11 settembre '15 - venerdì 11th September / Friday visione post - 93
I troppi messaggi negativi producono ansia e assuefazione.
Inoltre ci rendono vulnerabili alle manipolazioni dall'alto.
( DA 'CORRIERE DELLA SERA' - 6 SETTEMBRE 2015 - La Lettura / di LAURA OLIN )
Cinici e infelici, colpa del notiziario
Il fruitore medio di notizie su internet, nel corso di un paio di settimane di quest'estate
ha probabiolmente visto: il video di un furgone spazzato via da un tornado
ripreso da una telecamera di sorveglianza; il fermo immagine di un boia dell'Isis ve-
stito di nero dietro a un uomo con il volto stravolto che sta per essere decapitato;
una rag azza che viene accoltellata nel corso di un gay pride a Gerusalemme.
E' facile che chi segue le notizie sui social media sia indotto a credere che il mondo
sia pieno di crudeltà, che stia andando alla deriva. Tanto più che, nell'età della televisione,
vediamo ora sequenze di catastrofi svolgersi in tempo reale, arricchite da colori e sonoro -
assieme alle foto di laurea di nostro cugino e all'annuncio del fidanzamento di un amico.
Siamo la prima generazione di esseri umani a disporre di questo flusso costante di
informazioni . E' una buona cosa? E che effetto ha su di noi?
A livello individuale, una saturazione di notizie ha conseguenze tangibili sulla salute.
Alcuni studi hanno provato che un'esposizione continua a cattive notizie può generare
ansia, depressione e disturbi da stress post-traumatico. - Come ha detto lo psicologo
Graham Davey all' "Huffington Post" : "Le notizie negative possono cambiare in
modo significative l'umore di un individuo, soprattutto se vengono trasmesse mettendo
in evidenza la sofferenza e le componenti emotive della storia".
Le componenti emotive di una storia sono proprio quel che i sistemi informativi dei social
media sottolineano e addirittura enfatizzano, perchè sono le risposte emotive a spingerci a condividere le cose online.
Per valutare le conseguenze della saturazione da social media, i ricercatori della University
of California a Irvine hanno studiato le reazioni della gente all'attentato della maratona di
Boston del 2013, e hanno rilevato che "le persone che si esponevano a sei o più ore di media
al giorno manifestavano sintomi da stress più acuti di quelli sofferti da chi era stato diretta-
mente esposto all'evento, cioà da chi si era trovato sul luogo dell'attentato". Seguire ossessi-
vamente una storia, in altre parole, può essere altrettanto sed non più stressante che esserne
coinvolti direttamente.
Un altro studio condotto dall'Università di Toronto su un gruppo di giornalisti che lavorano
con contenuti generati dagli utenti, ha rilevato che la continua esposizione a scene di violen-
za esplicita ci rende insensibili a essa, proprio come ci si abitua a tutto quello che si vede
spesso. Chi, di fronte a un inarrestabile flusso di sofferenze umane, penserebbe di poter in
qualche modo influire sulla vita di una vittima di un terremoto o di una guerra lontana?
Sul piano collettivo, sappiamo che quando le persone si sentono poco sicure sono più pro-
pense a sostyenere politiche di destra. Questi sentimenti possono avere conseguenze di
larga portata nella vita reale. Un recente, inquietante esempio, riportato da un articolo del
New York Magazine nella sezione "The Science of Us" ("La scienza di noi stessi"), è il
modo in cui il presidente George W. Bush usò il clima di paura negli Stati Uniti, dopo gli
attacchi terroristici del settembre 2001 ,per convincere gli elettori americani che il Paese
era minacciato dall'Iraq, e ottenere un consenso del 75 per cento all'invasione di quel
Paese. - Cosa dovrebbero fare allora gli irriducibili fan dei social media: smettere com-
pletamente di guardare le notizie e prendere le informazioni solo dai melensi talk show
del mattino? Forse in questo modo saremmo più felici, ma chiudere gli occhi su quello
che succede nel mondo non è una soluzione.
Lucianone
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