codice d'onore che ciascuno studente firma al mo-
mento dell'iscrizione. Verificare l'autenticità delle tesi via software è semplic. Una volta
caricato il file, il programma restituisce valori percentuali che "quantificano" il grado
di scopiazzatura a seconda delle fonti. Se i valori sono bassi m, la luce è verde o blu: è
il segnale che non c'è da preoccuparsi. Se il numero di similitudini aumenta, allora la
luce diventa arancione, rossa quando il sospetto si trasforma in certezza. Una verifica
del docente però è sempre necessaria: a seconda delle materie e del tipo di tesi, infatti,
ci possono essere gradi di tolleranaza diversi. Ad esempio, in un elaborato di matema-
tica sarà normale trovacome comportarsi, un gran numero di formule che corrispon-
dono anche in altri testi. - Quando la copiatura viene scoperta, ciascun docente deci-
de come comportarsi. C'è chi usa il pugno duro, come Cristina Molinari, docente di
economia alla Ca' Foscari, che mette in guardia gli studenti intenzionati a chiederle
la tesi: "Nel caso il software evidenzi percentuali che indichino chiaramente la mala-
fede, il rapporto di collaborazione sarà immediatamente interrotto e gli studenti do-
vranno trovarsi un altro relatore". Ma c'è anche chi vede l'uso di questi programmi
come uno strumento educativo: "Imparare a scrivere su temi ben definiti senza pla-
giare pensieri ed espressioni altrui è uno scopo essenziale cui dovrebbe tendere il no-
tro impegno didattico - dice Piero Cavaleri, direttore della Biblioteca della Liuc di
Castellanza - Vogliamo aiutare gli studenti a utilizzare i testi come supporto per la
dimostrazione e non come oggetto di copiatura o parafrasi".
Lucianone
Da Pavia a Roma sempre più atenei
usano programmi capaci di scoprire
i brani presi di peso da testi altrui
ADDIO ALLA TESI COPIATA DAL WEB:
o r a u n s o f t w a r e s m a s c h e r a i p l a g i
(da la Repubblica - 20 febbraio '16 - Luca De Vito)
Per molti studenti la tentazione è forte: da una parte c'è l'infinità di fonti digitalizzate
e disponibili in rete, dall'altra un semplice comando da eseguire sulla tastiera del com-
puter. Ctr+c, ctr+v e il copia-incolla è fatto. Ma per i furbetti delle lauree plagiate la
pacchia sembra essere finita. Perchè ormai le università hanno dalla loro software anti- copiatura, potenti strumenti nelle mani dei prof che nel giro di pochi minuti sono in gra-
do di stabilire se una tesi è copiata - anche solo in piccola parte - dalla rete o da altri te-
sti. Da Milano a Roma, passando per Bologna e Firenze gli atenei sono disposti a spende-
re soldi pur di riuscire a contrastare un fenomeno che, a detta degli stessi docenti, sem-
bra ormai un automatismo. - I software più usati dagli atenei italiani sono due: "Com-
pilatio", e "Turnitin" di un'americana. Funzionano allo stesso modo, ovvero confrontan-
do le tesi prodotte dagli studenti con i materiali presenti sul web e negli archivi a disposi-
zione degli atenei. Una caccia alle corrispondenze che i docenti possono fare in modo ra-
pido, semplicemente caricando sul programma i file che intendono analizzare. Gli ultimi
ad adottare questo sistema sono i professori dell'università di Pavia, dove da una settima-
na Compilatio è stato reso disponibile gratuitamente al corpo docente (per gli studenti è
a pagamento). Allas Bocconi, invece, usano Turnitin da almeno quattro anni e adesso co- minciano ad apprezzarne i risultati. "Le copiature sono diminuite - dice Marco Agliati,
docente, docente del dipartimento di Accounting - anche perchè i ragazzi vengono infor-
mati da subito su quali sono le regole. Sanno che chi sbaglia viene punito. Lo facciamo
perchè non vogliamo frustrare gli sforzi della maggioranza di studenti che sono corretti
e non cercano scorciatoie". In Bocconi, l'impegno a non copiare è scritto nero su bianco
anche nel cosiddetto "honor code", il codice d'onore che ciascuno studente firma al mo-
mento dell'iscrizione. Verificare l'autenticità delle tesi via software è semplic. Una volta
caricato il file, il programma restituisce valori percentuali che "quantificano" il grado
di scopiazzatura a seconda delle fonti. Se i valori sono bassi m, la luce è verde o blu: è
il segnale che non c'è da preoccuparsi. Se il numero di similitudini aumenta, allora la
luce diventa arancione, rossa quando il sospetto si trasforma in certezza. Una verifica
del docente però è sempre necessaria: a seconda delle materie e del tipo di tesi, infatti,
ci possono essere gradi di tolleranaza diversi. Ad esempio, in un elaborato di matema-
tica sarà normale trovacome comportarsi, un gran numero di formule che corrispon-
dono anche in altri testi. - Quando la copiatura viene scoperta, ciascun docente deci-
de come comportarsi. C'è chi usa il pugno duro, come Cristina Molinari, docente di
economia alla Ca' Foscari, che mette in guardia gli studenti intenzionati a chiederle
la tesi: "Nel caso il software evidenzi percentuali che indichino chiaramente la mala-
fede, il rapporto di collaborazione sarà immediatamente interrotto e gli studenti do-
vranno trovarsi un altro relatore". Ma c'è anche chi vede l'uso di questi programmi
come uno strumento educativo: "Imparare a scrivere su temi ben definiti senza pla-
giare pensieri ed espressioni altrui è uno scopo essenziale cui dovrebbe tendere il no-
tro impegno didattico - dice Piero Cavaleri, direttore della Biblioteca della Liuc di
Castellanza - Vogliamo aiutare gli studenti a utilizzare i testi come supporto per la
dimostrazione e non come oggetto di copiatura o parafrasi".
Lucianone
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