martedì 13 ottobre 2015

Riflessioni - I ricchi despoti dell'Arabia Saudita / Su Expo 2015

13 ottobre '15 / martedì            13th Octeber / Tuesday                  visione post - 10

E' difficile, nell'abbondanza e nella varietà dei crimini di Stato commessi in giro
per il mondo, riuscire a fare spicco, attirandosi la compatta repulsione di tutta o
quasi l'opinione pubblica mondiale. C'è riuscita l'Arabia Saudita annunciando la 
condanna a morte (per decapitazione seguita da crocefissione fino ad avvenuta pu-
trefazione, vogliamo commentare?) di un ragazzo di 21 anni, Alì al Nimr, reo di 
avere partecipato, quando aveva 17 anni, a una manifestazione contro la teocra-
àsua natura compete solo con la stalino-monarchia della Corea del Nord.
Ha spiegato bene lo scritt;ore marocchino Tahar Ben Jelloun (repubblica di ieri) 
quanto rivoltante sia l'assassinio che sta per compiersi; e quanto vergognosa l'in-
capacità dei governi democratici di provare a impedirlo con qualcosa di meno
virtuale dei belati di protesta.  Come è arcinoto, eccellenti rapporti d'affari con
quei ricchi despoti rendono Usa e Europa molto arrendevoli nei loro confronti;
al puntodi includere l'Arabia Saudita nel novero dei "paesi islamici moderati",
grottesca definizione che annega nel petrolio dignità e diritti.  Ma ci sarà pure,
accidenti, uno straccio di trattato internazionale (firmato anche dai sauditi!)
da far valere, o perlomeno da far presente. Per il poco che serve, questi i due
indirizzi mail ufficiali sauditi ai quali inviare la propria indignazione: 
ambasciata.saudita@arabia-saudita.it e item@mofa.gov.sa. Su Twitter l'hash-
tag utile è #freenimr.  Molti, nel mondo e in Italia, i siti, i partiti politici e i gior-
nali (come l'Unità) che fanno campagna, basta cliccare Alì al Nimr e si trova un
pò di tutto. Almeno provarci 
(da la Repubblica - 26/ 09/ '15 -  L'AMACA  / Michele Serra)

A parte l'emozionante, magnifico padiglione Zero (quello delle Nazioni Unite),
Expo non brilla per l'impostazione critica. Nel proprio spazio espositivo ogni
Paese tende, comprensibilmente, a illustrare i propri meriti in tema di agricol-
tura e cibo, come in ogni' fiera di questo mondo. ma ne esce un'immagine trop-
po pacificata, troppo morbida della questione, che come si sa è molto spinosa
e piena di implicazioni politiche e sociali. 
Per quel poco che si riesce a visitare in una giornata, colpiscono le eccezioni del
padiglione più grande, l'appena citato Padiglione Zero, e di quello più piccolo.
Il solo nel quale campeggiano da protagoniste le parole fame, sete, ingiustizia,
ferite del pianeta, ferite dell'umanità. E' il padiglione della Santa Sede, nazione
anomala e non dotata, a quanto se ne sa, di una fiorente agricoltura.  L'allesti-
mento rimanda diritto - e non poteva essere altrimenti - alla dura enciclica  di
papa Bergoglio sulla "cura della casa comune", la Terra. Lo zelo, la fatica vir-
tuosa, l'ordine di Expo hanno il solo difetto di farci credere che questa cura sia 
in pieno corso, e dunque di rassicurarci più del necessario e più del verosimile. 
Un breve passaggio nel piccolo padiglione vaticano aiuta a non cullarsi troppo
nelle illusioni.
(da la Repubblioca - 25/ 09/ '15 -  L'AMACA - Michele Serra)

Lucianone

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