martedì 8 settembre 2015

INTERVISTA - Allo scrittore MOHSIN HAMID

8 settembre '15 - martedì             8th September / Tuesday                  visione post - 33

Mohsin  Hamid, il famoso scrittore autore di "Il fondamentalista riluttante",
parla dei migranti e di Jihadi John, e del sentimento che oggi ci accomuna,
l'ansia: "Credo che più della paura il sentimento che ci accomuna
tutti è l'ansia. Intesa come paura emotiva".

(da la Repubblica - 25/ 08/ '15 - L'intervista / di Anna Lombardi)
"Viviamo in una sorta di guerra permanente. Ogni giorno, aprendo il giornale fronteggiamo scenari di guerra. Ci guardiamo intorno con sospetto, continuamente".  Mohsin Hamid è lo scrittore pachistano famoso in tutto il mondo per il suo Il fondamentalista riluttante, il romanzo-chiave della
letteratura post 11 settembre, dove affrontava il delicato tema della tentazione esercitata
dal fondamentalismo sui giovani musulmani.  Ora, con un saggio presentato al Sidney Writers
Festival pubblicato anche sull'inglese The Guardian, torna a riflettere su quali sono le insidie
di un mondo dove la paura è diventata globale. Un mondo dove, ad esempio, il figlio di immigrati
integrati può trasformarsi nel macellaio dell'Is, Jihadi John.
Cos'è, esattamente, quel che chiama guerra permanente?  -
"Quella che vive la gente sotto le bombe in Siria: ma anche quella di un padre che accompagna
i figli a scuola a Peshawar temendo che i Ta gi e si trova all'improvviso nel mirino dei terroristi.
Senza dimenticare quella tutti è lche in America vivono tanti ragazzi neri, che rischiano di farsi sparare addosso solo perchè a un poliziotto bianco il loro comportamento appare sospetto...".
Lo considera un effetto collaterale della globalizzazione?  -
"Credo che più della paura il sentimento che ci accomuna tutti è l'ansia. Intesa come paura emotiva
che la nostra società, così come la conosciamo, venga completamente ribaltata. Cioè il punto non è
la globalizzazione, che fin dai tempi dell'Impero romano, in fondo, è sempre esistita, ma la veloci-
tà, data oggi dalla tecnologia, con cui certi cambiamenti accadono.   La tecnologia sta cambiando
le nostre vite a una velocità inaudita fino a poco tempo fa:  penso a certi villaggi qui in to
dove 20 anni fa nessuno sapeva leggere e scrivere e oggi invece i bambini sono continuamente 
collegati a Internet, sanno cose che i loro genitori non immaginavano nemmeno 5 anni fa. Ma
poi i cambiamenti concreti - sociali, economici, politici - non seguono lo stesso passo. Questo 
crea ansia: e èprta la gente a chiudersi, a creare distinzioni. Nuove tribù".
Cosa intende per tribù?  -
"Sistemi di identità rigidi: cattolici o musulmani, per esempio, nel caso delle religioni. Ma anche
bianchi o neri, europei o americani e così via per sottogruppi. Questo fa sì che stiamo perdendo
ogni vocabolario comune, ogni modo articolato  per parlare  in modo universale.  Prendiamo la
religione: da sempre dovrebbe essere questo, un sitema universale. Ma sempre di più in questo
ambito, nessuno accetta quel che viene detto al di fuori dei propri canoni e parametri, rifiutando,
ad esempio, quello che le altre religioni dicono. Lo stesso accade per la democrazia...".
La democrazia? Che cosa c'è che non va con la democrazia?  -
"Anche questo in teoria è un concetto universale. Ma non è affatto vero che ogni essere uimano
è un voto. Se lo fosse dovremmo chiedere a tutta l'umanità di votare per sapere se davvero ci de-
vono essere restrizioni sulle migrazioni. Se davvero abbiamo il diritto di buttare a mare chi fugge
da una guerra. Come possiamo parlare di diritti umani se non accogliamo chi è in pericolo? Allo-
ra non siamo tutti uguali... Ecco, penso che molti dei concetti che fin qui abbiamo usato per valu-
tare il mondo stiano fallendo: socialismo, religione, nazionalismo, democrazia...".
E' da questo che nasce il nuovo fondamentalismo? E' per questo che un ragazzo come Jihadi John,
laureato in un'università inglese, lascia tutto per andare a tagliar gole in Siria?  -
"Abbiamo già visto nel corso della Storia che i giovani sono quelli che più facilmente si lasciano
sedurre da ideologie pericolose.  Vale  per chi  ha fatto  parte  della  Gioventù hitleriana, per gli
squadristi mussoliniani, gli anarchici che mettevano bombe come per chi gira icappucciato con
le insegne del Ku Klux Klan. Cercare è nella natura dei giovani: e qui il discorso si fa complesso,
intervendono innumerevoli fattori. Ma sono convinto che quello più importante oggi sia la geron-
tocrazia.La crisi dei giovani è un problema globale, ma lo è a maggior ragione in Occidente dove
mai come ora i vecchi hanno denaro, potere, influenza, case, pensioni: sicurezze  che  ai giovani vengono negate. I fondamentalismi nascono dalla marginalizzazione. E lo sbilanciamento del po-
tere è un fattore di marginalizzazione che prende, fra le tante forme, anche quella religiosa".
Vede una via d'uscita? -, cui tutti apparteniamo"
"Bisogna contrastare la narrazione degli ideologi religiosi, dei razzisti, dei demagoghi politici.
Ricordarci che anche l'Is racconta storie. E questo, oggi, è il ruolo degli intellettuali, degli arti-
sti, degli scrittori, della letteratura. Dobbiamo riscoprire valori universali che ci facciano parla-
re la stessa lingua e rompano i tabù delle tribù. Usare la creatività, la filosofia per avere nuove
idee che c'impediscano di piangerci addosso perchè l'economia va a è qualcosa dirotoli, ma spingano a cercare soluzioni post-capitalistiche, post-religiose, post-nazionaliste...".
E' per questo che la cultura è nel mirino dei fondamentalisti?  -
" Sì, è esattamente questo il motivo per cui lo Stato islamico distrugge opere d'arte, uccide gli
intellettuali.  Se vuoi  imporre  un sistema unico, dove solo tu sei nel giusto, la cultura è il tuo
nemico perchè ti dice che non ha senso, che non ci sono cose giuste o sbagliate, la mia gente 
o la tua gente. Ma che la civiltà è qualcosa di molto più sfumato, cui tutti apparteniamo".

Lucianone 
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