( da La Lettura del Corriere della Sera - Orizzonti Mente / di Telmo Pievani)
Nei sintomi delle nostre malattie si nasconde un messaggio evolutivo. La tosse espelle materiale
estraneo dalla gola. La febbre è una difesa per contrastare le infezioni. Nausea, vomito e diarrea
sono reazioni protettive che eliminano tossine. Più in generale, il dolore è la sentinella che ci av-
visa di un problema, lo stress di un pericolo, reale o potenziale. Il principio, secondo Randolph
Nesse, medico e psichiatra della Arizona State University, padre della medicina darwiniana, va-
le anche per i disturbi mentali, che vanno intesi come eccessi di sintomi difensivi (quelli di pa-
ranoie e complottismi) o come scompensi nei sistemi di regolazione dell'umore che portano a
manie, disturbi bipolari e depressioni psicotiche.
Secondo la "psichiatria darwiniana", ansia , depressione, e rabbia conservano una funzione
evolutiva: sono risposte utili ma fuori misura. Nei casi più gravi, sono difetti di calibrazio-
ne delle nostre reazioni a situazioni impreviste e minacciose, causati da traumi esistenziali,
frustrazioni e desideri inappagati oppure da una propensione ereditaria. Altre volte si tratta
di costosi compromessi: l'evoluzione dei legami profondi di amore e moralità ci espone a
effetti collaterali dolorosi quali l'ansia sociale, i rimorsi, aspettative deluse, sensi di colpa.
In sintesi: la smodata importanza che attribuiamo a quel che gli altri pensano di noi.
Le malattie ovviamente non sono adattamenti plasmati dall'evoluzione. Non avrebbe sen-
so attribuire un'utilità evolutiva alla schizofrenia. Tuttavia, è proprio il modo in cui funzio-
na la selezione naturale a renderci vulnerabili alle malattie. L'evoluzione spiega le condi-
zioni di possibilità delle malattie, non le malattie stesse, il che è comunque necessario ne-
cessario. Medici e psichiatri infatti si limitano a descrivere i meccanismi del corpo e del
cervello per come funzionano oggi, in cerca di soluzioni per ripararne i guasti. Il ritorno
pratico di questo approccio basato sulle "cause prossime" è oggettivo. Tuttavia non basta.
Bisogna anche capire come e perchè quei meccanismi si sono evoluti nella specie umana,
integrando l'altra metà della biologia (le "cause remote") nella medicina. I batteri che svi-
luppano resistenza agli antibiotici o i tumori che aggirano gli attacchi terapeutici sono del
resto modelli perfetti di evoluzione darwiniana.
I sintomi sopra descritti, spiega Nesse, non vanno confusi con le malattie. E' inutile aggre-
dirli come se fossero il problema. Bisogna capirne le cause esistenziali e interpretarli come
difese protettive un tempo utili. La loro funzione infatti potrebbe non essere più attuale, per-
chè l'ambiente è cambiato più velocemente di noi. Per esempio, l'epidemia mondiale di obe-
sità è dovuta anche alla discrepanza tra il nostro adattamento ancestrale ad immagazzinare
cibi zuccherati e grassi finchè ce n'erano (in un contesto ambientale in cui le fonti di cibo
erano scarse e discontinue) e il mondo di oggi che abbonda di centri commerciali ricolmi
di cibi ipercalorici. Ne consegue che continuiamo a desiderare ciò che ci fa male e a la-
sciarci sedurre da facili ricompense diventando dipendenti da alcol, tabacco e droghe.
Oppure la funzione originaria deborda, perchè nell'evoluzione è meglio eccedere in rea-
zioni difensive, come l'ansia, piuttosto che difettarne: se la sentinella protettiva reagisce
troppo, paghiamo un costo in termini di falsi allarmi, di fobie inutili e di panico, d'accordo,
ma almeno siamo vivi; se si spegne solo una volta nel momento sbagliato, cioè sottovalu-
tiamo un pericolo reale, siamo morti. Avere sempre paura rovina l'esistenza, ma averne
troppo poca espone a rischi fatali.
Talvolta si ha l'impressione che Nesse voglia cercare per forza una funzione per ogni disturbo:
la depressione lieve sarebbe una strategia evolutiva per evitare sforzi inutili in situazioni sfa-
vorevoli, riducendo l'impegno verso obiettivi che non sarebbero comunque realizzabili. Con
qualche aggiustamento narrativo, nell'evoluzione si può trovare una buona ragione per tutto
e per il contrario di tutto, ma in che senso le emozioni che ci fanno soffrire sarebbero "buone"?
Sono buone per riprodursi, risponde Nesse, giacchè l'individuo non sarebbe altro che una mac-
china per trasmettere i suoi geni egoisti. Per esempio, la selezione naturale non avrebbe rimos-
so la gelosia dalle emozioni perniciose perchè un tempo i maschi più possessivi avevano più
figli rispetto a quelli più permissivi, che presidiavano di meno le loro compagne. Su questo ap-
proccio però molti evoluzionisti dissentono, perchè in casi simili è pressochè impossibile rica-
vare prove dai nostri progenitori e dagli ambienti in cui vivevano. Comunque, precisa Nesse
sul filo del paradosso, il fatto che vi siano buone ragioni evolutive per stare male non implica
che non si debba fare il possibile per alleviare la sofferenza, spesso dannosa, che ne deriva.
Per tutto il libro Nesse descrive la selezione naturale come se fosse un creatore intenzionale
dotato di progetti e fini propri: la selezione "plasma" le nostre emozioni, "foggia corpi e cer-
velli per massimizzare il successo riproduttivo, e così via.. Ma la selezione non è uno sculto-
re nè un ingegnere che ambisce alla perfezione funzionale: è un meccanismo ecologico e de-
mografico che si nutre di espedienti. Lo ammette lo stesso Nesse quando descrive i vincoli a
cui deve soggiacere la selezione naturale e gli "errori progettuali marchiani" di cui è pieno il
nostro organismo.
Nesse è più convincente quando illustra le incoerenze diagnostiche, la scarsa attenzione alle
storie individuali e la frustrante assenza di progressi nella cura di molti disturbi mentali gra-
vi. La crisi della psichiatria, a suo avviso, è accentuata dalle vane scorciatoie di chi si ostina
a incasellare le malattie mentali in categorie nette, di chi pensa che siano dovute solo a dan-
ni cerebrali o a mutazioni genetiche specifiche. La malattia mentale è piuttosto un paesag-
gio dai contorni sfumati, un "ecosistema" che richiede approcci integrati in grado di tenere
insieme tendenze ereditarie, esperienze infantili, traumi, personalità individuali uniche e sti-
li di vita, in sintesi: un impasto inestricabile di natura e cultura, calato ogni volta in situazio-
ni esistenziali concrete. La psichiatria darwiniana non vuol essere una metodica alternati-
va, ma complementare a quelli esistenti. Non è l'ennesima scuola, ma un ponte tra concezio-
ni diverse. Certe sue ipotesi restano allo stato di interessanti speculazioni. anche per questo
è prudente nel promettere applicazioni cliniche, gli basta che sia un arricchimento della
prospettiva sulle malattia mentale. In effetti, sarebbe già un grande risultato se convinces-
se medici e psicologi a prendere finalmente in considerazione i principi dell'evoluzione.
ni diverse. Certe sue ipotesi restano allo stato di interessanti speculazioni. anche per questo
è prudente nel promettere applicazioni cliniche, gli basta che sia un arricchimento della
prospettiva sulle malattia mentale. In effetti, sarebbe già un grande risultato se convinces-
se medici e psicologi a prendere finalmente in considerazione i principi dell'evoluzione.
Lucianone
Nessun commento:
Posta un commento