27 gennaio '18 - sabato 27th January / Saturday visione post - 8
(da La Repubblica - 17 settembre '17 / Invece Concita - Il luogo delle vostre storie,
di Concita De Gregorio)
Dal mio letto di ospedale vi dico
Ricevo la lettera di Maria, ricoverata in Ospedale e priva della capacità
di muoversi, e poco dopo una seconda mail di sua nipote che scrive: "Que-
sta lettera nella situazione in cui si trova, è diventata una specie di ragione
di vita. Maria ha impiegato le poche energie residue che ha per scriverla e
vederla pubblicata per lei significherebbe avere un piccolo segno che è an-
cora al mondo". Giovanni,suo marito, ha mandato la foto (che vedete): ri-
sale ai giorni in cui Maria stava bene, ridente.
Ecco la sua lettera.
"Sono da um mese ricoverata all'0spedale San Camillo di Roma. Passo le giornate sdraiata
sopra un letto super tecnologico, corootretta a non poter muovere neppure um piede da sola.
Mi piacerebbe almeno avere l'occasione, con questa lettera, di ringraziare tutto il personale
dell'ospedale dove sono ricoverata, i portantini, gli infermieri, i medici e tutti coloro che
hanno a che fare con noi pazienti giorno e notte. Svolgono un lavoro fondamentale, renden-
do questo soggiorno un pò più sopportabile. Lo fanno davvero con grande professionalità,
umanità e gentilezza, nonostantr le difficoltà che incontrano quotidianamente.
C'è un fatto di cui mi sono resa conto durante queste settimane. Le persone che lavorano
nell'ospedale dove mi trovo sono poche e faticano a coprire i turni. Non so da chi dipenda-
no le scelte sull'organizzazione del lavoro, se dalle istituzioni o dai dirigenti, e non so nem-
meno se chi decide abbia chiaro quanto siano importanti le persone che si prendono cura
dei pazienti, la loro lucidità e serenità. A me pare che in questo ospedale si sia scelto di in-
vestire nell'acquisto di macchinari all'avanguardia e strumenti tecnologici di ultima gene-
razione, ma non altrettanto sulle persone. Eppure un computer, soprattutto qui dove mi
trovo non potrà mai risolvere tutto. Nessuma tecnologia può aiutarmi a cambiare i panno-
loni e certo nesuna tecnologia dovrebbe essere usata come pretesto per diminuire il perso-
nale, che anzi è sempre più necessario. Mi accorgo ad esempio che spesso, soprattutto di
notte, pochissimi infermieri, a volte da soli, devono assistere interi reparti, rispondendo a
più pazienti nello stesso momento, ha un enorme carico di responsabilità.
Chi decide su assunzioni e licenziamenti lo sa che chi sostituisce le lenzuola dei pazienti
ha un orario di lavoro? E lo sa quante lenzuola deve sostituire in poco tempo, sentendo
contemporaneamente i malati che esprimono le loro esigenze? Che succede se di notte
un infermiere, da solo in un reparto, si sente male, magari dopo aver lavorato per trop-
pe ore di seguito? - Sono queste le domande che mi faccio da paziente. E vorrei che si
soffermasse a considerarle anche chi decide come si deve gestire la sanità pubblica.
Perciò spero ched questa lettera possa essere pubblicata e che sia d'aiuto e a chi ogni
giorno si prende cura di me". Maria ringrazia tanto per aver accolto "il punto di vi-
sta di chi è costretto a letto"; a proposito di Sanità, di come funzionano gli ospedali
pubblici, crede che sia molto importante - quando si prendono decisioni - "mettersi
nei panni dei malati e di chi lavora con loro, per loro".
Lucianone
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